Il tempo per scrivere - il conflitto fra "essere" e "fare"


Che sia il migliore o il peggiore dei tempi, è l'unico tempo che abbiamo.
(Art Buchwald)


Oggi scelgo la semplicità. Non ho voglia di scrivere un post tecnico di quattro pagine word né di tenere la mente concentrata su argomenti che richiedono studio e documentazione. Sono in ferie per una settimana e voglio che il mio post rispecchi la sensazione di freschezza e di libertà che in questi giorni sta dominando la mia anima. Mi trovo a Sanremo – siamo partiti solo qualche giorno a cavallo del ponte – ma libera da routine e condizionamenti. Oggi sono stata svaccata in spiaggia tutto il pomeriggio con il Kindle e mi sono sentita in pace con l’universo intero.
Certo, la parola “lunedì” è uno spauracchio che mi lampeggia nel cervello, ma cerco di tenerla lontana dalla mia sfera di azione per concentrarmi solo sul presente e sulla scrittura. Trovo sia meraviglioso potermi dedicare alla mia passione come e quando lo desidero, senza essere costretta a ritagliarle un buco in una giornata che corre via talmente veloce da travolgermi.  
Il tempo è un bastardo. Questo è uno dei romanzi più belli che abbia letto negli ultimi anni. Oltre all’originalità dell’intreccio, ciò che ha attirato la mia attenzione, la prima volta che l’ho visto in libreria, è il potere magnetico del titolo. Credo che ciascuno di noi abbia pensato questa frase almeno una volta nella  vita. E io, in questo periodo, mi trovo a ripeterla quasi come un mantra, mentre l’abissale differenza fra ciò che sono e ciò che faccio esplode pesantissima davanti ai miei occhi.  

Quando rifletto sullo scorrere del tempo, spesso l’emozione dominante è il senso di colpa. Penso a tutte le giornate passate a contemplare la parete con l’espressione ebete di una mucca che guarda i treni passare, e penso a quante ore sprecate in attività assolutamente inutili, che non solo non mi hanno fatto crescere spiritualmente e professionalmente, ma addirittura mi hanno danneggiato. Le litigate con mio padre, ad esempio: cosa hanno portato di buono nella mia vita? Nulla, e me ne rendo conto soltanto adesso. Ho provato per anni a toccare la sua sensibilità per farlo avvicinare un po’ di più alla mia, ma tutto si è risolto in una costante lotta contro i mulini a vento. Non si può cavare il sangue da una rapa, né far provare emozioni a chi non ne ha. Oppure la televisione. Non la guardo più da anni (“The voice” a parte!) perché mi annoia, ma ai tempi dell’università ero fissata con Beautiful, e l’ho seguito fino al trentacinquesimo matrimonio fra Brooke e Ridge. Vogliamo poi parlare di facebook? Oggi mi limito a guardare la home-page di sfuggita, quando ho tempo, perché mi sono stufata di incappare in loschi individui che inneggiano al rogo dei rom. Ma anni fa trascorrevo un sacco di tempo davanti allo schermo, giocavo anche a Farmville.
Sono stata quasi cinque anni a barcamenarmi con contratti a tempo determinato. Ho anche trascorso lunghi periodi a spasso. Quando sei tagliato fuori dal mercato del lavoro perdi ogni stimolo e la vita diventa una noia mortale:  inconsciamente ti trovi a fare cose che non ti piacciono per confermare la sensazione di essere completamente inadeguato. Il fatto di sentirci ripetere fin da piccoli che l’ Italia è una repubblica fondata sul lavoro ci ha fatto il lavaggio del cervello e convinto  che i disoccupati debbano espiare una colpa, non abbiano diritto a niente, né alle passioni, né ai divertimenti. Io per lo meno ragionavo così, forse perché sono figlia di due stakanovisti, ma ora penso che, se avessi accettato la mia situazione con più serenità, forse la mia autostima ne avrebbe guadagnato, e anche la mia scrittura.
“Se in quel periodo avessi scritto con costanza avrei già almeno tre romanzi in giro per il mondo”, mi ripeto spesso. Queste parole sono accompagnate da una nube di rimpianto che mi stringe la gola così forte da farmi quasi vomitare. È stata l’apatia a tagliarmi le corde vocali, a convincermi di non avere nulla di interessante da raccontare, perché non sapevo vedere altro se non il mio disagio.  
Poi, il 1° giugno del 2012, è arrivato il posto fisso. Ci è voluto ancora un po’ prima di riprendere a scrivere. Ormai ero abituata al mio silenzio. Ma, alla fine del 2013, con la bozza ignorante di una storia non pianificata (non il romanzo a cui sto lavorando attualmente ma un tentativo ingenuo finito in fumo), la mia creatività è risorta dalle proprie ceneri.
“Beh, è normale” potreste dirmi. “Quando ti sei sistemata professionalmente, hai ritrovato la serenità necessaria per portare avanti un progetto narrativo”…
No, non è così. Il desiderio di scrivere è tornato perché mi sono scontrata con alcune persone che hanno provato a soffocare la mia identità - non solo professionale - e ci sono quasi riuscite: con le loro carognate la mia autostima sul lavoro si era ridotta a uno straccio. Dopo anni di umiliazioni, ho deciso di alzare la testa e ho iniziato a domandarmi se fossi veramente la nullità invisibile che credevano loro. E, se non era così, chi era la vera Chiara? La risposta che ho trovato dentro di me mi spingeva quasi di peso in un’unica direzione: mi sono seduta davanti alla pagina bianca e da lì non mi sono più mossa.
Tuttavia, è difficile recuperare il tempo che ho perso. Vi dico solo questo: dieci ore. Per dieci ore al giorno trascorro il mio tempo a fare un lavoro che non rispecchia i miei studi, la mia gavetta e le mie competenze professionali reali (di cui nessuno si accorge, visto che sono praticamente inutilizzate). Non parliamo poi dei problemi relazionali di cui sopra. È vero che si sono parzialmente risolti, gli esagitati sono tornati al proprio posto, abbiamo chiarito i malintesi e ritrovato la pace, ma non posso certo dire di sentirmi a mio agio, di essere pienamente integrata nell’ambiente. I miei trascorsi mi hanno lasciato dentro una profonda stanchezza. Sono delusa. Addirittura porto rancore per ciò che ho subìto. Questo atteggiamento non c’entra nulla con il mio modo di essere, visto che sono sempre stata positiva e socievole.  
Oggi ho parlato con una persona di un mio sogno ricorrente: abito in una casa con una decina di stanze, ma posso usarne soltanto due o tre; nelle altre mi è consentito soltanto fare un giretto, senza fermarmi.
Questa persona sa interpretare bene i sogni (è il suo lavoro) e ha evidenziato come le camere proibite rappresentino tutte le potenzialità inespresse del mio carattere, del mio corpo, delle mie attitudini professionali. Il fatto però che non siano chiuse a chiave è un’ottima cosa: io so di poterle raggiungere e so che presto potrò abitarci. Infatti, quando faccio questo sogno, non mi sveglio inquieta o terrorizzata, ma ottimista e serena.
La scrittura è la chiave che mi concede l’accesso a queste stanze. È la mia arma segreta, forse. È la risorsa che pian pianino mi sta fornendo le armi per affrontare i mostri. Non tutti sanno scrivere. Io sì. E questa consapevolezza mi fa stare bene. Forse la mia arte non mi darà mai da mangiare, ma è l’unica modalità espressiva che mi dà un po’ di calore. È ciò che mi porta piccoli barlumi di autostima in un’esistenza che in questo momento trovo frustrante come non mai.
Ecco qui, la grande contraddizione della mia vita: quando avevo il tempo per scrivere non sapevo chi fossi e cosa volessi veramente, quindi non riuscivo a esprimere la mia identità con la mia arte. Del resto, se dentro di me percepivo solo una nebbia densa, la pagina sarebbe stata altrettanto confusa. Ora so chi sono, e lo so grazie a un’attività che soffoca profondamente la mia indole, che mi vuole rigorosa e scientifica quando mi sento creativa e disordinata. Quest’attività si mangia dieci ore della mia giornata, non mi lascia respirare. Ma me la tengo stretta, perché mi dà da vivere, perché so come si sta male senza lavoro, e non voglio tornare a quella condizione di apatia.

