Terza persona limitata con focalizzazione multipla - Quale personaggio è più adatto per filtrare la scena?


Rendete visibile quello che, senza di voi, non potrebbe mai essere visto.
(Robert Bresson)

È da un po’ che, su Appunti a Margine, non affronto tematiche tecniche. Ultimamente  ho preferito argomenti socio-psicologici e spirituali, perché mi consentono di esprimere il mio pensiero con maggiore libertà e di dare, agli articoli, un taglio personale, senza ripetere concetti già presenti su altri blog, con il rischio di annoiarvi a morte.
Oggi, però, voglio portare avanti una riflessione su come sfruttare al meglio il punto divista in terza persona limitata con focalizzazione multipla che, come molti di voi già sanno, è quello da me adottato per il romanzo che sto scrivendo.
Sono rimasta molto sorpresa, qualche mese fa, quando ho letto “Il confessore”, di Jo Nesbo, in particolare per la gestione originale dello sguardo. Il punto di vista è infatti affidato a un numero spropositato di personaggi, anche semplici comparse, ma MAI al protagonista.
Una scelta narrativa di questo tipo, se gestita male, può generare confusione e distruggere i meccanismi di identificazione, ma l’autore è stato molto abile nel far sì che la narrazione non risultasse frammentata. E il suo Sonny è così affascinante che è impossibile non affezionarsi a lui. La sua immagine, filtrata attraverso gli occhi degli altri personaggi, è sempre circondata da un alone di mistero. I suoi gesti sono poco chiari - perché l’osservatore non sempre ha la conoscenza e la competenza per poterli interpretare - e questo incuriosisce il lettore, che è stimolato ad andare avanti per capire che cosa cavolo stia combinando quel benedetto ragazzo, quali siano le sue intenzioni. Considerando che si tratta di un thriller, la storia è decisamente avvantaggiata da questo stratagemma narrativo.
Io avrei serie difficoltà a gestire un numero così alto di voci (stiamo parlando di 20 personaggi diversi, forse anche di più) ma questo romanzo mi ha aperto gli occhi su un modo di agire ormai diventato abituale, ma non per questo vantaggioso per la mia storia. Da quando l’ho letto, ho iniziato a giocare un po’.

Nell’ultimo periodo, lavorando alla stesura del mio romanzo, quando dovevo decidere quale punto di vista adottare in una scena, spesso mi affidavo a un banalissimo criterio gerarchico: se il protagonista era presente in loco e in possesso delle proprie facoltà mentali, lo sguardo apparteneva a lui. Mi sembrava naturale procedere in questo modo: dopo tutto, è il personaggio che compie l’evoluzione più profonda e che innesca nel lettore i principali meccanismi identificativi. Inoltre talvolta subentrava (e lo dico con rammarico) una sorta di pigrizia, in quanto so muovermi nei suoi panni con una certa facilità. Infine, spostando il focus avevo paura di oscurare il suo ruolo, di relegarlo sullo sfondo a vantaggio di altri personaggi. Non sapevo da dove uscisse questa convinzione limitante, ma la giustificavo con orgoglio. 
Capite bene che si tratta di un errore madornale: talvolta affidare il punto di vista a un altro personaggio può addirittura valorizzare l’eroe e mettere in luce aspetti della sua personalità che diversamente rimarrebbero nascosti.
Ora, quando stabilisco le coordinate di una scena, mi domando quale punto di vista sia più adatto ai fini di una resa narrativa efficace. La maggior parte delle volte è quello del protagonista, ma talvolta lo sguardo di un comprimario potrebbe rivelarsi più funzionale al mio scopo.
Vediamo quindi insieme alcune situazioni in cui, nonostante la presenza del protagonista nella scena, potrebbe essere necessario affidarsi a uno sguardo diverso. Ovviamente tralascio il caso dell’eroe svenuto o addormentato, perché lo considero così banale da non meritar menzione.

