La descrizione fisica dei personaggi


Quando non hai niente da dire, non dire niente. 
(Charles Colton)

È opportuno descrivere l’aspetto fisico dei personaggi di un romanzo? Questa è una delle questioni in cui mi capita di imbattermi più spesso quando gironzolo sui blog altrui. Al riguardo ci sono posizioni differenti che oscillano fra due estremi: c’è chi ritiene importante garantire al lettore un’immagine il più possibile precisa e chi invece preferire lasciare carta bianca alla sua immaginazione.

Ovviamente ognuno opera la propria scelta coerentemente con i propri fini narrativi. Non esistono dogmi o regole inviolabili, quindi mi limiterò a raccontarvi ciò che sto facendo io. Sentitevi liberissimi di concordare o dissentire.

Qualunque descrizione, che sia ambientale o fisica, porta molto spesso un rallentamento del flusso narrativo. Se non è gestita con sapienza, rischia di appesantire il racconto o di spezzarlo. Per questo motivo, occorre comprendere se il nostro inserimento è pertinente con la scena narrata. Per evitare che risulti posticcio, dobbiamo porci questa domanda: è necessario comunicare quel dettaglio? E se sì, è necessario comunicarlo proprio adesso? Ma soprattutto, perché abbiamo la necessità di evidenziare quel determinato aspetto?

Le motivazioni che portano alla decisione di descrivere fisicamente un personaggio possono essere molteplici. Io ho trovato queste:

a) Esprimere meglio il carattere di un personaggio.
Tempo fa ho scritto due articoli per il blog Anima di Carta (li trovate qui e qui) nei quali esponevo la posizione della psicologa francese Lise Bourbeau: il nostro corpo tende ad assumere la forma delle nostre ferite e a diventare lo specchio dei nostri pensieri, delle nostre emozioni più intime.
La definizione “brutto e cattivo” non è soltanto un cliché che compare nelle favole. Ci sono persone, ad esempio, che ruminano rabbia come mucche al pascolo. Probabilmente, dentro di loro, reprimono emozioni negative e traumi mai superati. Hanno sempre una parola cattiva per tutti e, se possono fregarti, lo fanno senza alcun ripensamento.
Tale cattiveria è assorbita dal loro volto (proprio come ne “Il ritratto di Dorian Grey”) che appare contratto, rigido, teso. E non sorride mai.
Mi trovo spesso a domandarmi, dunque, in che modo un determinato aspetto caratteriale dei personaggi si possa ripercuotere sul loro fisico, cercando poi di creare un insieme concreto, completo e coerente. Un eccesso di magrezza può ad esempio aiutarmi ad inquadrare un individuo particolarmente stressato? E il donnaiolo di turno come apparirà agli occhi degli altri? Come sarà vestito? Come porterà i capelli?
Mi diverto molto a giocare con il linguaggio del corpo e a trasformare determinati tratti somatici o scelte estetiche in veri e propri mezzi di comunicazione non-verbale. Non per altro, uno dei messaggi più importanti che circolano nella storia sarà riassunto da una serie di tatuaggi.
b) Sottolineare un cambiamento psicologico attraverso dettagli fisici.
Questo punto è collegato al precedente e ne condivide i presupposti di base.
Ipotizziamo che la nostra protagonista stia attraversando un periodo di depressione dopo una delusione sentimentale. Potrà dimagrire molto, oppure mostrarsi ipotonica e apatica. Un individuo fortemente stressato avrà delle profonde occhiaie ed una “sciura” che non accetta di invecchiare tenderà a ricorrere alla chirurgia estetica.
In questo caso, la descrizione si concretizza nel confronto con quanto evidenziato in precedenza realizzando uno dei principi base dello show don’t tell di cui abbiamo parlato la volta scorsa.

