Tutti i colori del cliché letterario e cinematografico
Il pubblico di oggi è drogato di banalità.
(Dario Fo)
CLICHÈ ROSA
Colpo di fulmine
Lui
è fermo al semaforo, lei attraversa sulle strisce e… voilà! This is love!
Okay,
ragazzi: per chi crede nelle filosofie orientali, esiste il riconoscimento
karmico.
Dubito però che le “Liale” di noialtri,
quando scrivono, pensino alle energie dell’universo.
Ti odio ma ti amo ma ti odio
ma ti amo ma ti odio
L’alternativa al colpo di fulmine è l’amore che nasce da una
profonda antipatia: verso il collega arrivista che trascorre la pausa pranzo in
palestra ed è sempre circondato da zoccole in tacco dodici, il tagliatore di
teste mandato in azienda per fare pulizia etnica, l’avvocato dell’ex marito in
una causa di divorzio, eccetera.
Il triangolo, no!
Ribadisco: no, no, no, no, e no!
Non ho
altro da aggiungere.
Segreto atroce che viene
fuori poco prima che il personaggio coinvolto dica la verità
Lui (o lei, ma per comodità uso il maschile) custodisce una verità
inconfessabile che rischierebbe di mandare a ramengo la relazione appena nata,
tuttavia desidera comportarsi in modo onesto e si propone di confessare il
fattaccio appena possibile: “se mi ama davvero capirà. È vero che ho moglie e
figli in Australia, ma questo non cambia nulla tra di noi: io sono innamorato,
come mai mi è successo nella vita”, dice l’eroe al collega scemo cui l’autore
ha assegnato il ruolo di mentore.
Ogni volta
che prova a parlare con la sua bella, c’è un contrattempo: squilla il telefono,
l’arrosto nel forno si carbonizza, tre amici arrivano a casa per un poker
improvvisato. Poi, quando mancano circa
quaranta pagine alla fine del libro, lei porta in tintoria il cappotto
dell’amato e trova nella tasca la foto della sua famiglia: una giovane donna e
tre bambini biondi. Ovviamente, si incazza “Tu mi hai mentito!”, sbraita. E se
ne va sbattendo la porta. Lui si autocommisera un po’, poi corre da lei
implorando perdono in ginocchio. E lo ottiene.
CLICHÉ GIALLI
Il detective
Le indagini sono spesso condotte da un uomo sulla quarantina, che abita
da solo. Talvolta è uno scapolo impenitente avverso ai legami stabili, ma più
comunemente è stato piantato dalla moglie, che non gradiva l’eccesso di
dedizione al lavoro. Oppure è rimasto vedovo in seguito a un evento improvviso
e straziante: un incidente d’auto, una rapina o un conflitto a fuoco. Se ha
ancora i genitori (raramente) non li vede mai. Se ha figli (ancor più raramente),
vivono con la madre. E gli amici servono solo come informatori.
Il nostro
eroe potrebbe trascorrere giorni interi senza dormire e senza lavarsi, quindi
ha spesso la barba incolta e si veste in modo trasandato. Mangia poco e sempre al
volo. Se durante il pit-stop ha un’illuminazione sul caso che sta seguendo,
butta il panino nella spazzatura e scappa via. Quando non è un bevitore
abituale, è un ex alcoolista. Fuma in continuazione (oppure ha smesso e
ricomincerà non appena lo stress legato al caso si farà sentire) ed è
dipendente da caffeina. Nonostante il suo stile di vita, però, è sempre lucido
e attivo. In poche parole, un supereroe che unisce in sé genio e sregolatezza.
La
donna detective
La donna
detective è molto più virile di tutti i suoi colleghi messi insieme. Non si
trucca mai, indossa solo jeans larghi e scarpe da ginnastica, le piacciono le
armi, ha problemi psichici, è sessualmente deviata (roba di manette e frustini). Se non è lesbica, è una zitella con i baffi. Solo raramente
si presenta carina e sana di mente. In questo caso, è ridotta al ruolo di assistente
del Vero Detective, il maschio alfa, l’uomo, che la desidera ardentemente. Di
solito, i due finiscono a letto insieme entro il terzo libro della serie.