Far risaltare determinati dettagli dell’ambientazione o del contesto.
Una persona tende a notare, nell’ambiente che la circonda, gli elementi che maggiormente risuonano con il suo modo di essere. Pertanto, l’atmosfera generale dell’ambiente cambia a seconda degli occhi che la osservano e, di conseguenza, l’impatto visivo della scena.
Considerando che l’ambientazione non deve mai avere il dominio sui personaggi ma intrattenere con loro un rapporto di scambio ed essere funzionale al messaggio che vogliamo trasmettere, dobbiamo porci queste domande: su quali aspetti voglio attirare l’attenzione? E qual è il personaggio più adatta a veicolarla? Poi, si agisce di conseguenza.
Recentemente mi sono trovata alle prese con la necessità di descrivere l’ambiente in cui il protagonista è cresciuto attraverso uno sguardo esterno per non dare al lettore un’impressione troppo viziata dalle opinioni del singolo. Quando l’individuo è abituato a un determinato contesto, tende a esserne risucchiato e perde la propria lucidità: la descrizione del mio ufficio non sarebbe la stessa fatta da me, da un cliente venuto a cambiare le batterie del telepass o da un partner esterno. Allo stesso modo, certe cose che il mio eroe considera ordinarie non lo sono affatto, e mi serviva qualcuno in grado di farglielo capire.
In determinati casi, affidare il punto di vista a un personaggio meno coinvolto negli eventi, può aiutare il lettore a concepire il reale da una prospettiva diversa, rendendogli più facile trovare la verità.

Determinare il tono della scena.
Quando utilizziamo la terza persona limitata, siamo costretti ad adeguarci al linguaggio del personaggio e a rispettare la sua mentalità. Tutto ciò che accade è filtrato da un’ interpretazione soggettiva.
Anche quando il punto di vista del protagonista ha un ruolo dominante e la sua presenza struttura il tono generale dell’opera, potremmo aver bisogno di qualche strappo alla regola.
Vi risulterà piuttosto difficile scrivere una scena comica se il vostro protagonista è un depresso cronico. Allo stesso modo, una scena romantica o erotica non sarà la stessa raccontata da lui o da lei.
Vi siete mai esercitati a scrivere lo stesso dialogo da due punti di vista diversi? Se non vi è mai capitato, fatelo. È utilissimo, sia per conoscere meglio i propri personaggi e immedesimarsi con loro, sia per comprendere l’effetto dei diversi sguardi sulla scena.

Far comprendere meglio l’impatto delle azioni del protagonista sugli altri personaggi.
Il mio eroe ha tendenzialmente due modi di reagire alle situazioni di difficoltà, a seconda del loro impatto psicologico e dei tasselli che gli accadimenti muovono dentro di lui: o si lascia fagocitare da un’incazzatura distruttiva oppure si chiude in un mutismo ostinato, scappa dalle situazioni che gli pesano.
Se in scene di questo genere io adottassi sempre il suo punto di vista, oltre diventare monotona tenderei a giustificare le sue paturnie mentali. L’opinione del lettore risulterebbe quindi viziata. Al contrario, mostrare ciò che accade attraverso gli occhi di un altro personaggio può offrire una panoramica globale della situazione, evidenziando le conseguenze di determinati comportamenti. Ciò che pensa il protagonista può benissimo essere spiegato qualche pagina dopo.
In questo modo il lettore riesce a comprendere meglio la necessità del percorso di evoluzione che il protagonista deve portare avanti per poter essere libero.

Aggirare i gap di conoscenza del protagonista.
Se il personaggio non riesce a essere pienamente consapevole di ciò che accade, dentro e fuori di lui, occorre qualcuno che lo aiuti a interpretare la situazione o che la mostri al lettore con lucidità. Allo stesso modo, se qualcuno sta cercando di ingannare il nostro personaggio e vogliamo che si sappia, siamo costretti a utilizzare un punto di vista diverso.
Uno degli errori più comuni, nell’utilizzo della terza persona limitata, è il classico “tizio non sapeva che”, poiché ci si dimentica che la conoscenza è pari a quella del personaggio.  

La scena ha a che fare con l’evoluzione di un altro personaggio.
In una storia, il protagonista potrebbe non essere il solo compiere il viaggio dell’eroe. Il percorso evolutivo può coinvolgere anche qualche comprimario, alle prese con le proprie paure e i propri obiettivi.
Può capitare che, in una determinata scena il protagonista del romanzo non abbia un ruolo centrale. Mi è capitato proprio ieri: il dramma apparteneva a un altro personaggio, a cui l’eroe faceva momentaneamente da mentore. In tale frangente, la trama potrebbe richiedere una modifica della focalizzazione.

Il lancio della patata bollente.

