Scrivere senza censure - liberarsi dalla mania del controllo.
(Mario Andretti)
Nell’ultimo
periodo sto scrivendo parecchi articoli dal taglio psicologico, come dimostra
il volume della categoria “nella mente dello
scrittore”, forse perché si
tratta di un momento delicato per la mia evoluzione personale. Mi sto liberando
di alcune zavorre che per anni hanno gravato sulle mie spalle, e la scrittura
la mia più importante alleata nella rincorsa di una nuova leggerezza.
La scrittura mi
sta aiutando a evolvere.
E più evolvo,
più il mio stile diventa maturo, la mia trama profonda, i personaggi complessi.
Lo ripeterò fino
alla nausea: ciò che siamo si ripercuote sulle nostre creazioni anche quando la
storia che narriamo non è
autobiografica. Per questo motivo è fondamentale conoscere a fondo il nostro
carattere e le nostre tendenze. Ma soprattutto dobbiamo essere consapevoli di
quei difettucci che tendono a sabotarci e a creare ostacoli lungo il cammino.
Guardarci dentro
è fondamentale: un’anima profonda genera scritti profondi. Quindi spero – anche
alla luce delle domande che ho deciso di porre alla fine del post – che questo
articolo possa offrire a ciascuno di voi la possibilità di scavare e imparare
qualcosa di più su se stesso.
Per quel che
riguarda me, nell’ultimo periodo ho riscontrato la presenza di un aspetto
caratteriale che mi sta stretto come i Levi’s che indossavo a sedici anni: la mania del
controllo.
La dicotomia
fra il bisogno di controllare e la ricerca della libertà.
Il tema della
libertà torna molto spesso nei miei scritti, al punto che anche l’interrogativo
alla base del mio romanzo ha a che fare con questo concetto. Nella mia vita ho
sofferto molto a causa di quelle che percepivo come restrizioni, limitazioni
del mio spazio. E anche ora, che con l’età ho potenziato la mia capacità di
accettare compromessi, vivo con un misto di rabbia e frustrazione i tentativi
altrui di ingabbiarmi in dinamiche che non mi appartengono.
Ho trascorso
buona parte della mia esistenza a cercare di esprimere me stessa senza
condizionamenti e vincoli, cercando di aprirmi a un rapporto autentico con la
mia anima. Chi sei, Chiara? Questa è la domanda che mi ha accompagnato negli
ultimi anni. E le risposte non piacciono a tutti. Ma piacciono a me, mi
appartengono, sono vere, e dunque ritrovo nella scrittura quella libertà di
espressione che in altri contesti – ad esempio sul lavoro – mi è negata.
Eppure mi rendo
conto che, se da un lato reagisco con stizza ai tentativi altrui di tenermi
sotto la lente d’ingrandimento, dall’altro io stessa tendo a esercitare un
controllo eccessivo su ciò che faccio e che dico.
Ho paura del
giudizio altrui perché io stessa, in passato, non ho fatto altro che
giudicarmi.
Ho alcune
rigidità caratteriali che condizionano la mia esistenza e interferiscono nel
mio rapporto con gli altri, eppure ci sono talmente abituata che spesso fatico
a rendermi conto della loro presenza. E, cosa ancor più grave, permetto loro di
interferire nella mia scrittura.
Eppure la libertà
creativa è nemica giurata del controllo, quindi prima mi incateno (Christian
Grey non c’entra niente, lo giuro) e poi mi divincolo come un’anguilla per
cercare di liberarmi.
La gestione del
mio tempo.
Tempus fugit,
dicevano i latini.
A cosa servono dunque i pericolosi quanto
inutili tentativi di chiuderlo nel congelatore?
Forse i dodici
anni che ho trascorso a Milano mi hanno fatto il lavaggio del cervello, perché
mi sembra di non averne mai abbastanza. Sono sempre di corsa, sempre di fretta.
E se qualcosa o qualcuno interferisce con i miei piani sbarello come non mai.
Sento ancora, nella mia testa, l’eco delle parolacce che stamattina ho urlato
contro un Ape-Car che mi stava davanti a trenta all’ora su una strada a una
sola corsia…
A volte avrei
proprio bisogno di tirare il fiato, perché questa marcia eterna mi impedisce di
godere a fondo del momento presente. Sono sempre proiettata su ciò che devo
fare dopo.