Dove si trova, l’equilibrio? Si trova nel tornare dall’ufficio stremata per buttarmi al pc e riempire qualche pagina per ricordarmi di essere ancora in vita? Oppure si trova nel sacrificare le vacanze, con la consapevolezza che è l’unico momento libero per poter portare avanti il proprio progetto, l’unico che ci sta veramente a cuore? Io, in questo momento, sto facendo entrambe le cose.
Sicuramente l’equilibrio non è nella paura. Non è nel terrore di non riuscire mai a finire il proprio romanzo perché non se ne ha il tempo. O, peggio ancora, nel rischio – fortemente percepito – di abbandonare i propri sogni a causa della difficoltà a gestirli. Ci ho pensato, credetemi. Ho pensato più volte che forse starei meglio se la mattina riuscissi a sorridere davanti al timbratore e la sera, tornata a casa, invece di massacrarmi gli occhi davanti allo schermo me ne andassi a dormire, pronta a ricominciare il giorno dopo con la mia bella pera quotidiana di servilismo. Però non ce la faccio. Non riesco a smettere. Sono ossessionata dalla scrittura come un tossico alla ricerca della propria dose e vivo costantemente aggrappata alla flebile speranza che prima o poi l’essere e il fare possano convivere pacificamente, che il mio lavoro “vero”, al quale tengo molto, possa mostrare un po’ di più la vera Chiara e che la scrittura esca dai confini del mio pc,per essere riconosciuta da tutti come parte di me, anche dal mio capo e dai miei colleghi.
Io non voglio più vivere due esistenze parallele. Non voglio più viaggiare nel mondo come il Dottor Jackill e Mister Hyde, ma essere me stessa in ogni settore della mia vita. Perché è così complicato?

Il lancio della patata bollente.