Chi di voi ha scritto o scrive utilizzando la terza persona limitata? Quali sono i criteri con i quali scegliete il punto di vista per le singole scene? Vi vengono in mente altri parametri, oltre a quelli che ho qui menzionato? E qualche altro romanzo che utilizzi in modo originale la terza persona limitata, e che possa essere spunto di riflessione

Commenti

  1. Io non amo i salti di punto di vista nei libri. Quando mi capita, a meno che non sia fortemente giustificato, mi dà molto fastidio. Comprendo l'esigenza dello scrittore di aggirare i limiti (e sono molti) di un unico punto di vista, ma prendere una scorciatoia non la considero una scelta corretta nei confronti del lettore. Cambiare punto di vista solo per far risaltare determinati dettagli dell’ambientazione, o per determinare il tono della scena, non mi sembrano giustificazioni sufficienti. Mentre aggirare i gap di conoscenza del protagonista è, invece, un vero e proprio "furto" ai danni del lettore. Allora adotta una terza persona oggettiva e via. Poi, per carità, ci sono romanzi e romanzi... :)

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    1. Non capisco cosa intendi con "furto ai danni del lettore". La focalizzazione multipla in fondo serve a valorizzare un numero maggiore di personaggi. In particolare, io ne ho per le mani uno che tiene nascosto un segreto importante per la vita del protagonista. Ho deciso che, a un certo punto della storia, il lettore debba essere messo al corrente della cosa: come posso fare se il punto di vista è unico?

      La maggior parte delle volte il punto di vista adottato è quello del protagonista (eccetto ovviamente per i casi in cui non è presente sulla scena) ma esistono situazioni in cui è necessario optare per degli spostamenti. Inoltre, non si parla di "salti": se una scena inizia con un punto di vista, finisce con quello, punto e basta. Quando cambio capitolo, posso concedermi di adottare un pdv diverso. Tutto dipende dal tipo di messaggio che voglio trasmettere, e la terza persona oggettiva non è assolutamente adatta per la mia storia.

      In ogni caso, questa descrizione verbale forse non rende l'idea. Sono sempre più convinta di doverti mandare qualcosa. :)

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  2. Con "furto ai danni del lettore", intendo dire questo: scrivere mantenendo invariato il punto, con tutto quello che comporta, è una dimostrazione di maestria. Anche gestire molti personaggi lo è, io non saprei farlo probabilmente, però apre all'autore delle strade che altrimenti non avrebbe. Per ovviare all'inconveniente allora dovrebbe inventarsi qualcosa di geniale e unico, mettersi in gioco molto di più, dimostrare maestria e genialità. Se l'autore sceglie la via "più facile" di un cambio di prospettiva, prima il lettore di tutto questo. Quindi, in questo senso, è un furto. Poi, per carità, anch'io ne "Il vero padrone del mondo" ho provato a usare due prospettive, e nel racconto che ho inviato al concorso ne ho usate addirittura sette, ma per il romanzo voglio sforzarmi di rimanere legato solo a una.

    Non solo devi mandarmi qualcosa, dovresti anche postare qualche racconto nel tuo blog, almeno di tanto in tanto. Per far capire all'atto pratico ai tuoi lettori com'è la tua scrittura. Altrimenti tutti gli argomenti dei post rimangono parole vuote... Lo so che non ti piace scrivere racconti e, l’unico che hai postato, forse era davvero troppo breve per far capire appieno le tue potenzialità. Al riguardo ho commesso un errore io chiedendoti di scrivere un racconto troppo corto. Però dovresti provarci. :)

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    1. Ho capito cosa intendi ma io non lo considero un "furto" perché la scelta di usare un'altra prospettiva é un atto di rispetto nei confronti del lettore, se lo scopo è quello di offrire una panoramica a 360 gradi della storia.

      I romanzi che hanno un unico punto di vista secondo me sono un po' monolitici, ma forse è questione di gusti. Io ne utilizzo quattro, di cui uno dominante (quello del protagonista, appunto) uno secondario e gli altri due presenti solo in scene particolari, che richiedono un cambio di focus per gli scopi di cui sopra. Ovviamente con riferimento alla presenza del protagonista: se il personaggio è solo, sono vincolata.

