Di vestiti e di scrittura - le mie rifessioni (prima parte)



Soltanto una spiccata personalità può giustificare
un’eccessiva cura nel vestire o una totale trasandatezza.
(Giovanni Soriano)

Qualche mese fa, Tenar ha pubblicato il post “Questione di stile”, per evidenziare come il modo di scrivere di uno scrittore spesso rispecchi suoi gusti in materia di abbigliamento. Nei commenti avevo messo in evidenza alcune delle mie analogie, rimanendo però circoscritta all’ambito della narrativa pura: non avevo parlato di me, ma delle parole che scelgo e delle magliette che compro.
Dopo averci riflettuto un po’ su, oggi ho deciso di affrontare lo stesso argomento da un punto di vista diverso. Mi staccherò quindi dalle scelte formali e mi addentrerò in quella selva oscura che è la psiche dello scrittore. Ritengo infatti che non siano solo le nostre preferenze stilistiche a farci scegliere un paio di scarpe o un aggettivo. Abbigliamento e scrittura rappresentano due modalità di comunicazione, due diverse strade per esprimere ciò che siamo e palesare al mondo il nostro atteggiamento generale nei confronti della vita. È inevitabile che finiscano per incrociarsi; se così non fosse saremmo affetti da personalità multipla. Io ho mille difetti, ma almeno sono coerente!

L’elogio della bellezza.
Mi ritengo abbastanza brava a comprendere quali atteggiamenti siano naturali e quali delle pose. Ho notato che ci sono alcune frasi standard, spesso pronunciate con il naso all’insù e il petto gonfio, che campeggiano sulla bocca di chi vuole sbandierare il proprio presunto spessore culturale. “Io non guardo la tv” è una di queste, seguita da “io detesto lo shopping”. Se la prima riguarda in parte anche me (non ho tempo da trascorrere davanti al piccolo schermo: guardo solo film in streaming) non penso di sminuire il mio intelletto ammettendo di avere una fissazione per l’estetica che sfiora la psicosi.
La ricerca dell’armonia va oltre l’abbigliamento, è quasi parte del mio DNA. Ho la tendenza a trasformare la realtà sulla base del mio gusto. Mi piace arredare gli ambienti, per esempio. Ho scelto personalmente ogni mobile e suppellettile che ho in casa e potrei trascorrere ore a provare abiti, perché non sono una spendacciona compulsiva ma voglio portare a casa solo oggetti che parlano di me. Quando uno sconosciuto (in realtà ho un sospetto piuttosto fondato) mi ha lasciato una bella riga da chiave sulla portiera della macchina ho rischiato il colpo apoplettico. E nulla mi urta più di un’unica parola orfana su una riga: potrei riscrivere l’intera frase per non averla davanti agli occhi…
“Ma come, Chiara, uno scrittore dovrebbe essere concentrato sullo spirito, non su questi dettagli frivoli.”
Ah sì? E chi l’ha detto? Scrivere un romanzo non ha forse a che fare con la bellezza?
Ogni scelta narrativa ha una valenza estetica; il concetto stesso di arte parla di questo.
In un romanzo certi dettagli sono più sottili perché la bellezza coinvolge tutti e cinque i sensi. La percezione inoltre è soggettiva, spesso opinabile. Tuttavia lo scrittore deve analizzare minuziosamente i propri testi ed essere consapevole del risultato a cui vuole arrivare. Il lettore potrà anche dissentire dalle scelte che ha fatto, ma lui avrà la coscienza a posto.
Nel romanzo “Con i tuoi occhi” di Lorenza Ghinelli c’è una scena raccapricciante per gli accadimenti rappresentati, ma bellissima sotto il profilo artistico. L’autrice è riuscita a raccontare una realtà morbosa senza cadere nella volgarità qualunquista tipica del nostro secolo. Alcuni passaggi erano davvero poetici, mi hanno commossa. Ecco cos’è per me la bellezza: un dettaglio talvolta più contestuale che oggettivo, la capacità di essere eleganti anche quando si sguazza nel fango. Questo principio vale nella scrittura, come nella vita. Ci sono persone che, pur con una tuta e un paio di scarpe da ginnastica, sono più fascinose di gente tirata come se dovesse assistere alla prima della Scala. Questi individui hanno una personalità così spiccata che un look diverso sembrerebbe innaturale, ma soprattutto sanno adattarsi al contesto senza tradire la propria indole e il proprio stile. Allo stesso modo, pur nel rispetto del proprio gusto letterario, lo scrittore deve capire quanto possa osare. In un romanzo una parolaccia di troppo è fuori luogo come una frase d’amore sdolcinata in bocca a un personaggio improbabile. Dettagli del genere provocano una stonatura nella mente del lettore, sono antiestetici.
Essere uno scrittore di classe per me significa evitare certi stridori dal sapore trash e riconoscere quando è il caso di indossare un jeans o un abito da sera, nel rispetto di chi guarda… o di chi legge!