Capite però
molto bene che la scrittura non può entrare in questo meccanismo. Un minimo di
disciplina serve, ma timbrare il cartellino della creatività indirizza le
nostre storie verso una morte lenta. Credo
infatti che l’ispirazione segua percorsi che ci sfuggono. Un’idea ha bisogno di
respirare, per attecchire. E le storie non vanno inseguite, ma lasciate
fiorire. Questo si può fare solo se non si cerca di spaccare il secondo.
“L’erba cresce
senza fretta”, mi dice sempre il mio master reiki. Ed è strano che proprio io,
che ho trasformato le filosofie orientali in uno stile di vita, riesca a stare
buona e calma solo quando mi trovo in meditazione. E mi spavento se penso che il mio romanzo rischia di essere pronto
quando andrò in pensione. Il fatto che quelli della mia generazione
probabilmente non ci andranno mai è solo uno stupido dettaglio...
Autodisciplina
alienante.
Anche se nei
confronti del dovere ho sempre avuto un atteggiamento un po’ lasso, quando mi
metto in testa qualcosa so perseguire lo scopo con la testardaggine di un
muflone. Anzi, di più: divento ossessiva. Quando decido di fare una cosa, la
faccio bene. Ci perdo il sonno, ci lascio la pelle. E questa può essere un’arma
a doppio taglio.
È un bene che
uno scrittore sia ossessionato dallo scrivere. Se non ci sentiamo perseguitati
dalle nostre storie, è molto difficile che prendano il volo, che diventino
concrete. Uno scrittore deve essere drogato di scrittura, seppur a fasi
alterne. Se non riesce a battere sui tasti per un periodo di tempo
sufficientemente lungo soffre, ed è giusto che sia così. L’arte si nutre di
passione.
Ma la passione
non deve mai tagliarci le gambe o isolarci dal mondo. E, soprattutto, non deve
compromettere il nostro stato d’animo o le altre incombenze quotidiane, quelle
che ci danno da mangiare. Perché questa è dipendenza, non è arte. E la
dipendenza è priva di purezza, è una storia d’amore malata che non porta niente
di buono e spesso sfocia nello stalking.
Il controllo
sui miei scritti.
Sono una
perfezionista. Lo sono in ogni campo della vita. Sono una di quelle persone che
non hanno mai un capello fuori posto, che seguono un regime alimentare sano,
che cercano di essere impeccabili e che hanno una paura boia del giudizio degli
altri. O meglio: lo ero.
Quando ho
iniziato a scrivere, mi sentivo profondamente tentennante e incerta. Avevo l’abitudine
di rileggere mille volte i miei scritti, in modo quasi maniacale. Questo però
non significava che fossero perfetti. Tutt’altro: troppi maneggi a caldo
inaridiscono il testo e finiscono per peggiorarlo.
Sapete qual è il
paradosso? Un atteggiamento eccessivamente pignolo mi ha rallentato tantissimo,
risvegliando il mostriciattolo che controlla la gestione del tempo e… aiuto! Che circolo vizioso di merda!
Quando mi sono
resa conto di questo – e soprattutto di non volere che la stesura del mio
romanzo diventasse un mutuo – mi sono esercitata a separare la fase creativa
dalla revisione, sperimentando una nuova forma di libertà. E improvvisamente mi
sono sciolta.
Pesare anche le
virgole non fa per me, non in questo periodo, non in un momento in cui ho
bisogno di aprirmi ad una follia sana, che mi consenta di superare il limite
imposto dall’abitudine all’afasia.
Scrivere di
getto. Parlare a ruota libera. Non temere il lettore. Ecco cosa rompe le
catene. Ecco cosa da vita ad un testo, quando applicare la tecnica diventa
automatico e la paura di sbagliare scompare.
Una nuova forma
di libertà.
È bello svincolarsi
dagli orari che inchiodano il cuore a una forma limitata di coscienza. Le
tabelle di marcia serrate inaridiscono. Quando è il piacere di scrivere a
portarmi sulla tastiera e non un immotivato senso del dovere, vengono fuori
testi bellissimi.
Il punto è
questo, amici miei: a volte dobbiamo concederci di sgarrare con gioia, perché l’
eccesso di controllo ci infila un tappo in gola, limitando la nostra
espressività. Sono proprio le deviazioni impreviste che spesso ci portano nei luoghi
più belli, quelli che nascondono significati nuovi, inesplorati.