E voi, siete scrittori, fate gli scrittori, o entrambe le cose? Riuscite a trovare facilmente il tempo da dedicare alla scrittura? Altrimenti, come reagite di fronte alla sua mancanza? 

Commenti

  1. Domande difficili, le tue.
    Per cominciare, come direbbe Yoda: "Essere. O non essere. Non c'è 'fare'." Cioè è inutile giocare a "fare" gli scrittori: se uno vuole, ci deve credere e si deve comportare di conseguenza. Che non è atteggiarsi, ma significa avere un atteggiamento professionale verso la scrittura.
    Per il tempo, leggevo proprio oggi l'intervista di Giovanni Turi a Paolo Zardi: proprio lui, che è nei 12 dello Strega, non può permettersi di scrivere a tempo pieno ma deve lavorare perché "tiene famiglia". Figurarsi noi. Allora bisogna farsi le spalle larghe e forti, e recuperare il tempo là dove se ne possa trovare un po'. Sarà la perseveranza, a salvarci. ;)

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    1. Sono d'accordo sul fatto che non ci si possa limitare a "fare" gli scrittori: come ho scritto più volte, anche nella presentazione del blog, la scrittura nasce da un vero e proprio modo di essere, principio che non sempre vale per gli altri lavori, a meno che la scelta della professione non dipenda da una data inclinazione caratteriale (mio papà è nato avvocato e non lo vedrei a fare nient'altro).
      Il discorso riguardava più che altro il mio lavoro "ufficiale" che mi ha appiccicato un'etichetta che non mi compete e non rispecchia veramente il mio carattere e i miei studi, e con il quale non voglio essere identificata. :)

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  2. Io ho momento in cui non scrivo proprio e altri in cui sono una valanga. So per certo che sarebbe più giusto scrivere qualcosa ogni giorno, anche forzando un pelino, che tanto poi la creatività prende il sopravvento. Il tempo ce l'avrei, anzi ora un po' meno, ma noto che le idee ''geniali'', quell'improvvisa voglia di scrivere, viene quando il tempo non ce l'ho. :D Che fregatura eh?

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    1. È la legge di Murphy. :D
      Per quel che mi riguarda però noto che più riesco a essere costante più le idee fioriscono perché mantengo vivo il contatto con la storia :)

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  3. Anch'io faccio un lavoro nel quale non mi riconosco, ne ho parlato spesso da me, e Dio solo sa se sta sera avrei voluto dopo:
    uscita da ufficio 17.30
    approdata dall'ottico per ritirare occhiali nuovi pronti da diversi giorni 18.40
    rincasata 19.45
    preparato cena
    risposto con gran piacere a due mail di Tenar :)
    doccia
    cenato
    stirato (tanto ma capi facili)
    FINALMENTE mi sono messa a scrivere, tardi tardissimo, avrei voluto almeno saltare lo stiraggio, ora vado a letto mezz'ora dopo il mio orario. Cotta a puntino. Beata te che stai al mare, chissà quanti te lo diranno!!! Bacio Sandra

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    1. Sì a me piace molto vivere al mare, quando sono in ferie! :D
      A luglio é fastidioso da matti stare in ufficio e poi tornare a casa e trovare la fila di torinesi e milanesi che rientrano dalla spiaggia, e magari fanno baldoria fino alle 3 di notte sotto la mia finestra. :)
      A stirare ho rinunciato da tempo decidendo di investire 10 euro a settimana (e altre 10 mio marito) per far venire due ore la signora che pulisce da mia mamma. Preferisco sacrificare qualche stupidata e risparmiare tempo, perché già ne ho poco! Poi ovvio se mi serve un pantalone me lo stiro, ma avendo un marito che fa un lavoro fisico c'è veramente tanta roba da fare...

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  4. faccio un lavoro che mi permette molto tempo libero...
    in teoria!
    perché in pratica, per una donna con una casa [grande] sua, non è mai finita...
    tempo per scrivere?
    si, ne ho... e ringrazio l'insonnia per avermelo concesso

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    1. Che lavoro fai di bello?
      Anche io soffro di insonnia, ma questo implica più che altro il rigirarmi nel letto scazzata ...

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  5. Io sono riuscito a ribaltare il rapporto e adesso sto praticamente lavorando nel tempo libero dalle mie passioni. Certo questo significa accettare di vivere con meno soldi, ma anche con meno stress e frustrazioni. Tanto più che arrivi presto ad accorgerti che vivere secondo l'essenziale di te stesso è abbastanza economico.
    Mi sento uno scrittore, dal momento che mi appaga l'atto di scrivere, che si tratti del mio romanzo o della blog novel o dei post per il blog. Non sono ancora uno scrittore "pubblicato", ma non mi considero neanche un "aspirante" scrittore.

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    1. Hai fatto bene. Io credo che al giorno d' oggi il mondo del lavoro dia troppa importanza alla stabilità e troppo poca alla soddisfazione personale. Però se non ricordo male tu sei un editor... e per me già il fatto di avere in lavoro legato alla scrittura e ai libri sarebbe molto. :)

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    2. Sì, ma rimane sempre e comunque una seconda scelta, che faccio soltanto per soldi senza trarne vere soddisfazioni.

