Di cosa ha bisogno la nostra scrittura?


L'abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose.
(Michel de Montaigne)

Spesso i blog dedicati alla scrittura creativa consigliano di esercitarsi ogni giorno per mantenere mano e cervello allenati. Suggeriscono di stabilire delle tempistiche precise per ogni sessione creativa e di rispettarle spaccando il minuto, o in alternativa di definire il numero minimo di parole da sfornare. In poche parole, chiedono di essere ligi alla propria tabella di marcia, timbrando il cartellino come in ufficio.
Pur riconoscendo che la costanza sia fondamentale per qualunque attività, considero questa indicazione un’arma a doppio taglio: Il termine routine di scrittura mi sembra un vero e proprio ossimoro.

SCRIVERE SENZA FATICA
Ogni mattina salgo in macchina, vado a Imperia, mi siedo alla scrivania e trascorro otto ore a svolgere compiti ripetitivi e alienanti, senza alcun coinvolgimento emotivo. Per tutto il giorno picchietto meccanicamente sulla tastiera, abbassando ogni tanto lo sguardo verso l’angolo destro dello schermo per vedere se il tempo è scaduto. Ma questa è la mentalità dell’impiegato, non dell’artista. È una logica che non serve per diventare bravi scrittori, non porta un miglioramento scontato. Al contrario, spesso smorza l’impulso creativo che dona un’anima ai testi e riconduce la nostra attività a mero senso del dovere.  
Quando scrivo metto in gioco tutta la mia esistenza, tutte le mie emozioni. Se mi limitassi a seguire delle regole, lo sforzo sarebbe immenso, sprecherei la mia energia vitale con risultati mediocri.
Una sessione di scrittura ben fatta dovrebbe migliorarci senza stanchezza, proprio come lo yoga.
Questa disciplina richiede impegno e dedizione, allena tutti i muscoli del corpo, ma considera la fatica un pericoloso indicatore di mancata consapevolezza. Non si deve soffrire, nella posizione della pinza: si deve semplicemente ascoltare il proprio corpo e assecondare le sue naturali caratteristiche. Se non riesci a stendere completamente la gamba, la pieghi leggermente. Se non riesci a creare un eroe, usi un supporto, un mattone o un “tondino”. Non c’è ansia da prestazione. Non c’è competizione, né un traguardo da tagliare. Con la schiena dritta, le spalle arretrate e l’addome contratto il corpo già lavora, anche senza stare ore e ore nella stessa posizione. Se è nelle tue corde lo fai, altrimenti bastano pochi secondi.
Pensate davvero che serva, trascorrere tutte quelle ore davanti al computer?
Non sarebbe meglio dedicare alla scrittura un tempo minore, ma in piena consapevolezza?
La scrittura per me è una forma di meditazione, richiede una completa presenza fisica e mentale.  Il tempo non va misurato ma sospeso, altrimenti si perde lo slancio. E la routine non sarà mai esaltante quanto un fuori programma. Spesso le serate memorabili iniziano quando sei in pigiama davanti alla tv e ti chiama un amico che ha bisogno di parlare: “okay, solo una birra al volo, perché domani devo svegliarmi presto”, dici. E alle sei di mattina ti trovi fuori dalla bottega del fornaio a divorare croissant alla crema...
Tante sessioni di scrittura sono state come quell’invito improvviso, cinque minuti diventati ore. L’aspettativa, invece, mi ha tenuta spesso davanti alla pagina bianca con l’encefalogramma piatto.

