Oltre la superficie: quando la scrittura diventa consapevole.


La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore.
Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia.
(Carl Gustav Jung)

L’introduzione che avevo abbozzato durante la prima stesura del post è stata depennata senza pietà: non faceva altro che riprendere quanto già scritto qui.
Ormai già sapete che le mie vacanze sono state costruttive: sebbene abbia messo il romanzo in stand-by per dedicarmi a un po’ di sano cazzeggio riposo, ho maturato alcune consapevolezze che porteranno beneficio anche al mio lato artistico.
Dopo tutto, la scrittura non è mai separata dalla vita reale: quando la luce dissolve l’ombra paranoica che ci offusca il cervello, le nostre opere acquistano profondità e spessore. Se la routine la smette di incasinarci i neuroni, l’intuizione si risveglia e le nostre verità interiori sono libere di manifestarsi.
Questi bagliori non nascono dal nulla, sono sempre stati lì. Come ho fatto a ignorarli per tanto tempo? Non lo so, ma ora che li vedo voglio coglierne appieno l'essenza.


Per prima cosa, non mi piacciono le folle.
Sono sempre stata una persona riservata e amante della tranquillità, ma in alcuni periodi mi sono lasciata fagocitare dalla movida. Cercavo i gruppi invece delle persone: più gente c’era, più ci si divertiva. Eravamo tutti uguali in mezzo al caos.  
Non rinnego nulla del mio passato, perché ho tanti bei ricordi. Eppure, se mi guardo indietro, mi accorgo che in quegli anni scrivevo pochissimo. L’arte si nutre di verità e di riservatezza: sotto le luci stroboscopiche di una discoteca molti indossano una maschera, non c’è spazio per il dialogo né, tanto meno, per l’ascolto.
Negli ultimi anni ho riscoperto il piacere delle uscite a numero ristretto e del dialogo face to face, ma solo di recente ho preso coscienza del mio cambiamento. Scrivere sta facendo emergere la mia vera natura: è inutile fingere di essere diversa per conformarmi al sistema.
Le ferie sanremesi sono trascorse prevalentemente in spiaggia, in un lido fuori città che frequento da anni. Mi piace perché copre quasi un chilometro di bagnasciuga e gli avventori non sono ammassati l’uno sull’altro. Solo a cavallo del ferragosto c’è casino. Gli altri giorni, si respira.
Quando la mia città si riempie di turisti, divento nervosa e mi passa la voglia di uscire. Frequento solo zone in cui le zanzare targate Torino e Milano non possono arrivare. Se qualcuno mi convince a tornare nel mondo abitato, me ne pento amaramente. Per esempio, una sera una mia amica è riuscita nell’impresa titanica di portarmi in discoteca dopo quasi un anno di eremitaggio. In realtà era un apericena, o aperidisco, o qualche altra espressione odiosa: c’era un tavolino con sopra qualche tartina rinsecchita e un deejay che suonava tunz-tunz. Per mettere qualcosa sotto i denti dovevi scattare come un centometrista non appena il cameriere appoggiava il vassoio, perché dopo un nanosecondo era già sparito tutto.
In certi ambienti, la zona comfort è larga un centimetro quadrato. Se ti allontani dal tuo angolino, becchi una gomitata nei denti. Le persone muovono appena la testa per non spettinarsi, rinunciano a comunicare fra loro. Quando un individuo perde la propria peculiarità per conformarsi alla massa, il divertimento diventa artificioso, non ha più niente a che fare con la gioia dello stare insieme. E la musica commerciale si appoggiano alla pelle, la sfiora appena; basta una spugnetta ruvida per grattarli via.
Era il dodici agosto e sono rimasta seriamente provata. Per questo motivo, quando gli amici mi domandavano “cosa facciamo la sera del quattordici?”, bocciavo ogni proposta. I fuochi d’artificio in centro? La festa in tal locale? Mai e poi mai: io volevo grigliate in giardino e bagni di mezzanotte, rigorosamente fra pochi intimi.
Purtroppo, quel giorno siamo stati otto ore in Pronto Soccorso perché Beppe si è rotto una mano e ogni programma è saltato. Alle 23:00 eravamo già a dormire. La mattina dopo abbiamo fatto le valigie e siamo partiti. Ho guidato io. Fino a Napoli. Con buona pace degli stereotipi sulle donne al volante!
A Ischia ho confermato questo ideale di divertimento, sebbene sia stata costretta a prendere le ferie in un periodo che poco agevola il mio bisogno di tranquillità. Per fortuna, io e Beppe siamo riusciti ad assecondare le nostre esigenze. Andavamo al mare la mattina presto, lui con il gesso, e ci restavamo fino a metà pomeriggio. Nell’ora di punta, gironzolavamo per l’isola o ci godevamo la piscina dell’albergo.  La sera cenavamo mangiavamo una pizza (buonissima!) in paese e poi tornavamo al nido, per bere un amaro sulla terrazza in compagnia degli altri ospiti e dei gestori.