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  6. No, assolutamente no. Non trovo più il tempo per scrivere, e ormai è una attività relegata a 'quando riesco'. Al contrario di te, finiti gli studi, ho trovato subito un posto fisso in cui esprimere quanto avevo studiato. Nel tempo libero scrivevo, ne avevo tanto, e il numero di ebook presenti su Amazon, più i quattro romanzi pubblicati con un editore in tempi non sospetti, lo confermano (mai superato, però, quella sottile linea rossa che tramuta lo scrittore per passione in scrittore di professione).
    Oggi non riesco più a mettermi a scrivere. Non ne ho proprio voglia. Avrei storie da raccontare, le idee non mancano, e ho persino pensato a come svilupparle, ma non lo faccio. Non lo faccio perché sono svuotato. Mi chiedo a cosa serva, se là fuori ci sia veramente qualcuno interessato a leggere le mie storie, e se scriverle per me stesso valga davvero la pena. In più... il tempo passa, e sembra persino restringersi. Non so... Quando tornavo dal lavoro, con persino dello straordinario fatto, trovavo il tempo per correre due ore in bici, fare una doccia, mangiare, guardare un film, scrivere. Oggi... Arriva mezzanotte che neppure me ne accorgo. Ho i riflessi lenti, ho il fisico stanco, ho perso gli stimoli? Forse.
    Forse sono solamente stanco della fuffa che ci sta attorno. La passione non mi basta. Preferisco leggere che scrivere. Vedo il mio Mac, lo accendo, lo fisso, e poi mi volto verso il romanzo che sto leggendo. Ne ho sempre letti un paio alla volta, uno a casa, uno mentre sono in giro, o nelle pause al lavoro. E trovavo anche il tempo per scrivere, e lo facevo volentieri. Oggi non più.
    Certo, ero single, i miei erano giovani, non dovevo preoccuparmi di cose che oggi, invece, devo affrontare. Forse sono solo stanco, stressato, deluso... Su quest'ultima parola ne avrei da dire e raccontare, taccio perché rivangare non ha senso, taccio perché proprio non ha senso e basta.
    Scrivere, in questo momento, aggiungerebbe stress allo stress. Non riesco proprio a vedere questa attività come a uno sfogo, a una fuga dalla realtà, cosa che invece in passato era una sensazione normale.
    Son sceso a un compromesso. Correggere i vecchi lavori, salvare il salvabile, pubblicarli in antologie, che poi son già tutte fatte. E ora mi mancano solo due romanzi. Uno che pubblicai in print on demand solo per fare un test e raccontare l'esperienza sul mio vecchio blog, e uno che pubblicai sul medesimo blog a puntate. Li voglio sistemare, e poi riproporre su Amazon, in ebook. Sempre che rileggendoli mi convinca che ne valga ancora la pena.
    Il mio timore è: E quando avrò finito anche con quei due titoli? Avrò chiuso del tutto questo capitolo della mia vita? O ci sarà qualcosa che mi spingerà a ripartire?

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    1. Per curiosità, quanti anni hai?
      Dalle tue parole mi viene da pensare che tu possa essere intorno alla quarantina, o comunque in un'età in cui si inizia ad essere un po' disillusi...
      anche io avevo perso lo stimolo legato alla scrittura. Avevo ventisei anni. Poi ho ricominciato perché, come ho scritto nel post, sono accadute alcune cose che hanno riattivato la mia scintilla. Chissà, magari capiterà anche a te. O magari no. La scrittura é un arte, e in quanto tale non si può programmare. Ma quando è ben radicata in noi é difficile sfuggire. :)
      P.S. Benvenuto sul mio blog.

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    2. C'hai preso. Ho appena fatto i 43. E sì... son disilluso. Le esperienze mi hanno davvero storcere un pochino il naso. Ho sbattuto contro muri che pensavo neppure potessero esistere. La mia fortuna è che son sempre stato un eclettico e la scrittura non è mai stata la mia unica passione. Amo la fotografia, e il disegno, e amo anche la vita all'aria aperta (dove posso esercitare la prima, e trovare spunti per la seconda). In questo periodo mi sto dedicando a queste forme di espressione, per cui non è che io mi trovi in un momento di aridità. Mi manca la scrittura, certo, ma ogni volta che mi metto lì davanti al foglio bianco, i ricordi di ciò che ho passato mi fanno passare la voglia.

      Grazie per il benvenuto. Ti leggo già da un po', ma solo in questa occasione ho trovato le parole per un commento (o forse uno sfogo...) :-)

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    3. L'importante è che tu sia sereno e stia bene. Quando rinunciare alla scrittura è una libera scelta, l'anima è comunque in pace. Diverso è quando le circostanze esterne ti inchiodano, e a impedirti di essere te stesso è soltanto la paura.

