La vitalità di un'idea - il valore dell'intuizione.


La sola cosa realmente di valore è l'intuizione.
(Albert Einstein)

Sapete una cosa, ragazzi? Scrivere non è qualcosa che mi piace.
Scommetto che questa affermazione vi ha un po’ sorpreso, ma penso che sia riduttivo limitare la mia passione all’ effimero benessere che scaturisce dalla pratica.
Mi piacciono le pizzette, quelle che vengono servite agli aperitivi. Sono compulsiva: le spazzolo in un nano secondo.  Mi piacciono le open-toe con tacco dodici nella vetrina di Cesare Paciotti anche se costano metà del mio stipendio. Mi piacciono le persone gentili, quelle che sorridono sempre, che chiedono “come stai?” perché sono veramente interessate, e non per appoggiarsi a vuoti formalismi.
Ciò che mi piace non nasce da me. È al di fuori. È un oggetto da gustare, desiderare e apprezzare. Oppure un hobby che mi fa stare bene, che mi dona piacere, relax e allegria: andare in bicicletta, in spiaggia a prendere il sole o a cena in un ristorante.
La scrittura è qualcosa di più, rispetto a tutto questo. La scrittura mi appartiene. È entrata nel mio DNA. Fa parte del mio modo di essere e porta con sé una precisa visione del mondo.

IO SONO LA MIA SCRITTURA.
La scrittura è ormai una parte del mio corpo. È come un braccio, una gamba, il mio cuore. So che c’è. La percepisco fisicamente. Posso toccarla.
Quando una nuova idea si accende del mio cervello, sento un’ ondata di calore che mi attraversa le vene. La scrittura scivola verso le mani, che già idealmente picchiettano sulla tastiera. E quando la creatività rinasce dopo un momento di black-out, il mio corpo si alleggerisce. Il mio petto quasi si solleva, come se qualcuno avesse tolto il coperchio che impediva il ribollio della mia creatività.
La scrittura ha per me un valore fortemente identitario, qualifica la mia persona. Per questo motivo, non posso semplicemente dire che mi piace. Se una mattina mi svegliassi analfabeta, mi sentirei mutilata.  
In particolare, scrivere mi aiuta a concretizzare ciò che filtro attraverso i miei cinque sensi.
Quando un episodio attira la mia attenzione, non è sufficiente raccontarlo a qualcuno. Non è sufficiente scattare una fotografia di un paesaggio entusiasmante, scaricare la canzone che mi ha fatto sobbalzare il cuore nel petto, gustare le lasagne con la ricotta, gli spinaci e il pesto che mi vengono così bene. Io devo scrivere da qualche parte che questo piatto è una figata pazzesca, raccontare il suo sapore nel dettaglio fino a portare la persona dall’altra parte a immaginarselo sulle papille gustative.
In poche parole, la scrittura è lo stratagemma ideato dal mio corpo per dare veridicità senso e valore a tutto ciò che vivo. Oppure per sublimare le mie emozioni, trasformandole in storie di fantasia.

L’INTUIZIONE.
I cinque sensi e la scrittura non sempre sono direttamente collegati. Spesso si servono di un intermediario, che aiuta lo scrittore a trasformare il caos in ordine, gli stimoli in una storia: il sesto senso, considerato da molti solo un’invenzione degli pseudo-guru new age.
Vediamo la definizione riportata dal dizionario:

Attitudine a percepire, a intuire, a presagire qualcosa in virtù di una sensibilità particolare.