È bello a volte
mangiare una fetta di sacher con un sorriso malandrino sul volto, uscire con il
giubbotto sopra la maglia del pigiama per comprare le sigarette, decidere di
non mettere i tacchi per una settimana e accorgermi che nel binomio eleganza
versus comodità forse la seconda vale più della prima… e poi ridere, ridere
senza limiti. E non aver alcuna paura
che le cose mi sfuggano di mano.
Lo stress
psicologico è materiale. È talmente potente che può addirittura modificare la
forma delle nostre cellule, sapete? Quindi è inevitabile che i miei personaggi,
la mia storia e le mie parole risentano dell’ energia negativa che ho
appiccicata addosso. Quando invece respiro, respirano anche loro, si librano
nell’aria, si formano, vivono, diventano tangibili, trovano il senso e ne
regalano un po’ anche a me.
Ma, cosa ancora
più importante, io sono questa. Io sono libera. La vera Chiara non ha bisogno
di controllare, perché per lei è sufficiente essere. Il controllo altro non è
che il tentativo di spingere sott’acqua un gigantesco pallone, con il rischio
che prima o poi mi esploda in faccia. Questa consapevolezza mi ha cambiato la
vita. E ha cambiato anche la mia scrittura.
Il lancio della
patata bollente.
Ecco, cari
followers, io ho fatto outing. Ora chiedo a voi… esiste un limite caratteriale che ha
ostacolato o tutt’ora ostacola la vostra creatività? E come lo
affrontate? Quanto al controllo, è un aspetto caratteriale che
riguarda solo me, o c’è qualcuno sulla mia stessa barca?
Scrivere di getto? Magari. La prima pagina deve essere limpida. Se non riesco a inquadrare bene personaggio e atmosfera, per me è impossibile procedere; quindi mi fermo e ci lavoro per un bel po'. Quando tutto è fissato, in ordine, procedo e credo che se tutto scivola abbastanza bene, è perché ogni cosa è fissata. Ho imparato a conoscere bene il personaggio e sono in grado di ascoltare quello che ha da dire.
RispondiEliminaCol tempo, immagino che il controllo sui propri scritti diventi meno assillante perché impari... a lavorare. Se hai tenacia e voglia di imparare, ti guardi attorno e osservi come gli altri scrivono. E attui un po' del loro metodo alla tua scrittura. Quindi rimani severo, ma "dopo", mentre scrivi cerchi di scrivere e basta. Sia chiaro: io dico questo e ovviamente NON lo faccio. Rileggo sempre il paragrafo che ho scritto, e torno subito a correggerlo, se c'è un errore, una ripetizione, un passaggio poco chiaro. So cosa dovrei fare, ma non lo faccio: pazienza.
Io credo che, in scrittura, non esistano regole assolute. Quando si studia c'è chi legge ad alta voce, chi sottolinea, chi prende appunti ... chi può dire chi abbia ragione? Ecco: quando si scrive vale lo stesso principio.
EliminaSe quello che descrivi è un metodo adatto a te, ben venga. Nel mio caso è stato deleterio. Io faccio di getto la prima stesura di ogni paragrafo, poi lo rileggo e correggo, ma poi vado avanti... perché perdere tempo su scene che in fase di revisione potrebbero essere tagliate alimenta un castello di paranoie che non serve a nulla, se non ad alimentare insicurezze.
Anche io studio i personaggi e decido cosa scrivere. Ma la progettazione è più su macro-episodi, non su singoli capitoli e scene. Il termine "scrivere di getto" non implica assolutamente la mancanza di pianificazione, è solo un modo di procedere a livello contingente. :)
Però credo che col romanzo la faccenda sia differente. Lì la pianificazione ci deve essere, o precipiti nel caos. Io adesso, per esempio, mi impongo di fare solo le schede dei personaggi, niente scrittura. Almeno per qualche mese, solo schede, per conoscere bene i personaggi.
EliminaLe schede sono fondamentali, senza non riesco a lavorare. Però il mio errore é stato quello di farle fin troppo dettagliate trovandomi un sacco di questioni da gestire. A volte è quasi meglio poche informazioni ma mirate piuttosto che pagine e pagine....