Creatività e blocchi.
Se la mia attenzione per l’estetica si riducesse alla mera esigenza di un piacere sensoriale, non sarei una scrittrice ma una delle tante veline sgallettate che riempiono le discoteche. Non mi interessa la moda in quanto tale: come ho detto prima, mi preme soprattutto esprimere me stessa. Si tratta di un istinto naturale completamente sganciato dalla materia; è intimo, è psicologico, è strettamente connesso alla mia essenza primaria e alla mia indole. Attraverso la cura dell’abbigliamento e della casa, io do sfogo alla mia fantasia proprio come faccio quando scrivo. L’energia creativa è una sola; non è settoriale ma onnipresente. Quando c’è, si espande a macchia d’olio in ogni settore della vita. E quando qualcosa la blocca, tutto diventa più grigio.
Come voi sapete, lo scorso anno ho vissuto un momento particolarmente difficile. Il malessere interiore covava dentro me dal 2012, ma è diventato visibile solo quando mi sono sentita troppo apatica per curare il mio aspetto. Ero talmente nauseata dalle mie routine che puntavo la sveglia all’ultimo minuto e mi preparavo in fretta e furia: solo i minuti che passavo a letto erano graditi. Non si può dire che fossi trasandata o mi vestissi male, considerando la mia sistematicità negli acquisti e l’occhio clinico che ho sviluppato col tempo, però indossavo sempre le stesse cose abbinandole a casaccio, avevo perso la gioia insita nell’atto di creare il mio look e desideravo rendermi il più anonima possibile. Inoltre, anche il mio desiderio di scrivere si era un po’ attenuato: trascorrevo lunghi momenti davanti alla pagina bianca mentre i pensieri mi schiacciavano il cervello impedendo alle parole di fluire. Scrivevo e riscrivevo sempre gli stessi capitoli perché mi sentivo insicura. A volte interrompevo la stesura del romanzo per una settimana intera a causa dei miei impegni di lavoro; poi avevo difficoltà a ripartire. Mi sentivo demotivata e spenta, anche se facevo training autogeno per risvegliare l’entusiasmo perché nella scrittura vedevo un’ancora di salvezza, l’unica risorsa per non essere schiacciata dalla pesantezza della vita.
Secondo una persona che mi ha aiutato in quei mesi di difficoltà, per adattarmi a un lavoro ripetitivo e meccanico avevo rinunciato alla mia parte creativa, quella più autentica e vera, perché credevo non mi servisse più. La depressione è stata una conseguenza naturale della mia auto-censura: chi non vive assecondando la propria natura è destinato ad ammalarsi, a meno che non sia molto bravo a fingere.
Il disagio è un virus che contamina ogni attività creativa. Come un blocco alla cervicale può causare un dolore alle gambe, così la mancanza di stimoli nella quotidianità può far addormentare la fantasia su ogni fronte.