Per il reiki, il sesto senso è collocato nel sesto chackra, il terzo occhio, fra le sopracciglia. Fa riferimento alla nostra intuizione, alla capacità di cogliere la verità in un solo istante, senza margine d’errore.
Io mi affido spesso alle mie percezioni, sia nella vita quotidiana sia nella scrittura. Anche se purtroppo non nascono a comando, non mi fregano mai. Mi aiutano a sentire il richiamo irresistibile di un’immagine, di un suono, di tutto ciò che inconsciamente porto a me affinché possa essere raccontato.   
Molti scrittori banalizzano l’ispirazione e la definiscono una fiammata destinata a estinguersi in pochi secondi e puntano molto sull’applicazione pedissequa di tecniche apprese dai manuali. Io invece ritengo che uno scrittore debba imparare ad ascoltare la creatività che vibra in lui, i segnali che il corpo gli manda nel momento in cui riconosce uno spunto di valore. Senza questo impulso, l’arte sarà ridotta a un mero esercizio di stile. Le sue opere risulteranno impeccabili, ma fredde come il ghiaccio.
Forse sono un’eccezione che conferma la regola: i miei brani migliori sono nati da piccoli lampi di genio, che mi hanno spinto fuori dalla vasca da bagno gridando “eureka” come Archimede Pitagorico. Quando questa lucina interiore si accende  – che riguardi una storia, una scena, un’immagine particolare – tutto diventa spontaneo. Le parole che scrivo sono una conseguenza naturale dell’impulso originario. Le associazioni che mi portano dal prologo all’epilogo nascono da sole, perché le intuizioni sono magnetiche: una chiama l’altra, in un gioco quasi magico.

COME RICONOSCERE UNA VERA INTUIZIONE?
L’ho detto prima, seppur fra le righe: l’intuizione è un richiamo. Quando percepiamo qualcosa, ci sentiamo trascinati verso un’immagine, una circostanza, una persona, una verità. È come avere due mani invisibili dietro la schiena che spingono proprio lì, dove c’è ciò che dobbiamo osservare.
In particolare, l’intuizione:
1)  è improvvisa;
2) è normalmente sostenuta da circostanze esterne “misurabili”;
3) elimina ogni dubbio su ciò che si è intuito
Pensate all’ultima volta che avete avuto una simpatia/antipatia a pelle per qualcuno: probabilmente si è trattato della folgorazione di un momento, avete potuto verificare la veridicità di quanto presagito, eravate sicuri di conoscere la verità.
L’intuizione creativa funziona allo stesso modo. L’ispirazione nasce ovunque, ma non quando siamo seduti davanti al computer. Riguarda una storia che siamo in grado di scrivere (elemento tangibile) e nemmeno per un istante sentiamo di dover cambiare idea sulla strada da percorrere.
Poi l’idea decanterà, come è giusto che sia. Sarà sottoposta al suo sacrosanto periodo di attecchimento, sarà sviluppata e trasformata in una storia, forgiata dalle nostre competenze tecniche. Ma il punto di partenza che l’avrà generata, avrà radici molto più lontane, di cui noi saremo consapevoli.

COME POTENZIARE LA PROPRIA INTUIZIONE?
I consigli che vi darò possono potenziare l’intuizione in senso lato, senza necessariamente essere circoscritti all’ambito della scrittura.
1)Praticare la meditazione, perché laddove i pensieri sono messi a tacere, le idee sono libere di scorrere. L’ascolto è puro, disincantato, senza sforzo. Le soluzioni ai problemi e nascono spontaneamente e, al risveglio, ci diamo dei cretini per non averci pensato prima.
2)Focalizzarsi sull’attimo presente. Per lo zen, anche rimanere pienamente concentrati su ciò che si sta facendo, senza essere traviati da pensieri esterni, è una forma di meditazione. Quindi valgono gli stessi princìpi di cui sopra.
3)Definire i propri obiettivi. Quando si ha una meta chiara, definita e misurabile, la mente tende spontaneamente verso la meta. Inconsciamente, cerca ciò che serve al desiderio per realizzarsi. Noi siamo più furbi di quanto pensiamo. Il nostro cervellino sconnesso sa dove andare a parare, quindi fidiamoci di lui!

IL LANCIO DELLA PATATA BOLLENTE.
E voi, vi sentite più artisti o tecnici? Che ruolo ha l’intuizione nella vostra scrittura? 

Commenti

  1. Tecnicissimo. La scrittura, per me, è ingegneria. Va smontata. Oliata. Pensata. Rimontata. Limata. Quando funziona, scivola via precisa come gli ingranaggi di un orologio. O meglio, di un timer: ticchetta, fino a raggiungere il suo obbiettivo.
    BUM :)

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    1. La tecnica è fondamentale, io stessa sto studiando moltissimo per colmare alcune mancanze, però non credo che sia sufficiente. Amo il passaggio dall'ordine al caos e amo sistemare tutti i pezzi per generare una panoramica completa e coerente. Però senza quella lampadina accesa non riuscirei ad andare da nessuna parte. :)
      Se devo essere sincera un po' di ammiro, perché a volte vorrei essere un po' più "ingegnere", poi penso al mio capo e dico "no, va beh..."
      Ma toglimi una curiosità: come nascono le tue idee? Non credo siano solo frutto della tecnica.

