Libertà di espressione - Limiti etici


La libertà è il potere di fare ciò che è bene, non ciò che piace.
(Anonimo)

Diverse volte in passato mi è capitato di proclamare sul blog il diritto inalienabile alla libertà di espressione. Ho sempre creduto che ciascun individuo debba avere la possibilità di dire ciò che pensa, senza censure. Ma nell’ultimo periodo, in seguito ai fatti di cronaca che hanno scosso il mondo e ad alcuni problemi di convivenza professionale, questa convinzione ha un po’ vacillato. Scontrarsi con la dura realtà, a volte, rischia di spegnere anche l’ideale più nobile.


Dopo gli attentati di Parigi, in un post pieno di svarioni grammaticali, un mio conoscente (chiamiamolo "persona n.1") auspicava su Facebook il ritorno l’avvento di un nuovo Hitler, esortava la riapertura dei forni crematori e sosteneva che tutti gli arabi dovessero essere bruciati con il loro stesso petrolio. 
Avrebbe continuato così per mesi, se qualche giorno fa il comune di Sanremo non avesse approvato la mozione che impone ai vigili urbani di mettere le ganasce alle auto in divieto di sosta: siamo vicini al confine di stato, i francesi vengono qui al sabato mattina per fare la spesa al mercato, parcheggiano ad minchiam e non pagano le multe, perché all’estero non vengono notificate: “gli sta bene, a quei bastardi infami!” (Cit.)
Ma scusa, bello mio, i francesi fino a ieri non erano tuoi fratelli? Je suis Charlie, Je suis francais… basta?
Sì: basta.
Comunque i terroristi gli hanno offerto un bel diversivo. Poverino, era un po’ stufo di scagliarsi contro gli all you can eat, il LIDL, gli autobus di linea, il lavoro dipendente è tutto ciò che considera “da pezzente”. Quella foto che definisce la facoltà di Lettere e Filosofia una “fabbrica di poracci” ha fatto il suo tempo, ormai.
Per questi individui, l’importante è essere incazzati. Devono odiare qualcuno, non importa chi. Vanno bene  anche i gay, il risvoltino alla Lapo Elkann o le vecchiette che fanno la fila alle poste.

“Ma dai, Chiaretta, si sa che i social sono frequentati da emarginati che danno voce alle proprie frustrazioni.”
E invece no: non succede solo su Facebook.

La persona n. 2 non è iscritta ai social, perché sui social c’è la gente! Ommioddio!
Non solo la signorina ha un rapporto conflittuale con ogni essere vivente presente nel sistema solare, ma esprime il proprio disprezzo senza censura. Un giorno, in venti minuti, ho contato trentadue parolacce. Ogni persona che le passi davanti, si becca un insulto. Non in faccia, ovviamente, ma appena se ne va e lei si ritrova in compagnia di qualcuno del proprio rango.
Le persone così non si rendono conto di quanto sia pesante per gli altri ascoltare il loro mormorio. È un continuo parlar male degli altri, con cattiveria, come se fosse una cosa assolutamente normale.
Anzi: per loro è normale. Forse è questa la cosa grave.

Per me questi individui sono distributori automatici di negatività. Quando sento/leggo lo loro farneticazioni ho voglia di zittirli con un pugno, eppure mi rendo conto di quanto questo sentimento sia contraddittorio. Per mesi non ho fatto altri che ribadire quanto sia importante esprimere se stessi senza condizionamenti: persona n.1 e persona n.2, fanno proprio questo, dicono ciò che pensano, e la cosa non mi piace affatto. Per me la libertà di espressione è sempre stata un valore, ma quando sdogano questo diritto devo pensare che potrebbe essere esercitato anche da individui per natura portati all’offesa, all’insulto e alla violenza: come risolvere questo problema morale?
Non credo che una censura esterna (da parte dello stato, per esempio) possa funzionare, perché penalizzerebbe anche chi ha qualcosa di intelligente da dire. L’unico filtro alla libertà di espressione deve essere posto dall’individuo stesso. Attenzione: non sto parlando di una forzatura politically correct, bensì di etica e di valori individuali. È la nostra coscienza che ci spinge a evitare parole che potrebbero fare del male a qualcuno. In questo modo, il silenzio non è più un obbligo o una costrizione, ma una decisione serena e dignitosissima presa in nome dell’amore per il prossimo. Esercitare la propria libertà non significa poter dire tutto ciò che si vuole; significa invece usare il cuore per relazionarsi con il mondo.