LA NOSTRA VENA CREATIVA è NUTRITA A SUFFICIENZA?
Le regole, secondo i parametri del sistema, servono per evitare che una persona si comporti male. La loro esistenza parte dalla presunzione che l’uomo sia naturalmente pigro e malvagio. Ha bisogno di timbrare il cartellino, altrimenti invece di andare in ufficio prende il sole in spiaggia. Ha bisogno della multa, altrimenti parcheggia sulle strisce. Ha bisogno di essere punito preventivamente, anziché educato.
Io ritengo che ogni individuo sia perfettamente in grado di autodisciplinarsi. Se una persona ama scrivere, riuscirà a trovare il proprio ritmo naturale, senza  alcuna costrizione. Fare i secchioni non serve a nulla. E il principio del “devo spararmi mille parole al giorno sennò sono una capra” forse può farci sentire in pace con la nostra coscienza, ma ci impedisce di guardare in faccia il problema reale: siamo davvero sicuri che scriviamo male perché scriviamo poco?  Il nostro problema potrebbe essere un altro.
Se la nostra quotidianità non risponde alle nostre esigenze creative e impone alla mente percorsi che uccidono la fantasia, affettare la giornata come una zucchina per ritagliarci del tempo da dedicare alla scrittura non serve a nulla. A volte, è necessario cambiare vita e fare in modo che il nostro lavoro e le nostre relazioni non siano più nemici della creatività. Altre volte invece può essere utile il percorso inverso: anziché  trasformare la propria esistenza per poter entrare più a fondo nella scrittura, è il modo di scrivere che deve adattarsi alla vera natura dell’autore. Non ci si può buttare dentro un romanzo che non si sente proprio per rendere contento un editore, e uscirne subito dopo averlo pubblicato con la frustrazione per aver rinunciato a dire la verità. Io penso che ogni autore debba essere onesto, con se stesso e con il lettore. Se raddrizza le spalle quando scrive per poi ingobbirsi nuovamente una volta chiuso il laptop, non è solo incoerente: ha creato una scissione tra la propria vita quotidiana e la propria scrittura, oppure tra la propria scrittura e il proprio modo di essere. Una volta riportata questa unione, non ci sarà più bisogno di schemi e rigide imposizioni, perché le storie scaturiranno da essa, spontaneamente, come nello yoga.

Il lancio della patata bollente.

Di cosa ha bisogno la vostra scrittura? Sapete soddisfare le sue necessità?

Commenti

  1. "[...]è il modo di scrivere che deve adattarsi alla vera natura dell’autore."
    Oh, e finalmente qualcuno l'ha detto!
    Oltretutto non ci avevo mai pensato, ma è vero: lo yoga fatto bene è piacevolissimo e non stanca.

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    1. Per me è quasi scontato che da noi debbano uscire parole in completa sintonia con la nostra essenza più pura. :)

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  2. Un post davvero interessante, una riflessione ricca di spunti.
    La vedo come te sull'autodisciplina, che poi nelle forme d'arte è assolutamente flessibile e personale (e vorrei vedere!)
    Io scrivo quando ho voglia di farlo, che per fortuna è spesso.
    Se non ne ho voglia, non ne ho mai fatto un dramma: se non hai voglia di mangiare, mica mangi! Faccio altro.
    Niente schemi, gli schemi -in questi campi- ammazzano ogni seme di geniale follia^^

    Moz-

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    1. Sono d'accordo, per questo non amo che la scrittura venga ricondotta a un semplice esercizio di stile. :)

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  3. Ciao, che bello questo post. Mi intrufolo nella discussione. :-) Io credo che quando ami fare qualcosa, la fai. Rubi piccoli istanti al tempo per annotare un pensiero, un'idea. Scrivere non è timbrare il cartellino, ma chiedere a qualcuno di farlo per te, per andare a prendere il sole. È il posto dove vorresti essere. Certo che capitano giorni impossibili di lavoro e di sfiducia dove anche la voglia di scrivere sbadiglia, ma in generale, credo che nessuno diventi così ligio al dovere come quando deve svolgere qualcosa che ama. Insomma, ritengo che le regole in certi casi siano superflue. L'obiettivo deve essere quello di fare del proprio meglio ogni giorno anche se questo implica qualche parola in meno.

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    1. Non ti intruoli, la discussione è di tutti, anche tua. :-)

      Sono d'accordo con il fatto che le regole spesso sono superflue, e quando la scrittura fa bene (come lo yoga) scrivere diventa spontaneo, non c'è bisogno di alcuna imposizione. Se non lo si fa, si sta male.