Qui arriviamo alla seconda consapevolezza:  Mi piacciono le persone.
Il sistema crea le categorie e la gente si adegua. Molti identificano la socialità con il dimenarsi in una discoteca e il sorseggiare cocktail chimici. Per questo, sono considerata una nerd. Ma il fatto che io non gradisca un certo tipo di movida non implica che sia poco socievole. Io credo nel valore delle parole: un legame nasce nel momento in cui si è disposti ad ascoltare l’altro senza esprimere alcun giudizio sulla sua persona o sul suo operato.  
La frase sottolineata sarà approfondita in uno dei prossimi post perché la ritengo importantissima. Lo scrittore, come uno psicologo, nel relazionarsi con gli altri deve essere in grado di rinunciare alle proprie valutazioni soggettive. Solo in questo modo può riuscire a cogliere la realtà così com’è. Per esempio, io non ho una buona opinione di chi fa utilizzo di droghe pesanti. E, soprattutto, odio chi si arricchisce vendendo queste sostanze. Ma se decido che il mio protagonista è uno spacciatore devo mettere da parte queste opinioni e saper entrare nella sua psiche, creare una storia che giustifichi le sue scelte, provare empatia per lui e generare le stesse emozioni nel lettore.
Gli snob non possono fare strada nel mondo della letteratura, per questo non riuscirò mai a capire chi si limita ad andare in cerca dei propri simili. Preferisco essere legata alle persone che non alle categorie sociali. I miei amici hanno dai 20 ai 60 anni, sono italiani e stranieri, fighetti e fricchettoni, rocker e discotecari. Chiunque mostri profondità e apertura mentale, ottiene la mia attenzione. Questi rapporti si basano su un’affinità reale e durano da anni.
L’essere umano è meraviglioso. Io amo le persone. Mi piace percepire le energie che si celano dietro le apparenze e non abbasso mai lo sguardo, quando parlo con qualcuno: guardando gli altri negli occhi, riesco a capire chi ho davanti. E, spesso, ad apprezzarlo così com’è. Molti la chiamano empatia.
Quando ero a Ischia, quindi, non c’era persona all’interno dell’hotel che sfuggisse al mio scanner. E se riuscivo a conoscere qualcuno ero felice come una bambina il giorno di natale: per chi ama scrivere storie, non c’è cosa più bella che ascoltare quelle degli altri!

E quindi, ogni storia è importante, ma spetta a noi comprendere quali siano abbastanza interessanti da mantenere viva l’attenzione del lettore per centinaia di pagine. Non importa in che modo arriviamo a una determinata trama: ciò che conta è che abbiamo ben chiaro il motivo per cui desideriamo raccontarla.
Che tipo di scrittori vogliamo essere?
A cosa mira la nostra arte?
Io mi sono posta questa domanda, mentre ero in vacanza. E ho trovato la mia risposta.