Una finestra sull’inconscio.
Non sempre ce ne rendiamo conto, ma l’abbigliamento è un linguaggio. Per esempio, le sub-culture (i naziskin, i punk ecc.) hanno ideato codici di vestiario che servono per ribadire un’appartenenza ideologica. Noi siamo meno espliciti, meno visibili, meno consapevoli, ma sempre attratti da ciò che somiglia alla nostra anima. Anche chi sostiene di fregarsene del look compie delle scelte implicitamente mosse dall’ inconscio e non può fare a meno di veicolare un significato, e l'aforisma di apertura su questo punto è molto chiaro.
Pur essendo alta 174 cm, per anni ho indossato tacco 10 tutti i giorni, anche per fare la spesa, finché il mio master reiki non ha evidenziato come questa scelta dipendesse dalla mia insicurezza e dal bisogno psicologico inconsapevole di sollevarmi fisicamente per sentirmi all’altezza delle situazioni. Quando me l’ha detto, sono caduta dal pero, ma ho lavorato sulla mia autostima. Ora posso guardare le persone negli occhi e sentirmi in pace con me stessa, senza aver paura di essere schiacciata. E gli anfibi sono comodissimi, credetemi!
Anche le storie che scrivo (o i post del blog, se vogliamo) rispondono all’esigenza di scoperchiare la mia mente. Credo sia una condizione inevitabile per ciascuno di noi. Anche se le nostre storie sono inventate di sana pianta c’è sempre un motivo per cui desideriamo affrontare certi argomenti piuttosto che altri, perché essi rappresentano gli aspetti di noi che dobbiamo ancora risolvere. Muovendo energia, mentre scriviamo, consentiamo alle parole di penetrare nel nostro DNA e di guarirci.

Il lancio della patata bollente.
Inizialmente, le voci presenti in questo elenco erano 6.  Dopo le prime 3, però, avevo già raggiunto il tetto delle mille parole, e siccome non volevo tediarvi ho preferito dividere il post in due parti. Apro quindi il toto-scommesse: secondo voi, quali analogie troverete nel prossimo articolo?
Non so quando lo pubblicherò, se già la prossima settimana o più avanti: ci sono anche altri argomenti di cui vorrei parlare, quindi tutto dipenderà da ciò che in quel momento avrò più bisogno di raccontarvi.
E voi, vi trovate in qualcuna di queste analogie? Ve ne vengono in mente altre?
Se riguarderanno anche me, potrei inserirle nel sequel, quindi non esitate a esprimervi!

Commenti

  1. Grazie per la citazione! E per il bel post, che si è fatto attendere, ma non ha deluso. Sappi che i tuoi lettori sanno aspettare, perché sanno che ne vale la pena. Quindi niente stress da calendario editoriale. Noi siamo qui e quando vuoi postare leggiamo volentieri quale che sia il giorno o la durata dell'attesa.
    Quanto a me, praticità è la parola che mi contraddistingue. Scarpe basse, comode. Pantaloni. Maglioni caldi. Il che non vuol dire che non mi piacciano le cose belle, ma deve essere la cosa bella adatta al giusto uso. E non esiste per me il "non rovinare", un oggetto è comprato per essere usato. Chiaro che mi spiace se un abito elegante si rovina: la sua utilità sta nel riutilizzarlo a distanza di tempo. Se invece è un capo da tutti i giorni, deve venire con me nella battaglia della vita e, dato che io non mi risparmio, anche lui ne soffrirà. Non esiste che un abito o una scarpa limitino la mia libertà di movimento!
    Nella scrittura è la stessa cosa. Scrivo per uno scopo, per una storia. Se una frase che mi piace non è funzionale la taglio, l'aggettivo deve essere quello giusto. I vezzi stilistici ci sono solo quando funzionali.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche per me è molto importante la praticità (questo è uno dei motivi per cui ho rinunciato a mettere i tacchi tutti i giorni) ma essa non deve mai sembrare sciatteria. Questo vale sia nella scrittura sia nel vestire. Per esempio, non mi piacciono le tute e le scarpe da tennis se non per fare sport, e anche in quel caso devono avere il proprio perché.

      Tu parli inoltre del "rovinare" i vestiti, e questo mi fa venire in mente che per me non esiste il concetto di "abito della domenica". Non lascio il vestito bello ad ammuffire nell'armadio in attesa dell'occasione speciale, perché in passato con questa logica ho trascurato abiti che avrei potuto usare più spesso, finché hanno smesso di andarmi bene. Ora se voglio indossare l'abito comprato per il matrimonio dell'amica in una sera come tante, perché no? Nella scrittura uguale: non mi spreco!