      La timbratura del cartellino per prendere il sole è argomento tabù da queste parti: l'anno scorso a Sanremo, la mia città, hanno arrestato 36 dipendenti del comune tra cui un vigile che timbrava in mutande e un funzionario che faceva gli allenamenti di canottaggio. :-D

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  4. Riflessioni interessanti.
    Hemingway scriveva dalle 6 a mezzogiorno. Poi andava a divertirsi fino al giorno dopo. Paradossale, no? Poi si è ucciso: forse questa cosa che la scrittura sia gioia e libertà e consapevolezza rispetto a tutto il resto non so se sia vera. Tutti quelli che scrivono a un certo livello dicono che seguono una disciplina ferrea, quasi eccessiva. Non me ne ricordo uno che dica di scrivere solo se ne ha voglia o quando è ispirato o con sedute irregolari. Anzi, spesso dicono di essere abitudinari. Non riesco a essere così disciplinato, tranne nel blog, ma lì si tratta di poche righe. Quindi come scrittore sarei un disastro, lascio questa fatica agli altri, sono pigro e indolente.

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    1. Secondo me uno scrittore professionista può concedersi di essere abitudinario perché libero di sgarrare nei giorni no. Io immagino spesso la mia vita, se potessi essere scrittrice full-time: mi alzerei la mattina, scriverei fino a pranzo, poi al pomeriggio, in piena libertà. Però saprei anche che se un giorno voglio prendere la bici e andare in ciclabile posso farlo, ci sarebbe una flessibilità che adesso manca, e ci sarebbe spontaneità, in questa routine. Ma se fai una vita alienante rischi di trasformare la scrittura in un onere ulteriore, quindi è meglio viverla senza diktat. :)

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  5. Belle riflessioni. Io ho bisogno di solitudine e di silenzio. Non riesco a essere disciplinato, di notte tra un po' di musica e qualche pensiero svolazzante riesco a buttare giù qualche pagina. Credo che dipenda dai fattori che hai elencato tu, siamo troppo presi da un contingente che ci sfibra, ci sono dei giorni che uscirei di casa con una mazza da baseball.

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    1. Esatto. Poi io ho ancora più difficoltà a rispettare rigide routines perché lavoro davanti al PC tutto il giorno, e ci sono sere che sento davvero il rigetto. Altre, invece, riesco a sedermi e scrivere per ore...

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  6. vedi Chiara a che ora ti rispondo? Eppure non timbro in ufficio, ma nonostante tutto la notte è sempre il momento migliore per scrivere o tirare in barca le idee. Capita che se me lo impongo riempia pagine e pagine di sciocchezze, anche di lavori mediocri. Poi capita improvvisamente mi colga l'ispirazione, la frase giusta, l'idea che mi mancava e allora fortuna che ho il blocchetto in borsa o fogli ovunque. Sempre più spesso mentre ho le mani sporche perché cucino. Il metodo che descrivi è quello giusto (del professionista che scrive la cartella richiesta dall'editore, ogni giorno come un orologio svizzero)solo che se non viene naturale può essere giusto o ingiusto tanto non appartiene. Quindi per scrivere a comando emerite sciocchezze preferisco rimandare a migliori occasioni.

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    1. Anche io sono così. Spesso le idee spuntano fuori quando sono in macchina, o in ufficio, mentre altre volte, pur avendo una giornata intera a disposizione, non riesco a buttare giù mezza parola. Per fortuna ho imparato a riconoscere i momenti poco produttivi. A volte basta alzarsi mezz'ora dal PC per ritrovare l'ispirazione e riprendere di buona lena. Questo è sicuramente più costruttivo dello sforzo e dell'imposizione. :)

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  7. Batto un colpo al cerchio e uno alla botte. Di yoga so ben poco, ma sono abbastanza sicuro di una cosa: forse non riuscirai a creare un eroe da manuale, ma prima devi andare a lezione! La pigrizia è una malattia che sento diffusa tra gli aspiranti, e sì, è vero che chi ama qualcosa non ha bisogno di imposizioni o regole per doverla fare, ma i risultati contano e chi all'inizio non ne vede e si scoraggia, senza una routine rischia di mollare.
    Una volta di più ripeto: prima di infrangere le regole bisogna imparare a rispettarle :)
    Poi sono d'accordo sul fatto che le imposizioni minano pericolosamente la creatività .