Per me, raccontare storie significa aprire una finestra sulla realtà.
Mi ha colpito apprendere che il figlio nato il 15 agosto dalla coppia dell’acido ha già ottenuto diverse richieste di adozione provenienti da tutta Italia. Anche se i media tendono a strumentalizzare le disgrazie, forse stavolta sono serviti a qualcosa: un esserino innocente messo al mondo da due psicopatici potrà avere una vita felice perché qualcuno si è preso la briga di raccontare la sua storia.
Da qui l’ideale di poter aiutare gli altri con le mie parole e romanzare la realtà per renderla un po’ più comprensibile. Tutti i personaggi, se ben descritti, possono diventare un simbolo. E tutte le situazioni mostrate possono trasmettere un messaggio.
Raccontare storie realistiche, tuttavia, non significa mettere la trama in secondo piano. Ci sono storie intriganti e “commerciali” capaci di comunicare contenuti importanti e di comunicarli bene. I romanzi storici sono un esempio lampante del connubio fra intrattenimento e informazione, così come alcuni gialli in cui la psicologia dei personaggi e la critica sociale hanno un ruolo rilevante pur senza oscurare la trama. “Indizio n.1” di Tami Hoag, per esempio, è un romanzo atipico nel suo genere. I due protagonisti – lei si improvvisa investigatrice e lui è un sospettato – hanno subìto lesioni cerebrali, seppur in circostanze diverse: Dana è sfuggita a un sequestro e John, ex marine, è rimasto ferito sul campo. Già nel romanzo precedente, “La ragazza n.9”, l’intento di trascendere la storia era palese. Ma qui  la provincia americana è mostrata in tutto il suo squallore, con mass-media invadenti e storie dolorose vendute al miglior offerente da politicanti occasionali che vogliono solo racimolare qualche voto in più. E  non manca la critica nei confronti di una società che prima esalta i propri eroi di guerra e poi, quando non sono più abili per il combattimento, li lascia in miseria.
Credo che questa scelta narrativa rispecchi i miei studi e i miei interessi. Come sapete, sono appassionata di psicologia, sociologia e filosofia orientale. Le mie credenze spirituali sono alla base di molti miei racconti. Sono parte di me e non posso ignorarle: il mio realismo è sempre un po’ magico!

Mai come in questo momento ho bisogno di raccontare storie.
La mia testa trabocca idee. Non solo ho un cantiere aperto sul romanzo a cui lavoro da tempo: nella mia mente ce ne sono altri due, oltre che diversi racconti.  La mia priorità è concentrarmi sulla narrativa, quindi sarò un po’ più flessibile con gli aggiornamenti del blog.
Non ho ancora preso decisioni definitive per il calendario editoriale. Nell’attesa di stabilire come muovermi, manterrò stabile un solo aggiornamento settimanale; il secondo dipenderà dalle mie possibilità ed esigenze contingenti. In linea di massima, i giorni saranno sempre lunedì e giovedì, ma se avrò un articolo pronto fuori programma lo pubblicherò ugualmente. Nell’ultimo periodo essere vincolata alle due scadenze fisse aveva un po’ impoverito i miei post. Quindi questa nuova libertà espressiva gioverà anche a voi.  
Si tratta però di una soluzione temporanea: non appena la situazione sarà un po’ più definita, anche Appunti a Margine troverà una nuova stabilità.

Il lancio della patata bollente.
Stavolta non voglio porre nessuna domanda: vi lascio liberi di esprimere le vostre riflessioni e opinioni su quanto ho scritto. Sono sicura che verranno fuori dei discorsi molto interessanti.


Commenti

  1. "Ma se decido che il mio protagonista è uno spacciatore devo mettere da parte queste opinioni e saper entrare nella sua psiche, creare una storia che giustifichi le sue scelte, provare empatia per lui e generare le stesse emozioni nel lettore."
    Ecco, questa è esattamente la base del mio romanzo... non è che mi hai hackerato il computer :P ? A parte gli scherzi però hai ragione: anche a me non piace chi si droga, ma il mio protagonista non porta su di sé un giudizio negativo, ma è molto neutro: sto cercando anzi di far capire che anche se si comporta spesso in maniera cattiva, lo fa perché anche lui è una vittima delle sue debolezze, non certo perché si diverte a fare il cattivo come certi stereotipati antagonisti da film.

    Per il resto, mi è piaciuto gran parte del tuo post, specie la parte del sentire una fortissima spinta nel raccontare storie, mi ci ritrovo molto, anche se nel mio carattere ciò è sempre accompagnato dall'ansia. Vorrei scrivere molto di più di quanto faccio ogni giorno, e mi sento spesso di non star andando da nessuna parte, anche se in realtà il mio romanzo procede spedito e i racconti vengono scritti. Può essere che sia anche del fatto che sono molto pessimista e ho paura che anche una volta completato il mio romanzo non piacerà a nessuno; fatto sta che ultimamente l'unica cosa che riesce a salvarmi dall'angoscia di dover scrivere è proprio staccare il cervello e mettermi a scrivere :D . Ma a questo punto credo che anche io ho divagato un po' come hai fatto tu qui sopra, quindi meglio che mi fermo :) .

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    1. Se io faccio un esempio non significa che sia tratto dal mio romanzo. Spesso parlo per ipotesi. Ma a scanso di equivoci modifichero' il post! ;)

      L'ansia diminuisce man mano che cresce la gioia: scrivere ci fa bene, e questo riduce notevolmente il timore per il giudizio altrui!