      Non escludo di usarne anche altri in futuro se la storia lo richiederà. Forse scriverò una scena con lo sguardo di una bambina di 7 anni. :D Secondo me anche questo è indice di maestria. Un romanzo di 500 pagine in terza limitata a focalizzazione singola secondo me diventa monolitico. A questo punto è meglio una prima persona o un onnisciente ... forse è solo questione di gusti. :)

      Per i racconti hai ragione. Arriveranno presto. Ci avevo già pensato perché ho bisogno di cimentarmi anche con storie diverse, e perché diversi lettori me li hanno chiesti. Però non sono d'accordo sul fatto che un blog senza racconti presenti solo parole vuote. Pensa a Maria Teresa e Daniele. Non mi sembra che ne abbiano messi, eppure i loro blog sono molto seguiti.

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    2. Daniele sì, più volte. Maria Teresa ha già pubblicato un romanzo, quindi chi è curioso di sapere come scrive può benissimo andare a leggerselo.

      Sui gusti: sì, certo. Non solo, forse dipende molto anche dalla storia che si scrive. Alcune storie risaltano meglio con una prima persona fissa e altre con una terza focalizzata multipla. :)

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    3. Il romanzo di Maria Teresa purtroppo non si trova più (ma io avrò l'ultima copia in suo possesso! :-D) in ogni caso una reputazione si può costruire anche senza pubblicare racconti sul blog. Io, comunque, lo farò. Se li metto al posto degli articoli, non ruberanno tempo al romanzo ma mi consentiranno di esercitarmi e aprire la mente. Ho già un paio di idee... preparati all'editing! :-p

      Assolutamente d'accordo sul fatto che tutto dipenda dalla storia che si scrive. Come sai tengo moltissimo alla qualità. E credo che la terza persona limitata multipla abbia delle grandissime possibilità, se utilizzata nel modo giusto. Io vorrei che il lettore si identificasse con il protagonista, per questo il suo PdV è dominante. Ma in alcuni casi ha bisogno di vederlo dall'esterno

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    4. Io ne ho pubblicati 148 finora :D

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    5. Io chino la testa e chiedo scusa!!! ;)

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  3. La terza persona limitata è il mio punto di vista preferito in assoluto, per quanto riguarda i romanzi (vario più spesso nei racconti brevi). Mi permette di entrare nella pelle dei personaggi plasmando la prosa sul loro linguaggio e sul loro stile e riesce a farli conoscere anche al lettore. In genere, la scelta di quale personaggio utilizzare come punto di vista di una certa scena la compio a istinto: dipende da quale corre i maggiori rischi in quel momento, da quale ha la posta più alta in gioco, da quale, in qualche caso, sa MENO di ciò che sta succedendo e non riesce a comprendere tutto quello che gli accade o a riconoscere le bugie degli altri personaggi (una situazione che funziona soprattutto quando invece il lettore può farlo, e quindi preoccuparsi degli errori che il personaggio compirà perché non ha chiara la situazione) e così via...

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    1. Sono assolutamente d'accordo! Anche nel mio caso la terza persona limitata si è rivelata la scelta migliore, anche se io non posso spaziare in modo troppo libero da un personaggio all'altro, perché ho comunque un protagonista che deve mantenere un ruolo di primo piano. Il tuo caso è diverso, almeno in Angelize I o II, in quanto hai almeno tre personaggi sullo stesso piano, a cui nel secondo volume si aggiungono una spalla forte (Uriel) e un antagonista di tutto rispetto.

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  4. Non è una tecnica che uso spesso. In genere preferisco la terza persona onnisciente (ma non per questo troppo generosa nel fornire informazioni al lettore ;-) o la prima persona.
    Ho usato questa tecnica due sole volte: in un rifacimento in chiave noir del "Tito Andronico" di Shakespeare e in un racconto-omaggio alla Commedia dell'Arte teatrale italiana. In entrambi i casi tuttavia l'ho utilizzata seguendo il percorso cronologico della narrazione e senza realmente voler spiazzare o "spostare" il punto di vista del lettore. L'ho utilizzato solo come espediente narrativo, diciamo così.

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    1. Io trovo la terza persona onnisciente troppo fredda per i miei gusti, e per molti aspetti anche un po' obsoleta, sebbene molti autori la stiano rivalutando. Preferisco accentuare la vicinanza fra il lettore e il personaggio. :)

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  5. “Il confessore”, appena segnato sulla mia lista di libri da leggere.