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    1. Sì questo è vero. Di sicuro per sviluppare i muscoli dello yoga ci vuole costanza, così come per la scrittura. E in entrambi i casi, trattandosi di attività che piacciono, la routine diventa spontanea, non è più un obbligo come la timbratura del cartellino, ma è una necessità, perché fa stare bene. Se una persona ama il proprio lavoro non ha alcun bisogno del cartellino: i liberi professionisti hanno padronanza del proprio tempo ma lavorano lo stesso, probabilmente con più serenità degli impiegati. :)

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  8. Ho un pensiero riguardo le regole e la disciplina. Io interpreto la necessità del rigore, non in riferimento al numero di parole prodotte o di ore trascorse davanti a una pagina da riempire. La scrittura non si abbandona, ci vuole studio e costanza. Ma vuol dire sempre, sempre sedersi a scrivere? E se fosse, invece, andare a cercarla per strada la scrittura? O nel leggere e studiare un approfondimento che ci occorre per un romanzo? Per me, questo significa disciplina. Chissà perché mi vengono in mente i contadini che si occupano della terra: seminano, curano il raccolto, sanno lavorare con fatica e attendere. Ci trovo delle affinità con quello che deve fare uno scrittore. Felice giornata.

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    1. Bravissima! Molti pensano che scrivere significhi semplicemente stare seduti davanti al PC, invece si tratta di un'attività a 360 gradi che non può scindersi dalla vita quotidiana, perché porta con sé una precisa visione del mondo e un preciso modo di essere. Più che fare i secchioni, quindi, forse serve imparare a vivere da scrittori, a comportarci come tali ogni minuto della nostra vita quotidiana. :)

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  9. Sono d'accordo con te, la scrittura è piacere non stress, è ispirazione, non obbligo. Per esempio, so per certo che non potrei mai partecipare al Na.no...e non mi ricordo mai il seguito, perché è terribile per me solo l'idea di dovere raggiungere ogni santo giorno un traguardo in numero di parole. Però c'è un però: imporsi una disciplina ha la sua importanza. Se siamo dilettanti, possiamo fare della nostra scrittura ciò che vogliamo, nessuno ci insegue, gli editor non cercano noi, ma se miriamo a diventare professionisti un ritmo di lavoro è fondamentale, che non significa darsi scadenze precise, ma ritagliarsi lo spazio e il tempo giusti nell'arco della giornata per lavorare a quel progetto. I grandi scrittori, non a caso, fanno così. Ma lo hai detto anche tu: alla fine, si creerebbe una spontaneità nella routine.
    Per quanto riguarda la tua domanda, io so che la mia scrittura ha bisogno di sicurezza. Non intendo dire che sono io ad avere bisogno di essere rincuorata circa il mio modo di scrivere, ma che io in primis non sono soddisfatta di alcuni risultati e sono alla ricerca di una tecnica che rinnovi il mio stile e lo avvicini all'obiettivo che vorrei raggiungere. Ho una scrittura insicura e questo mi porta ad avere sempre dubbi, a stancarmi facilmente, a impigrirmi nella consapevolezza di non essere capace di scrivere nel modo che vorrei veramente.

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    1. Al nano ho provato a partecipare una volta sola, ma ho smesso dopo due giorni. :-D

      Sono d'accordo con quanto dici a proposito della disciplina. La dedizione alla propria attività dipende dall'altezza della posta in gioco, dagli obiettivi individuali. Se una persona vuole coltivare un hobby può scrivere una sola parola a settimana, chi vuole portare avanti un progetto deve rimboccarsi le maniche, coerentemente con i propri ritmi e i propri obiettivi, pur senza esaurirsi, sennò il progetto rischia di venire a noia. :)

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  10. Quella della mancanza di tempo è la scusa poco originale di chi in realtà non ha voglia, concentrazione o motivazione, che non c'è niente di male, figuriamoci ad avere altre priorità. Non sono molto regolare nello scrivere, ci do dentro da anni con passione e dedizione, sono una persona costante di carattere, se ho in ballo qualcosa tipo revisione post editing dell'editor, be' passa davanti un po' a tutto, se sono alla prima stesura tendenzialmente non mi do scadenze anche perchè è la parte giocosa dello scrivere e sarebbe sciocco limitarla.

