#imieiprimipensieri sulla disobbedienza del Jolly




Credi in te stesso: gli unici ad apprezzare uno zerbino sono quelli con le scarpe sporche.
(L.Buscaglia)

Il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse la mela.
Quel giorno nacque una splendida virtù: la disobbedienza.
(O.Fallaci)

Libere considerazioni senza limite di tempo.

1 - Quando andavamo a scuola, alla maestra bastava una riga sulla lavagna per dividere i “buoni” dai cattivi”. In questa seconda categoria erano collocati i chiacchieroni e i disobbedienti, coloro che disegnavano scarabocchi ai margini del foglio e che facevano ridere i compagni con aneddoti curiosi. Fantasia e socievolezza erano le qualità principali dei Jolly, ma venivano punite. Per contro, chi era ordinario e conforme veniva considerato un bravo studente. E colui che prendeva il voto più alto riceveva un premio, anche se aveva imparato il libro a memoria senza capire un’acca.


2 – Le due conseguenze più visibili del metodo educativo in voga negli anni settanta, ottanta e novanta sono state:
 - il desiderio di compiacere l’autorità;
una competitività malata.  
Un tempo il Nano alzava la mano per avvertire il professore che il compagno nell’ultima fila stava copiando il compito. Oggi, cerca di screditare i colleghi agli occhi del Kapò. E i potenti portano tali individui in palmo di mano, hanno bisogno di loro per legittimare la propria presenza nella stanza dei bottoni.

3 – Grazie al servilismo dei Nani, i Kapò possono permettersi di associare la propria autorità a un’etichetta e non al proprio merito effettivo.  Anziché sforzarsi di essere individui degni, si trincerano dietro il titolo di Dottore, Ingegnere e Avvocato, dietro il proprio status di Maschio (in netta opposizione con una Femmina che si vuole silenziosa e sottomessa) e dietro l’anzianità anagrafica, come se queste caratteristiche bastassero per veicolare verso il loro ego la stima e il rispetto del prossimo.

- Se un Jolly vuole esprimere la propria opinione, il Kapò cerca di liquidare la questione con un semplice: “Stai zitto, perché lo dico io”. Oppure cerca di metterlo in difficoltà, di incrinare le sue opinioni e di farlo sentire insicuro. Il tutto, ovviamente, con il solerte appoggio di un Nano baciapile e obbediente.

5 – I Nani non sanno fare tesoro delle proprie esperienze negative e non si rendono conto che l'unico modo per dare un senso al proprio passato è aiutare gli altri a rimanere fuori dalla palude. Preferiscono quindi macerarsi nel rancore e osservare chi soffre con un ghigno perverso (ben ti sta!) anziché aprirsi all'empatia e alla comprensione. Il “ci sono passato anch’io” è lo strumento che utilizzano con maggior costanza per giustificare le cattiverie del Sistema e per difendere la propria zona comfort.

6 - I Kapò temono l’autonomia mentale del Jolly perché mette in discussione la loro autorità, quindi fanno tutto il possibile per renderlo incapace di agire. Ciò nonostante, sanno di essere al sicuro. Anni di duro lavoro tra le spire del Sistema hanno fatto sì che la loro posizione sia pressoché inattaccabile. La loro guerra si basa quindi su una mera questione di principio, e non sulla percezione di un rischio reale.

7 – I veri  nemici del Jolly sono i Nani, che ritengono normale trascorrere le proprie giornate dentro una gabbia, si sentono in debito verso chi dà loro lavoro e stipendio come se le proprie capacità individuali non avessero alcun valore, e il collocamento professionale dipendesse esclusivamente dalla magnanimità del Sistema. Sono incapaci di convincersi che la vita possa offrire qualcosa di diverso dal sacrificio e dalla sottomissione, quindi non riescono a comprendere le ragioni della propria sofferenza. Si sentono stanchi, scoraggiati e con il cuore pieno di odio, ma non sanno perché. Tuttavia, anziché detestare chi li tiene rinchiusi per finanziare i propri lussi, se la prendono con chi vuole essere libero, come se la pena che stanno scontando debba essere accettata e condivisa dall’umanità intera.

8 – Il Jolly conosce se stesso e sa quale sia lo scopo della propria vita ma, ostacolato dai Kapò e denigrato dai Nani, non trova all’interno del Sistema il sostegno di cui ha bisogno per rendere vivibile la propria realtà. Allora tende a normalizzare le proprie competenze creative, rinuncia all’empatia, diventa obbediente, si forza di essere competitivo: un sacrificio nobilissimo ma che, quando il fuoco interiore è solo assopito e non spento, rischia di farlo ammalare. Talvolta di depressione, più spesso di esaurimento.