L’ufficio
L’ufficio
del detective è sempre buio. Siccome lui
è un duro e se ne fotte dei divieti, una nube di fumo aleggia perenne nella
stanza. La scrivania è ingombra di carte, buona solo per essere presa a pugni o
appoggiarci i piedi sopra. Spesso c’è una brandina in un angolo, dove il nostro
eroe sonnecchia un paio d’ore per notte, giusto il tempo necessario per non
stramazzare al suolo. Appena si sdraia, però, squilla il telefono: “i tabulati
telefonici che mi avevi chiesto sono pronti: ho notato un fatto eccezionale,
vieni subito!”
Il
rapporto con la gerarchia
Quando non ha subito un trauma difficile da superare, il detective
ha commesso qualche boiata abnorme dettata dall’impulsività e dall’incapacità
di gestire la rabbia, che l’ha reso inviso ai propri superiori.
Nei
romanzi ambientati in Italia, il Questore è spesso dipinto come un personaggio
obeso, cafone e colluso con il potere. I suoi valori sono in conflitto con
quelli del nostro eroe, che crede nella giustizia, se ne frega di proteggere
tal senatore o talaltro pezzo grosso e fa ciò che gli pare a prescindere.
Spesso, per arrivare alla verità, commette più atti illeciti dei delinquenti
che cerca di arrestare, ma la passa quasi sempre liscia. Dopo l’ennesimo atto di
insubordinazione, di norma, il capo gli sciorina un cazziatone megagalattico e
lo sospende dal servizio. Lui allora inizia a muoversi da cane sciolto, arrivando
rapidamente alla cattura dell’assassino. Allora, sarà reintegrato e riceverà addirittura un encomio.
L’indizio
Durante un
sopralluogo, il detective nota un generico “qualcosa che stona”: si tratta del
dettaglio che gli consentirà di risolvere il caso, ma lui ancora non lo sa. Lo
scoprirà in una notte piovosa, dopo cinquantadue ore d’insonnia e digiuno, quando
finalmente avrà potuto concedersi un cheeseburger del Mc Donald, che
inevitabilmente finirà nella spazzatura. Accovacciato tra i cespugli fuori dal
covo del mostro, chiederà rinforzi, e in Centrale si domanderanno: ma non era
stato sospeso? Poi, però, manderanno tre volanti.
CLICHÉ AZZURRI
Bambini
perfetti
In alcuni romanzi, i bambini parlano come luminari di astrofisica, calcolano
a mente 20312 diviso 423, imparano tutto al volo, conoscono a memoria la
filmografia di Kubrick (ebbene sì, ho trovato anche questo): che l’autore abbia
qualche problemino di immedesimazione con il personaggio?
La
ragazza nuova
Una delle regole auree dei young-adult
è questa: se in seguito al divorzio o alla morte dei genitori,
un’adolescente è costretta a cambiare città, automaticamente troverà l’anima
gemella, quasi fosse una sorta di risarcimento danni. Notoriamente, si tratta
di Gary Stu, il campione sportivo della scuola.
La
protagonista maggiorenne, invece, non trasloca in seguito a un drammone
familiare ma per far fronte a una tappa pressoché inevitabile nella vita di
qualunque americano del ceto medio: il college. Anche lei, però, porterà dentro
di sé un immenso dolore, causato in genere da un amore finito male. A salvarla dai suoi fantasmi penserà un figo
da paura. Tormentato anche lui, ovvio, sennò che gusto c’è?
Il
brutto anatroccolo e il palestrato
Lei è magra, con i capelli lunghi, lisci, e la riga in mezzo. Si
veste come un no-global degli anni 90; spesso indossa occhiali tondi con la
montatura in osso di tartaruga. È la prima della classe, vessata dai bulli e
ignorata dalle coetanee. Lui invece è popolarissimo. Nel 70% dei romanzi e dei
film (specialmente se ambientato negli USA) è un giocatore di footbal o di
rugby, nel 20% di basket. Il restante 10% si divide tra il calcio e il baseball.
È di norma fidanzato con una chearleader bionda e starnazante.
I due protagonisti
iniziano a studiare insieme al pomeriggio, a casa della zia: spesso lui è
costretto perché, se non raggiunge un punteggio sufficiente, sarà espulso dalla
squadra. A questo punto, navighiamo per un po’ nel cliché-rosa n.2 finché non
scoppierà l’amour. Allora, scivoliamo nel punto sotto.