      Elimina
    2. Ecco, io scarpe sportive tutta la vita! E se mi viene voglia di inerpicarmi su per la collina in un'ora buca? Mica posso rischiare la storia alla caviglia! Agilità innanzi tutto, nella vita come nella scrittura. E scarpe sportive di prima qualità.

      Elimina
    3. Io ho un paio di scarpe sportive nel bagagliaio dell'auto, casomai tornando da Imperia voglia fare una scappata in ciclabile: anche questa forse è praticità! :-D

      Elimina
  2. Nel mio caso potrei usare il termine anonimato, nel senso che quando mi vesto tendo a prediligere tutto ciò che mi rende poco appariscente: niente colori accesi, niente abbinamenti bizzarri, solo colori sobri e abbinati fra loro. Anche i capi di abbigliamento che indosso sono classici (ciò avviene da alcuni anni: quando ero più giovane a volte mi adeguavo alle mode, anche se ciò comportava indossare qualcosa di non proprio sobrio, ma forse proprio la diffusione modaiola mi faceva sentire ugualmente anonimo in quanto simile a molti altri).
    Posso dire che, da alcuni anni, anche quando scrivo mi concentro più sul contenuto della storia, quello che emerge a poco a poco, che sulle spettacolarizzazioni della trama riportate nella sinossi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il tuo modo di vestire potrebbe rispecchiare un'anima timida e bonaria. Per quel che riguarda me, amare la bellezza non significa essere vistosa ma opportuna. Non mi metto il prendisole con il costume sotto in ufficio, per dire (l'ho visto, credimi). In generale tendo a prediligere una base semplice, arricchita di qualche dettaglio particolare come una borsa, una collana... Ma noi donne possiamo giocare un po' di più.

      Elimina
  3. Io non saprei dire se ci sono analogie tra il mio modo di scrivere e il mio modo di vestire. Semplicemente non ci ho mai pensato. Più che analogie tra il mio modo di scrivere e il mio essere, mi vengono in mente analogie con i miei personaggi. Forse è banale raccontarlo così: però penso che sia inevitabile infondere nei propri personaggi alcuni tratti della propria personalità. Nei miei racconti i personaggi sono diversi e sono tutti accomunati, oltre che dalla loro lunga storia comune, da un anello di argento che indossano. L'anello, nella mia finzione letteraria, ha una serigrafia esterna (un'incisione) e una interna. L'ho pensato in funzione dei miei racconti ed ha un significato preciso nelle vicende narrate. Un significato anche nella mia vita reale, tanto che ho deciso di farlo creare veramente da un orefice, così da poterlo indossare tutti i giorni e da avere un collegamento ideale con le mie storie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Darius, per prima cosa benvenuto! Avevo visto i tuoi commenti su altri blog e mi fa piacere che tu sia passato di qua. :)

      Anche io somiglio molto ai miei personaggi, ne avevo anche parlato in un post tempo fa. Se ti può interessare, lo trovi qui: http://appuntiamargine.blogspot.it/2015/10/i-miei-personaggi-somiglianze-e.html. Nel mio caso, però, non ci sono anelli d'argento!

      Penso che uno scrittore non sia mai completamente separato da ciò che scrive. Tutto ciò che facciamo ha a che fare con la nostra psiche, la nostra personalità. è inevitabile dunque rintracciare elementi comuni fra i nostri gusti letterari e i nostri gusti di abbigliamento, arredamento, ed alimentari. Ed è inevitabile che ogni nostra storia abbia elementi ricorrenti e comuni. Questa per lo meno è sempre stata la mia visione, assolutamente contestabile, ma nella quale credo con sostanziale veemenza. :)

      Buon weekend e a presto!