c) Offrire al lettore una visione più completa.
Lo confesso: io sono un po’ gelosa dei miei personaggi e voglio che siano compresi a 360°. Se l’immaginazione del lettore-cavia si discosta dall’idea che mi sono fatta di loro provo un misto di fastidio e dispiacere. È anche per questo motivo, forse, che cerco di mettere in evidenza più dettagli possibili. Cerco di farlo, però, nel modo più semplice e naturale possibile. Voglio fare in modo che quanto desidero mostrare  sia perfettamente incanalato nel flusso narrativo, senza risultare una forzatura.

d) Sottolineare eventi rilevanti per la trama.
Ipotizziamo che il fulcro della nostra storia sia un incidente che cambia completamente i connotati del nostro protagonista: descriverne gli effetti fisici sarà fondamentale a scopo narrativo.
Se il nostro romanzo parla di tossicodipendenza o di una gravidanza, descrivere fisicamente chi vive tali situazioni può risultare non solo importante ma addirittura doveroso.
Una volta trovate le risposte a queste domande, sarà necessario comprendere in quale modo inserire una descrizione fisica del personaggio evitando l’ormai citatissimo infodump.

Per quel che mi riguarda, l’utilizzo di un punto di vista in terza persona limitata limita un po’ la mia azione in quanto sono vincolata ai pensieri e agli sguardi dei personaggi. Pertanto, mi rimangono le seguenti strade:

a) Legare la descrizione ad una presa di coscienza del personaggio.
Se la storia presenta una focalizzazione interna, scrivere “Maria si spazzola i capelli neri” può essere considerato un errore. Quando io vado a lavorare la mattina non sto certo lì a pensare “oh, ora trucco i miei occhi marroni con questa matita verde”, o sbaglio? Piuttosto penserò “merda, sono in ritardo e sembro uno zombie”.
Se invece scriviamo “Maria si spazzola i capelli. È compiaciuta nell’osservare che, nonostante abbia superato i quarant’anni, sono ancora neri e folti”, la descrizione è sensata. La donna registra un dettaglio relativo al proprio aspetto e mostra un certo tipo di reazione, psicologica o emotiva, senza portare sbavature nel punto di vista. Nello stesso tempo, non offriamo al lettore degli elementi che gli consentono di inquadrare meglio il soggetto e la sua personalità.

b) Sfruttare la focalizzazione multipla.
Quando il punto di vista in terza persona limitata si sposta da un personaggio all’altro, possiamo offrire delle “descrizioni incrociate”.
Io, ad esempio, ho deciso di filtrare il primo incontro fra due dei tre personaggi principali attraverso lo sguardo del personaggio femminile e non di quello maschile, per tutta una serie di ragioni che magari elencherò in altra sede. Però ci saranno anche scene in cui sarà lui ad osservare lei e a mettere in luce gli aspetti più significativi del suo aspetto.
Questo tipo di approccio offre anche un altro vantaggio: personaggi diversi colgono dettagli diversi.  
Pensiamo, ad esempio, ad una ragazza che guarda la propria rivale: potrà definire volgare ciò che ad un uomo apparirà sexi. Si può dunque giocare sui contrasti ed evidenziare il lato soggettivo della bellezza, pur mantenendo fedeltà ai nostri ideali di completezza e realismo. 

c) Fare in modo che il dettaglio emerga spontaneamente.
Un personaggio che solleva manubri da cinquanta chili difficilmente sarà un mingherlino. Una ragazza che si raccoglie i capelli non avrà un caschetto alla Valentina di Crepax , e così via. Molti elementi possono scivolarci fuori dalla penna senza che quasi ce ne accorgiamo e, nello stesso tempo, comunicare al lettore dettagli importanti.