Il ballo della scuola
Prima del
ballo della scuola succede sempre qualche casino. Può essere che lo strafigo
abbia promesso alla secchiona di andarci con lei, e poi sia stato irretito
dalla bionda. Oppure, alla nostra bamboccetta manca il cavaliere: “nessuno mi
vuole, perché sono brutta”. Povera, Cenerentola! Ecco qui, ci pensa la fata madrina, la compagna di scuola fashion-addicted che, nel giro di mezza
giornata, tra un giro di shopping e una seduta dal parrucchiere, la trasforma
in una specie di Belen Rodriguez. Lui, inevitabilmente, rimarrà folgorato.
CLICHÉ NERI
Zi badrone
L’uomo di colore è sempre di estrazione umile. Se vive negli USA, spaccia e gira con la pistola sotto l’ascella. Se vive in Italia, fa il vucumprà sotto i portici di qualche capoluogo, a meno che non sia indiano, perché in tal caso vende rose nei ristoranti. Ha una moglie grassa e tettona con la cuffia bianca in testa e bambini talmente belli che sembrano usciti dalla pubblicità della Benetton. Se l’autore è particolarmente perverso, gli mette in bocca un eloquio tipo: “Amigo io ora andare a brendere autobus”.
(N.d.r.: giuro che ho trovato davvero frasi scritte in quel modo, se volete vi dico anche dove).
CLICHÉ
ARCOBALENO
L’amico gay
Molto in
voga nel chick-lit, quest’uomo ha a malapena un nome, perché la sua identità
ruota intorno al fatto di essere omosessuale: di lui non sappiamo nient’altro.
Usa quindi espressioni come “sei un amove” o “tessovoooo!”, indossa un pellicciotto
rosa stile Do Flamingo in One Piece, ascolta i Village People e la Carrà,
frequenta tutti i gaypride organizzati nel continente. Però è tanto, tanto
sensibile. Ha uno spiccato senso estetico. Coltiva rose e nontiscordardimé. E dà alla
protagonista il consiglio risolutivo.
La
trans-saggia
Se il
romanzo è ambientato in un quartiere popolare, spesso c’è una vicina di casa transessuale che
si chiama “Patty” o “Milly”. Il/la protagonista non sa che lavoro faccia (ma
dai?!) perché trascorre le giornate a fumare sulle scale in vestaglia,
regalando perle di saggezza e lezioni di vita a tutto il circondario. Di solito, ha i capelli
biondo platino con ricrescita, indossa le zeppe ed è alta un metro e novanta. Però
cucina una parmigiana buonissima.
PER
CONCLUDERE
Vi siete divertiti? Avete poco da
ridere, lo sapete? Quanti di questi cliché avete usato? E quanti altri ve
ne vengono in mente, da me non citati? Io qualcuno sì, lo ammetto. Ora voglio proporvi un gioco: sceglietene
uno e smontatelo, o in un commento o in un post sul vostro blog. Mandatemi un
ispettore di polizia vegano e un omosessuale che pratica boxe. E mi raccomando: non cadete nel cliché dello scrittore in crisi di ispirazione!
P.S. Antonella
Mecenero: tu sei esonerata, perché con Joe hai già dato!
A proposito di cliché, segnalo questo interessante articolo di Michele Scarparo.
ma quello de "amigo scusa devo brendere autobus", è Guido Martina, celebre sceneggiatore Disney :D?
RispondiEliminaDirei che hai fatto una trattazione esaustiva. Il detective che mette a fuoco l'indizio già visto precedentemente e che ottiene la rivelazione in un posto ben diverso dalla scena del crimine è decisamente un qualcosa che ho visto molte volte :D
Ma anche i cliché rosa...non sono un amante del genere, ma più o meno, quelle poche che ho letto e visto, mi sono imbattuto in essi :D
Nemmeno io amo il rosa, però mi è capitato di leggere qualcosa del genere, e nella mia vita ho visto numerose commedie sentimenti. Vanno bene giusto per passare il tempo...
EliminaSono anche un'amante dei gialli, ma ne ho letti così tanti che è difficile trovare qualcosa di non prevedibile. :)
Non so: io ho un investigatore Gatto, Investigatto appunto, la mia donna nera Virginia la conosci pure tu e non parla così e ho anche un grande amico gay che neppure lui parla nel modo che citi.
RispondiEliminaPerò ho scritto un intero romanzo sul triangolo, certo, con la speranza di risultare originale.
