I personaggi e le loro relazioni: amori, amicizie, legami familiari




Esiste un solo vero lusso, ed è quello dei rapporti umani.
(Antoine de Saint-Exupèry)

Da quando ho deciso di eliminare il banner con l’anticipazione del prossimo post, i contenuti dei miei articoli sono diventati quasi ingovernabili. Sono io a lasciarmi condurre da loro. Ho intrapreso un percorso. Ma il sentiero su cui arranco è ancora privo di una meta. Ogni brano rappresenta una piccola tappa e contiene in sé il semino che farà nascere quello successivo. Esiste un collegamento invisibile che si muove sul filo dei sentimenti e non ho idea di dove mi porterà.

Se alla base della mia scrittura c’è sempre un’emozione, occorre un canale che la aiuti a giungere a destinazione, contribuendo a renderla raccontabile. I personaggi rappresentano il trait-d’union fra me e il lettore. Le dinamiche relazionali che si istaurano fra di loro sono fondamentali sia per muovere la trama sia per dare vita a quell’energia intangibile che è alla base di ogni sforzo creativo, facendo in modo che possa toccare i cuori e scuotere gli animi.  


Per questo motivo, è fondamentale scegliere e definire con cura i soggetti che animeranno le nostre vicende, facendo in modo che siano ricchi di sfaccettature ed abbastanza diversi fra loro per poter  alimentare il conflitto che consente alla storia di evolvere. Non è sufficiente chiudere due individui dentro una stanza, sperando che prima o poi dicano qualcosa. Occorre generare situazioni stimolanti e profonde. Definire obiettivi seri e poste in gioco alte. Fare in modo che i personaggi traggano insegnamenti e spunti dal contesto che li circonda. Dotarli di un bagaglio di esperienze, sogni e desideri destinati a condizionarli nel loro modo interagire con gli altri. Occorre farli ridere e piangere, amare ed arrabbiarsi, esattamente come succede alle persone reali. Questo porterà un immenso vantaggio alla nostra storia perché i sentimenti sono alla portata di tutti. Chiunque di noi può comprendere le motivazioni di un litigio, giustificare una profonda attrazione fisica, soffrire per un lutto. È su questo piano che si istaura l’empatia che consente al lettore di tifare per il personaggio e preoccuparsi per la sua sorte, come se si trattasse di un amico o di un fratello.

Quando mi focalizzo sulle dinamiche relazionali, cerco di mantenere l’equilibrio fra familiarità e originalità: le emozioni sono universali, ma occorre stare attenti a non cadere nel cliché o nell’esagerazione.
Pochi giorni fa, leggendo “Il sentiero dei profumi”, uno dei romanzi di maggior successo in questo periodo, nonostante la profondità con cui l’autrice cerca di descrivere le relazioni fra i suoi personaggi, ho gradito pochissimo una scena riguardante un dialogo telefonico fra la protagonista e l’ex fidanzato. Lui diceva delle cose assolutamente fuori luogo, ai limiti del caricaturale. Lo scopo di renderlo odioso è stato raggiunto, ma le sue parole erano così irrealistiche da rendere l’intera scena artificiosa e fasulla.
 Ecco: io vorrei evitare tutto questo, all’interno della mia storia. Posso riscrivere un paragrafo anche duecento volte, se mi rendo contro che ci sono note stonate. Rileggo i dialoghi ad alta voce, perché ascoltarli mi aiuta a comprendere se somigliano alla parlata reale. Ma, soprattutto, trasferisco sulla pagina l’idea che io stessa ho di come funzionano i rapporti umani che cambiano la vita. Non ho mai creduto che il simile attrae il simile né ho mai particolarmente gradito lo stratagemma, ampliamente abusato in narrativa, che tende ad affiancare soggetti fra loro diametralmente opposti, ad esempio il bullo con la brava ragazza. Come nella vita, così in ciò che scrivo, ogni relazione si basa su affinità e contrasti, su somiglianze e punti inconciliabili che si possono aggirare tramite la concreta volontà di mettersi in gioco e di cambiare.