      Spero che tornerai presto a commentare da queste parti. :)

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  7. Mi trovi, con questo post, in un momento in cui oscillo tra la frustrazione, l'irritazione e la tristezza.
    A scuola non si fa che parlare di sciopero con blocco degli scrutini sì o no. Siamo a giugno e la legge che deve decidere il nostro futuro (a settembre) è ancora ferma in senato. Ho dato tempo, denaro, benzina e letteralmente sangue per ottenere un'abilitazione che questa nuova legge parrebbe cancellare. Un anno della mia vita buttato nel cesso con un "ops.. vi abbiamo dato informazioni sbagliate" da parte delle alte sfere.
    Questa incertezza si riflette sulla mia scrittura, perfino più che la mancanza di tempo dei mesi precedenti. Non sono più sicura di niente. Ho la costante impressione che qualsiasi cosa faccio mi sarà chiesto più di quanto posso umanamente dare. Ho per le mani una storia delicata e fragile, vorrei guidarla con mano sicura. Il problema per me adesso non è il tempo, è la speranza che ci sia qualcosa oltre le nebbie in cui navigo a vista su più ambiti, scrittura compresa.

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    1. Quello che vi hanno fatto con la storia del Pas è semplicemente disumano. Non si può giocare in questo modo con la vita delle persone, e mi domando se uno sciopero sia sufficiente, perché secondo me ci vorrebbe una protesta molto più pervasiva, che non coinvolga solo gli insegnanti ma tutti i professionisti umiliati da un sistema marcio.
      La situazione che descrivi - in relazione alla scrittura - é simile a quella che ho vissuto quando non lavoravo: la preoccupazione concreta e materiale per il mio futuro mi faceva vedere l'arte come un passatempo che in quel momento non potevo permettermi...

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    2. Più che altro tutto ciò amplifica la mia già cronica insicurezza. Ieri ho scritto un pezzo che mi piaceva un sacco... Oggi già penso che faccia schifo!

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    3. Fare in modo che il nostro status momentaneo non condizioni negativamente la scrittura è una sfida per tutti gli scrittori. è sempre difficile essere oggettivi e onesti con se stessi! :)

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  8. Torno, adoro sfruttare i blog altrui. Ecco per guadagnare tempo ho sospeso il mio di blog, anche per i cookies, ma alla fine sono un pretesto. Ho da qualche ora tra le mani la nuova scheda per il romanzo che sto scrivendo, redatta dalla editor dopo che ne abbiamo parlato per due ore mercoledì, ho una gran voglia di fare, scrivere, lavorare, ma... molte cose so già che avranno la precedenza. Tipo ora, sono le 14 e si torna al lavoro ufficiale, mi pesa da matti, e sta sera sarà tardi quando mi metterò alla tastiera. Il mio primo commento era un po' sconclusionato, colpa dell'oraio suppongo. Bacio Sandra

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    1. No, si capiva bene! Lasciamo perdere guarda... io se penso che lunedì dovrò rientrare al lavoro sono veramente angosciata. Spero solo di riuscire a evitare che quel posto si ciucci tutta la mia fantasia.

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  9. Io ho la fortuna di lavorare in un'azienda di cui io stesso sono il proprietario, perciò non ho grandi problemi con gli orari, anche perché grazie allo scambio di turni con la mia ragazza ho (abbiamo, anzi) parecchio tempo libero. Purtroppo questo però è un'arma a doppio taglio: tutto questo tempo a disposizione, che ho sempre avuto in qualche modo, anche da prima di aprire l'azienda, mi ha portato ad avere tantissime passioni: ogni giorno perciò è riempito dalla lettura di tutti i blog che seguo (e sono tanti), dalla scrittura degli articoli per i miei due blog principali, e di tanti progetti diversi da scrivere (oltre ovviamente alle varie distrazioni, tipo Facebook), e arrivo a fine serata che mi rendo conto di non essere riuscito a scrivere tutto quello che avrei voluto, il che è irritante. Ultimamente comunque cerco sempre di ritagliare un po' di spazio per le cose più importanti, ossia il mio romanzo, che infatti procede lento ma inesorabile. Vorrei però migliorare ancora, e riuscendo a calmare l'angoscia che mi contraddistingue, oscillare meno tra le distrazioni e focalizzarmi di più sulla scrittura. E' difficile, ma ci sto lavorando :) .

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    1. Bravo! Conoscere i propri limiti è il modo migliore per affrontarli. L'importante è non essere maniacali, perché anche questo danneggia la creatività. Dopo tutto siamo umani e non è giusto pretendere troppo da se stessi...

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  10. Io è meglio che non parlo della mia vita lavorativa...
    Per quanto riguarda la scrittura, nell'ultimo periodo, causa mille pensieri, non le sto dedicando nulla. Il romanzo procede... da fermo.
    Il problema (mio) è trovare un altro modo di vivere, ché questo per me è solo stress senza soddisfazioni.
    Interessante la storia dei sogni ricorrenti. Io ne faccio due, ma non capisco che significato abbiano.

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    1. Pensa che il tuo lavoro (copywriter, giusto?) è quello che facevo prima di accettare il posto fisso. Avevo da poco aperto la partita Iva e siccome guadagnavo poco ho ceduto alle lusinghe dello stipendio stabile. Con il senno di poi non so se lo rifarei... sono stata precipitosa perché lavoravo come free lance solo da tre mesi, ma era un lavoro che mi piaceva. Io sono autonoma. Mi piace esserlo. Vorrei autogestirmi.