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    1. Non sono d'accordo con la tua generalizzazione. Quella è la scusa di chi non fa. Ci sono persone (come me e tante altre) che pur avendo uno stile di vita alienante e pochissimo tempo riescono a portare avanti i propri progetti, pur con la frustrazione legata alla consapevolezza che si potrebbe fare molto di più, senza certi obblighi. :)

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    2. infatti tu fai : ) ma quando a ogni corso di scrittura ci sono sempre diverse persone che non fanno i compiti, che compiti alla fine non sono, bensì esercitazioni logica conseguenza di ciò che si è fatto a lezione, e iniziano con la tiritera del "non ho avuto tempo" mi viene da chiedermi "ma a me hanno dato più tempo che ad altri?" E la risposta di solito è no. Baci

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    3. Forse le scuse si trovano quando una cosa non piace davvero. Mi vengono in mente quelli che dicono di non aver tempo per leggere: io, se non dedico alla lettura almeno mezz'ora prima di dormire, resto sveglia...
      Certo, se qualcuno mi chiedesse di guardare mezz'ora del GF ogni giorno, probabilmente anch'io direi che non ho tempo. :-D

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  11. Quando si parla di disciplina della scrittura non bisogna immaginare l’operaio che timbra il cartellino, ma il samurai che nella routine, interpretata con grande precisione di tempo e di gesti, trova un’estetica esistenziale. La disciplina nella scrittura non è un dovere, ma un rituale. Ogni scrittore avrà i propri, certo. Non siamo mica tutti uguali. Conoscere i propri ritmi interni è fondamentale al mestiere scrivere. Il rituale, se si sono centrati i ritmi, non diventa un dovere, ma un meccanismo indispensabile. Poi, l’altro lato della medaglia, è poterselo anche permettere. Io, ad esempio, so che scrivo molto bene dalle otto del mattino alla mezza. Nel pomeriggio non è già più la stessa cosa. Di notte scrivo da cani. Purtroppo tra le otto e le dodici sono in ufficio. Il mio tempo è stato acquistato dall’azienda per cui lavoro. Alla fine sono diventato bravo a sfruttare gli spicchi di tempo che posso permettermi di ritagliare da tutto il resto. C’est la vie.

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    1. La metafora del samurai mi riporta nuovamente al discorso dello yoga: in entrambi i casi, come ho specificato anche in altri commenti, si tratta di una necessità psicologica che si esprime spontaneamente, non di un'imposizione esterna. Se nello yoga ti imponi di fare una pinza anche se non hai l'estensione muscolare rischi uno strappo. Se pieghi le gambe, i muscoli lavorano ugualmente, l'energia scorre, e con il tempo può anche darsi che tu arrivi alla figura completa. Ecco, nella scrittura è la stessa cosa: importi di scrivere per quattro ore può portarti all'esaurimento. Meglio una, ma in piena concentrazione e in piena armonia con il proprio ritmo naturale. :-)

      Io nella scrittura rendo bene al pomeriggio, tra le 15 e le 20. In settimana però arrivo a casa intorno alle 18:00 e, dopo ore al computer, non ho proprio testa. Finisco quindi per scrivere dopo cena. Durante il weekend mi gestisco meglio e scrivo volentieri anche la mattina. Però, dopo le 10. La scrittura notturna mi piaceva molto ai tempi dell'università. Ora sono invecchiata, ma dovrei riprovare. :)

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  12. Hai pienamente ragione, neanche io credo nella routine della scrittura. Forse c'è qualcuno per cui funziona una simile disciplina ma non per me. Anzi, riguardo alla tua domanda avrei così tante cose da dire che forse ti rispondo con un post, se per te va bene.