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    2. Ma no, non serve che modifichi il post, stavo scherzando e so benissimo che è solo una coincidenza (visto che non ne ho mai parlato in dettaglio, nessuno sa di preciso di cosa parla il mio romanzo, solo io :D ).

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  2. Intanto mi balza subito agli occhi l'immagine che è la stessa che ho usato io in un mio vecchio post di aprile scorso (è perfetta per il tuo articolo e io l'ho trovata perfetta per il mio che parlava di esordienti); poi sorrido quando leggo la parola "nerd" che sto usando proprio in questi giorni per descrivere il mondo di certi adolescenti tutti casa, computer e videogiochi (e io, pur non conoscendoti, penso che tu proprio non lo sia!).
    È bello quando ci accorgiamo del nostro processo di crescita interiore, quando sappiamo a cosa attribuirlo, soprattutto quando siamo soddisfatti dei benefici che certe esperienze portano nella nostra vita. Poi chi ama scrivere fa questo: testimonia tali cambiamenti, li fortifica nelle storie che racconta e capisce cosa vuole realmente nella vita. Mi pare che tu abbia le idee chiarissime a riguardo e anche dei bei progetti in mente. Coltiva il tuo entusiasmo senza farti distrarre da nulla.

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    1. In realtà con il romanzo ho qualche dubbio, infatti oggi pensavo di scriverti per chiederti un consiglio.
      L'immagine non la ricordavo proprio. Ho scritto "consapevolezza" su google e fra stelle che sono uscite mi sembrava la più pertinente. :)

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  3. Un tempo pensavo di essere una piccola aliena, perché amo la solitudine, stare con poche persone, guardarle in faccia mentre parlare con loro e discutere di ciò che al momento mi colpisce, che può essere un comportamento che vedo, ma anche l'ultima novità in fatto di buchi neri. Le discoteche, poi, mi sono quasi letali (alla lettera, non so se usino ancora l'effetto fumo, ma io a quella roba lì sono allergica e rischio la crisi d'asma). La sorpresa è trovarmi, a 35 anni, con una fitta rete di amici e relazioni (adesso ho aggiunto anche il gruppo di lettura), ex piccoli alieni come me, suppongo. Ricordo un episodio proprio a Sanremo, dove abita un cugino di mio marito, c'eravamo trovati con lui mentre eravamo in Liguria con due mie amiche storiche. Lui si sforza di preparare una visita della città "formato donna", con negozi e luoghi del festival. Noi passiamo davanti alle vetrine senza neppure guardarle, poi lo tempestiamo di domande, ma qualche monumento? La storia di Sanremo? E come si vive con l'invasione del turismo? Che ne pensa del consumo del suolo in Liguria? Lui (carissima persona, tra l'altro) ci guarda come se fossero appena sbarcati i marziani (poi si adatta e ne esce una giornata piacevole).
    Insomma, ho smesso da tempo di cercare di conformarmi a quello che non sono e di fingere interesse per cose di cui non me ne frega niente. Forse sarà snobismo, pace.
    Chiaro che nei miei romanzi il protagonista non sarà "l'uomo comune" o "la persona semplice". Io non sono né comune né semplice. Una volta me ne sentivo in colpa, adesso non più. I miei protagonisti non possono che avere uno sguardo peculiare sulla loro realtà, forse a qualcuno non sembreranno realistici, ma anche di questo me ne farò una ragione.

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    1. I luoghi del festival quali sono? :D ora sono curiosa anche io, perché a parte l'Ariston, qualche hotel e un palazzetto in cui fanno concerti alternativi non mi viene in mente nulla. :)
      é forte che tu abbia un parente qui. É una piccola città, magari lo conosco!
      Comunque anche io sono un'ex aliena. Anzi, forse lo sono ancora. Specialmente in ufficio....

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    2. Oddio, ho scritto in modo terribile... Oggi va così...
      I luoghi del festival erano proprio quelli, Ariston e similia...
      Il cugino da anni in realtà risiede vicino a Pisa, anche se a Sanremo ci sono i genitori, si chiama Daniele Prevosto, ha un fratello minore che dovrebbe avere più o meno la tua età, ma io l'ho visto solo una volta.

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    3. Conosco da diversi anni un Davide Prevosto, che se non sbaglio è del 1980 o giù di lì. Potrebbe essere lui! Mondo piccolissimo! Comunque é un cognome molto diffuso da queste parti. :)

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    4. Potrebbe... A volte il mondo è davvero piccolo!