9 – Gli studi degli psicologi sono frequentati in prevalenza da persone perfettamente sane di mente che non riescono a piegarsi ai dettami della società. Il loro bisogno di disobbedire è percepito come un difetto e cercano di correggerlo. In realtà, non sono loro a dover essere guariti, bensì che avrebbe il potere di rompere le proprie catene con un atto di volontà e di autodeterminazione, ma preferisce rimanere rinchiuso nel proprio cantuccio e accusare il Jolly di essere un disadattato sociale.

10 – I Nani dovrebbero prendersela con chi fa bere loro litri di gassosa purpurea, invece preferiscono attaccare chi desidera condurre un’esistenza coerente con la propria natura. E una società in cui il penultimo si diverte a fare la guerra all’ultimo è il capolavoro delle classi dominanti.

Il lancio della patata bollente: cosa ne pensate?


Per saperne di più sull'iniziativa #imieiprimipensieri, clicca qui

Commenti

  1. Molti punti assolutamente condivisibili. Il discorso che fai ha radici antiche, te lo dico senza l'intento di sminuire il tuo sforzo, bada bene. Per farti un esempio ti propongo le osservazioni di un intellettuale che, al pari di Erri De Luca e tanti altri, ha sottolineato gli aspetti deteriori della visione che stigmatizzi anche tu. Mi riferisco in particolar modo al 10° punto. Se hai piacere ascolta, ovviamente contestualizza interpreta le istanze provocatorie perché si tratta di persona che si è mossa già decenni che oggi appaioni appartenenti alla preistoria. Volevo proporti un Pasolini al meglio della sua verve anti borghese ma anche Silvano Agosti va bene: https://youtu.be/CWhYGNq-hKg

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non è mia la pretesa di inventare nuovi concetti, bensì di personalizzare e rendere "miei" quelli già esistenti, che condivido. Di disobbedienza,per dire, anche oggi parlano in molti (mi sono documentata per comprendere quali siano gli artisti con cui è possibile creare sinergie) e la stessa cosa si può dire del Jolly, concetto per il quale mi sono ispirata allo scrittore Jostein Gaarder. L'argomento mi sta molto a cuore, quindi ho deciso di trattarlo e di demandare la totale originalità ad altre tematiche. E non preoccuparti: non sminuisci il mio sforzo, perché per questo post non c'è stato alcuno sforzo: ho buttato giù i miei pensieri in completa libertà, con l'idea di scrivere uno status su Facebook. Quando poi mi sono accorta che l'argomento stava diventando corposo, ho deciso di spostarmi
      qui. :)

      Elimina
    2. Certo, ho voluto sottolineare l'intenzione del commento proprio per evitare equivoci. Se un po' hai imparato a conoscermi hai anche comnpreso che mai e poi mai mi ergo a critico pret a porter.
      Per il resto, posso soltanto aggiungere che la condizione basilare al cambiamento e al miglioramento resta la capacità di ascolto (quello vero, non soltanto inteso come utilizzo del sistema cocleare), la disponibilità verso la modificazione dei comportamenti, lo sforzo teso a conoscersi un po' meglio onde evitare di considerarsi "fatti e finiti", immodificabili.
      In relazione al mondo esterno l'obiettivo è l'empatia, il sentire "come se..." Arte difficile presi come siamo a considerare tutto in termini di "simpatia" e "antipatia", visioni senz'altro utili nel decifrare le cose del mondo ma assolutamente parziali. Il nano lo combatti esplodendo, l'essere antisistema senza l'accortezza di modificare il personalissimo e limitato immaginario porta soltanto a detonazioni che non sono altro che l'implosione all'interno di un sistema più ampio destinato a sua volta a implodere. Per combattere un sistema ci si trasforma in energia autodistruttiva quando in realtà dovremmo letteralmente donare e distribuire ciò che di buono è avvenuto in noi. In qualche misura sacrificando ciò che l'ego ci costringe a conservare. La vita ha una sua crudele e triviale verità, tutte le cose vanno masticate e digerite per essere assimiliate altrimenti rimaniamo degli assaporatori, che gustano ciò che può benissimo essere sputato passato il momento di piacere.La strada è lunga, spesso si muore prima di arrivare alla metà, ma è già molto porsi il problema e aver intrapreso il cammino, forse la differenza tra i Jolly e i nani consiste proprio in questo.
      Perdonami per il pippotto, nessuna verità da offrire, ho solo voluto accompagnarti nella tua riflessione.