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    2. Che domanda complicata :)
      Anche se sono (sembro?) così "impostato", ci sono molti spazi per la fantasia. Anche dopo aver quadrettato un foglio, puoi riempirlo in un milione di modi.
      La questione fondamentale è che, come dice Eco, per me una storia è una macchina: io voglio ottenere un certo risultato sul lettore, possibilmente con un meccanismo che abbia anche una sua bellezza formale. Allora mi fa differenza se un personaggio fa (o non fa) una cosa e anche se in una frase c'è (o non c'è) una virgola.
      Mi rendo conto che, detta così, non significa nulla. Bisognerebbe discuterne per dei giorni, per venirne un po' a capo :)

      Se si vuole trovare il bandolo della matassa, comunque, le idee (cioè le premesse) me le dà la vita: "Ha senso sbattersi e sacrificarsi per gli altri?", "Può un padre condividere un amore con suo figlio?", "Cos'è la coscienza?", "Qual'è il gusto della vendetta?"
      Queste sono le quattro premesse dei miei quattro romanzi :)

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    3. Forse siamo tutti appesi alla via di mezzo. Sia la tecnica sia l'intuizione sono fondamentali. Nemmeno io, che parlo con un piglio un po ' estremo, scrivo in balia dell' estro divino, non sarebbe possibile. Però molti elementi tecnici (eccetto quegli stratagemmi che applico ormai di default) subentrano in fase di revisione. É lì che mi domando se una virgola è esattamente dove dovrebbe essere, che elimino il non policically correct e faccio gli interventi necessari per rendere la storia piacevole per il lettore. Se lo facessi prima, finirei in balia del controllo. Credimi, mi è già successo. Per questo voglio separare la fase creativa da quella tecnica.
      Magari questo modus operandi cambierà , dopo tutto mi sto ancora occupando del mio primo romanzo, ma al momento sento di dover agire in questo modo. :)

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    4. È chiaro che la virtù è sempre nel mezzo.
      Io faccio così perché, di base, sono pigro: pensare di ripassare troppe volte per lo stesso posto mi bloccherebbe ;)

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    5. Tipico dei costruttori di scrittura uomini. Applicate quel senso dell'oggettivo e quel pragmatismo che vi appartiene a questa pratica per molti istintuale.

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    6. Non credo sia una questione di genere. Piuttosto di formazione :)

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  2. L'intuizione parte da dentro e svilupparla non è cosa facile. Questo perché bisogna liberare la mente dai vecchi schemi ed iniziare ad avere una nuova apertura mentale fatta di spontaneità. Quando si lascia scorrere le risposte arrivano da sé. Al contrario se si cerca di controllare cose o persone prima o poi si perde il controllo. Come nascono le idee geniali che hanno cambiato la vita di molte persone? Non è sicuro, ma il cardine che aiuta l'intuizione a manifestarsi è sicuramente il potere dell'intenzione. La meraviglia del lasciarsi andare senza controllo è che si avrà sempre la soluzione a tutto senza nemmeno doverla cercare, basta crederci. Peace

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    1. La spontaneità è fondamentale nella scrittura. Senza quella gioia che ci anima nel profondo, il testo rischia di essere arido e misero. É vero che le soluzioni arrivano quando le lasci arrivare, non quando le cerchi in modo maniacale...

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  3. Entrambi? Devo sapere come si fa una cosa, per farla bene quando l'intuizione me la indica?
    A parte questo, l'inizio del tuo post mi ha ricordato un brano della mia amata Le Guin. Diceva che uno scienziato può amare alla follia i suoi studi, ma ha sempre la consapevolezza che la propria ricerca è altro da sé, mentre uno scrittore è la propria opera, non può scindere. Purtroppo il tutto era a proposito di uno scrittore impazzito dopo che un regime aveva affossato la sua opera...