      Elimina
    2. Grazie per il benvenuto! Ho intravisto il post che mi hai citato... Ne ho intravisti anche altri, specialmente quelli sul self-publishing. Avrei avuto delle cose da dire ma alla fine ho preferito non dire la mia, visto il clima caldo che si è creato. Magari ci saranno altre occasioni... :-D . Comunque complimenti per il blog !

      Elimina
    3. Scusami, avevo perso questo commento perché non mi era arrivata la notifica. Grazie per i complimenti! L'articolo sul self ha suscitato molte polemiche, ma tutto sommato non sono pentita di averlo pubblicato. :)

      Elimina
  4. Be’ io non guardo la TV, e detesto lo shopping… Non per questo mi sento migliore o peggiore o più raffinato di altri. È oggettivo: odio i posti affollati e in genere i luoghi adibiti allo shopping lo sono. Non guardo la TV da… be’ da parecchio, perché non ne ho il tempo e, da quel poco che ricordo sui programmi televisivi, non c’è nulla in televisione che possa attirare la mia attenzione.

    Arredare gli ambienti piace molto anche me: adoro il minimalismo tecnologico, con colori monocromatici: nero e bianco (e qualche sfumatura di grigio, alluminio satinato e acciaio cromato). La mia automobile, invece, è piena di bolli e righe (tutti procurati da silenziosi parcheggiatori che non hanno mai segnalato la loro colpa) e la cosa non mi fa né caldo né freddo. Semplicemente non m’importa.

    Scrivere un romanzo ha tutto a che fare con la bellezza, concordo in pieno. E certamente il modo in cui ci si presenta, le scelte che si fanno, comunicano con l’ambiente la personalità della persona. Questo vale anche nella scrittura. Alcuni sanno simulare molto bene, però. Qualcuno/a, in privato, è arrivato/a a chiedermi se alcuni miei racconti, quelli pubblicati, fossero stati scritti in realtà da una donna (le narratrici sono quasi sempre donne).

    Non ho invece idea di quali possano essere le restanti tre parole, ma le leggerò volentieri. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nemmeno io guardo la tv per gli stessi motivi che citi tu. A volte può capitare che ci sia una trasmissione che mi piaccia (è il caso di The voice), allora guardo solo quella finché la serie non finisce, poi basta. Capiterà però una o due volte all'anno. Non sono la classica persona, tipo mia mamma, che dalle 9 in poi sfoglia i canali alla ricerca di qualcosa che le interessa...
      Lo shopping mi piace, perché mi piace vestire bene, però tendenzialmente anche io sono poco tollerante nei confronti dei luoghi affollati. Non sopporto le discoteche, per esempio. E già tremo pensando che fra poche settimane ci sarà il Festival! :-D
      Lo stile minimalista tecnologico mi sembra un po' freddo. Io ho un colore dominante in ogni stanza, e mobili dalle linee piuttosto morbide. La mia ex-casa a Milano era simile.

      Elimina
  5. La mia casa parla molto di me, dell'amore per i colori e per l'ordine, dello stile country che adoro, degli abbinamenti. Anche i miei vestiti, detesto la sciatteria e l'ossessione per le firme allo stesso modo. Sono bassa un metro e mezzo ma indosso raramente i tacchi e mai più di 7.5 cm. Non sopporto le unghie ricostruite ma vado sempre in ufficio truccata. Questo per riassumere. Sandra

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso che le firme troppo vistose siano quanto di più volgare possa esistere, una roba per parvenu, tant'è che anche gli stilisti ultimamente le stanno relegando in un angolino. Anche io amo i colori e l'arredamento, ma sono disordinata. Le unghie sono il mio punto debole, visto che me le mangio, diciamo pure che non le ho. Non credo potrei sopportare ricostruzioni e gel (credo che per chi usa la tastiera di frequente sia anche scomodo) ma ora sto cercando di farle crescere perché fanno veramente schifo. E anche io vado sempre in ufficio truccata. Ho la carnagione olivastra e d'inverno, senza fondotinta, sembro gialla. D'estate però trucco solo gli occhi. :)

      Elimina
  6. Forse anche io scrivo come mi vesto (anche se spero di no :P ). Ho un mio ordine nel mio vestiario e mi piace come lo faccio, ma sono sicuro che al novanta percento delle persone non piace come vesto, e a volte sono proprio io a prendere gusto e a mettere maglie che alle persone danno fastidio :D . Anche la parte di quello che scrivo che non cancello mi piace; in questo caso però spero di piacere a chi leggerà le mie storie o i miei articoli :D !