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    1. Certo, mi fa molto piacere. è bello quando un post suscita riflessioni negli altri. Sono molto curiosa di leggerlo. :-)

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  13. Non ci credo molto a quelli che "la mia routine di scrittura". Pure Stephen King dice di scrivere tutte le mattina e lasciare il pomeriggio per lo svago. Per poi ammettere che ci sono giorni difficilissimi, in cui le 2000 parole giornaliere le termina a tarda serata. Ed altri giorni, di blocco completo, in cui è dovuto prendere e uscire.
    Insomma, lassù nell'Olimpo non è tutto oro. Anche se non hanno un lavoro da 8/10 ore per pagare la pagnotta. Che non è solo impegnativo in termini di tempo, ma soprattutto in "rumore mentale". Sono ben pochi quelli che possono permettersi di tornare a casa con la mente serena, la sera. :/

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    1. Esatto! Le aziende in cui esiste le figure del creativo hanno spazi di svago e riposo, con tanto di tavoli da ping-pong: nemmeno loro, che pure fanno timbrare il cartellino, evidentemente credono che sia sufficiente per lavorare bene. :)

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  14. A me piace scrivere quando ho voglia, generalmente il pomeriggio e la sera, non perché seguo una routine ma perché mi trovo meglio, e poi la mattina ho anche sonno :D

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    1. Esatto. è normale che una persona abbia degli orari in cui rende di più. Io per esempio ho l'abbiocco dopo pranzo. Anche ai tempi dell'università, iniziavo a studiare verso le 15:00...

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  15. Ah, la routine della scrittura! Come la scrivania di mogano, il silenzio assoluto e l'ispirazione che viene ascoltando il vento tra i salici! Certo, immagino che ad avere il tempo e il denaro per poter impostare una routine, questa aiuti. Io scrivo quando posso, se posso.
    Quello di cui ho davvero bisogno è del tempo per pensare a cosa scrivere, cosa che faccio meglio in movimento, correndo o camminando (prima o poi finirà di piovere e io e la pupattola potremo fare lunghe passeggiate meditative, vero?). Se so cosa scrivere va bene anche alla sera, mentre il marito guarda la tv nella stessa stanza, nelle ore buche a scuola fingendo di ascoltare i colleghi in aula insegnanti e in qualsiasi altro ritaglio utile.

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    1. La scrivania di mogano, però, deve affacciarsi sul mare, sennò non va bene. :-)
      Per il resto, hai centrato il punto. Lo scrittore professionista (o una persona benestante che dice di vivere di scrittura ma in realtà vive di rendita) può permettersi di fare quello che gli pare. E sono sicura che l'idea romantica dello scrittore che passa le giornate a battere sui tasti, sempre ispirato, alletti tutti. La realtà, però, la NOSTRA realtà, è ben diversa. Anche io scrivo quando posso. E quando il mio corpo e la mia testa funzionano.

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  16. Mi intrometto. La routine di scrittura paragonata all'ispirazione per quanto è poco plausibile... è un paragone illuminante. Credo di doverci pensare ancora un po' per capirlo bene.

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    1. Vuoi dire che una persona è sempre ispirata, 24 ore su 24, quindi la routine non compromette questo suo perenne stato di grazia?

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    2. L'ho interpretata più come se la routine di scrittura,considerata come il massimo della concretezza, fosse in realtà un ideale come un altro, nella misura in cui é rigida, ignora che gli impegni e i ritmi della vita sono vari e alla fine quel che conta é arrangiarsi a scrivere, in un modo o nell'altro.

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  17. Una volta ho sentito dire a Camilleri, durante un’intervista (cito a memoria): “Vede, anche mentre prendo un caffè al bar, anche adesso, che sto parlando con lei, io lavoro ai miei romanzi, penso ai personaggi, alla trama.”
    Io credo che ogni autore abbia i suoi tempi, i suoi metodi, personalmente trovo naturale scrivere quando ho l’impulso di farlo, quando le parole scorrono fluide dai miei pensieri alla tastiera. Avrei orrore della pagina bianca da riempire ad ogni costo.
    Concludo con un’altra citazione: “Niente di peggio che lavorare a orario fisso: si produce scrittura burocratica.”

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    1. Bellissima la citazione di Camilleri, perfettamente allineata alla mia idea: gli scrittori sono scrittori 24 ore su 24, nn solo quando si siedono davanti al pc. Ciò significa che possono concedersi il lusso di sgarrare e nutrire le proprie idee in altri modi. :)

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  18. La mia scrittura ha bisogno di vacanze, a quanto pare... è ribelle, indisciplinata e tiranna.
    Non si sa quando viene né quando va. Chissà dov'è adesso... di sicuro non si fa vedere da un po'. Non riesco nemmeno a fare brainstorming, la pagina rimane bianca con qualche puntino di sospensione e qualche parolaccia!