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    5. Chiedi al Nik, che ora sono curiosa! :-D

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  4. Anch'io sono poco portato per i luoghi affollati. Siccome la cosa viene puntualmente fraintesa dagli altri ormai mi sono adattato alla situazione e mi autodefinisco "asociale", perché tanto sarebbe inutile spiegare che io (anche io come te) in realtà non sono infastidito dagli altri esseri umani (da alcuni sì, lo ammetto ;-), sono infastidito da contesti in cui riesci a scambiare una parola a testa con trenta persone, quindi alla fine non hai modo di conoscere davvero nessuno. Preferisco scambiare trenta parola con una sola persona, per capirci.

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    1. Gli unici esseri umani che mi infastidiscono sono quelli che mi hanno fatto dei torti. Sono una che se la lega al dito. Mi piacerebbe sospendere il giudizio anche con loro ma non ci riesco proprio! :)

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  5. Siamo una piccola comunità di solitari; il che, oltre a essere un simpatico ossimoro, spiega forse perché occupiamo la blogosfera :)

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    1. Io penso che fra i solitari nascano i rapporti più autentici, virtuali o reali che siano. Ci leghiamo agli altri perché ci fa piacere e non perché ne abbiamo bisogno... :)

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  6. ... oppure stai semplicemente diventando vecchia. Probabilmente anch'io posso essere definito un nerd, se scansare le folle e odiare l'artificiosità di certi rapporti para-umani significa questo. :)
    Rimane pur sempre la consapevolezza di far parte di un gruppo che ama la lettura e comunica prevalentemente, ma non solo, con la scrittura. Almeno c'è un'identità di settore. Non so a te, ma questa identità a me piace.

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    1. Anche a me piace molto, altrimenti non sarei qui. :-)
      Non credo dipenda dall'età: conosco persone molto più grandi di me che frequentano le discoteche abitualmente. Credo che la scrittura cambi il modo di relazionarsi con il mondo esterno e l'idea stessa del divertimento. L'arte insegna a cogliere meglio il valore delle cose, a darsi un ordine di priorità.

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  7. Chiara che bel post che hai scritto!
    Penso che abbiamo molti lati in comune, mi ritrovo davvero in molti punti che hai espresso.
    La scrittura come finestra sulla realtà, bello.

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    1. Sì, io la vedo così, non potrei mai scrivere un fantasy! :)

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  8. Anch'io un tempo ero disposto, per convenienza, a farmi fagocitare dalle folle. Ora non più.
    Uno dei miei inni è Tower of Song di Leonard Cohen. Ecco l'incipit. Basta sostituire la parola song con writing...

    “Well, my friends are gone and my hair is grey,
    I ache in the places where I used to play
    and I'm crazy for love but I'm not coming on,
    I’m just paying my rent every day
    oh, in the tower of song."

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    1. Belli i versi che hai citato. Danno l'idea di maturità e consapevolezza raggiunte a fatica, di pace faticosamente conquistata e finalmente meritevole di essere vissuta. :)

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  9. Con "è inutile fingere di essere diversa per conformarmi al sistema" hai vinto tutto. A me piace uscire e mi piace stare in mezzo alla gente. Basta non doverci parlare. :D
    Spiragli di realtà, abbondanti e ben raccontati, si trovano anche in storie “non reali”. È il loro bello.

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    1. Sì, lo so, ma altre storie hanno un appeal più immediato, secondo me.
      Forse è solo questioni di gusti...

      Anche a me piace uscire, ma secondo modi e tempi da me definiti. Mi piacciono le birrerie alla buona, i ristoranti sulle colline sanremesi, lontani dalle folle di turisti. E mi piace il dialogo. :)

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  10. Ciao Chiara, bentornata! Felice di vederti rilassata, più serena e consapevole :) Mi sembra che hai fatto il pieno di "vita" per poter tornare a scrivere con nuovo slancio, hai fatto benissimo a mettere da parte la scrittura. Due nuovi romanzi? Lo sai che è successo anche a me quest'estate, mentre ero impegnata in tutt'altro: sono arrivate delle idee per due nuove storie. Ma dovranno aspettare il loro turno!