      Per quel che riguarda i sogni, se vuoi raccontameli in una mail. Anche io so interpretarli sebbene consiglino di non interpretare i propri... quando sono ricorrenti indicano sempre qualcosa di importante che non è stato risolto :)

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    2. Diciamo che scrivo articoli e testi per il web, copywriter è una parola troppo grossa.
      Anche a me piace essere indipendente, ma secondo me non hai sbagliato ad accettare la proposta. Io stavo meglio da dipendente, in tutti i sensi.
      Ti ho inviato un'email coi sogni, grazie :)

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  11. Quanto mi fai sentire in colpa... io non ho scuse per non scrivere, eppure riesco sempre a trovarne di nuove :(
    Brava Claire, riposati, rienergizzati e fagli i culi rossi!
    Mi piace molto la citazione iniziale. Per quanto riguarda il tempo perso sui social e i giochini ti dò ragione, ma a volte è l'unico modo per concedersi una pausa senza quel "senso di colpa" che ci perseguita.

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    1. Io non demonizzo i giochini e la televisione in senso lato perché penso che ogni tanto ci voglia un po' di cazzeggio puro per allontanare i pensieri. Però il problema si pone quando queste attività diventano un modo per trascorrere le giornate. Ed è triste dirlo, ma per me era così quando non avevo lavoro ... :)

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  12. Pensa, quando è finito tutto l'ambaradan attorno al mio romanzo e le luci dei riflettori inevitabilmente si sono spente, avevo una grande carica: mi metterò subito a scrivere il mio prossimo libro, mi ripetevo ogni giorno: ne ho tre tutti avviati e immancabilmente accantonati... per colpa del tempo, questo bastardo! Sono passati diversi anni da allora, ma solo adesso sento di essermi reimpossessata del mio desiderio di scrivere e, sicuramente, la forma in cui meglio mi sto esprimendo in questo periodo è il blog: sto bene all'idea di averne uno in cui finalmente credo; questa è stata la molla che ha spalancato la porta anche al progetto primario, il nuovo romanzo. Lentamente, con determinazione sto ritrovando il mio assetto da "scrivente" più che "scrittrice".

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    1. Magari non erano storie che ti vibravano dentro nel modo giusto, mentre ora hai trovato quella che merita di essere raccontata. :)
      È successo anche a me di accantonare diversi tentativi. Il tempo era sicuramente un problema enorme. E lo è ancora. Però nonostante questo riesco a non mollare. Procedo con immensa lentezza, ma procedo. Forse anche perché la storia mi piace molto. Devo solo riuscire a raccontarla bene. :D

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  13. Penso ancora che, organizzandomi meglio, potrei trovare più tempo per scrivere, perché quello che ho adesso è risicatissimo (ci sono vuoti di giorni interi in cui non scrivo un bel niente).
    Tuttavia penso che non serva a nulla chiudersi in casa, togliere tempo alle giornate in compagnia, e mettersi a scrivere, perché così facendo scriveremmo solo con la consapevolezza di esperienze che abbiamo già fatto, non potremmo mai maturare e cambiare.

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    1. Sono d'accordo, anche perché la creatività non va forzata. Mi è capitato tante volte di dire "oggi mi chiudo in casa a scrivere tutto il giorno" per poi rimanere ore davanti alla pagina bianca. Tuttavia penso che un minimo di autodisciplina sia assolutamente necessaria, altrimenti diventa impossibile portare avanti qualunque tipo di progetto. :)

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  14. Anche per me che da anni non lavoro, riservare spazio alla scrittura non è sempre facile. Nel mio caso gli ostacoli sono, più che nella realtà, nella mia testa e nelle cattive abitudini, in gran parte legate all'uso della rete. Mi sono però fatta un'idea, che in qualche modo confermi con il tuo racconto: siamo abituati a pensare di scrivere "nonostante" le difficoltà, ma forse siamo fuori strada. Forse scriviamo "grazie" alle difficoltà. Sono convinta che il tempo che ti sembra perso ti abbia costruita, non danneggiata, nonostante le apparenze. Forse se tu avessi scritto allora non saresti affatto riuscita a scrivere i romanzi che credi. Forse avresti dato alla scrittura un'importanza minore, come si fa con le cose facili, e alla prima delusione avresti rinunciato. Magari la vita sembra un vagare sconclusionato, a volte, ma può anche essere il Percorso che ci ha permesso di arrivare a essere ciò che siamo (sperando di percepirlo come positivo!).