Non sminuirti dicendo che hai scritto un romanzo su un triangolo, perché quello era solo un dettaglio della storia, in realtà c'era molto di più, era un bellissimo affresco familiare a tre voci. E anche Virginia è un personaggio atipico. :)
EliminaPer me il più bello che hai scritto. E me lo rileggo dopo, ancora.
RispondiEliminaGrazie! :-)
EliminaOgni tanto spunta qualcosa di spiritoso.
Ce ne sono anche altri, tra le viscere del blog.
A me ne vengono in mente mille altri perché (purtroppo) non faccio che notare cliché ovunque, libri e serie tv, ma direi che ne ho già abbondantemente parlato in due post :)
RispondiEliminaIo ho dovuto operare una selezione perché sennò ne avrei trovati mille.
EliminaProssimamente, parlerò dei cliché stilistici ("pallido come un cadavere", e affini). :-)
Ah quanto li odio i cliché, soprattutto nel cinema, un po' di originalità ogni tanto non guasterebbe ;)
RispondiEliminaFantastico! 😉
EliminaDetective donna carina e sana di mente, ce l'ho! Non veste abiti firmati e non si trucca, però, perché sarei un po' in difficoltà con le descrizioni...
RispondiEliminaInfatti, A. ha la propria femminilità (e non può certo mettersi a scavare con i tacchi a spillo). Quando ho descritto il cliché, io ho pensato a Mila Vazques (Carrisi), Mia Krueger (Bjork), Colomba Caselli (Dazieri) e altre, che sono praticamente uomini. :)
EliminaMi viene in mente un italiano emigrato all'estero che non apre un ristorante :)
RispondiEliminaO un ragazzino mago che non è l'unico senza poteri o che non è il figlio delle persone più forti che vengono però sempre ammazzate tragicamente (ma non sono i più forti o saggi?)
Comunque i luoghi comuni sono normali, la maggior parte degli individui moderni trascorre le proprie giornate sugli schermi: tv, cinema, film della marvel, serie tv...
La mente mescola ed esterna ciò che ha appreso dal suo ambiente esterno, e dato che più o meno tutti attingiamo dal quel minestrone piuttosto che fare vere esperienze, il risultato sarà il medesimo.
L'immagine del post è da paura. 10+ :)
Magari dedicherò anche un post agli stereotipi nazionali.
Elimina:-D
Comunque hai ragione: i cliché vengono fuori per automatismo, quindi una delle prime cose che un autore impara (o almeno dovrebbe imparare) è a non rimanere mai fermo alla prima idea.
Quello che odio dei cliché non è tanto il cliché in sé, quanto l'ingenuità mentale di chi li pensa (anzi: dovrei dire di chi li ricicla incessantemente) che crede di stupire il pubblico. Certe volte non riesco davvero a capacitarmi di come si possa essere così banali.
RispondiEliminaSoffro particolarmente quelli che si vedono nelle fiction televisive nostrane dove i cliché sono sempre gli stessi, ripetuti in tutte le puntate, nessuna esclusa.
Tempo fa avevo parlato di Don Matteo: e ho detto tutto. :-|
I cliché di cui parli, fatti per ingenuità mentale, rientrano nella categoria di cui ho parlato nel commento sopra, poiché dipendono dagli automatismi mentali di chi scrive.
EliminaCe ne sono altri, che invece, odio ancora di più: quelli legati al conformismo dell'autore, che si appoggia a modelli triti e ritriti consapevole di vincere facile. il suo lavoro, dunque, non ha nulla a che vedere con l'arte. è pura e semplice manovalanza.
Se vuoi girami l'articolo su Don Matteo, o metti qui il link: mi interessa. :-)
Eccolo (sono andato a prenderlo in cantina: cioè nell'archivio "vintage" del mio blog, prima che lo rifacessi).
Eliminahttp://retroblog-old.tredplanet.net/home/incredibile-dunque-bocciato
Don Matteo meriterebbe approfondite analisi :), in realtà nelle ultime serie lo sviluppo delle storie gialle è stato leggermente diversificato, ma poi c'è da dire che l'elemento giallo è stato messo in secondo piano; gli sceneggiatori hanno puntato molto sulle trame rosa e sulla commedia.
EliminaDal mio punto di vista, Don Matteo ha avuto sempre successo proprio per i suoi cliche'. Terence Hill, che vestisse i panni del cowboy o del poliziotto o del cacciatore di tesoro, era sempre lo stesso personaggio. Identico. Ma funzionava sempre bene. Idem Bud Spencer.