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    1. Proprio perché all'orizzonte ci sono queste nuove idee, sento il bisogno di terminare quanto prima il romanzo a cui sto lavorando ora. I problemi purtroppo come sai sono sempre gli stessi, ma si tira avanti! :)
      Un abbraccio

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  11. Sono d'accordo che bisogna mettere da parte le proprie idee se dobbiamo scrivere una storia, mi riferisco allo spacciatore. Altrimenti tutti gli scrittori di gialli, thriller e horror sarebbero dei criminali psicopatici :)
    A me viene in mente la storia, che poi il protagonista sia una brava persona o uno da mettere al muro poco importa, mi immergo nella storia e mi estraneo da ciò che non condivido.
    Ma questo non significa che posso e voglio scrivere storie su ogni tipo di persona. In alcuni casi non riuscirei a estraniarmi da ciò che è il protagonista, quindi evito di scrivere quel tipo di storia, che in fondo non mi interessa neanche leggere. Non avrai capito nulla, ma non mi va di fare esempi concreti :D

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    1. Credo di aver capito cosa intendi. Per quanto i nostri personaggi siano diversi da noi, un minimo di empatia deve esserci, altrimenti non riusciamo a immedesimarci nemmeno un pochettino. Se una categoria ci sta sulle scatole, sarà difficile resistere alla tentazione di parlarne male. Quindi, forse, meglio evitare di tirarla in ballo. Io per esempio non potrei mai scrivere di calciatori e veline...

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  12. Per prima cosa sono felice di rileggerti, mi mancavi, sai?
    Bello vedere che le vacanze ti hanno dato un po' di serenità e anche qualche idea, sana linfa per rivitalizzare la penna. Mi hai confermato una volta di più che mi piacerebbe molto fare quattro chiacchiere con te, che si parli di scrittura o di qualsiasi altra cosa. Buona ripresa delle attività, al prossimo post! :)

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    1. Prima o poi ci sarà occasione per parlare. Nel frattempo, puoi scrivermi quando vuoi. :)

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  13. anche io quest'estate mi sono presa una pausa da me stessa e dalla mia essenza di aspirante scrittrice, eppure ho prodotto tantissimo, pensieri, progetti, condivisioni e visioni...

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  14. Leggendo il tuo post, mi ha colpito un particolare: hai scritto che non ti piacciono le folle, hai scritto che ami le persone. Mi aspettavo, però, che saresti partita dal tuo rapporto con te stessa. Scrivi solo per gli altri?
    Sembrerà un discorso banale, ma a mio avviso la consapevolezza nella scrittura è legata a doppio filo con la consapevolezza di ciò che si è, di ciò che si vorrebbe essere, di ciò che si ama o detesta delle proprie peculiarità caratteriali. Il mondo viene dopo, perché ogni autore è un mitomane (da qui l'esigenza di una comunicazione atomizzata).

    Tanto per citare uno sconosciuto, S. King ha rappresentato la propria dipendenza da cocaina e scrittura nel meraviglioso "Misery non deve morire". Tutto il resto era chiuso fuori, fortunatamente.

    La mia vuole essere una provocazione positiva. L'arte è reinterpretazione, e se la messa in scena di ciò che ci circonda e che filtriamo coi nostri occhi può essere interessante, la rappresentazione dei propri conflitti interiori può rivelarsi sublime.

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    1. Non considero la tua frase una provocazione. L'attenzione a me stessa e alla mia realtà interiore c'è e c'è sempre stata. I personaggi sono parte di me: per quanto la storia sia di fantasia, non potranno mai essere separati dal mio modo di essere e, di conseguenza, dalle mie luci e dalle mie ombre. Nel post che pubblicherò oggi, c'è un paragrafetto che parla proprio di questo.

      Tuttavia, questo post parlava delle mie ferie. E nelle mie ferie ho riflettuto in prevalenza sul mio rapporto con gli altri, che mi ha dato nella vita molti più problemi rispetto a quello con me stessa, sebbene ne sia in un certo senso lo specchio ... :)

      A parte questo, bentornato!

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  15. Si sente che anche tu ti sei disintossicata quest'estate! Idee chiare, passione... butta bene, decisamente. Mi sento così anch'io, e condivido con te il piacere dei contatti umani. Invecchiando... volevo dire diventando grande, mi accorgo di dare più valore a questa cosa. E' come se fino a una certa età fossi troppo concentrata su me stessa per apprezzare davvero gli altri. Adesso è molto diverso. :)

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  16. Ciao Chiara condivido molte tue bestie nere,
    ho difficoltà a descrivere le scene erotiche (vedo dai commenti che è comune a molti) e non mi piace usare le parolacce, salvo usarle se proprio è indispensabile per l’efficacia della scena. Credo (ma sottolineo credo) di riuscire meglio nelle descrizioni degli stati d’animo e anche un po’ dei paesaggi. Slang giovanile, poi non ci provo neanche ;-)

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