Prendiamo ad esempio le relazioni d’amore.  Quante commedie americane abbiamo visto? Quanti romanzi sdolcinati, con frasi ad effetto ormai obsolete ed anacronistiche? Gli americani, in particolare, sono bravissimi a banalizzare i sentimenti. A me tutto questo non piace. Credo che se il mio compagno facesse una cosa del genere gli domanderei se mi sta prendendo per il culo. Io sono molto romantica, ma credo che ci si possa staccare dalle convenzioni. Il mio protagonista maschile non si metterà mai in ginocchio con un anello in mano. Preferisco fargli dimostrare amore in altri modi, più consoni al suo carattere. Anche con il silenzio, se necessario, con una canzone metal o con il tatuaggio.
Quando descrivo un amore, cerco di evidenziarne il valore evolutivo. Sposto il focus verso l’interno, più che verso l’esterno, stando però ben attenta ad arricchire la vicenda con numerosi avvenimenti, per mantenere viva l’attenzione del lettore, e anche la mia. Mi è sempre piaciuto pensare che ogni persona da noi incontrata sia un maestro giunto nella nostra vita quando siamo pronti per accogliere i suoi insegnamenti. Questo è il messaggio veicolato dalle crisi di coppia: per risolvere un problema non occorrono recriminazioni ed accuse, bensì il desiderio di evolvere  e diventare migliori.

Anche le amicizie rivestono un ruolo importante nel romanzo che sto scrivendo, sebbene mi stia rendendo conto di avere una visione un po’ rosea, che va indurita se voglio evitare di scivolare nel buonismo. Io mi ritengo fortunata in quanto ho avuto (ed ho tuttora) degli amici veramente validi. Non ho mai subito una delusione o un tradimento. A trentadue anni, credo sia un bel traguardo. Sarà che mi affido all’istinto e seleziono moltissimo le persone a cui decido di dare fiducia.
Però mi rendo conto che qualche scazzo, ogni tanto, serve, altrimenti la narrazione si blocca. Vorrei riuscire a raccontare un litigio senza compromettere l’ideale di solidarietà che accompagna la mia esistenza. Se ci sono dei torti, sono spesso giustificati e mai fini a sé stesso. Non esistono cattivi stereotipati, come nei cartoni animati. Solo esseri umani che a volte sbagliano.

Un’ultima osservazione vuole riguardare il rapporto fra genitori e i figli. Questo tema mi sta piuttosto a cuore. Talvolta ho difficoltà ad affrontarlo senza rievocare antichi blocchi e situazioni mai completamente risolte. Non sono madre, ma sono figlia. Spesso ho difficoltà ad entrare nel punto di vista di un genitore mediocre senza colpevolizzarlo.
Rileggendo le schede dei personaggi, mi sono accorta che la maggior parte di loro  ha un rapporto complicato con la figura del padre perché assente, distaccato, troppo impegnato o morto. Alla fine ho dovuto crearne almeno uno affettuoso ed esemplare per non creare uno squilibrio narrativo. Del resto, è inevitabile.
Credo che i difetti delle persone risiedano nel modo in cui hanno vissuto la propria infanzia. I genitori sono in parte responsabili, anche se in buona fede, di quelle strutture caratteriali difettose e difficili da sradicare. Per questo motivo cerco di definire bene come è stato il personaggio da bambino, in che modo e stato allevato e come gli insegnamenti ricevuti si ripercuotano sul suo modo di essere adulto.

Anche a voi capita di avere dei leitmotiv nel modo di descrivere le relazioni? Se si, quali sono?

Commenti

  1. Guarda, la parte sulle relazioni amorose mi ha colpito molto.
    Anche io non sono pro-americanate, e la vedo esattamente come te.
    Come mi comporto io? Non so dirtelo.
    Cerco di essere "normale" nel descrivere una cosa. Forse prendo spunto da me stesso.