EliminaLa scaletta invece per me è sommaria perché ho bisogno di un margine di liberta' di movimento. :)
Forse cara Chiara il mio limite è la fretta. Sono nata di 7 mesi e ho mantenuto l'impazienza del e nel fare. Come ho già avuto modo di dire da qualche parte, lavoro ottimamente sotto pressione, se il lavoro si ammoscia gli vado dietro, per cui avere una scadenza (lavoro su scadenze fiscali) anche per il testo: editore/editor che dice "fai questo entro" mi aiuta, ma in realtà termini troppo stretti sono una grossa trappola per chi già fa in fretta (e bene!) se mi chiedi per mercoledì un lavoro che umanamente è già impossibile fare per giovedì e io di indole lo farei per martedì rischio di esplodere. E quando non ci sono scadenze me le do io, voglio finire per... Il mio limite dunque è il DEVO FINIRE ENTRO quando non c'è alcun motivo per mettere un paletto. Bacio Sandra ps. venerdì sera ho pubblicto il post su smontare e rimontare un'opera.
RispondiEliminaPer curiosità, di che segno sei?
EliminaSo che potrebbe sembrare un luogo comune, ma questa cosa della fretta secondo me è tipicamente milanese. Quando io vivevo lì, ai tempi dell'università, ero abituata a muovermi quasi sempre a piedi. Vivevo vicino a Sant'Agostino, studiavo alla Cattolica e credo di non avere mai preso un mezzo per andare in Duomo, in Colonne o in Ventiquattro Maggio. Quando lavoravo in Viale Molise andavo a piedi a San Babila e prendevo l'84 da lì ... Questo mi ha abituato a correre, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Qui la vita è diversa, non c'è tutta questa frenesia. Le mie colleghe dicono che faccio venire l'ansia!
Sagittario, confermo il discorso su Milano è così, basta andare a 100 km - anche meno ma dico 100 perchè a questa distanza ho una casetta delle vacanze e tutto cambia. Ma se non corri a Milano sei tagliata fuori, un po' forse il problema sono le distanze, comunque c'è molto traffico ed è difficile avere il lavoro sotto casa. E poi Milano "chiama" tanti stimoli, vuoi abitare a Milano e non vedere la tale mostra? (marchetta: c'è un post da me su tale argomento!) andare fuori per frequenti aperitivi? ecc. Giammai e sei fregato. S.
EliminaIo ho l'ascendente in sagittario! :)
EliminaComunque sì, è vero, Milano è così. Però secondo me questo stile di vita è accettabile finché studi e hai tempo per frequentare eventi. A me, ad esempio, piacevano moltissimo le rassegne cinematografiche all'Anteo o allo Gnomo... Ma quando inizi a lavorare sei risucchiato, non ti rimane tempo per nulla e di Milano prendi solo il lato negativo: la corsa folle, lo stress, lo smog.
Adesso io lavoro a 30 km da casa, quindi le distanze ci sono lo stesso. Però le vivo in modo molto diverso rispetto a prima, le sopporto meglio. :)
Ciao Chiara, ti leggo spesso, ma non ho mai avuto il piacere di commentare.
RispondiEliminaQuesto tuo post lo trovo molto intenso. Il percorso vero di un cammino, la fase di un passaggio. Lo trovo molto letterario. Fai parlare con questa sincerità anche i tuoi personaggi. A me ispira molto, mi fa venire molte idee per scrivere, per delineare caratteri, tracciare profili. Quella che descrivi è un’inquietudine profonda che riscontro sempre più spesso, e che in qualche modo segna anche il mio passaggio esistenziale di questi giorni. E sono d’accordo con te, scrivere di getto, ignorare le regole e i precetti. Tu la chiami “follia sana”, a me piace pure la follia folle. :)
Ciao Marco, benvenuto e grazie per il commento. Ti ho visto in giro per i vari blog e mi fa piacere averti qui. Inoltre sono molto contenta che l'articolo ti sia piaciuto. :)
EliminaIo credo che il "controllo delle impressioni" di cui parla Goffman in "Vita quotidiana e rappresentazione" sia uno dei mali di questa società, in quanto costringe gli individui a conformarsi a ruoli e precetti stabiliti da altri. Il problema è che questa afasia dopo un po' diventa una regola e la creatività ne risulta sacrificata. è un limite con cui volenti o nolenti dobbiamo confrontarci tutti quanti. Non è un caso che i veri artisti vivano spesso ai margini della società.