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    1. Direi che tu hai azzeccato il punto: l'intuizione indica la meta, ma la tecnica è un'ottima compagna di viaggio, fondamentale per non incappare in pericolosi incidenti di percorso.
      Non conosco Le Guin, sai? Solo di nome, ma non ho mai letto nulla.
      Non so però se posso essere completamente d'accordo sul fatto che uno scienziato sia separato dalla propria ricerca. Credo che qualunque attività, vissuta con autentica passione, possa assumere un valore identitario. Ma ammetto di non avere prove tangibili di ciò che sto dicendo. è solo ... intuizione! ;)

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    2. Sicuramente anche per lo scienziato ha un valore identitario, ma in modo diverso. Nel romanzo in questione il protagonista è un matematica e ragiona sul fatto che un regime può negare fino allo sfinimento le sue affermazioni scientifiche, ma lui sa che la sua ricerca è altro da sé, i fatti di cui parla sono una verità esterna. Il regime può anche negarli e dargli del ciarlatano, ma prima o poi qualche altro scienziato lo rivaluterà, perché tratta dati oggettivi. Se un regime fa sparire un'opera letteraria, quel lavoro invece è perso per sempre e nessuno potrà mai ricostruirlo. Inoltre in un'opera letteraria vi è molto di personale, al punto che una critica al contenuto di un'opera spesso diventa una critica all'autore.

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    3. Il mio discorso era più generale; il tuo circoscritto al romanzo letto e comunque condivisibile! :)
      A proposito, pensa che proprio ieri ho iniziato un romanzo storico dal titolo "Sotto un cielo indifferente", di un autore armeno dal nome impronunciabile, in cui un uomo, dopo l'annessione dell'Armenia all'unione sovietica, è portato in una specie di Lager per essere in possesso di un libro americano. Incredibile come il tema della censura sia emerso due volte in pochi giorni! :)

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  4. Be', non credo che tecnica o arte siano in contrapposizione. Michelangelo era un artista, ma senza la tecnica imparata a bottega sarebbe riuscito ad arrivare così in alto? Poi può succedere che uno sia artista "a sua insaputa", come Simenon per esempio. Lui si riteneva un artigiano, non amava gli scrittori, e preferiva la compagnia delle persone semplici, il panettiere, il droghiere... Però era anche un artista, basta gettare un'occhiata alla sua produzione "non Maigret" (ma quei gialli sono comunque formidabili).

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    1. Non ho mai detto, infatti, che tecnica e ispirazione sono contrapposte. Però bisogna essere molto bravi per riuscire a farle collaborare. ;)
      Molto bello, comunque, l'esempio di Michelangelo. Io citerei al riguardo anche Leonardo: cosa ne sarebbe stato delle sue opere, senza gli studi scientifici che ne sono alla base? Lui non era solo un artista, ma uno studioso a 360 gradi.

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  5. Condivido il post al cento per cento. Anche per i miei amati Greci il massimo possibile della conoscenza era ciò che si apprendeva durante i misteri di Eleusi: la folgorazione noetica, il lampo intuitivo.
    La tecnica nella scrittura serve ma secondo me dovrebbe conservare il suo ruolo di strumento senza mai prendere il sopravvento.

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    1. I greci, in particolare i presocratici, puntavano molto sul valore dell'ispirazione. Se ricordo bene, non disdegnavano il supporto di sostanze psicotrope che agevolassero la sospensione del mentale. Diciamo che erano un po' avvinazzati, e non solo ... :D

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    2. Ho letto, a questo riguardo, un interessante libro di Gordon Wasson, "Road to Eleusi", dove lui, in qualità di esperto, mette l'accento sull'uso delle sostanze psicotrope. Ma naturalmente queste sono solo uno strumento e non l'essenziale della faccenda. Un po' come la tecnica nella scrittura, insomma ;D

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    3. Mi viene in mente un detto, anche se non ricordo chi sia l'autore, che recita "scrivi da ubriaco e revisiona da sobrio"... credo riassuma il succo del discorso! :)

      Grazie per il suggerimento. Leggerò volentieri questo libro!