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    1. Sicuramente tutto ciò che una persona vive la aiuta a costruire se stessa, a diventare giorno dopo giorno un po' più vicina alle proprie aspirazioni. Probabilmente quegli anni di "stop" sono serviti a capire quanto fosse vuota la mia vita senza la scrittura: è il meccanismo che Hegel definisce di tesi-antitesi e sintesi. Attraverso il passaggio da un eccesso all'altro, si può trovare la giusta via di mezzo. Quindi non rimpiango il mio passato. I miei (mi piace pensare che possano essere tanti) romanzi beneficeranno di queste esperienze. Tuttavia, se penso alla mia situazione attuale, un po' mi mangio le mani! :)

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  15. Ciao Chiara, ciao a tutti.
    Io ho gli impegni di una casalinga con figlia maggiorenne, nonne anziane e casa in campagna.
    Il "tempo bastardo" non basta nemmeno a me.
    Programmo di scrivere i miei posti. Magari un raconto nuovo ma interviene sempre qualcoosa di diverso che me lo impedisce.
    Poi, non ho mai capito perchè, le idee migliori mi vengono quando vado a nanna,
    Siccome però la sveglia suona tutte le mattine alle 5.30.... quando mi corico Morfeo mi rapisce e il mio quaderno resta là, intonso. Nemmeno a dirlo il giorno dopo non ricordo più quello che m era venuto in mente. Sarà l'età.. saranno i casini vari.,....

    Più sopra hai scritto che più riesci ad essere costante e più le idee fioriscono, Sacrosanto! Sembra che un'idea tiri dietro di sè l'altra come la motrice di un treno si tira dietro i vagoni.
    Riuscire ad essere costanti è un altro paio di maniche. Quando poi si è incavolati per altri motivi non sempre si ha la forza di trovare soddisfazione personale nella scrittura. Nemmeno quella fisica.

    Il tempo bastardo poi, ci mette del suo.....

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    1. Dimenticato una cosa.
      Non sono e non mi sento scrittrice. Amo scrivere, tutto qui. Oggi come oggi almeno è così. Domani.... si vedrà!

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    2. Esatto!

      Scrivere è una forma di meditazione perché richiede la completa focalizzazione sull'attimo presente. La mente deve essere libera da tutti i turbamenti che possano impedire alle parole di scorrere. Quindi, bisogna essere isolati, e non sempre è possibile. A volte, la quotidianità afferra per la manica, e ci si sente quasi in colpa.

      Io mi sento scrittrice non a livello professionale, perché questo titolo ancora non mi spetta, ma come forma mentis e come atteggiamento. Sicuramente però sento più adatta a me questa etichetta, di quella che mi porto sulle spalle in altri ambienti, dove se sei donna non hai nemmeno il diritto di essere chiamata "dottoressa", ma solo "signora"...

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  16. Ciao Chiara,
    leggo e rileggo il tuo post, e più le righe scorrono sotto ai miei occhi, più mi meraviglio nel vedere quanto pensieri e riflessioni che elabori quotidianamente corrispondono esattamente a quanto penso ed elaboro anch'io ogni giorno!
    Mi definisco scrittrice, pur non avendo mai pubblicato un libro, e pur facendo tutt'altro tipo di lavoro, perché ho capito, nel tempo, che questa mia realtà corrisponde innanzitutto a un'identità profonda, più che a un "fare" concreto. E' prima di tutto un atteggiamento mentale, solo dopo si traduce in parole, racconti, recensioni, poesie o qualsiasi altra forma gli si voglia dare. E penso che non farlo sia una grossa castrazione che prima o poi si ripresenta sotto forma di angoscia, frustrazione, demotivazione per quel maledetto senso di vuoto, di non fatto che non ci dà pace. E' così, è una piccola "condanna" che in qualche modo ci costringe a risicare le nostre ore di "cazzeggio", ma che alla lunga ci dà una certezza di noi, una consapevolezza che difficilmente può essere attaccata. Ecco perché non sempre una donna che scrive è ben accetta in certi ambienti. Ovviamente, in questo caso, intendo "scrivere" nel senso più profondo del termine, perché se parliamo solo dell'azione in sé, anche tanti personaggi non proprio in cima alla classifica delle persone più intelligenti del mondo, qualcosa hanno pubblicato.
    C'è un film che parla proprio di questo, dello scrittore come identità, prima ancora che come azione, che ha molto da raccontare: si chiama Betty Blue, ed è di Jean Jacques Beineix, un regista francese. Ti consiglio di guardarlo! E' un po' forte, perciò cerca di vederlo in un momento in cui non ti senti particolarmente esposta! A me ha insegnato molte cose! :)

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    1. Ciao Costanza, benvenuta sul blog, oltre che su facebook (per curiosità, come mi hai trovato?).

      Il titolo del film che citi non è assolutamente nuovo, e non escludo di averlo già visto. Magari andrò a cercarlo.

      Per il resto sono assolutamente d'accordo con te sul fatto che la scrittura ti leghi inesorabilmente a una determinata forma mentale. Ciò avviene quando svolgi con costanza una data attività. Anche il mio lavoro alla lunga ti plasma, ed è per questo che mi sento al centro di una lotta continua, fra l'essere e il fare, due sfere che in ufficio voglio tenere separate, perché se così non fosse rinuncerei ai miei valori per piegarmi a un servilismo che non sento mio.

