Guest post - Come il font influenza il lettore


Oggi è mia ospite Rachele Ravanini, che analizzerà un aspetto tecnico della scrittura spesso sottovalutato dagli autori, ma importante quanto il contenuto di un testo.
Il font rappresenta il vestito indossato dalla nostra pagina: è vero che l’abito non fa il monaco, ma sicuramente contribuisce a presentarlo. Inoltre, ambienti diversi richiedono divise diverse. Dall’unione di contesto, dress-code e atteggiamento, deriva la percezione che gli altri avranno di noi.  Un uomo in giacca e cravatta, per esempio, può essere considerato serio e professionale a un meeting di lavoro, ma completamente fuori luogo a una partita pallone. Allo stesso modo, un Comic va benissimo, se stiamo narrando uno scambio di sms tra ragazzini… non lo vedrei molto bene, però, su un trattato di astrofisica, e tanto meno sui moduli delle tasse.
Chi gestisce un blog o decide di auto-pubblicarsi spesso non ha alle spalle un editore disposto a dargli consigli, quindi conoscere le principali famiglie di caratteri editoriali e focalizzare le sensazioni che ciascuna di esse trasmette al lettore può evitare madornali errori comunicativi.
Io, per il romanzo in stesura, sto usando il Times New Roman perché dà alla pagina un aspetto ordinato. Sul blog, invece, ho optato per l’Arial: lo sfondo è abbastanza ricco, quindi un carattere semplice mi consente di non scivolare in inutili pacchianerie.
Buona lettura a tutti!

Ogni scrittore concentra principalmente la propria attenzione sulle parole, sul contenuto, sul significato, il suono e lo stile. È normale ed è giusto che sia così, dopotutto un prodotto editoriale deriva la sua qualità principalmente dal contenuto, sono assolutamente d'accordo, tuttavia l'aspetto esteriore, l’apparenza, l'abito che il racconto indossa una volta prodotto e che molto spesso non viene nemmeno considerato importante è in realtà un aspetto che non deve essere sottovalutato. Negli ultimi anni infatti la massiccia diffusione di internet, in cui forma e contenuto sono indissolubilmente legati, e degli ebook, hanno acceso una luce su un aspetto che precedentemente era poco considerato: il font.

Per chi ha scarsa dimestichezza, partiamo dal principio dando una piccola infarinatura che aiuti a comprendere meglio l'argomento. Font è un termine che in tipografia e in informatica indica un tipo di carattere o un insieme di caratteri tipografici accomunati da uno stile grafico; si tratta di un termine ormai entrato nell'uso comune che proviene dal francese medioevale fonte, ovvero fuso (dal latino fundere), in riferimento al metallo fuso per ottenere i caratteri mobili utilizzati per la stampa tipografica. Nel corso dei secoli sono nati centinaia e centinaia di famiglie diverse di font, e, con l'avvento dei computer e dei programmi di grafica, i designer si sono sbizzarriti ancora di più producendo nuovi font praticamente per ogni occasione, per esempio il font utilizzato da Hillary Clinton nella sua attuale campagna elettorale si chiama Unity ed è stato creato ad hoc per la candidata dal designer Lucas Sharp. Le caratteristiche canonizzate già dalla stampa a caratteri mobili tuttavia permangono anche dietro agli schermi informatici: le dimensioni, l'apertura, ovvero l'andamento delle aste curve aperte di caratteri come la C, la S, la a o la e, la crenatura o kerning, cioè la riduzione dello spazio tra due lettere, il peso, ovvero il rapporto tra area inchiostrata e area in bianco della serie di caratteri e infine, la caratteristica più importante, lo stile.