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  6. Io non ne so nulla di chakra e tutto il resto, però anch'io credo che l'ispirazione non sia una scintilla che si può pure ignorare. Credo che sia un falò che indica la strada. La scrittura come ingegneria non mi convince. Ci saranno anche scrittori così, che ne fanno un'arte. Ma sembrano meccanici più che artisti e i loro scritti sono ingranaggi più che romanzi. Insomma, concordo.

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    1. I chakra sono sette canali energetici collocati lungo la kundalini, una linea immaginaria che attraversa il corpo umano. Ciascuno di essi presiede determinate funzioni. Se l'energia non scorre bene, si creano degli scompensi. Ne avevo parlato anche nel post sull'ego! Il reiki aiuta a mantenerli in equilibrio. Mi sa che scriverò un post al riguardo, prima o poi, perché mi capita di dare certe conoscenze per scontate, creando problemi ai lettori!
      Per il resto, sono assolutamente d'accordo con te! :)

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  7. Mi sento più artista che tecnica e concordo con la tua giusta "filosofia" sul potere dell'intuizione. Quando osservo la realtà che mi circonda, qualsiasi cosa può offrirmi uno spunto per scrivere, ma acchiappare al volo il pensiero che sta attraversando la mia corteccia cerebrale proprio in quel momento è l'intuizione che mi serve per raccogliere la verità senza margine di errore, come dici tu. Mi capita di fotografare quell'attimo e di sentire il bisogno di descriverlo. Certo, poi, se voglio scriverlo bene, ho bisogno di costruire un'impalcatura solida che lo regga, allora la tecnica diventa anch'essa fondamentale, ma il mio punto di partenza resta sempre un impeto immediato e l'istinto, sulle prime, non conosce regole

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    1. Esatto, lo stesso vale per me. Per questo sono convinta che la tecnica vada appresa con perizia in modo da poterla applicare quasi automaticamente, senza il bisogno di soffermarsi a pensare "potrei fare così", perché questo crea un blocco e rinchiude l'intuizione in una gabbia mentale. La creatività invece si esprime al meglio se sappiamo gestirla spontaneamente. :)

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  8. Io credo di essere piuttosto impulsivo in questo senso: se mi viene un'idea la scrivo senza pensare troppo alla forma, seguendo le immagini che si susseguono nella mia mente.
    Da qui poi ho due strade, entrambe negative: o mi accorgo che non mi piace ciò che ho scritto, che l'effetto che volevo dare non è quello effettivamente ottenuto, e cancello tutto da capo oppure, scemata l'euforia iniziale, continuo a scrivere fino ad arrivare a un punto morto, per cancellare anche qui.
    L'utopia sarebbe riuscire a ritrarre ciò che ci suggerisce l'istinto direttamente con una solida tecnica, senza quindi doversi preoccupare eccessivamente che la forma sia o no adatta al contenuto.
    Peccato che le utopie siano irraggiungibili :)
    Gianluigi

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    1. Il mio suggerimento è quello di non pensare alla tecnica, mentre scrivi. Segui la tua intuizione e poi lascia il testo da parte. Non metterci le mani finché non sei sicuro di aver maturato il giusto distacco. Allora potrai riprenderlo, leggerlo, analizzarlo e apportare tutte le modifiche del caso. Se lo fai quando è ancora "caldo" rischi di bloccarti. è successo anche a me, quindi capisco molto bene.
      Ti potrà essere utile questo articolo, per capire meglio cosa intendo:
      http://appuntiamargine.blogspot.it/2014/11/creatore-revisore-e-censore-tre-anime.html