      Elimina
    3. La differenza tra la "simpatia/antipatia" e l' "empatia" sta nel giudizio. I primi due sentimenti, per quanto inevitabili, presuppongono uno stato d'animo connesso all'opinione che noi abbiamo nei confronti di una data persona o di una certa situazione. L'empatia invece va oltre, perché parte da una comprensione profonda dell'altro, si pone sotto il profilo della testimonianza consapevole: noi entriamo in risonanza con gli stati d'animo degli altri, capiamo che dietro ogni comportamento c'è una storia personale, ci sono delle esperienze, ci sono dei principi e dei valori che hanno ragion d'essere a prescindere da ciò che noi pensiamo. Ed è qui che entra in gioco l'ascolto. Sì, l'ascolto delle energie che provengono dall'altro, perché i pensieri e le emozioni sono fatti di materia, e noi possiamo capire con chi abbiamo a che fare semplicemente standogli vicino. è questo che fa la differenza fondamentale tra un Nano e un Jolly, nelle relazioni con gli altri: il primo giudica, il secondo comprende. :)

      Elimina
    4. Sì, come dicevo. Ma aggiungo che l'empatia è di più, molto di più. A discapito delle ultime mode che ne prevedono un largo utilizzo a livello colloquiale, è un concetto più complesso. Quanto meno per ciò che concerne la prassi professionale legata alle relazioni di aiuto. Sottolineo il "come se" riportato nel mio commento precedente. Non è un dettaglio da poco.

      Elimina
  2. io sono stato fortunato, né a scuola né sul lavoro ho dovuto fare i conti con i Kapo', anzi, al contrario.

    Forse agli occhi di qualcuno sono stato io un nano, perché rappresentavo l'ordine e l'assoluto rispetto di ogni regola, ma la mia era una presa di posizione anche a fronte di quelle catalogazioni e ghettizzazioni che venivano fatte; a fronte del mancato rispetto della mia diversità, per non parlare poi dei simpatici soprannomi che mettevano alla berlina difetti fisici o - nella loro visione - comportamentali e attitudinali.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La disobbedienza del Jolly non è una sorta di anarchia o di menefreghismo nei confronti delle regole, perché ci sono in lui dei valori etici che gli consentono di autodisciplinarsi. Quindi sa lavorare duro e sono. Ciò a cui il Jolly dice no, è quanto umilia e offende la sua natura, relegandolo a un ruolo che non condivide e che non sente proprio.

      Elimina
    2. Esatto, ne parlavamo in un altro dei tuoi post del Jolly. Anzi, il jolly ha una visione delle cose migliore, la sua anarchia - mi piace chiamarla così - è accompagnata da un rispetto di leggi che potremmo dire naturali.

      Elimina
    3. Proprio così. Spesso il nano, per rispettare le regole, ha bisogno dello spauracchio di una punizione. Il Jolly invece sa autodisciplinarsi (evitava per esempio di bere ubriaco già prima che le leggi fossero inasprite) e si ribella solo alle regole che prevedono una prevaricazione e un'umiliazione della dignità umana.

      Elimina
  3. Rubo la tua citazione su Fb e la copio qua:
    "Credi in te stesso: gli unici ad apprezzare uno zerbino sono quelli con le scarpe sporche (L.Buscaglia)" 😊

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ... che poi, se non te ne fossi accorta, è la stessa citazione che apre il post. :)

      Elimina
    2. Ihhh, vero! No, non me n'ero accorta! 😊

      Elimina
  4. Hai reso benissimo il quadro della nostra società, oggi ancora più asservita al potere per il lavoro sempre più precario.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione, purtroppo: le persone si accontentano perché hanno paura di perdere tutto. L'ho fatto anch'io, quindi so quanto alla lunga questo distrugga.

      Elimina
  5. La foto che hai scelto è bellissima.
    Quanto al resto non so, quello che penso che ciascuno deve trovare in proprio modo di vedere all'interno della società, senza negare se stesso. Il primo passo, credo, è la libertà mentale, la consapevolezza che ti possono dire come devi fare, ma non possono mai dirti come devi pensare (possono dirtelo, ma non importelo). Il secondo, circondarsi di jolly perché l'unione fa la forza e due persone diverse e controcorrente a modo loro, anche se il modo diverso, possono aiutarsi molto più di altri (insegnante di religione molto sinceramente cattolica che organizza vacanza con coppia lesbo, se non lo avessi visto, forse non ci avrei creduto). A quel punto è molto più facile liberarsi dei nani, o almeno conviverci (perché a volte, purtroppo, non si può perdere tutto, specie se altre persone dipendono da te).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un bellissimo commento, Antonella, che condivido in pieno e che intercetta un pensiero all'apparenza scontato, ma che non lo è. I Jolly condividono una certa filosofia di vita, ma non sono tutti fatti con lo stampino, altrimenti sarebbero nani. E non si lasciano spaventare dalla diversità, perché la diversità è soltanto un'illusione. Al di là dello stile di vita che ciascuno decide di condurre coerentemente con la propria natura, esiste una comunanza di valori legata alla volontà di vivere in modo autentico. Ed è questo, alla fin della fiera, che distingue un jolly dai nani.