    Moz-

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    1. Io invece, per le relazioni d'amore, non prendo mai spunto da me stessa (l'avevo scritto anche in un pezzo dell'articolo che ho tagliato) in quanto rischierei di essere poco lucida ed obiettiva. Lo faccio, però, in altri frangenti, ad esempio la descrizione delle amicizie

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  2. Anch'io la vedo come te, Chiara. Sono una ragazza estremamente dolce e romantica. Ma sono anche molto naturale. E quando i gesti e le parole sono troppo marcati, scontati e fuori dai confini della naturalezza e della spontaneità diventando così fasulli, dentro di me scatta esattamente il processo inverso e così, anziché apprezzarli, li disprezzo totalmente! Bisogna essere romantici e dolci perché lo si sente dentro, non per accontentare l'altro.

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    1. Esatto. Per questo motivo non amo quella letteratura che punta al sensazionalismo sentimentale. Cerco di esprimere le emozioni dei personaggi in modo libero e sincero. Non è semplice, perché ho visto molti film e letto molti libri: a volte le modalità espressive sorgono in modo inconscio. Tuttavia, con un po' di consapevolezza si può comprendere il limite delle proprie parole

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  3. Sei stata brava a individuare questi punti. Non è facile essere sempre consapevoli di quanto mettiamo dentro i nostri scritti, e in modo particolare riguardo alle relazioni tra le persone. Molto resta inconscio.
    Io per esempio odio le situazioni buoniste delle commedie americane, ma anche certi atteggiamenti un po' ipocriti tipici della nostra società, e questo si riflette molto sulle relazioni che creo poi tra i miei personaggi. Ed è vero che bisognerebbe essere più obiettivi, per evitare di cadere in atteggiamenti squilibrati come quello che citavi sui rapporti genitori-figli.

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    1. Anche io odio le situazioni buoniste, tant’è che ho volutamente scelto di mettere in scena (come hai letto anche nella mia mail) situazioni e personaggi anticonvenzionali, la cui “bontà” non è legata al conformismo, ma ad altri valori di solidarietà e di rispetto. Inoltre la storia d’amore principale del romanzo ha per protagonista un uomo che sceglie modi tutti suoi (e non sempre apprezzati dalla sua compagna) per dimostrare affetto. Vorrei che emergesse il ritratto di un rapporto divertente e movimentato, ma poco sdolcinato

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  4. Le relazioni che hai evidenziato sono molto difficili sia da analizzare che da rendere con efficacia. Sopratutto le relazioni d'amore. Non ho letto il libro a cui fai riferimento, ma far parlare un ex rancoroso è davvero difficile (in parte perché anche nella realtà possono risultare piuttosto stereotipati). In generale scrivere d'amore in modo non stereotipato per me è molto difficile. "Ti amo" risulta subito stucchevole, anche quando è sincero.

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    1. Concordo. “Ti amo” è una frase bellissima, ma sta-abusata. Anche nella vita reale, sentirla troppe volte la appiattisce e banalizza.
      Nella scena de “il sentiero dei profumi” che mi trovo a criticare, la protagonista avvertiva l’ex (con cui si era lasciata a causa di un tradimento) di essere incinta. Te lo giuro: lui diceva cose di una banalità sconcertante.

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  5. Che i rapporti umani siano spinosi (e meravigliosi, naturalmente!) è sicuro. Secondo me l'unica cosa che spesso riesce a salvare situazioni chichettose e americanate è un tocco di ironia, se non di vero umorismo. Però è vero che tutto parte da quanto conosci i personaggi. Se ti sembra di averli visti crescere fin da bambini è improbabile che ti venga da dipingerli in modo artificiale. Lavorare sui personaggi prima di scrivere secondo me serve soprattutto a questo.

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    1. Concordo. Anche io strutturo i personaggi con una cura quasi maniacale, e sono proprio loro a farmi notare se ci sono incongruenze o situazioni che stridono con il loro carattere. Forse definire le loro caratteristiche serve ancor più che definire la trama… è per questo che fisso, sulle schede, solo i punti fondamentali: ma mano che procedo nella stesura, è come se fossero loro a disegnarla.