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  9. Le mie intenzioni sono più nebulose di come le descrivi, purtroppo non mi si accende la lampadina improvvisamente.
    ...
    Ho cercato di spiegarmi ma non si capiva molto, ricomincio e provo a raccontare un esempio.
    L'altra sera ho sentito che stavo per pensare a qualcosa, ho spento la musica e ho smesso di muovermi, senza sforzarmi di pensare a niente (corrispondente a quel che tu descrivi bene nella parte sulla meditazione). Ho iniziato a vedere la mia protagonista in varie scene che ho scritto, come si comportava, cosa diceva, poi ho pensato a una tizia "contadinotta" che conoscevo anni fa e ho scritto sul post-it "contadinotta" e "intellighenzia", perché nel mentre avevo pensato a un'altra tizia insopportabile che fa parte del gruppo dell'intellighenzia reggiana (non so se ce li avete anche voi a Sanremo, sono idioti che si credono gli unici ad avere un cervello e fumano le sigarette tenendo il mignolo alzato e fanno commenti del tipo: "quel film di Tim Burton è così timburtoniano"... e io penso tra me e me "davvero? Beh, sai com'è... è di Tim Burton! Imbecille!" Scusa lo sfogo)
    Da allora continuo a giocare nella mia testa con l'idea della protagonista che prenda caratteristiche dell'una o dell'altra, ma non deciderò mai del tutto. Insomma più che intuizioni come fulmini a ciel sereno mi faccio strada tra la nebbia e vedo qualche alone di luce :)

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    1. Quando hai questi "lampi" prova a scrivere (rigorosamente a mano) tutto quello che ti viene in mente, non solo una parola su un post-it.. non ti preoccupare se pensi che siano cazzate (e probabilmente lo saranno): troverai anche qualcosa di buono. A me capita sempre! :)

      P.S. Il sanremasco medio nemmeno sa chi sia Tim Burton, però conosce a memoria la filmografia di Boldi & De Sica.

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    2. hahaha non so cosa sia peggio :)

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  10. Esistono anche strategie intermedie, per chi non riuscisse a meditare (o non sapesse dove iniziare). Un trucco facile è aprire un foglio bianco e scrivere 5-10 minuti a ruota libera. "A ruota libera" è difficile, significa non pensarci, ma è più facile di meditare. La prima cosa di cui ti accorgi è che puoi scrivere un quantitativo di parole impressionante e in poco tempo, la seconda che in qualche modo hai allentato i blocchi al flusso creativo. Trovo che aiuti, ma non funziona per tutti e ci vuole la giusta dose di coraggio per iniziare a "scrivere senza scrivere".

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    1. Pensa che il post inaugurale del blog, suggeriva proprio questo metodo per sbloccarsi. Anche tu hai letto "Scrivere Zen" di Nathalie Goldberg? :) La scrittura a tempo è fortemente caldeggiata, purché la persona si impegni a tenere a bada il revisore interno. Ecco l'articolo: http://appuntiamargine.blogspot.it/2014/05/vorrei-scrivere-ma-come-vincere-le.html

      Ero un po' più timida rispetto ad ora, ma sono entrata a gamba tesa nel fantastico mondo dei bloggers! :-D

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    2. Non ho ancora incontrato lo Zen. Il libro è "The Tao of writing" di non ricordo chi? Non parla strettamente di narrativa ma dello scrivere in generale, però l'ho trovato utile ad aggirare i blocchi che la ostacolano e mi è anche valso come introduzione al taoismo. Mi ha aiutato molto a superare un lungo periodo muto.

      Andrò a leggermi l'articolo da te citato. Normale che all'inizio si sia meno spigliati, anch'io ho avuto un inizio. :)

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    3. Anche il libro che cito, "Scrivere zen", parla di scrittura in generale. Non conosco il suo titolo originale. è comunque un saggio vecchiotto, credo dei primi anni ottanta. Anche quello parla dei blocchi legati al mentale, ed è molto utile. :)

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  11. Intuizione creativa al computer, proprio no. Sinceramente in questo periodo non mi sento né artista, né teorica, ma è normale; infilarmi in una categoria mi mette sempre in crisi. Se mi chiedessero cosa si deve fare per favorire l'ispirazione, direi di fare cose che non abbiano a che fare con la scrittura: vedere film, leggere, praticare sport, visitare angoli poco conosciuti della propria zona, andare in biblioteca se si è abituati ad andarci, sedere a leggere un libro al bar per ore, andare a sentire un coro gospel quando non si è interessati al gospel. Forse è un consiglio strano, ma uscire dal nostro recinto, anche solo nelle piccole cose, regala un sacco di spunti. :)