La citazione di Andretti è bellissima e, a suo modo, di una profondità notevole: riassume in sé un libro intero di considerazioni. Tenendo sempre presente, però, che "la potenza è nulla, senza controllo". ;)
RispondiEliminaNon credo che l'anarchia possa aiutare la creatività. Il controllo serve per avere autodisciplina. è quando diventa eccessivo che blocca e impedisce alle persone di portare avanti i propri progetti in serenità. :)
EliminaAnch'io sono stato un perfettino molto self-controled, in parte lo sono ancora, e mi influisce in modo opposto, nel senso che nella scrittura sfogo in modo eccessivo tutto ciò che mi tengo dentro nella vita materiale quotidiana...
RispondiEliminaUn limite caratteriale che influenza la mia scrittura è la paura della morte: mi spaventa talmente che quasi non riesco a parlarne nei miei libri, la tratto sempre come un dato di fatto, un evento, ma evito accuratamente di addentrarmi nell'elaborazione del lutto o in altri argomenti correlati.
Ecco, se dovessi scrivere un romanzo incentrato sulla perdita di una persona cara oppure sull'approssimarsi della morte e delle sensazioni che da ciò derivano, probabilmente sarei non in difficoltà, ma addirittura paralizzato dai miei limiti caratteriali per questo argomento.
Avevo parlato dei blocchi derivanti dalla paura di affrontare argomenti che turbano nel mio post sulla zona comfort. Ora non ricordo se tu ai tempi frequentassi già il blog. Magari può esserti utile.
EliminaIo penso che ciascuno scrittore abbia argomenti su cui esercita il controllo, però la scrittura è libertà e noi abbiamo il diritto e il dovere di essere più forti della nostra mente.
In questo senso io sono avvantaggiato: da bravo misantropo a me del giudizio altrui non importa. Io sono così e che la gente mi accetti o meno non mi riguarda. Non ho intenzione di essere diverso da come sono.
RispondiEliminaPer quelli che camminano a 30 all'ora ci vuole un bazooka montato sul davanti dell'auto :)
Non ho limiti caratteriali, piuttosto umorali. Ecco perché in questo periodo il mio romanzo giace abbandonato.
Il fatto di fregarsene del giudizio è indice di maturità e di forte autostima. Io ci sto lavorando ma mi faccio condizionare molto. O, più che altro, vivo con una perenne sensazione di non essere adeguatamente compresa o apprezzata.
EliminaBella idea quella del bazooka :D Quando vado a lavorare ho due nemici giurati : gli ape-car, che qui sono tantissimi per via delle serre, e i camion della spazzatura. A volte penso che potrei scendere dall'auto e superarli a piedi...
In alcuni dei tuoi tratti caratteriali mi riconosco. Solo in alcuni ambiti sono perfezionista e terribilmente competitiva con me stessa, devo dare il 101%, cosa che un po' mi trasforma in una macchina da guerra, quando la meta mi è chiara, ma mi sfinisce anche.
RispondiEliminaPer altri versi ho avuto un'educazione un po' particolare, di cui prima o poi parlerò, che da un lato mi fa stare bene con me stessa, dall'altro mi fa sentire sempre un po' stonata con il contesto e quindi mortalmente insicura. Non so leggere le convenzioni sociali e questo a volte mi paralizza.
Per la scrittura non so. Voglio, fortemente voglio che i miei scritti vengano letti, che diventino altro da me e questo fa sì che comunque li invii a chi di dovere, anche se poi mi viene un infarto ogni volta che devo relazionarmi con l'editore/il curatore di turno.
E di certo ci sono ancora zone oscure che fatico a raccontare, in generale tendo a nascondermi troppo, per evitare di essere sovrapposta ai miei personaggi. Il lavoro dei prossimi mesi, per me, è anche quello di lavorare con una protagonista che mi assomiglia più del solito (poco, ma comunque più del solito)
Sai, forse siamo molto più simili di quanto non sembri. Anche io mi sono trovata più volte a sentirmi alienata rispetto al contesto. Mi capita tutt'ora nel mio ambiente di lavoro. E se inizialmente pensavo di avere qualcosa di strano, ora mi rendo conto che è proprio così. Ci sono valori e principi nei quali non mi riconosco, quindi perché forzarmi ad essere ciò che non sono? Questa è stata una consapevolezza importante maturata nella mia vita, che ha attenuato un po' si insicurezza ma non l'ha eliminata del tutto.