Sono molto arrabbiata con questa gente, credetemi. Nell’esprimere la mia opinione però ho cercato di mantenermi negli argini e mi sono lasciata guidare dagli stessi principi che mi accompagnano nella stesura del mio romanzo e dei miei post.

Rispetto per gli altri.
Nella parte iniziale dell'articolo, ho espresso con ironia la mia opinione su un modo di fare, ma non ho riportato alcun giudizio sulle persone in questione e sulla loro rabbia. Viviamo in una società che ha sdoganato l’insulto. “Imbecille” e “cretino” sono ormai parole di uso quotidiano, e mi danno davvero fastidio.
Prima di prendermela con qualcuno cerco di capire quale ferita muova i suoi comportamenti. La scrittura mi ha insegnato che gli esseri umani non agiscono a casaccio: c’è sempre una motivazione psicologica che innesca l’ingranaggio. Nonostante i miei sforzi non sono riuscita a trovare un contatto con queste persone. Non c’ è sintonia: pazienza, lo accetto. Evito però il più possibile gli appellativi, perché certe parole indeboliscono chi le pronuncia e chi le riceve. Inoltre, cerco di comportarmi sempre onestamente.
Anche quando scrivo il mio romanzo sono così. Mi domando sempre se qualcuno rischia di essere offeso dalle mie parole. Nel caso, taglio il paragrafo senza rimpianti.

Consapevolezza del potere delle parole.
 Dieci mesi fa ho pubblicato il post Scrivere ti rende trasparente: la parola è energia, ve lo ricordate? Non ho cambiato idea, rispetto ad allora.
La carica emotiva di una parola non solo arriva al destinatario condizionando la ricezione del messaggio, ma si ripercuote anche su chi la pronuncia. Se io insulto qualcuno sono la prima a risentire di tale negatività. Al contrario, vocaboli di amore e di incoraggiamento mi giovano ed elevano la mia energia.
Nell’universo c’è fin troppa malvagità. Il pettegolezzo e la lamentela ci sintonizzano su vibrazioni basse, perché nascono dall’ego. Io non voglio alimentare questo circolo vizioso. A volte mi capita di sfogarmi, qui sul blog, cerco però di non cadere nel patetismo. Non voglio usare voi lettori come cassonetti dentro cui butto la mia frustrazione. Al contrario, sono felice quando riesco a contagiarvi con un atteggiamento positivo.

Utilità delle mie parole.
Da ragazzina ero molto impulsiva, credevo che fosse mio diritto dire tutto ciò che mi passasse per la testa. Ora invece evito non solo le parole che fanno del male, ma anche quelle che non servono a niente. Se  pronunciarle non cambierà la mia situazione, è molto meglio lasciarle in gola e non sprecare energia.  

- Idea di giustizia.
Ho sempre considerato la parola un mezzo per riportare l’equilibrio in una realtà squilibrata. Attraverso ciò che scrivo, io trasmetto contenuti e significati. Prendendo le distanze dai soggetti di cui sopra e condannando ciò che percepisco come un sopruso o un’offesa, posso fare del bene agli altri. Questo per me conta più della gloria e del successo: ecco l’indirizzo che voglio dare alla mia scrittura.

Il lancio della patata bollente.
Cosa ne pensate del mio ragionamento? Quali sono i filtri automatici alla vostra libertà di espressione?

Commenti

  1. E' un ragionamento che mi piace molto. Anche io di solito cerco di essere sempre gentile, mai odioso o sgarbato. Non sempre mi riesce, ogni tanto mi arrabbio con qualcuno e non riesco a tenermi la rabbia per me: succede soprattutto offline, comunque, visto che online c'è più tempo di pensare, e la rabbia scema. Ogni tanto faccio qualche battuta su Facebook, ma muore lì: non sono certo di quelli che fanno sfoggio di ignoranza in lungo e in largo per il web, spandendo furore e negatività. Sono d'accordo che non si dovrebbe censurarli, ma anche sul fatto che dovrebbero avere un po' più di contegno :) .

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    1. Certe persone non possono darsi un contegno, perché non si rendono conto di essere nel torto. Sono fermamente convinte nel loro piccolo di far del bene. Infatti non puoi metterti lì a tavolino e ragionare con loro: vedono solo ciò che desiderano vedere. Io sono felice di essere riuscita con il tempo a distaccarmi da questo modo di pensare...