    Per il resto sono d'accordo con la tua lista. Anch'io amo la terza persona limitata (gestendo comunque pochi punti di vista). La scelta in genere è istintiva, ma a volte viene calibrata in base all'importanza che voglio assuma un determinato personaggio (ad esempio, se nei capitoli finali entra in gioco un personaggio che prevedo anche in libri futuri, o che comunque potrebbe avere degli sviluppi su altri miei lavori, tendo sempre ad affidar loro qualche passaggio). Capita poi che tenda a scegliere in base all'importanza che la scena riveste per il personaggio specifico.

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    1. L'importanza della scena per il personaggio è fondamentale. è quanto ho indicato nell'ultimo punto dell'elenco: spesso a compiere l'evoluzione è un personaggio diverso da quello che ricopre il ruolo del protagonista, quindi l'autore deve agire di conseguenza.

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  6. I miei punti di vista, quando scrivo in terza persona limitata non sono mai più di due o tre. A volte l'alternanza è anche una questione di ritmo. Magari il protagonista della scena è A, ma è presente anche B e il suo punto di vista mancava da un po', quindi tocca a B. Non molto raffinata come scelta, lo ammetto, ma, almeno nella prima stesura semplifica la vita.

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    1. Non ho mai utilizzato questo criterio, ma potrebbe fare comodo anche per cambiare un po' il tono della narrazione. Io considero la terza persona multipla come una ventata d'aria fresca laddove, diversamente, ci sarebbe una sorta di monotonia.

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    2. Mi ritrovo spesso anche in questo approccio.

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  7. Io uso spesso la terza persona limitata con focalizzazione multipla, senza però chiedermi quale sia l'effetto che voglio ottenere. È un modo per mostrare la storia da un altro punto di vista, magari nemmeno strettamente necessario. Potrei dire di usarla per l'ambientazione, ma, inevitabilmente, anche per aggirare i gap del protagonista.
    Il mio timore quando uso questa tecnica è che le voci dei narratori sembrino uguali e che quindi la scelta risulti inutile, se non controproducente.
    Gianluigi

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    1. Il rischio delle voci uguale c'è sempre, ma si attenua quando si conosce meglio il personaggio, perché diventa spontaneo assumere il suo tono.
      Invece io ho imparato a domandarmi quale effetto voglio ottenere quando mi sono resa conto del fatto che alcune scene erano completamente da riscrivere, a causa di un punto di vista sbagliato.

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  8. Mi ricorda il "flusso di coscienza" di Virginia Woolf, ma posso sbagliarmi.
    Mise in atto un tipo di narrazione simile a questa in "La signora Dalloway".

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    1. Perdonami, non ho ben chiaro se ti riferisca al romanzo "il confessore" o all'utilizzo della terza persona limitata in senso lato. :)
      Mi vergogno quasi a dirlo, ma non ho mai letto nulla di Virginia Woolf...

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    2. Mi riferisco alla terza persona limitata. In "La signora Dalloway" c'è un tipo di narrazione che la Woolf sperimenta, che non presenta un unico punto di vista e nella quale gli eventi sono concatenati come a scatole cinesi. E' per questo un romanzo complesso.
      Della Woolf ti consiglio di non perdere "Una stanza tutta per sé".

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    3. La terza persona limitata è presente in molti romanzi, soprattutto degli ultimi anni. Mi incuriosisce molto la descrizione che fai del PdV ne "La signora Dalloway" e credo che lo leggerò, così come "una stanza tutta per sé"... grazie per le segnalazioni! :)

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  9. Ho scritto quasi sempre in terza limitata multipla, spesso con brani in prima (come in Due Vite). Mi piace molto, perché permette di penetrare la vita interiore del personaggio, ma al tempo stesso di non restare limitata da un singolo punto di vista. Tra l'altro la terza limitata può essere più o meno ravvicinata e oggettiva, perciò è davvero versatile. Scelgo i personaggi di cui voglio raccontare il punto di vista a monte, quando progetto la storia, domandandomi quali siano i più intriganti e quali mi permettano di drammatizzare bene le scene clou. Già, perché si rischia che una scena meravigliosa si debba raccontare in differita perché il personaggio non può essere presente! D'altra parte non mi piace per ogni scena scegliere un punto di vista diverso: ne voglio pochi ma buoni, massimo tre-quattro, e poi adeguo le scene alla situazione che ho decisa. Ora però sto scrivendo in prima. (Il punto di vista stile "Il confessore" è da provare! L'idea del protagonista raccontato solo attraverso le opinioni altrui mi piace molto.) :)

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    1. Anche io al momento ne sto utilizzando quattro, di cui alcuni più importanti. Però non escludo - come scrivevo anche nella mia risposta a Salvatore - di inserirne qualcun altro in scene specifiche e molto brevi, se necessario. Si tratterà di piccole intrusioni: una sola scena, forse breve. Questo non dovrebbe spezzare il ritmo, ma se dovessi accorgermi che l'inserto è inutile lo eliminerei senza pietà.