EliminaPensa che per me la sfida è stata quella di scegliere un protagonista completamente diverso da me.... ognuno ha le proprie battaglie. :)
Intanto mi piace molto l'immagine che hai scelto per accompagnare il tuo post!
RispondiEliminaE mi piace anche l'idea dell'evoluzione legata alla scrittura. A me è capitato di sondare le profondità del mio essere per riuscire a caratterizzare il personaggio di una mia storia: l'ho reso simile a me ma guardandomi dall'esterno, non so se rendo l'idea. Quella dell'autocontrollo è un esercizio mentale che ha ingabbiato anche me in passato e anche nel mio caso si trattava di un rigore eccessivo che manifestavo nei confronti del mio modo di essere. In me hanno sempre convissuto due anime, roba che uno psicologo... ci andrebbe a nozze: da una parte so essere l'esempio perfetto di equilibrio e moderazione, dall'altra so di essere viscerale e istintiva. Nel mio modo di scrivere trasferisco questo Mr Hyde che mi ribolle dentro e le mie storie raccontano la parte di me che indossa la maschera. Vedi, mi concedo la libertà solo quando scrivo ed è la sensazione più straordinaria che esista!
Il mondo "perverso" di noi scrittori! :)
Come ti capisco! Anche io spesso mi sono sentita scissa fra impulsi differenti, fra anime in conflitto ciascuna delle quali cerca di prevalere, di prendere il sopravvento sull'altra. Però, come dici tu, solo una delle due può essere vera fino in fondo. L'altra è solo frutto della paura, del tentativo di non essere all'altezza del contesto, di non piacere agli altri. E ora so che la Chiara "controllore" è un surrogato creato da anni e anni di convinzioni sbagliate. è giunto il momento di sopprimere questa insicurezza e concedermi di essere ciò che sono! :)
EliminaLa totale mancanza di moderazione in qualsiasi aspetto della mia vita, è di sicuro il mio nemico peggiore. Posso smettere di leggere o scrivere per mesi, anni, e poi concentrarmi solo su quello per altri mesi o anni. Scrivere troppo, scrivere troppo poco. Pensare troppo, pensare troppo poco. Avere completa fiducia nelle mie capacità, non avere fiducia alcuna. E via così. L'equilibrio non sarà mai nelle mie corde, perchè "chi nasce tondo non muore quadrato", però spero di acquisire abbastanza autocontrollo e rilassatezza da mantenere una certa costanza nella quantità e nella qualità della mia produzione, e anche nel mio atteggiamento verso la scrittura :)
RispondiEliminaUn tempo ero anche io così, poi crescendo e cambiando sono riuscita ad ottenere più equilibrio. Il problema è che mantenerlo a volte costa un immenso sforzo... e qui subentra il controllo di cui sopra. Ma quando si toglie il tappo possono venire fuori delle pagine stupende. Paradossalmente, è nel momento in cui abbandoniamo il controllo che ci troviamo ad avere tutto sotto controllo... perché l'imprevisto non ci spaventa più, e il fuori programma smette di alimentare sensazioni di disagio o perdita.
EliminaCiao Chiara. Ho letto il tuo post tutto di un fiato, che bello! Io mi considero una lettrice bulimica e una scrittrice sporadica. Dedico due o tre mesi a un romanzo, poi lo abbandono e infine passo alla revisione. Prima di passare ad altri progetti di scrittura devo ricaricarmi perché, ogni volta, sono come svuotata. Ora che ho il blog, però, sono costretta a scrivere anche nei periodi "morti" . Lo trovo un bell'allenamento. A presto
RispondiEliminaRiuscire a scrivere la prima stesura in due mesi sarebbe davvero bellissimo! Ora come ora per me è quasi un miraggio! :)
EliminaP.S. Sono contenta che il post ti sia piaciuto... grazie! :)
EliminaIo sono una maniaca del controllo. Questo mi è di ostacolo nella scrittura? Forse per certi versi sì, anche se non ci avevo mai riflettuto. Nel leggere quello che dici, però mi sono ritrovata, soprattutto quando leggo e rileggo, modifico e rimodifico.
RispondiEliminaConsideriamo però anche i lati positivi di questa mania del controllo, no? Ce ne sono di sicuro :)
Okay, cerchiamoli ... ehm ... ;)
EliminaSai, io credo che il controllo sia positivo solo quando è inteso come disciplina e capacità di lavorare bene anche nei momenti più ostici. Può aiutare in fase di revisione, ma se interferisce con il processo creativo rischia di diventare molto pericoloso.