A 60 Terence Hill non poteva vestire più i panni dell'eroe e ha vestito i panni del prete.
Secondo me una scelta azzeccata.
Terence Hill ha messo tantissimo di sé nel personaggio. Io sono credente, anche se non molto fervente, ma ammiro la forte connotazione religiosa che ha la serie. E Terence Hill è un forte credente.
Il mio approccio a questa serie è stato lo stesso che ho avuto con le serie a cartoni anni '80-'90, dove bene o male il canovaccio era sempre quello. Dove avevi certezze e non c'erano colpi di scena. Eppure le guardavo, mi piacevano...
Io dico che è sempre una questione di approccio: il buonismo non mi urta, perché quello di Don Matteo non è buonismo fine a se stesso, ma funzionale alle teorie di cui la serie si fa portavoce. E' un messaggio cristiano molto forte, quello basato sul perdono, sulla redenzione del peccatore. Basato molto sulla figura di Cristo. Chiaro poi che la realtà non è quella, ma Don Matteo non vuole rappresentare la realtà.
Da credente non fervente, mi ha sempre affascinato la rappresentazione della religione in Don Matteo. Credo che diverse puntate (specie nelle prime serie) possano essere un buon insegnamento per i bambini (che sono costretti a sedute di catechismo coatto, peraltro).
Vero che Don Matteo ha avuto eccessivamente derive sentimentali nelle ultime serie (diciamo che l'evoluzione della serie ha seguito la richiesta del pubblico). Penso anche all'accentuazione di certe caratteristiche dei personaggi, un Frassica che si è impossessato pienamente del maresciallo Cecchini, mostrandoci l'immagine di un maresciallo un po' "rincoglionito" rispetto a quello delle prime serie.
Però non scordo alcune cose geniali, anche alcune battute, tra cui quella di Don Matteo a un astrologo truffatore: "Padre lei è del segno del leone!" - "Si sbaglia, io sono del segno...della croce".
E poi sticaz, Don Matteo citava "Quelli che benpensano" nella prima serie, ogni tanto prende a pugni i cattivi, guida le moto...insomma non è proprio il pretino buonino delle prediche strappalacrime! Anzi, è proprio l'evoluzione del personaggio dei suoi film storici, divenuti ora maturi e adulti.
(chiaro che Trinità resta un unicum, a prescindere che il personaggio Trinità è stato poi riproposto nei vari Firpo, KIrby, ecc.)
Io non posso pronunciarmi, perché non ho mai visto Don Matteo. E non so nemmeno definirmi sul piano teologico. Sicuramente non sono atea, ma ho una visione di dio molto particolare, per me è più un'energia che un'entità dotata di volontà propria, e ritengo che questo pensiero tenta a rendere le persone piuttosto inerti e passive. Ma questo è un discorso lungo e molto complesso,che non può essere esaurito in poche righe.
EliminaNon ci crederai, ma volevo pubblicare martedì prossimo un post che parla di cliché, anche se in modo diverso. Diventerà un cliché parlare nei blog di cliché! 😂
RispondiEliminaPerò il tuo è perfetto: ci sono tutti, quelli migliori li ho trovati nel settore "gialli" e poi, parli con me di cliché in televisione che una volta sì una volta sempre sforna i soliti polpettoni "alla siciliana" con clan mafiosi nella più classica delle ricostruzioni: capo mafia con un figlio che si innamora e vuole affrancarsi dal passato ingombrante; donne astute e vendicative, ora che ci penso c'è pure tutto un filone di poliziotti o carabinieri infiltrati che, alla fine, sgominano intere organizzazioni malavitose. Vabbè, la lista è lunga.
Ora vado a integrare il mio post con le cose dette da te qui. 😉
Al Sud Italia (ma non è molto distante dalla realtà), c'è sempre una signora anziana vestita di nero che inforna polpette e recita il rosario per buona parte della giornata. :)
Eliminamolto molto bello, da stampare proprio ;)
RispondiEliminaGrazie Giulia, benvenuta. :)
EliminaMi viene in mente che io tra qualche settimana potrei scrivere un post sui cliché nella fantascienza. Ce ne sono tantissimi anche lì, come per esempio quello del super-inventore, che con un martello e qualche lastra di metallo può realizzare un'astronave funzionante. Quando invece a tutto l'impianto industriale della Nasa servono milioni di investimenti e anni per riuscirci. Ma forse questo non è un cliché, è solo un buco di trama, quando è presente :D .