Lo stile divide i tipi di carattere in due categorie principali: serif e sans serif (ovvero con o senza grazie), come vengono indicate utilizzando il termine francese; esiste poi anche una terza categoria, non canonizzata, detta informale o handwritten, che riproduce la scrittura manuale. La differenza sostanziale si nota nell'estremità delle lettere: nei caratteri serif le terminazioni sono allungate e addolcite, sono ideali per agevolare la lettura e sono quindi i caratteri più usati nella stampa tipografica, non a caso quasi tutti i libri italiani (fate caso alle edizioni Bompiani, Sellerio, BUR, Feltrinelli, Salani, Longanesi, Guanda, Saggiatore, Nottetempo e Iperborea) sono in Simoncini Garamond, carattere tipografico disegnato nella Francia del Cinquecento da Claude Garamond e successivamente rimaneggiato dal tipografo bolognese Francesco Simoncini nel 1958. I libri Einaudi, invece, utilizzano il carattere customizzato Einaudi Garamond, commissionato da Giulio Einaudi allo stesso Simoncini, ma si tratta in realtà di una semplice variante del Simoncini Garamond canonico. Diversamente, Mondadori utilizza il Palatino, molto simile al Garamond, tanto da essere considerato il “Garamond tedesco”. Infine Adelphi è l'unica casa editrice che ha scelto il Baskerville, un font più moderno e d’impatto rispetto al Garamond, nato nel 1757 da John Baskerville, stampatore della Cambridge University Press. I caratteri sans serif, hanno terminazioni decise e secche, spesso con angoli di 90° e sono stilisticamente considerati più moderni proprio grazie alla loro semplicità. La storia degli stili e delle varie famiglie di font è tanto lunga quanto interessante, per chi fosse curioso consiglio il grande classico Sei proprio il mio typo. La vita segreta delle font, di Simon Garfield.

Si diceva prima che alcuni ritengono i font esclusivamente funzionali alla stesura del testo, senza considerare l'impatto che hanno sul pubblico, ma è bene tenere in considerazione che, ancora prima del contenuto, rappresentano il primo contatto con esso e contribuiscono in maniera determinante a formare l’aspetto visivo della pagina, trasferendo al lettore input legati alle emozioni e alle sensazioni che vogliamo trasmettere. Insomma, sono strumenti di comunicazione con qualità cognitive che aiutano, come il contenuto, a raccontare storie e a veicolare un messaggio. Ogni font ha un significato e a seconda di ciò che si desidera comunicare e del tono che si vuole impiegare occorre valutare bene le diverse possibilità di carattere da utilizzare. L'esempio molto recente che esprime al meglio il concetto è la campagna elettorale di Barack Obama del 2008 nella quale è stato ampiamente utilizzato il font Gotham, creato nel 2000 dal designer Tobias Frere-Jones. Si tratta di un carattere sans serif, semplice e caratterizzato da lettere solide e dure, per questo trasmette onestà, stabilità, sicurezza e coerenza. Provate ad immaginare che risultato avrebbe avuto la campagna elettorale se fosse stato usato un carattere come il Comic Sans!

Quando si deve scegliere il font per il proprio progetto bisogna prestare attenzione a tre cose:

-la leggibilità di un carattere o legibility, secondo la definizione del graphic designer Douglas Bonneville, una caratteristica oggettiva che ha a che fare con la struttura grafica del carattere tipografico, come lo spessore, le grazie, il kerning, la spaziatura o l’interlinea;

-la leggibilità di un testo o readability, ossia tutte le caratteristiche di forma, kerning, colore e altre proprietà che collaborano nel creare l'aspetto complessivo dell'intero testo;

-ultima ma non ultima, l'adeguatezza, aspetto che s'impara con pazienza ed esperienza, aiutandosi anche con testi specifici, esempi e, perché no, anche leggendo la storia e gli scopi originali con cui il designer ha creato il font in questione. Oltre ad un po' di buon senso, s'intende!

Come ha scritto il designer Daniel Will-Harris sul suo sito personale: “Non ci sono font belli o brutti. Esistono solo font adeguati o inadeguati a un progetto”. E da qui bisogna partire, non da valutazioni personali sulla bellezza o meno di un font; bisogna porsi degli obiettivi, studiare e capire quali reazioni ed emozioni si vogliono suscitare.

Interessante in questo senso è uno dei primi studi effettuati su questa tematica, dal titolo The Psychology of Fonts, commissionato dall'azienda statunitense Lexmark Printers e scritto dallo psicologo Aric Sigman, che già nel 2001 osservava ed analizzava le connessioni tra font e contenuto. Stando a quanto scritto nello studio infatti esiste una relazione diretta tra contesto e font utilizzato, così stretta da rendere visibili incongruenze quando per veicolare un certo contenuto viene utilizzato un font inadatto. Tra gli elementi capaci di colpire il destinatario di un testo, Sigman evidenzia le dimensioni. L’uso di font rotondi è percepito come più amichevole; i font lineari o con angoli rigidi sarebbero invece dimostrazione di freddezza e rigidità; i caratteri Courier, vengono considerati antichi e comunque più impersonali; i caratteri come Times, Times New Roman o Palatino, sono invece un compromesso tra vecchio e nuovo, dimostrano rispetto per la tradizione ma anche ricerca d’innovazione e per questo motivo sono preferiti da molte aziende; gli stili sans serif, come Arial, Modern o Universal, sono più impersonali, mentre i font handwritten, che riproducono la grafia, segnalano amicizia e familiarità.