Le cose migliori che scrivo, le scrivo di getto. Mi piace lasciare andare la fantasia e non riesco a capire in quale momento esatto ho deciso di ingabbiare la scrittura e il perché… Ad ogni modo, immagino che tutti abbiamo bisogno di un po' di disciplina e di concretizzare gli sforzi. Altrimenti basterebbe un bel diario "segreto" in cui mettere tutti quei pensieri che vengono fuori solo scrivendo.
RispondiEliminaMa, parlando di limiti caratteriali, se ne ho uno, e indubbiamente ne ho più di uno, è il non riuscire a guardarmi dentro. Sono bravissimo a osservare gli altri, a capirli, a immedesimarmi con le loro emozioni. Sono, invece, totalmente incapace di fare autoanalisi. Ecco perché mi servono un paio di occhi esterni.
Del giudizio degli altri mene frego, ma tengo invece moltissimo al mio. Verso me stesso, negli ultimi anni, ho coltivato una buona opinione. Che sia realistica o meno, non ne ho idea, mi fa stare bene però. Credo sia l'unica cosa che conti. :)
Io credo che sia impossibile portare avanti un progetto di ampia portata (come può essere un romanzo) in uno stato di anarchia, in quanto un minimo di disciplina ci vuole. Il controllo di cui parlo adesso è qualcosa di eccessivo che taglia le corde vocali e toglie alle persone la possibilità di esprimersi liberamente.
EliminaGuardarsi dentro è fondamentale per scrivere. Ti farò da personal trainer in questo! :-D
Okkey! :)
EliminaIl controllo è un bel mostro in tutti i campi. Nella scrittura rende insoddisfatti di se stessi e fa produrre testi ingessati; nella vita causa ansia costante. La lotta contro la mania del controllo mi sembra sacrosanta! Credo però che sia parte della nostra natura anche dare un indirizzo alle nostre azioni. La disciplina può strangolare, ma in molte cose aiuta. Serve un equilibrio che contenga entrambi gli approcci, purificati dagli eccessi dannosi. Roba da niente! ;)
RispondiEliminaCertamente. Come ho evidenziato anche negli altri post, io critico soprattutto l'eccesso di controllo. Una direzione alle cose si può dare anche senza il bisogno di essere maniacali. :)
EliminaQuando leggo questi post piuttosto personali, penso sempre: "Quanto sei Bilancia!"
RispondiEliminaIl nostro è un viaggio meraviglioso, eccitante, mai noioso, ma non abbiamo ancora capito che l'importante è il percorso, e non la meta.
Quando saremo famose e impegnate a fare public relations ogni giorno per pubblicizzare i nostri best seller rimpiangeremo questi giorni da esordienti, quando dovevamo "solo" preoccuparci di riuscire a finire il primo romanzo :)
Spero che il "quanto sei bilancia!" sia inteso in senso buono! :-D
EliminaIo sono una bilancia pura: pensa che nel mio tema astrale ci sono ben cinque pianeti che cadono in questo segno. Quando mi dicono "eh ma tu sei più verso lo scorpione..." rispondo che non esiste bilancia più bilancia di me! :D
A parte questo, sono contenta che il post ti sia piaciuto. E non vedo l'ora che arrivi il momento di cui parli! ;)
Non me ne intendo di oroscopi, ma per quel poco che so rispecchi a perfezione le caratteristiche della Bilancia che vedo in me e soprattutto nella mia migliore amica, nata 11 giorni dopo di me, il 18 ottobre. Ci solo alcune caratteristiche, come il senso di giustizia e la ricerca della perfezione, che viste da fuori sono virtù lodabili ma che sono pesanti per chi le porta avanti giorno dopo giorno.
EliminaIo sono nata il 19 e, come dicevo prima, mi sento bilancia al 100%, sebbene l'ascendente sagittario (per fortuna) smussi un po' di angoli ... :)
EliminaIl tuo post è molto stimolante.
RispondiEliminaPer ringraziarti di questa condivisione, ti ho nominata top of the post della settimana.
http://www.genitorialmente.com/2015/03/genitorialmente-presenta-il-top-of-post_15.html
A presto
Manu
Grazie! Mi fa molto piacere aver ricevuto questa menzione! :)
Elimina