I dettagli dell'ambientazione: un sapiente equilibrio fra realtà e fantasia




Siamo liberi di andare dove ci aggrada e di essere quelli che siamo. 
(Richard Bach)

Il post di oggi, secondo le mie intenzioni iniziali, avrebbe dovuto offrire qualche consiglio tecnico sulla gestione delle ambientazioni, evidenziando la differenza fra luoghi e non-luoghi ed analizzando le varie possibilità che abbiamo a disposizione per offrire un contesto dignitoso alle nostre vicende.

Si tratta di un argomento complesso e non sono in grado di affrontarlo con il cervello in frantumi. Ho trascorso il weekend nel Monferrato, in Piemonte, al matrimonio di due miei carissimi amici. Non credo di aver più l’età per andare a dormire alle 5:00 di mattina e poi guidare tre ore con un sacco sulle spalle pieno di sonno arretrato. A volte mi sopravvaluto e mi sento in grado di gestire mille cose contemporaneamente, per poi crollare come una pera cotta. Però il nostro è un appuntamento fisso e non volevo mancarlo.  Ho deciso di scrivere un brano forse meno professionale, ma sicuramente più intenso. Perdonatemi se non sarà ineccepibile sotto il profilo stilistico.

In questi due giorni, grazie al contatto con persone che mi sono a fianco da circa un decennio, sono emersi moltissimi ricordi che mi hanno portata a focalizzare un aspetto della mia scrittura che non avevo mai considerato: l’importanza del mio vissuto nel filtrare dettagli ambientali e trasferirli su carta. Anche l’ovvio ha una sua motivazione intrinseca: sebbene le storie che sto scrivendo siano pura invenzione, così come  i personaggi che le animano, è impossibile per uno scrittore staccarsi completamente dal proprio vissuto. Ci sono immagini che si imprimono nella coscienza e, a gran voce, chiedono di essere espresse sulla carta.

Ho scelto di ambientare il mio romanzo a Milano perché è un luogo che si presta bene al tipo di vicenda raccontata e perché so di poter entrare nel cuore della città, impossessandomene. Conosco perfettamente il riflesso della luce che si rifrange sulla facciata del duomo e l’odore umido della nebbia che ti raffredda la punta del naso. Ho visto gli occhi della gente che transita in Via Torino, al sabato pomeriggio. EMO, punkabbestia, ciclisti che sfrecciano sul marciapiede cercando di dribblare i pedoni. Ho ascoltato i mille accenti che si accavallano, lungo i Navigli, come in una Babele contemporanea. Ho pigiato il pulsante rosso che consente di prenotare la fermata del tram ed ho calpestato il prato dell’Università Cattolica, in quanto tradizione dei neolaureati. Ho mangiato panini con la salamella, dopo la discoteca, presso i camioncini fermi agli angoli delle strade. Ho assaggiato la cotoletta alla milanese e il risotto con lo zafferano fatti seguendo la ricetta originale. Ho annusato l’atmosfera della metropolitana. Quell’odore acre, di sudore e di aglio, che fa venire voglia di buttarsi sotto la doccia non appena raggiunta la propria fermata. Ho vissuto tutto questo, e non posso fare a meno di raccontarlo, quasi inconsciamente.

Ne abbiamo parlato anche nei post precedenti: per scrivere occorrono presenza ed ascolto. È facile trovare delle buone ambientazioni, se si sa osservare il mondo a sé. La nostra mente è una potente fotocamera. Ogni esperienza può donare nuova linfa vitale alla nostra scrittura. Inoltre, ci sono contesti estremamente versatili, con i quali è possibile giocare. Anche se decidiamo di trapiantare a Roma i tavoli di legno e le lampade al neon di una pizzeria in cui abbiamo cenato a Brescia, la nostra storia possiederà autenticità e credibilità. Con i dettagli non si deve mai essere rigidi. Là dove la memoria inganna, può intervenire l’immaginazione. Il mondo offre mille spunti di riflessione. Occorre coglierli ed imparare a lavorarci mantenendo sempre vivi realismo e coerenza: se uno scrittore è appena stato a sciare in Valle D’ Aosta ed ha mangiato la polenta ai quattro formaggi, non può far fare la stessa cosa al bagnino palestrato di un racconto ambientato a Portofino, in una sera di agosto. Questo è semplice buon senso.

Può capitare che si decida di fare un giro di ricognizione con il taccuino in mano, alla ricerca di ambientazioni e di spunti, ma questa non deve essere un’ossessione. L’ispirazione non va mai forzata. Nasce da sola. Se si rizzano le antenne e si rimane concentrati sul momento presente, i ricordi che sedimentano nell’anima tornano a galla al momento opportuno. Ciò che ci colpisce a livello inconscio prima o poi chiede di essere raccontato e noi dobbiamo farci trovare pronti, già con la penna in mano. Quando la scrittura è frutto di uno sforzo mentale e non di una libera energia creativa finisce per impoverirsi.

Ieri sera sono andata al matrimonio ed ero semplicemente me stessa. Mi sono goduta la festa e la compagnia dei miei amici senza preoccuparmi di catturare immagini. Ma, soprattutto, ho aperto il mio cuore. Questo mi ha consentito di assorbire perfettamente l’ambiente che mi circondava. Ed ora, seduta alla scrivania, sono in grado di raccontare non solo quanto mi sia piaciuto chiacchierare con la madre dello sposo, seduta di fronte a lei su un muricciolo, ma anche com’era freddo il vento che mi accarezzava i piedi scalzi, martoriati dai tacchi alti e dalle troppe danze.