Scegliere il font è un processo complicato ma che può risultare entusiasmante e divertente, bisogna continuare a provare, riprovare e letteralmente perdersi tra le innumerevoli famiglie disponibili finché non si trova la soluzione ideale.

Quello dei font è davvero un mondo da esplorare e in questo articolo ne ho solo grattato la superficie: voi cosa ne pensate? Prestate attenzione alla scelta del font o per voi non ha alcuna importanza?
La guest-blogger.
Rachele Ravanini è Content Producer e Graphic Designer di Stampaprint S.r.l., azienda leader nel settore della stampa online. Ha studiato Economia dell'Arte e Storia dell'Arte orientale, ha collaborato con La Biennale di Venezia e diverse gallerie d'arte. Come grafica e designer freelance ha avuto collaborazioni con importanti aziende e associazioni. È una grande lettrice e nutre una grande passione per il cinema, l'arte e la fotografia.


Commenti

  1. Prima di leggere le ultime righe di presentazione stavo per dire: una vera enciclopedia sui caratteri! Ora non lo penso solo, ma lo conferma dopo il post anche per il lavoro che ti vede sempre in mezzo ai caratteri di stampa. Complimenti davvero. Esauriente e interessante. Io amo il Comic ma per scrivere trovo sia corretto il Times New Roman standard 12 che in corsivo mi piace moltissimo. Però scrivere a mano è più bello, senza dubbio.

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  2. Ciao Nadia, ti ringrazio moltissimo! Personalmente sono una grande amante dei font perciò sono sempre alla ricerca di nuove creazioni e mi piace proprio studiare lo scopo per cui il designer ha realizzato un determinato un tipo di caratteri. Sono d'accordissimo però che la scrittura a mano ha tutto un altro sapore!

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  3. Ultimamente preferisco scrivere i romanzi con bell MT, tutto sommato mi piace ancora scorrere i vari font anche nelle mail, alcuni molto belli poi hanno dei numeri terribili, poco comprensibili.
    La mia editor Times New Roman corpo 12 tutta la vita al punto che se può modifica i testi che le arrivano diversamente con questo font.
    Purtroppo per la mia vista decadente per i libri inizio a fare fatica con i caratteri troppo piccoli che un tempo adoravo.
    Sandra

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    1. Sul mio blog hai mai avuto problemi per la grandezza del carattere? :)
      Te lo domando perché è un dubbio che ho avuto più volte. Quest'ultimo post l'ho pubblicato con dimensione 12 anziché 10... ma devo capire quale mi piaccia di più.

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  4. Io ci presto attenzione al font e quant'altro ma non posso sapere se va bene o meno fin quando qualcuno non mi dice qualcosa, poiché a me, almeno per il momento va bene così ;)

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  5. No, Chiara, nessun problema con il tuo blog. Baci S.

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  6. Ciao Rachele, mi è piaciuto questo articolo, perché io sono una fissata con i font: ne uso uno per ogni occasione. Quando scrivo in veste "ufficiale" uso il Times new Roman, che è quello richiesto per le presentazioni dei testi ai concorsi letterari, ma nel blog uso il Georgia, perché mi piacciono molto le rotondità dei caratteri. Poiché amo il video editing, non ti dico in quanti font mi sia espressa per le citazioni in sovrimpressione: il bradley Hand, il Marker Felt, il Noteworthy, giusto per fare qualche esempio. In genere quelli creativi mi piacciono molto, ma vanno bene per frasi brevi, per le lunghe trattazioni resta sempre auspicabile usare caratteri classici, non troppo originali, ma più "seguibili" dal lettore, senza stancarlo.

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    1. Ciao Marina! Avrai capito che anche io sono un pochino fissata! Personalmente adoro il Gill Sans ma sono sempre alla ricerca di novità! Ci sono parecchi siti, soprattutto americani, che settimanalmente propongono nuovi font, a volte anche gratuiti e da poter scaricare al momento. Non serve dirti che c'impazzisco.