Infine, quali accorgimenti occorre adottare quando inseriamo una descrizione fisica?

a) Evitare stereotipi: il nerd occhialuto, il tamarro con la camicia mezza aperta e il petto depilato, il vecchietto con il cappello alla guida di una Panda bianca, soprattutto se si tratta dei protagonisti. Il cliché può favorire la riconoscibilità d un personaggio minore, ma anche in questo caso è opportuno non esagerare.
Come avevo evidenziato anche qui, per me è utile individuare, per ogni personaggio, dei difetti fisici più o meno marcati, anche in questo caso senza cadere in futili banalizzazioni. Magari non li menzionerò mai all’interno della storia, ma mi aiutano ad avere (e ad offrire) una visione più completa. Dopo tutto, nemmeno i modelli di Dolce & Gabbana rappresentano un ideale assoluto di bellezza.

b) Evitare l’ effetto “lista della spesa”. Come evidenziavo precedentemente, è opportuno fare in modo che il dettaglio fisico emerga spontaneamente. Se scriviamo “Marco è biondo con gli occhi azzurri, alto un metro e ottanta e pesa settantacinque chili” il lettore ci può rispondere un bel “ma chi se ne frega?”
Imparare a focalizzarsi su ciò che è utile per i propri scopi narrativi senza creare pesantezza e infodump dovrebbe essere lo scopo principale di ogni scrittori.

c) Evitare che la descrizione fisica sembri un’intrusione dell’autore. Questo principio è valido soprattutto se si utilizza la terza persona limitata e il personaggio vuole esprimere dei dettagli riguardanti se stesso. Il supremo narratore onnisciente teoricamente può fare quello che gli pare. L’importante è che non si faccia notare troppo.

d) Mantenere l’equilibrio. Non abbiamo bisogno di spendere troppe parole nella descrizione fisica di un personaggio che compare una volta sola nella storia. Possiamo evidenziare qualche elemento per donargli concretezza, ma poi ci dobbiamo fermare. A cosa serve attirare l’attenzione del lettore su un soggetto che non rivedrà mai più?

Per quest’ultimo elenco ringrazio Grazia: sono dei concetti che ho imparato anche grazie al suo manuale. E voi, in quale modo affrontate una descrizione fisica? Avete altre risposte da offrire a queste domande, oltre a quelle che ho già dato?

COMUNICAZIONI DI SERVIZIO
1) Chi non l’ha ancora fatto, può rispondere al sondaggio che vede in alto a destra e, se vuole, commentare la risposta qui.

2) Il 18 maggio u.s. pubblicavo il primo post di Appunti a Margine. Sei mesi sono un bel traguardo, quindi ne approfitto per dire un sentito GRAZIE a tutti voi che mostrate interesse per i miei post. Se non ho ancora appeso la tastiera al chiodo è anche merito vostro!

Commenti

  1. A me non piace tanto descrivere fisicamente i personaggi: ne ho un'idea molto precisa in mente, e tanti particolari se ne escono anche senza volere. Quello che mi piace è il loro carattere, specialmente se descritto attraverso la comunicazione non verbale, e i loro sentimenti. In quest'ultimo caso, ahimè, tendo ancora molto a scivolare nel "tell, don't show".
    Però ho scoperto (!) una cosa. Vabbè... diciamo che mi sono fatto un'idea.
    Anche i lettori forti ormai sono assuefatti al linguaggio televisivo e cinematografico; la loro fantasia si aspetta un supporto visivo che io, che leggo spesso classici e guardo poco la tv, non uso. Così ho imparato a scrivere scene che starebbero meglio, imho, in una sceneggiatura piuttosto che in un libro, ma che mi sembra che siano apprezzate più di quello che scriverei io senza vincoli. Adesso, quando posso, ragiono in termini di piano sequenza, primi piani e piani americani.
    Il risultato è che quando mi imbatto in un personaggio nuovo, ad esempio, cerco di descriverlo non con una lista, ma come lo guarderei io: prima una visione d'insieme, poi un particolare che mi colpisce e che è quello che mi da la prima impressione, poi qualcos'altro, ecc.