La sposa aveva un nastro verde legato alla vita e dei fiorellini nell’acconciatura. Lo sposo portava una rosa appuntata alla giacca blu. Le divise dei camerieri erano bianche e nere. Sul tavolo, lo Chardonnai si trovava a destra e l’Arneis a sinistra. L’etichetta sulla bottiglia era gialla e spiccava sul vetro scuro. I tavolini vicino alla piscina avevano tre sedie ciascuno, ed un posacenere appoggiato sopra. Il muricciolo era in cotto, bianco e rosso. La ghiaia soffriggeva sotto i tacchi. L’erba appena tagliata era umida e fresca. Le scarpe giacevano abbandonate in un angolo, vicino ad una pila di indumenti. Dentro la piscina ballavano circa dieci  persone, di cui solo una donna. C’era luna calante, una minuscola falce che illuminava il cielo. Le luci decorative lasciavano un riflesso azzurrino sull’acqua. E tutto sembrava perfetto.

Se impariamo a vivere ogni momento immergendoci in esso con tutti e cinque i sensi possiamo anche raccontarlo. In caso contrario, è solo un esercizio di stile.

E voi come trovate le vostre ambientazioni? Vi ispirate al reale o le inventate di sana pianta?

P.S. Mi stavo dimenticando: nel paragrafo precedente (la lista della spesa, per intenderci) solo la metà dei dettagli che ho elencato sono veri. Gli altri, sono frutto di fantasia. A voi il compito di trovarli. Sbaglio o non è forse questo il lavoro di uno scrittore? ;)

Commenti

  1. Trovare le ambientazioni... penso che il più delle volte capitino all'improvviso, così senza un apparente perché, eppure ti cercavano e ti aspettavano.
    Capitolo matrimonio, sabato devo andarci.. non ne ho voglia, proprio non mi tange, ma mi auguro che questa mia poca volontà mi riservi cose belle.
    Come si dice .. "quando meno te lo aspetti..." :-)
    bacione :*

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    1. Io sono strafelice di esserci andata, nonostante il viaggio, e nonostante sia poco abituata a muovermi senza mio marito. Attraverso il contatto con persone care, ho compreso meglio anche il senso del romanzo che sto scrivendo. Spesso si dice “è tutto inventato”, ed effettivamente è così: una storia si nutre di fantasia. Ma c’è anche molto di noi, e non ce ne rendiamo conto.

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    2. Sto riflettendo su quello che hai scritto: Spesso si dice “è tutto inventato”, ed effettivamente è così: una storia si nutre di fantasia.
      Vero, la fantasia la fa da padrona, talune volte anche nelle biografie: che se non romanzi un po' col cavolo che la gente la legge.
      Eppure mi piace spaziare in queste ultime.

      Domenica ti dirò se sono sopravvissuta al matrimonio ;-)

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    3. Infatti. è quello il punto: saper trovare il giusto equilibrio fra realtà e fantasia. è inevitabile che ci siano entrambe, che tu decida di scrivere una biografia o un romanzo.

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  2. Io mi baso sulle sensazioni. Che possono anche essere "idealizzate". Certo, se ambienti a Milano non puoi dire che il Duomo sta accanto al Colosseo, ma puoi inventarti un appartamento lì in zona (il palazzo, però, almeno dovrei immaginarlo esistente...)
    Ah, io sono reduce da un matrimonio romano XD

    Moz-

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    1. Esatto... Oppure se ci sono scene che si svolgono in locali o ristoranti, posso indicare una zona o un quartiere, ma inventarmi l'ambiente per renderlo consono al tipo di vicenda raccontata.

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  3. Alcuni dettagli delle ambientazioni puoi trasportarli, inventarli e combinarli senza problemi, ma quelli che raccogli dal vivo hanno una marcia in più. Purtroppo non puoi andare in tutti i luoghi delle tue storie! Per il mio racconto ambientato in Mongolia, la cosa mi avrebbe fatto particolarmente gola... L'importante è avere assorbito bene l'atmosfera che vuoi rendere, dal vivo, da un film o da un brano, o dalla tua fantasia. Se non l'hai provata devi usare l'immaginazione per arrivare a sentirti come se l'avessi provata, insomma, sennò viene fuori quella che chiamo "acqua fresca": piacevole, ma niente di più.

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    1. Esattamente: tutto dipende dalla capacità di creare e ricreare emozioni e sensazioni. è questo che alimenta la sensazione di verità

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  4. Il rapporto tra storia e ambientazione mi affascina molto. In passato ho dedicato un post allo strano paradosso per cui una storia è tanto più universale quanto più è calata nella sua ambientazione. Mi spiego: Romeo e Giulietta può essere rifatto ovunque, ma avrebbe avuto la stessa forza se l'originale non fosse stato ambientato a Verona? Cuore di Tenebra è stato trasposto al cinema in Apoclalypse Now, eppure il Congo è ciò che più colpisce il lettore... Da qui sono arrivata a pensare che l'ambientazione non può essere uno sfondo, ma un protagonista come gli altri e come tale influenza non solo la vicenda, ma anche lo stile. Quindi, come dici tu, grande attenzione alle ambientazioni e tanta documentazione. Se è un'ambientazione che abbiamo vissuto, meglio, ma se non lo è, si lavora di immagini e di immedesimazioni. Del resto Salgari non ha mai percorso le sue giungle.

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    1. Concordo perfettamente ed aggiungo che l'ambientazione deve, in un certo senso, somigliare ai personaggi e alla vicenda. Un romanzo ben fatto nasce dalla sapiente armonizzazione ed integrazione di questi elementi. Non dimentichiamoci che gli individui tendono ad interagire con il proprio ambiente, che sia geografico, sociale o culturale :)

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    2. E' proprio vero, l'ambientazione non deve essere un semplice sfondo. Ha un ruolo troppo importante nel rendere la storia indelebile nella mente di chi legge.

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