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  2. Io sostengo da sempre che la propria libertà finisce laddove comincia il rispetto della libertà degli altri. Questo concetto apparentemente semplice è difficilissimo da applicare, anche un semplice scambio di idee sembra diventare un campo di battaglia. Io applico la regola "non fare agli altri quello che non verresti fosse fatto a te", o anche "non dire agli altri le parole che potrebbero ferire se fossero dette a te". Troppo spesso però gli altri non mi usano la stessa cortesia per dirla con le parole di De André, viviamo in un mondo difficile. Tuttavia la mia consolazione è che a me piace essere come sono e non potrei essere diversa. Anch'io però sono migliorata nel corso degli anni, una volta ero più impulsiva.

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    1. La regola del "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te" è sacrosanta, e si unisce al principio della legge del Karma: "ciò che semini raccogli".
      In passato sono stata per molto tempo su vibrazioni basse. Anche se non mi sono mai spinta a un odio così viscerale come quello delle persone di cui sopra, per molto tempo sono stata dominata dall'ego, quindi posso capire la frustrazione che muove gli individui di cui ho parlato. Penso che una persona felice, serena e realizzata non abbia bisogno di odiare nessuno: in fondo ciò che diciamo di cattivo agli altri è un riflesso di ciò che pensiamo di noi stessi. Proprio per questo forse dovrei essere comprensiva, ma non ci riesco molto, mea culpa. :-)

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  3. Nella norma io non uso mai parole offensive e, come te, nemmeno quelle inutili. Di fronte agli irriducibili del pettegolezzo a tutti i costi, della cattiveria gratuita, del vizio della parolaccia facile, ho un atteggiamento di noncuranza, qualche volta di evidente sufficienza. Per natura sono una persona mite, mi arrabbio solo con le persone con cui posso permettermi di essere del tutto aperta. Le mie opinioni non sono spesso condivise e se non sono nei contesti giusti non mi esprimo. So essere anche abbastanza polemica se qualcosa non mi piace o non mi va giù, ma nel confronto sono moderata.
    Una regola che ha un'eccezione: riesco a dare il peggio di me se sono veramente incazzata, divento l'opposto di come mi sono finora descritta. Ma devo essere veramente fuori... (non mi capita spesso, però chi mi conosce, non esaspera una discussione perché sa a cosa va incontro!)

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    1. Penso che la rabbia sia un sentimento umano e naturale di cui non ci si deve vergognare, e penso che possa essere affrontata in modo sano: ciascun individuo ha il diritto di esprimere ciò che pensa, e può farlo senza scaturire negli eccessi di cui sopra. La rabbia accumulata si scatena in un'unica esplosione, oppure si trasforma in rancore. Nonostante le filosofie orientali e tutto ciò che mi fa del bene, mi rendo conto di nutrirne parecchio nei confronti di "persona 2", e la cosa non mi piace. Del resto, questa situazione è frutto di anni di angherie: anche se una persona può avere il controllo delle proprie emozioni, non sono fatta di metallo e... insomma... mi sono rotta le palle! :-D

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  4. Forse il tuo conoscente n. 1 ha un gran bisogno di sfogarsi e trova nei social media il mezzo che più l’aiuta in questo senso: Facebook come sorta di antistress è un’idea decisamente postmoderna. Dovresti infatti dire alla tua conoscenza n. 2 di sfogarsi sui social, invece di urlare parolacce al vento. XD

    È un bel dilemma morale il tuo. Io lo risolvo facilmente: per me conoscenza n. 1 e conoscenza n. 2 non sbagliano se quello è il loro modo; solo non corrispondono al tipo di persone che frequenterei e, se volente o nolente ci devo stare assieme, cerco di evitare per quanto possibile i contatti. Forse hanno davvero bisogno di quella forma di sfogo. Non voglio fare il relativista, giustificare tutto, ma una domandina sulla condizione della loro vita me la farei.

    Credo che il tuo atteggiamento sia corretto, soprattutto se ti fa stare bene: è il tuo. :)
    … io invece mi faccio meno problemi, ma ognuno dev’essere se stesso. La differenza non la fa, oggi, il modo di comportarsi (più schizofrenico, volgare), ma l’incapacità di assumersi la responsabilità dei propri comportamenti. Se qualcuno ha bisogno di sfogarsi, si sfoghi: io lo compatirei; qualcun altro potrebbe tirargli, invece, un bel pugno sul naso.