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Seguire il proprio gusto al di là delle aspettative altrui è una grande sfida, sia per uno scrittore sia, in generale, per l'essere umano. Bravo Mattia! :)

      Elimina
  7. Una volta mettevo i tacchi anch'io, oggi li metto solo in determinate occasioni, di solito prediligo la comodità ma con capi di abbigliamento sobri e avvolgenti, anche eleganti ma semplici e possibilmente curati. Non so se la mia scrittura rispecchia questo mio modo di vestire, ma forse sì. In ogni caso sono d'accordo con te sul fatto che le storie che scriviamo rispecchiano a nostra esigenza interiore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non so perché, se chiudo gli occhi per visualizzarti, ti vedo con un bell'abito nero di maglina e scarpa bassa, tipo mocassino. Capello liscio, non troppo lungo. E forse occhiali. Nota però che non ho mai visto nemmeno una tua foto, quindi mi posso sbagliare... :)

      Elimina
    2. Caspita ci hai preso in pieno! Capelli lisci non troppo lunghi è vero, porto le lenti a contatto, ma quando sto in casa ho gli occhiali. Mocassini tipo college quasi sempre anche l'abito di maglina ogni tanto lo metto. Solo che al nero preferisco il blu, ma ho un abito di maglina nero.
      Vedi che attraverso la scrittura ci si conosce!

      Elimina
    3. Dicono tutti che sono piuttosto intuitiva!

      Elimina
  8. Sicuramente vestirsi e scrivere hanno qualcosa in comune, fanno parte della nostra identità. Anche mangiare. Tutte cose che cerco di fare senza fretta. Per quanto riguarda il vestiario, mi piacciono le cose comode, acquisto poco e cerco di farlo quando mi serve, e se costa un po' di più, nessun problema. La qualità si paga. Le cose banali, o sgargianti, non mi piacciono.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se io quando scrivo fossi veloce come quando mangio avrei già 10 romanzi pubblicati! :-D A parte questo, nemmeno io mi faccio problemi ad acquistare capi costosi, se valgono il loro prezzo. Non spenderei 200 euro per un dolcevita nero da usare in ufficio, che potrei trovare anche da Benetton con uno zero in meno, ma per qualcosa di particolare da far usare nel tempo sì. Nonostante ciò, non sono nemmeno una che compra dai cinesi. Diciamo che cerco il valore senza strafare. Nella scrittura uguale. :)

      Elimina
  9. Per scrivere occorre talento, che comincia con la scelta dell'argomento. Lo stile? IL tuo. Non cercare mai di scrivere diversamente da come pensi, ti infileresti nell'orrore.
    L'argomento dicevamo. Che ti affascini e promuova le tue riflessioni. La storia verrà, man mano che la scrivi, non temere.
    Non curare la lunghezza. Ci sono meravigliosi romanzi brevi (quasi racconti lunghi) e schifosissimi romanzoni da 600 pagine. Quanto spreco di carta.
    Tu puoi. E allora fregatene di chi ti dà consigli a josa, me compreso, e vai per la tua strada. Ciao Chiara.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Vincenzo e grazie per il commento e per i consigli, che condivido per quanto un po' fuori tema rispetto all'articolo. :)

      Elimina
  10. Dimenticavo: puoi scrivere in abito da sera o nuda. Meglio in mutande e maglietta, sarai più libera. Io scrivo solo vestito alla rinfusa.

    RispondiElimina
  11. Io sono per la semplicità e comodità in fatto di abbigliamento. Non c'è niente che mi irriti di più, ad esempio, che andare a lavorare con scarpe che mi facciano male ai piedi!