      L'unica cosa che mi auguro è che questa dicotomia possa spezzarsi, ovviamente a favore della scrittura :)

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    2. Ho trovato prima il tuo blog e poi ti ho aggiunta su Facebook! Sul blog non ricordo neanche come ci sia capitata...forse stavo facendo una delle mie solite ricerchine sulla scrittura e, tra una parola chiave e l'altra, mi è comparso! :)

      Per quanto riguarda quello che mi hai scritto, in realtà penso che non sia la continuità del lavoro che svolgi a plasmarti; penso che siano delle inclinazioni mentali che uno possiede a prescindere e che non deve fare altro che sviluppare! Il mio lavoro "ufficiale" è quello di account per un'agenzia pubblicitaria, e se dovessi dirti che prima o poi la mia vera indole diventerà quella di persona diplomatica, problem solver, con una mentalità fortemente orientata al business e allo stare in mezzo alle persone per portare nuova clientela...Bè, ti direi una sciocchezza tremenda!!! Di giorno mi vedono così, ma sono costretta a esserlo, altrimenti non mangio!! Ma ti assicuro che è e rimarrà sempre una maschera. Detto ciò, esistono anche persone che sono così veramente e svolgono questo lavoro sicuramente meglio di me! E mi viene da dire...beate loro!! Io mi devo sempre un po' forzare. Ma anche questo ha i suoi lati positivi: per esempio, se non fosse per il mio lavoro, avrei la testa molto più "per aria": essendo una mansione che richiede di coordinare più reparti, sono costretta a tenere i piedi ben piantati a terra e non perdere il controllo di nulla, cosa che nella vita torna sempre utile!! Ma da qui a cambiarmi l'indole... No, penso che questo non potrà mai succedere!

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    3. Non sai quanto ti capisco! Il fulcro di tutto il post è proprio quello.
      Io sono l'assistente di un direttore. Il lavoro mi piace solo quando sono lasciata in pace. In questi tre anni mi sono trovata a lavorare con una pedanteria che non fa parte del mio carattere, e tante volte mi sono trovata a farmi quasi violenza per accettare alcune logiche a me completamente sconosciute, nonché una mentalità maschilista con cui non riuscirò mai a trovarmi d'accordo. Io sono inferiore, punto. E questo non si limita al mio ruolo (le gerarchie non si discutono): il mio capo pensa che valga poco anche umanamente. Una volta mi ha detto "lei non può pensare perché é solo una segretaria", e mi domando perché dirigenti maschi non laureati siano chiamati "dottori", e io sempre e solo "signora"...
      Ci sono colleghe il cui lavoro rispecchia perfettamente la loro indole. Io sono troppo creativa per limitare a eseguire gli ordini senza la tentazione di stravolgere i resti delle email, eliminare le d eufoniche e dare un'impronta personale a ciò che faccio...

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  17. C'iao Chiara, hai centrato un argomento che mi sta a cuore: il tempo. Anch'io ne ho perso tanto prima di decidermi a scrivere. Forse non era ancora il momento giusto, dovevo passare attraverso il dolore per mettere a nudo la mia anima. Oggi la scrittura rappresenta il mio mondo parallelo, quello più vero e pieno di senso.

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    1. Anche per me è così. Quando scrivo realizzo la parte più vera e più autentica del mio essere, mi sento in pace con l'universo intero :)

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  18. Tutti abbiamo sprecato del tempo; quando si è giovani si pensa di essere immortali e il tempo è l'unica cosa che non manca. Te ne penti poi dopo. Questo significa anche un'altra cosa: stai diventando vecia! Per quanto riguarda la scrittura, rimpiango i dieci anni passi a non scrivere. Tuttavia sono serviti a crescere, a sviluppare un carattere, una professione, delle competenze. Il tempo, in realtà, non è mai sprecato; nemmeno le tue litigate con tuo padre. Qualcosa ti hanno insegnato, no? Allora sono servite.

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    1. Ma certo, tutto serve, anche gli errori, anche i rimpianti. In fondo, tutto ciò che capita avviene per un motivo, è strettamente legato alla nostra evoluzione personale. Ciò nonostante, se avessi la possibilità di tornare indietro e cambiare qualcosa del mio passato, lo farei al volo. Ora come ora, posso solo evitare di ripetere gli errori che ho fatto. :)

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  19. Cara Chiara, io non mi faccio molti problemi. Quello che considero è la vita, la sua importanza ed il suo essere fra alti e bassi. In fondo non è importante un momento di stasi, come non è importante il fare a tutti i costi ma come si vivono le cose. Importante sei tu come persona; il resto può cambiare e non ti dovrebbe prendere più di tanto. Almeno te lo auguro!
    Per quasi niente vale la pena di prendersela troppo calda... ;) Si dovrebbe considerare sempre il limite delle cose e le grandi potenzialità delle persone nel risolverle. Il punto di riferimento è sempre la persona non il suo lavoro o attività.

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    1. Questo è vero, però l'illuminazione non consiste nell'ignorare i problemi facendo finta che non esistano, ma nel saper cambiare ciò che ci impedisce di realizzare al 100% le nostre potenzialità. Purtroppo, in questo momento, mi trovo in una situazione di disagio. Prima o poi le cose evolveranno, ma non voglio fare wonder-woman, che nega il problema. :)

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