      Nesbo secondo me è stato veramente bravo nel gestire questo coro di osservatori. Inoltre la presenza del protagonista a far da conduttore non dava al lettore l'idea di rimbalzare da una parte all'altra. Non so se consigliarti il libro solo perché non so se rientra nei tuoi gusti, almeno per come ti conosco, però è uno dei thriller più appassionanti che abbia mail letto. :)

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    2. Ricordavo bene allora... ; )
      Mi sembrava di avere letto che non ami gialli e thriller. Magari leggi qualche recensione per farti un'idea! :)

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  10. Mi fai riflettere su un dubbio che ogni tanto ritorna a tormentarmi. Il mio narratore è onnisciente ma per la maggior parte del tempo sta seduto sulla spalla del protagonista. Mi chiedo se questa "pigrizia" di cui parli non sia alla base della mia riluttanza a cambiare spalla, visto che sarebbe difficile vedere la scena attraverso gli occhi di tutti.

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    1. Un narratore onnisciente deve essere oggettivo, secondo me. Non è piuttosto una terza limitata a focalizzazione singola? Ma magari mi sbaglio, non avendo letto nulla di tuo. :)

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  11. Io ho voluto provare la terza persona con la blog novel, dopo aver scritto per molti anni solo in prima persona.
    Nel racconto della blog novel ho cambiato punto di vista soltanto in occasione del racconto in flashback del viaggio del padre di Luisa a Dunwich. In questo caso ho sostituito la terza limitata di Luisa con una terza oggettiva, perché lei non era fisicamente presente all'avvenimento, a differenza del resto del racconto dove i lettori conoscono solo quello che avviene sotto gli occhi di Luisa.

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    1. Quindi in poche parole stai usando una terza limitata con focalizzazione singola? Non ho ancora avuto modo di leggere tutte le puntate precedenti, ma passare all'onnisciente mi sembra una scelta sensata, anche se non è un tipo di narrazione che amo, quindi ho scelto la focalizzazione multipla per evitare questi gap... :)

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    2. Sì, presumo e mi auguro di essere riuscito a mantenere questo tipo di focalizzazione singola nel corso della storia, a dispetto della sua gestazione e produzione in "schegge" :)

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  12. Come ho detto non ricordo più dove, io fatico parecchio a capire certa nomenclatura. Che significa quindi "terza persona limitata con focalizzazione multipla"? :D
    A dire la verità, io scrivo e basta, l'unica cosa che stabilisco è se la storia va scritta in prima o terza persona.

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    1. La terza persona limitata si ha quando il narratore pur utilizzando la terza persona condivide il punto di vista del personaggio. La focalizzazione in tal caso può essere singola (un solo personaggio) oppure multipla (più di un personaggio). Se ti interessa tempo fa ho scritto un post al riguardo. Non posso mettere il link perché sono al cellulare ma lo trovi al rag "punto di vista".. :)

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    2. Quindi come fa George Martin nei suoi romanzi. Sono in terza persona, ma sempre dal punto di vista del personaggio che è protagonista del capitolo.

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  13. Sono arrivata qua passando da blog a blog,ho letto qualcosina,mi sono ripromesa di leggere qualche post con tranquillità.È molto interessante il tuo blog e mi piace il fatto che non resti focalizzata sulla scrittura nuda e cruda ma spazi molto unendo la scrittura ad altri argomenti.
    Un saluto

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    1. Ciao Carolina, benvenuta! :)
      Ti ringrazio molto, sono contenta che il blog ti piaccia e che abbia colto il mio intento di rappresentare la scrittura in relazione ad altri miei interessi.
      Spero di rivederti presto su queste pagine. :)

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  14. È il punto di vista che più prediligo, ma ho paura di distogliere troppo il lettore dai protagonisti 😭😭 come faccio a capire quando il punto di vista è utile oppure no?

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