    Avevo proprio scritto una recensione a un saggio sulla storia della moda sul mio blog, evidenziando il concetto dell'autore che nessuno può dirsi al di sopra della moda, anche se scegliesse un capo da poco (proprio come nella famosa scena de "Il diavolo veste Prada" con la Streep).

    Per quanto riguarda la scrittura, la ricerca dell'armonia può essere anche istintiva, come una predisposizione innata.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vero: nessuno è al di sopra della moda per il semplice motivo che ciascuno di noi vive in un contesto, che vende e propone determinati capi. Ero alla ricerca di una gonna jeans: non l'ho trovata. Sono sparite. Non le fanno più. Quindi siamo circoscritti in un sistema che non ci impone nulla, ma propone una gamma limitata di oggetti fra i quali dobbiamo scegliere. :)

      Elimina
  12. Il mio stile di vita e di abbigliamento, invece, sono inversamente proporzionali al mio modo di scrivere. Sono una fan della semplicità: vesto in modo sobrio, ma lo stile classico non mi piace per niente; non indosserei mai tailleur con foulard o roba con perline, paillettes, ricami. Adoro i dolcevita, i jeans, le scarpe basse e gli scaldacollo rigorosamente fatti da me ;)
    Ma questa semplicità non si specchia nel mio modo di scrivere che tende sempre a essere ricercato, qualche volta anche troppo, a dire il vero e mi trovo spesso a dovere ritoccare parti eccessivamente complicate, a semplificarle. Mi piacciono le trame complesse, gli intrecci, vorrei che la mia scrittura stupisse, laddove, al contrario, io vorrei passare inosservata e non attirare l'attenzione di nessuno.
    (Pensa che una mia amica mi rimprovera perché nemmeno d'estate riesco a esibire scollature vistose).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Neanche io esibisco scollature vertiginose, anche perché ho ben poco da mostrare! :-D

      Secondo me, come ho scritto nel paragrafo sulla bellezza, uno stile sportivo non significa che non sia ricercato. L'eleganza troppo affettata é stucchevole, e nemmeno a me piacciono i tallieur, come tutto ciò che ricorda una divisa: anche alla laurea avevo un completo spezzato. :)

      Elimina
  13. Spero proprio di non scrivere come mi vesto!! Direi che tu da brava bilancia tieni molto all'armonia e alla bellezza delle cose, mentre io essendo della vergine sono molto pratica e seguo il criterio della funzionalità, senza tanti orpelli né quando mi vesto e nelle cose di cui mi circondo. Nella scrittura è lo stesso? Sì e no. In realtà mi piace il suono delle parole e amo che nei testi ci sia un'estetica elegante e accurata, ma non troppo vistosa.
    Comunque bel post, confesso che i tuoi aggiornamenti cominciavano a mancarmi. E aspetto con ansia la seconda parte!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono contenta di esserti mancata, anche se i miei post ci sono sempre stati. Sono solo un po' meno frequenti rispetto a prima. :)

      La seconda parte ci sarà, ma non subito perché ho altri argomenti in mente, e ho un po' paura che la gente non commenti più, visto che molti hanno fatto riferimento allo stile e pochissimi all'atteggiamento psicologico con riferimento ai tre punti da me citati... Insomma, temo di annoiare! :-D

      Io sono una bilancia fatta e finita: nel mio tema natale ho uno stellium di 5 pianeti nel segno. Però il mio ascendente è un po' sciatto, infatti ogni tanto entro in modalità "scazzo" e fosse per me uscirei in pigiama. Nella scrittura idem: ieri ho mandato a Marina un file osceno perché non avevo voglia di revisionarlo subito... :p

      Elimina
  14. Credo dipenda dal nostro bagaglio personale, io per esempio il giorno in cui indosso la felpa col cappuccio non mi sento diverso da quando ho la cravatta, così come non penso di emanare energie taumaturgiche quando scrivo o credo che avere la scrivania in ordine sia funzionale per la mia creatività :-)
    Non che crearsi un'"atmosfera" formata da abbigliamento, arredo ecc. non sia importante, ma - almeno nel mio caso - è meno decisivo sul risultato finale rispetto a altro (per esempio l'approfondimento dell'argomento che sto trattando). Sarà che il mio lato "emotivo" è più timido del mio lato "razionale"?