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    1. Come accennavo anche nel post, ho cercato di capire cosa passi nella testa di queste persone, ma nonostante questo ho difficoltà ad accettare i loro comportamenti.
      Persona 1 la conosco poco e non so quasi nulla della sua storia, mi sembra però un tipo con un ego colossale. Persona 2 invece credo di essere riuscita a inquadrarla e penso abbia lo stesso spessore spirituale di una zucchina bollita: anche io ho vissuto difficoltà simile alle sue ma ho reagito cercando di migliorare me stessa e non di rubare energia al prossimo o di danneggiarlo. Purtroppo non la posso evitare: gli amici li scegli, i colleghi no.

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    2. A me le zucchine bollite piacciono tantissimo! Soprattutto stracotte. Ho gusti strani, lo so... :P

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  5. "Mi domando sempre se qualcuno rischia di essere offeso dalle mie parole. Nel caso, taglio il paragrafo senza rimpianti."

    Dici sul serio? Perché lo fai?

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    1. Ritengo che esprimere un giudizio su persone e situazioni non rientri fra i compiti dello scrittore, che deve sapersi immedesimare nel punto di vista del personaggio. Se il testo rischia di offendere, è perché contiene un giudizio, un'opinione dettata dall'ego: non credo che mi competa, e che rientra negli obiettivi della mia scrittura. Attenzione però: questo non significa che io rinunci a esprimere una mia visione del mondo attraverso i miei scritti. Lo scopo espressivo è fondamentale. E proprio perché c'è un messaggio, ritengo che debba essere veicolato nel modo migliore possibile. Non credo che offendere i lettori rientri fra questi. ;)

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    2. Beh sì, certo: dicendo "esprimere un giudizio su persone e situazioni" stringi parecchio il cerchio rispetto a "se qualcuno rischia di essere offeso dalle mie parole" :-)
      Non so quale sia il compito di uno scrittore in senso lato, ma di sicuro il mio, e quello degli scrittori che apprezzo, non prevede esprimere giudizi.
      Però se qualcuno si offende perché scrivo che odio i peperoni, che se ne vadafff#ç§!!*+@#!!! :-P

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    3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    4. Ovviamente è a mia descrizione definire cosa possa offendere e cosa no. Ci sono persone molto permalose (la n.2 per esempio é stata un anno intero senza parlarmi per una banalissima discussione sul lavoro) e se dovessi stare dietro alle loro paturnie non scriverei più nemmeno una riga. Insomma: l'autocensura deve avere un perché. ;)

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  6. Mi è piaciuto molto questo post, che rispecchia molto anche quello che penso e i problemi che mi pongo. Credo che la risposta sia: "educazione al rispetto" una cosa che spesso anche noi prof tralasciamo perché costa molta più fatica che insegnare la grammatica. Alla fine basta poco per esprimere le proprie opinioni senza scadere nella maleducazione, ma se non si è abituati a farlo risulta difficile

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    1. Qualche anno fa mi avevano chiamato a fare un corso di "competenze relazionali" (sai che io sono laureata in comunicazione) nelle scuole superiori della provincia, in compresenza con altri docenti. è stata una bellissima esperienza. I ragazzi hanno risposto bene, e i professori mi hanno sostenuto. Vero però che questo tipo di educazione non è data per scontata. Anche perché, parliamoci chiaro, l'input principale dovrebbe arrivare dalla famiglia...

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  7. I filtri che cerco di applicare sono più o meno quelli che dici tu. Poi, ammetto che capita il momento in cui i filtri in questione funzionano poco. Purtroppo può capitare a tutti la giornata storta in cui si finisce col dire cose che, ripensandoci, sono sbagliate. Ecco, io aggiungo un filtro "postumo" per così dire: se proprio mi rendo conto di aver detto una cosa offensivamente inesatta, se davvero mi sono comportato da maleducato chiedo scusa. Credo che chiedere scusa sia importante proprio per sottolineare che certe affermazioni, pur dette a suo tempo, non sono più condivise o erano solo uno sfogo fatto d'ira più che di pensiero lucidamente valutato.