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  6. Se dovessi mai scrivere qualche cosa... mi farei influenzare.... insomma scriverei poco d'amore... visto che poco ho vissuto e tanto ho sofferto

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  7. Di recente ho visto uno di questi film “buonisti” americani che mi era stato molto decantato (“La musica nel cuore”), storia di un bambino abbandonato dalla madre quand’era neonato, e che poi si ricongiunge ad entrambi i genitori musicisti proprio grazie alla musica per cui è molto dotato. L’idea era molto buona e in parte ricalcava “Oliver Twist”, ma l’ho trovato piuttosto stucchevole, specie per i protagonisti che erano tutti fisicamente bellissimi e dotati. La stessa cosa succede con i romanzi, molto spesso. Non è facile scrivere una storia, ad esempio di sentimenti, che non scivoli nel melenso.

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    1. Ho visto il film di cui parli cinque o sei anni fa perché vittima di una cotta adolescenziale per Jonathan Rhis Myers, l'attore che interpreta il padre, Devo ammettere che gli americani hanno raggiunto il proprio scopo: ricordo di aver pianto in modo vergognoso.Tuttavia, non mi era dispiaciuto, credo ci sia di peggio. Forse dovrei rivederlo, perché lo ricordo pochissimo, per saper dare un'interpretazione più oggettiva.
      Ieri sera, invece, io e il mio compagno abbiamo guardato Prime, una commedia carinissima con Merly Streep e Uma Thurman in cui quest'ultima, quasi quarantenne, istaura una relazione con il figlio ventenne della sua analista. Devo dire che mi è piaciuto molto proprio perché privo di sensazionalismi. i sentimenti sono espressi in modo morigerato, discreto e molto divertente.. :)

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    2. "Prime" non l'ho visto, e comunque agli americani assegno la palma della commedia, in quello sono insuperabili a partire dai vecchi film brillanti di Hollywood, quelli con Ingrid Bergman e Cary Grant per intenderci. O anche quelli con Katherine Hepburn e Spencer Tracy: le sceneggiature sono capolavori. :-)

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    3. Vogliamo parlare di Woody Allen? :)

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    4. All'inizio non mi piaceva, ma i suoi ultimi sono irresistibili: "Blue Jasmine" è un gioiellino, con buona pace degli psicanalisti che si sono sentiti offesi. :-)

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    5. Anche a me è piaciuto, sebbene “Midnight in Paris” sia semplicemente eccezionale. È incredibile che un uomo di ottant’anni riesca a sfornare un film all’anno. Ammiro la sua energia!

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  8. Se scrivo di amore, per evitare problemi, sono donne. Amore saffico non preventivato. Così siamo certi che non si tratta di ormone soltanto, ma c'è tutto il lavoro che serve affinché emerga un minimo di psicologia. Di background per la storia. Di cose che i personaggi devono fare per legarsi. Anche perché esperienza insegna che oltre un certo limite estetico non esiste nulla. Quindi questa circostanza mi uccide qualunque valore dietro una relazione canonica (oh, se sono belli e si desiderano per ormone, che ci scrivi sopra?).
    Questa ricerca è affascinante, anche se complica davvero il tutto.
    L'amicizia e la famiglia sono davvero molto più facili a gestirsi, perché sono ambiti che viviamo in contesti controllati, anche volendo oltre un tot non si va. Sono più stereotipati.
    L'amore lo si affronta da soli!

    Se qualcuno vuole approfondire bene psicologia dei personaggi, rapporti tra gli individui e farsi un minimo di cultura a riguardo, consiglio la lettura di "Cosa la vita dovrebbe signficare per voi", di Adler, molto accessibile e divulgativo.

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    1. Non condivido la tua posizione nei confronti delle relazioni sentimentali, anche se mi rendo conto che ciascuno scriva sulla base di emozioni e sensazioni che risuonano con la sua energia, non può sforzarsi a parlare di ciò che non conosce.
      Io non sto scrivendo un romanzo sentimentale, ma una storia d’amore all’interno esiste, non lo posso negare. Il mio intento è quello di raccontarla in modo originale, scendendo nel profondo di entrambi i personaggi coinvolti (un uomo e una donna) e facendo leva su come aiuto e sostegno reciproci possano portare un’evoluzione anche spirituale. Impresa titanica, in quanto dovrò scontrarmi con il rischio di scivolare nel melenso, cosa che sto cercando di evitare come la peste

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