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    1. Sono assolutamente d'accordo. Anche nell'articolo ho scritto che l'ispirazione viene sempre lontano dal pc, proprio perché non siamo schiavi delle connessioni mentali che ci impediscono di lasciarci andare. Oltre a quelle che hai citato, una delle mie grandi fonti di ispirazione è la musica. Mi piace ascoltarla sull'i-pod mentre cammino avanti e indietro per la stanza. Ci sono tante canzoni che, con le loro parole, hanno acceso un lumicino. Avevo anche pensato di scrivere un post al riguardo... una delle tante bozze vuote (attualmente 22) presenti nella mia personal-page di blogger! :-D

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  12. Grazie Chiara per il post , è interessante e offre diversi spunti di riflessione.
    Io, per rispondere la domanda che hai lanciato, credo di essere istintiva e cerco di accogliere l'intuizione in diversi modi. Per il secondo romanzo, è stato un verso di una canzone di Carboni che prima di allora avevo ascoltato senza che lasciasse traccia. Dipende dal fatto che in un dato momento si è più pronti ad accogliere l'intuizione?

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    1. Assolutamente sì. L'intuizione arriva quando la nostra mente è libera e predisposta ad accogliere i segnali che l'universo ci manda. Quando il mentale la imprigiona, è molto difficile cogliere la verità pura e spontanea...

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  13. ho costatato io stessa quanto l'intuizione sia in grado di fare ed apportare.
    ne ho avuta una, è stata più che un colpo di fulmie, un tarlo, che finché non ho sviluppato si è fatta ingombrante il più possibile, tanto da non poter essere arginata o ignorata.
    secondo me è proprio questo il bello ed il forte dell'intuizione, che nasce e logora e ravvive, di una vita sua, senza davvero bisogno di apporto iniziale da parte nostra.

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    1. è vero! Inoltre le capacità intuitive non riguardano solo la scrittura e l'arte in genere, ma possono aiutare nella vita quotidiana intesa in senso lato.

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  14. L'arte senza tecnica non va da nessuna parte. Nella scrittura servono entrambe. L'intuizione è importante perché in fondo è l'idea per la storia. Ma anche un'intuizione ha bisogno del momento giusto per trasformarsi in storia.

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    1. L'intuizione secondo me non riguarda solo l'idea originaria della storia, ma anche il suo sviluppo. A me capita di trovare nuove soluzioni a vecchi problemi, perse nel mare di ciò che non riuscivo a vedere :)

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  15. Sono d'accordo con te nel dire che, senza quel pochino di lampo di genio/intuizione un'opera è fredda e calcolata, perché stenderla a tavolino minuziosamente è ben diverso dal pensare "Uao! Che idea magnifica che mi è venuta, metterla giù per iscritto sarebbe bello!"
    Non so se proverò mai i metodi per 'indurre' i miei lampi di genio, la meditazione soprattutto mi lascia perplessa... forse perché sono già molto rilassata di mio, a volte anche troppo! xD

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  16. La meditazione c'entra con il relax solo relativamente. è più un modo di concepire la vita, con un distacco pacifico dalle suggestioni del mentale. :)

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  17. L'intuizione è molto importante, e mi sto impegnando per arrivare a darle lo spazio che merita. Direi che ho iniziato di slancio, mi sono fermata a capire e imparare, e ora si sta creando un certo equilibrio tra i due aspetti, quello intuitivo e quello tecnico. In teoria è un buon cocktail, in pratica è un periodo in cui scrivo davvero poco. Non dico "troppo poco". Forse va bene così. Non mi identifico con la scrittura, né la considero necessaria o immutabile. Mi piace scrivere, ma non so cosa mi porterà il futuro. :)

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    1. La scrittura va a fasi, è normale. Non siamo dei robot, dopo tutto. L'importante secondo me è non abbandonare del tutto, come ho fatto io per cinque anni. Questo non fa bene. Non è una pausa riposante, ma una rinuncia che impoverisce la tecnica.

      Credo inoltre che ci si debba esercitare a "intuire" non solo per beneficiare di questa dote scrivendo, ma anche per riuscire a vivere meglio il proprio quotidiano. I pensatori orientali considerano l'intuizione la più alta forma di conoscenza, e io concordo. :)

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