RispondiEliminaPotrebbe essere sia un cliché sia un buco di trama: ah, voi gemelli, che vedete tutto bianco o nero! :-D
Eliminaehm nel mio giallo c'è una detective che non si trucca, ma mi sono ispirata a una persona reale, acqua e sapone eppure bellissima e purtroppo non sono io 😉
RispondiEliminaComunque quello del nero che parla come Mamy in via col vento è terribile, che dire poi del ballo della scuola, quello c'è sempre nei rosa americani, ma visto che in Italia il ballo a scuola non c'è questo è un clichè che si può evitare, basta ambientarlo in Italia!
A un americano non verrebbe mai in mente di ambientare un romanzo in Italia. :)
EliminaLa detective può tranquillamente non truccarsi senza diventare un cliché. Ovviamente occorre considerare una serie di fattori che interagiscono, e non rimanere concentrati sul dato singolo. :)
I cliché sono sempre dietro l'angolo e incapparvi è un attimo. Colpa dell'omologazione del pensiero prodotta dai media e dai social. Individuare i cliché è una delle competenze che gli autori maturano con l'esperienza e con il tempo. Un post divertente e utile;)
RispondiEliminaI cliché secondo me esistevano molto prima dell'avvento dei media e dei social. :)
EliminaC'è un romanzo di una mia amica dove la protagonista ha uno sconcertante incontro con un investigatore privato di origine pugliese che beve latte di mandorla fattogli arrivare rigorosamente dal sud.
RispondiEliminaBellissimo! :-D
EliminaRiguardo al cliché sui neri: leggiti Lo schiavista di Paul Beatty. Meraviglioso.
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione, lo leggerò volentieri.
EliminaSuggerisco anche "Non dimenticare chi sei", autrice africana di cui ora mi sfugge il nome. L'ho letto di recente, ed è straordinario. :)
A me vengono in mente dei cliché in cinematografia:
RispondiElimina- il poliziotto/detective privato divorziato, dedito al bere, impasticcato, eroe maledetto scansato da tutti con la vita in rovina;
- il belloccio che incontra la bonazza e 5 minuti dopo si spogliano a casa di uno dei due, strappandosi i vestiti come se non avessero fatto sesso per 20 anni di seguito;
- il soldato americano superpatriottico che elogia la patria a ogni discorso;
- il bambino di 8 anni super intelligente in grado di entrare nei computer della CIA.
Sono cliché simili a quelli letterari, specialmente il primo. :-)
EliminaHo iniziato proprio ieri un giallo in cui l'ispettore è così. L'unica punta di originalità è legata al fatto di essere un uomo di colore. Per fortuna è ben scritto, e la trama accattivante, quindi sto procedendo nella lettura con sostanziale serenità e piacere.
Perché c'è poco da ridere? Io ho riso, eccome! Sono "caduta" nel cliché della ragazza nuova, forse, ma avrei potuto cadere anche in altri, se non fossero fuori portata. Ma siamo sicuri che si possano scardinare tutti i cliché senza che le storie diventino grigie? Secondo me i cliché vanno personalizzati e sfruttati, non evitati a priori. Oppure il cliché personalizzato non è più un cliché?
RispondiEliminaScusa il ritardo, ma per qualche assurdo motivo il tuo commento mi è finito in moderazione. Bella domanda, comunque. Io penso che la differenza tra un cliché e un cliché personalizzato sia la prevedibilità. Esistono infatti moltissimi archetipi che noi scrittori usiamo come riferimento,ma chissà perché non annoiano mai...
EliminaCI costruiamo tonnellate di efficaci copertine coi clichè:) (efficaci - attirano l'occhio del lettore, raccontano la storia giusta e fanno vendere - lo so, non c'è poesia in tutto ciò).
RispondiEliminaNel romance, manca che la protagonista sia convinta di essere un cesso sfigato, ma in realtà è l'unica che può aprire il cuore del bel/ricco/inarrivabile/stronzo protagonista.
Ciao, benvenuta! :)
EliminaQuello che tu descrivi è il sogno americano espresso all'ennesima potenza, e perfettamente riassunto dalla logica del "YES WE CAN!"
Bravissima!