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    1. Se descrivi i comportamenti dei personaggi attraverso la comunicazione non verbale è a tutti gli effetti un show don't tell, non trovi? E sicuramente inserire le descrizioni senza spezzare il testo lascia più spazio all'immaginazione del lettore, facendo venir meno i principi di intrusione.
      Nemmeno io faccio liste, anche se i personaggi principali hanno una scheda che definisce tutto ciò che devo sapere di loro (anche se non tutto sarà poi detto al lettore) compreso l'aspetto fisico. Una volta assimilato il loro modo di essere, esso si mostrerà al lettore pian piano.
      Io ho una formazione cinematografica (la televisione invece la aborro!) a causa dei miei studi universitari, quindi do molto valore all'evocazione dell'immagine e noto che il lettore lo considera uno dei tratti forti della mia scrittura. :)

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    2. Le descrizioni in genere sono dei paletti, dei vincoli alla fantasia del lettore. A meno che non ci si ispiri alla narrativa russa dell'800 o altri esempi in cui le descrizioni si inerpicano per pagine e pagine, una volta che del personaggio (anche protagonista o personaggi principali) si descrive rapidamente il sesso, età, lavoro (se funzionale alla storia) e qualcosa di sommario sul suo aspetto, si è fatto l'essenziale. Come potrei immedesimarmi in qualcuno che dalla descrizione fatta non mi assomiglia e non potrebbe mai assomigliarmi? Io voglio essere James Bond, Tarzan, Jack lo Squartatore, e se l'autore mi suggerisce che è biondo, con gli occhi azzurri, alto e magro, con 45 di scarpa e le dita affusolate mi viene il nervoso e smetto di leggere. Lo stesso vale per l'ambientazione: a meno che non sia un luogo di fantasia e la "location" sia essenziale ai fini della storia, un bosco, un lago, un castello li lascio disegnare dalla fantasia e dall'esperienza del lettore, che così potrà sentirsi molto più vicino alla storia, ai luoghi ed ai personaggi. Questo ovviamente è un mio umilissimo parere.

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  2. In questo caso credo di andare molto a istinto.
    Il problema tipico è non aver dato una data informazione sul fisico del personaggio che poi devo usare (es, tizo è alto e deve chinarsi in un cunicolo). A quel punto mica posso interrompere la narrazione per inserire il dato ("Tizio, che superava il metro e novanta, dovette piegarsi" è una frase pessima da inserire al capitolo 40, sopratutto se Tizio è il protagonista). Quindi vado indietro per cercare un punto in cui posso segnalare che Tizio supera il metro e novanta senza che l'informazione sembri forzata. Di solito non lo trovo e mi irrito un sacco...

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    1. A me invece capita di dare per scontato che il lettore immagini il personaggio come l'ho immaginato io, per poi rimanerci male quando mi accorgo che si è fatto un'impressione diversa. Ho fatto un cazziatone a mio marito perché si immaginava il mio protagonista biondo, anche se non l'ho mai scritto né fatto capire in alcun modo (infatti ha i capelli scuri). :)

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  3. Secondo me l'errore peggiore che possa fare un narratore, cioè una persona che sa scrivere, è quello di dire troppo. E' un errore peggiore addirittura del dire troppo pocco. Io cerco di non descrivere nulla. Sfrutto l'immaginazione del lettore piuttosto. Quello che descrivo, con assoluto minimalismo, è perché ha una funzione ben precisa nella storia. Concordo, come dici tu, che il dato emerga spontaneamente, dalla situazione o dal contesto ad esempio.
    Questo tuo post anticipa un poco il mio di venerdì prossimo. Si potrebbero quasi unire per farne uno più completo. ;)

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    1. Sfondi una porta aperta con me perché io dico tantissimo! Però per fortuna quando revisiono (a distanza di mesi) so sempre riconoscere cosa va tagliato. Si può dire che abbia maturato una sorta di intuizione.
      In fondo questo approccio rappresenta il mio modo di essere anche nella vita. Sono una chiacchierona. Limitarlo si può, ma non posso snaturarmi. L'importante è sapere quando e come correre ai ripari. :)

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    2. Beata te. Io i miei errori non li so ancora riconoscere e ne avrei un gran bisogno invece. :(

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    3. Non è facile: io ho iniziato questo tipo di lavoro su me stessa nel 2009, e non è ancora concluso. Se non altro, però, ho imparato a riconoscere i miei limiti (non solo nel campo della scrittura) e a lavorarci su.