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    1. Anche io chiedo scusa senza difficoltà. C'è chi lo considera un indice di debolezza, ma per me non è così: chi ha il coraggio di ammettere i propri errori sa essere più forte del proprio ego, e questo lo rende quasi inattaccabile. :)

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  8. Il mio filtro non è una scelta, ma un'imposizione che nasce dal mio tipo di sensibilità. I "distributori di negatività", come li chiami tu, colpiscono molto anche me (e posso immaginare perché abbiamo questa cosa in comune). Mi fanno sentire fortemente a disagio, anche se non sempre mi arrabbio (nel qual caso non sono proprio una mammoletta...). Sta di fatto che non voglio comunicare questo nelle mie storie. Il personaggio negativo (o il lato negativo del personaggio) ci sta, le brutture vere e proprie e le beceraggini no, grazie. Non sono una vera artista perché non esprimo proprio tutti i lati dell'animo umano? Grazie, ci spero. :)

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    1. Dimenticavo: rifuggo le conversazioni del tipo che citi. Mi sembra perfettamente inutile arrabbiarmi con qualcuno che evidentemente ha un set di idee e sentimenti tanto diversi dai miei che potremmo essere un criceto e un elefante.

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    2. Ciao Grazia. Nel tuo commento chiedi: "Non sono una vera artista perché non esprimo proprio tutti i lati dell'animo umano?". Sinceramente non ho la risposta a questa domanda, però mi hai fatto venire in mente un romanzo che ho letto di recente, "Con i tuoi occhi", di Lorenza Ghinelli. C'è una scena erotica AGGHIACCIANTE (tant'è che molti recensori, su Amazon, l'hanno criticata, ma a mio avviso l'autrice è riuscita a rappresentare il lato becero dell'animo umano senza scadere in un autocompiacimento volgare. Io credo che le persone dotate di una spiccata sensibilità riescano a riempire di poesia anche le parole e le immagini più crude, e forse essere artisti significa proprio questo: avere un animo gentile, che ingentilisce ogni cosa. La stessa scena, forse, scritta da persona 1 e persona 2 sarebbe stata molto diversa.

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    3. Per quel che riguarda le "conversazioni ammorbanti", un tempo io abboccavo all'amo di questa gente. Ho smesso quando mi sono accorta che sprecavo energia, che la loro negatività finiva per contaminarmi. Purtroppo non posso evitare di sentire persona 2 quando sproloquia (il perché se vuoi te lo spiego in privato), ma sto cercando di crearmi un muro di gomma intorno, di proteggermi. E ti dirò: funziona. Sono gentile con lei, così stiamo tutti meglio. :)

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    4. Certo, ci sono autori che riescono a rendere poetico anche... il letame! Non credo però che l'essere "veri artisti" (ammesso che l'etichetta abbia un senso) dipenda da questo. Mi stavo solo collegando a una cosa che si sente spesso dire, su cui comunque non mi trovo d'accordo. Ognuno ha un suo modo personale di esprimere ciò che ha dentro, e non è detto che la qualità del suo scrivere sia legata al numero di argomenti, sentimenti e personaggi che riesce a trattare. Io la vedo così. :)

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    5. Non da quanti, ma dal modo... Ci sono argomenti che non affronterò mai, perché non ho competenza o non mi interessano. Ma, dopo aver deciso di cosa parlare, cerco di relazionarmi con l'argomento in modo sano. Neanche a me interessa mettere in scena le brutture. A volte fanno capolino, ma sempre in punta di piedi. Non mi appartengono: forse è per questo che ho difficoltà a parlarne. :)

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  9. Le teorie sociopsicologiche affermano che le parole sono in grado di influenzare i nostri comportamenti. Io pertanto sono dell'idea che si debba prestare attenzione a quelli che chiamo "dispensatori di negatività" (incredibile: anche tu usi una definizione molto simile alla mia!).
    Sono anni che avevo problemi con una collega (ora per fortuna se n'è andata) e non sai che razza di microclima creava con me ed altri. Era nervosa per motivi suoi? Nessun problema a scaricarsi su di me che non le piacevo. Quest'estate è arrivata a urla e insulti personali. Credo che la libertà di espressione e di critica sia limitata dalla buona educazione e dal rispetto per l'altro.

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    1. Ciao Marco, benvenuto! :)

      Forse abbiamo una formazione simile, perché io sono laureata sì in lettere, ma con indirizzo di comunicazione, e il mio piano di studi è stato prevalentemente sociopsicologico. Inoltre, sono vicina alle filosofie orientali. Da lì la convinzione che la parola è energia. Parole negative, creano negatività e viceversa.

      Anche "persona 2" è una mia collega da quasi 4 anni, e la situazione è stata molto simile fino a un annetto fa, quando ha smesso di attaccarmi direttamente. Tuttavia, la base caratteriale non è cambiata, ha trovato altre vittime. E a me piacerebbe tanto lavorare con i tappi nelle orecchie! ;)

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