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  7. Tempo fa avevo letto un bell'articolo che parlava della storia dei font, ciò che mi stupisce sempre è la loro longevità. In fondo tutti i serif derivano dal carattere usato nelle iscrizioni romani.
    Personalmente quando scrivo uso sempre il Garamond, mi piace, lo trovo leggero e arioso. Però nei progetti più "grafici" amo sperimentare ;)

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    1. Mi interesserebbe molto leggere quell'articolo. :)

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    2. L'articolo era questo
      http://www.ilpost.it/2015/10/22/font-libri-garamond/
      ma anche questo è interessante
      http://www.ilpost.it/2016/01/22/font-francesi-1850-a-oggi/

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  8. Considero molto importante la scelta del font ai fini della leggibilità o meno di un post. Personalmente uso molto il Timse New Roman che considero molto classico e d anche rassicurante per il lettore, a volte nei titoli inserisco il Trebuchet per differenziare il titolo dal corpo dell'articolo.

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    1. Io invece uso sempre lo stesso carattere per titolo e post perché mi sembra più ordinato. :)

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  9. E' interessante vedere quanto studio c'è dietro a un carattere, che noi diamo per scontati. Steve Jobs stesso, prima di abbandonare l'università, seguì seriamente un unico corso, quello di calligrafia tenuto da Padre Robert Palladino (già sentito questo nome? è anche un font ovviamente). Corso che anni dopo lo aiutò a pensare l'interfaccia del primo Mac.
    Da web designer, io prediligo il Verdana. Assieme a Courier e Arial è uno dei caratteri standard per il web, dagli anni in cui i vecchi browser utilizzavano solo i font installati nel singolo computer. Adesso non c'è più questo limite: i nuovi browser scaricano sia la pagina che il font, oppure si richiamano font già presenti online (come Google Fonts Api). Però sono rimasta legata a Verdana.
    Quando scrivo, utilizzo comunque il Verdana per abitudine. Quando leggo non faccio caso al font, quanto piuttosto alla dimensione. Certi economici con carattere minuscolo non li reggo più. Ai concorsi fanno un po' confusione, come ho già scritto: alcuni richiedono un numero definito di cartelle editoriali (che dovrebbero usare un carattere truetype monospazio, a scelta tra Courier New e Lucida Sans Typewriter) e poi vogliono Times New Roman (che è proporzionale, ma allora andrebbero definite la battute totali, non le cartelle).
    In grafica, pur spaziando maggiormente con i font, occorre stare attenti alla leggibilità. Spesso vedo immagini con font bellissimi, ma che sono "difficili" e richiedono attenzione (mentre il lettore di oggi ha sempre poco tempo, quindi il messaggio deve essere chiaro). Altre volte vedo il testo "sommerso" nello sfondo, mentre è il contrasto a favorire la lettura.

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    1. Visto che mi sembri molto esperta, anche per lavoro, perché non scrivi una serie di post sull'argomento? :)

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    2. Visto che mi sembri molto esperta, anche per lavoro, perché non scrivi una serie di post sull'argomento? :)

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  10. Articolo molto interessante, soprattutto perché pensavo che il font fosse una mia fissazione, invece a quanto pare non è poco importante. Io quando scrivo uso quasi sempre il Times New Roman formato 12 o 11 perchè secondo me è quello più leggibile e, al contempo, elegante. Poi mi piacciono anche gli altri font per altre funzioni, per esempio nelle cover o in comunicazioni sui social. In ogni caso quando leggo un libro è importante che il carattere sia della grandezza giusta, se devo usare la lente di ingrandimento mi passa la voglia.

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  11. Da quello che leggo, Giulia, in quanto a fissazione non sei per nulla sola! E la cosa mi fa piacere, mi sento in compagnia anche io!

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  12. Sono una che non si cura dell'estetica, ma scrivere in garamod mi piace di più!

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  13. Io per lavoro mi occupo anche di questa cosa. Aggiungo a quan to detto (tutto correttissimo!) che non è solo una questione di leggibilità, ma anche di "stancabilità". Gli studi effettuati sui diversi tipi di font dicono che il TNR, pur essendo considerato "il carattere standard per eccellenza" sia anche uno dei più stancanti alla vista, mentre quello considerato meno stancante è l'arial. Allo stesso modo font enfatizzati con grassetti e corsivi sono molto stancanti.

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