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  4. "b) Evitare l’ effetto “lista della spesa”."

    Quando dici questo sono assolutamente d'accordo e se non l'avessi scritto tu, te lo avrei suggerito come risposta :D

    Quest'errore è molto più comune di quanto si possa credere. Molte volte anzicché leggere un racconto, mi sembra di assistere a una televendita di vestiti e stoffe.

    Dove alcuni autori perdono righe e righe di testo per descrivere ogni personaggio, anche comparsa che sia, in ogni loro particolare: volto, labbra, occhi, capelli, pettinatura, vestito se è in raso, pizzo o ferro non importa. Descriveranno con minuzia di dettagli e dopo la terza riga, ti ritrovi a saltare l'intero paragrafo per continuare a leggere!

    Sono in linea con tutto quello che hai detto.

    ps... devo smettere di usare troppi avverbi in -mente, ma è più forte di me :P

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    1. A me capita di saltare i paragrafi quando ci sono flussi di pensieri troppo pallosi. La descrizione fisica, così come il "dialogo interiore", deve poter uscire poco a poco.
      Sono contenta che l'articolo ti sia piaciuto! Benvenuta :)

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  5. In questi giorni Marilyn va di moda! La cosa che descriverei sicuramente di lei è il sorriso così puro, che nascondeva una malattia mentale che nessuno sospettava. Direi che aveva sei dita dei piedi, parlerei dei suoi capelli, delle sue labbra e del suo neo, così come fa Michele nella sua storia di questi giorni. Descriverei la sua grazia innata e la dolcezza sensuale che l'ha resa famosa. E finirei col dire che era una taglia 44, alla faccia della moda anoressica degli ultimi anni!

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    1. Quando pubblico un post cerco sempre delle immagini che possano essere pertinenti, sulla base di alcune parole chiave. Non sempre è facilissimo trovare un soggetto che possa rappresentare adeguatamente i contenuti che intendo esprimere. Quando ho trovato questa fotografia mi è parsa bellissima, ed ho deciso di utilizzarla. :)
      P.S. Io sono una taglia 40 ma credo che dovrei prendere qualche chiletto

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  6. Bel post!
    Sono d'accordo sul fatto che i dettagli fisici debbano essere funzionali e ben integrati nella trama, non in modalità "lista della spesa".
    A me è però anche spesso capitato di scrivere mettendo pochi dettagli fisici nel tentativo di far sfumare il personaggio nell'indistinto e i concetti esposti nell'"universale". Non so con quali risultati, ma ci ho provato.

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    1. Ho capito cosa intendi. Io invece cerco di focalizzarmi sulla particolarità dei personaggi, che sia fisica oppure morale. Mi piace mettere in rilievo la loro completa individualità :)

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  7. Probabilmente la giusta via sta nel mezzo, e dipende anche quanto sia importante per te, come autrice, fornire un ritratto quanto più fedele possibile all'immagine che hai in mente. Per quanto mi riguarda, per alcuni personaggi mi preme dare delle caratteristiche, per altri no.

    Inutile descrivere un personaggio minuziosamente, comunque: spesso bastano pochi tratti su cui il lettore può lavorare con l'immaginazione e completarli. Lo scrittore Georges Simenon è un maestro, in questo.

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    1. Credo che occorra anche considerare il criterio della funzionalità e domandarsi se serve comunicare al lettore un determinato dettaglio, se è utile ai fini della narrazione. Spesso in sede di stesura sono in preda alla foga creativa e non mi pongo troppi problemi (anche per non bloccarmi) ma la revisione mi obbliga a tagliare molto. Ne ho parlato anche a proposito dell'infodump :)

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  8. Quando hai scritto: "La donna registra un dettaglio relativo al proprio aspetto e mostra un certo tipo di reazione, psicologica o emotiva, senza portare sbavature nel punto di vista. Nello stesso tempo, non offriamo al lettore degli elementi che gli consentono di inquadrare meglio il soggetto e la sua personalità.", nella seconda frase quel "non" è giusto? Oppure doveva essere "noi"?

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