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    1. Lascia scorrere, e vedrai che la tua ispirazione tornerà da sola. :)

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  19. In linea di principio sono d'accordo con te Chiara, la scrittura creativa non può essere imbrigliata in regole rigide altrimenti la creatività muore, però scrivere comporta qualche regola, a volte dopo una giornata di lavoro, mi metterei sul divano in relax invece spesso mi impongo di aprire il pc e mettermi a scrivere. Mi è capitato di scrivere fino a mezzanotte presa dall'ispirazione, altre volte invece dopo mezz'ora di vuoto ho chiuso tutto. Poi ci sono le volte in cui non mi impongo nulla e seguo un impulso irrefrenabile e scrivo molto e quello è proprio un bel momento...

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    1. Sì anche a me, quando sono molto stanca, capita di dire: "dai, provaci, mal che vada tra cinque minuti smetti." Quando capita, spesso va a finire che scrivo moltissimo, perché l'impulso c'era già, dovevo solo vincere la pigrizia e sedermi al pc, un po' come quando qualcuno mi invita a uscire e sono già in pigiama: so che se trovo la forza per spingermi fuori di casa poi ritrovo energia e mi diverto, bisogna solo fare un piccolo passo.

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  20. grazie per questo post Chiara, perché è particolarmente ricco di spunti di pensieri, sulla nostra comune passione... per quanto mi riguarda, la mia scrittura necessità di voglia, e di spazio mentale, ed anche rilassatezza; mi sono resa conto che la mia insonnia, aiuta solo in parte la scrittura, molto spesso ha la pessima influenza di incasinarmi i pensieri, tralasciando quelli migliori che darebbero linfa alla scrittura!

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    1. Anch' io soffro di insonnia ma la scrittura, dandomi adrenalina, non mi aiuta. :-)

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  21. Boh, non saprei. Io scrivo quando ho tempo, voglia, ispirazione. A meno che sia per lavoro: allora quelle tre cose me le devo far venire per forza.

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    1. La scrittura di lavoro è diversa. è interamente mentale e non ha coinvolgimento affettivo. :)

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    2. Non sono del tutto d'accordo. Dipende da quello che uno sta facendo. Io ci metto molta cura e su alcune cose che scrivo e realizzo per lavoro ci metto anche il cuore. Restano opere dell'ingegno e su alcune il coinvolgimento affettivo c'è, avendole realizzate proprio io. :)

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    3. Beh, io parlo per me visto che non amo il mio lavoro, che considero poco creativo e piuttosto alienante. Se facessi qualcosa che mi piace probabilmente ragionerei come te 😊

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  22. Io non credo all'ispirazione se non a un qualcosa che nasce mentre si sta già scrivendo. Come non temo la pagina bianca. Da quasi quindici anni scrivo comunque tutti i giorni, se non lo faccio mi sento in colpa. Lo stato d'animo influisce, nel mio caso, solo sulla qualità: non di scrittura, ma di pensiero. Da quando scrivo tutti i giorni però sono diventato meno dispersivo e lunatico, anche in tutti gli altri aspetti della vita!

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    1. Non sono d'accordo sull'idea di ispirazione, in quanto penso che questo concetto non riguardi solo le attività artistiche. L'"azione ispirata" rappresenta un modo di agire che caratterizza il quotidiano di molte persone, le quali hanno deciso di non farsi fagocitare dal mentale. Quando ben allenata, l'ispirazione diventa uno stato dell'essere, ed è allora che le routine creative smettono di essere una forzatura. Tu sei arrivato a questo, io non ancora. Mi mancano l'equilibrio e la stabilità che traspaiono dalle tue parole. :)

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  23. Grazie per avermi condotto sino a qui da un altro post. È molto difficile astenersi dal pre giudizio. Ma necessario per comprendere e incontrare davvero l'altro. Mai con i miei personaggi faccio una gran fatica. In fondos ciò che scrivo è frutto delle mie pulsioni. Belle e brutte...

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