    PS: davvero se hai una riga con una parola sola riscrivi la frase? :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Più che riscrivere la frase completamente, cancello qualche parola per far finire l'orfanella nella riga sopra: avendo la tendenza ad essere un po' prolissa, male non fa di certo.

      Non ho mai scritto che un vestito o l'arredo incidano sui miei risultati, anche perché nel secondo caso sono piuttosto disordinata. Tuttavia mi piace vestirmi e arredare gli ambienti in un modo che rispecchi la mia personalità. Se sono vestita male significa che c'è un disagio che ha, come primo segno, la mancanza di cura. E se in un ambiente che frequento abitualmente non c'è nulla di mio, significa che me ne sento distante. Un esempio su tutti: ho impiegato per anni prima di personalizzare un po'l'ufficio...

      Elimina
  15. Come giustamente facevi notare, look e abbigliamento sono forme di comunicazione, fanno parte del linguaggio non-verbale, quindi hanno la loro importanza.
    Io nell'abbigliamento tendo a usare sempre gli stessi accostamenti cromatici, normalmente metto solo sfumature di bianco, grigio, nero, azzurro-blu, tanto che tempo fa il mio capo si è stupita nel vedermi addosso un golf di un blu più acceso. In realtà dipende dalla stagione, perchè d'estate a casa mi capita di mettere anche qualcosa di colorato. Nei climi medi, al lavoro metto anche lo stesso vestito, completo grigio, camicia azzurra o grigia, gilet scuro.
    E per il terzo punto trovo che scrivere (narrativa o articoli) sia per me un modo per definire ciò che mi attraversa la mente, insomma un modo per mettere ordine. Probabilmente è anche un retaggio culturale degli studi questo bisogna di ordinare, definire e dipanare la matassa dei pensieri e delle idee.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Che tipo di studi hai fatto? :-)
      Il passaggio dal caos all'ordine è uno degli aspetti magici della scrittura. Non c'è niente di più bello che vedere le idee prendere forma, una matassa intricata dipanarsi progressivamente.
      Un tempo anche io usavo gli stessi colori, ora ho iniziato a essere un po' più colorata, e mi sono stufata del total-black. D'inverno non si può osare tanto (ora ho una camicia bianca con il colletto di paillettes, un maglioncino grigio e jeans scuri) ma d'estate i colori sono belli, specialmente per chi come me si abbronza molto.

      Elimina
  16. Beh, diciamo che ho studiato diversi ambiti, compreso qualche elemento di psicologia sociale, anche se non tutti provengono da contesti istituzionali.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io la psicologia sociale l'ho studiata in ambito istituzionale. Però anche da parte mia c'è molto eclettismo. E ci sono studi non certificati. ;)

      Elimina
  17. Io non guardo la tivù... e detesto lo shopping! Sono nei guai? Scherzi a parte, la mia noncuranza nel vestire può essere vista sicuramente come sciatteria, anche se non esco in ciabatte con i bigodini in testa. Bado ai colori (molto!), alla piacevolezza al tatto e alla praticità. Credo, sotto sotto, di cercare abiti il più possibile vicini a una pelliccia naturale. Devo essere stata un animale, in qualche vita passata! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come accennavo prima, nemmeno io guardo la tv, ci mancherebbe altro, siamo persone libere. Ritengo però che lo stereotipo dell'intellettuale un po' includa questi due elementi, al punto che c'è chi li sbandiera come un vessillo ... :)

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

La volontà di essere un Jolly

Appunti a Margine cambia casa

Freedom writers - il valore della scrittura di getto

La descrizione fisica dei personaggi

Letture che ispirano - La trilogia del male di Roberto Costantini

L'arco temporale di una storia: quando passano gli anni.

Con le mani nei capelli - manuali e guest-post

Sfida di scrittura - racconto di 1000 caratteri.

Liebster Award: un'occasione per conoscerci meglio.

Parolacce, gergo e regionalismi: usare con cautela.