      Elimina
  6. Sono stato bocciato alle medie (pur essendo messo meglio di altri compagni a livello di voti) perché il mio unico scopo era far divertire i nanetti dei banchi, me compreso.
    Il tuo post mi fa pensare a questo, e lo vedo come un esempio che il sistema ha voluto dare ai nanetti di quella scuola. "Fate come questi giullari e verrete segati".
    Tuttavia quel periodo è stato uno dei migliori della mia vita, senza contare che l'anno in cui la scuola mi ha punito, ho perfino compiuto il mio primo viaggio in Sardegna, un luogo paradisiaco. Che sia stata la giustizia universale?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La scuola merita un discorso a parte. Non sempre il Jolly va male, anzi: spesso eccelle, ma in un modo non conformista. Io, per esempio, penso di aver avuto un gran culo, perché sia alle elementari sia alle medie ho trovato insegnanti in grado di valorizzare la mia propensione per le materie letterarie, e a quattordici anni ho puntato sul Liceo Classico: ancora oggi benedico la mia scelta. Mi piaceva studiare. O meglio: mi piaceva imparare. E, siccome per imparare dovevo studiare, lo facevo volentieri, divertendomi. Ero odiatissima dal "secchione" della classe perché riuscivo a ottenere gli stessi risultati studiando la metà di lui, che imparava il libro a memoria ma, se il prof usciva dal seminato, si perdeva in un bicchier d'acqua. Il mio approccio era molto intuitivo, e lo è ancora oggi, quando scrivo. Ero molto brava nei collegamenti, nei ragionamenti, nel comprendere ciò che "stava dietro" ai fenomeni analizzati. Ricordo, per esempio, un'interrogazione di storia, che portò il professore a sconfinare in filosofia. Alla fine, mi diede due voti, uno per materia. :-D

      Elimina
    2. Wow, io invece ho avuto solo professori "standard", a parte qualche eccezione. Alcuni anni fa maledivo la mia scelta di aver proseguito gli studi (si fa per dire) in un istituto professionale, ma ora credo sia andata bene così. Col senno di poi avrei preferito anch'io un classico, ma forse le circostanze, o meglio, certi tipi di insegnanti e metodi preconfezionati avrebbero spento la passione. Non è sicuro ma lo ritengo molto probabile. Comunque nel periodo scolastico più che Jolly ero un giullare :)

      Elimina
    3. Penso che nella vita tutto debba essere com'è. Anche io mi sono pentita di alcune decisioni prese, ma se ripercorro la mia vita a ritroso mi rendo conto che tutto ha un senso, un significato e un valore. :)

      Elimina
  7. Credo che nel quadro, per essere davvero completo, manchi una figura: il Leader, il capo dei kapò, che detta le regole che seguono i Nani e a cui il Jolly non riesce a uniformarsi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Chi è secondo te questo Leader? Esiste ancora, al giorno d'oggi, in Italia, oppure tutto si basa su un tacito equilibrio tra Kapò di pari livello?

      Elimina
    2. C'è sempre un Leader. Cambia a seconda dei contesti, ma questa figura c'è sempre.
      Il Leader è ciò che diviene il Jolly se viene assorbito dal Sistema e ne viene da esso corrotto e riconfigurato perché possa lavorare al mantenimento dello status quo del Sistema.
      I Nani e il Leader non sono il problema: sono solo degli ingranaggi nella grande Macchina del Sistema. E' il Sistema il vero avversario del Jolly.

      Elimina
    3. Verissimo. C'è però da dire che il Jolly per cambiare la società deve essere inserito in un contesto, perché l'isolamento non è una forma di disobbedienza, bensì una fuga. Quindi spetta a lui mantenere l'equilibrio tra le proprie istanze libertarie e quella punta di adattabilità che gli consente di comunicare con i Nani, per aiutarli a prendere consapevolezza di sé. Questa esigenza trasparirà tra le righe anche nell'articolo che stasera ti manderò.

      Elimina
  8. Bellissimo, sentito commento e soprattutto coerente col quadro sociale attuale.
    Fin da bambini si viene "maleducati" all'obbedienza, alle regole, ai divieti.
    Perché così sta bene, perché così viene fuori un piccolo gentiluomo che diventerà magari
    un adulto di bon-ton e vuoto di essenza e contenuto.
    Fin dai tempi della scuola come tu sottolinei c'è la lavagna di buoni e cattivi e il" bambino
    buono" è quello che non si muove, non disturba, non dà fastidio e esegue con diligenza
    i compiti. E poi se alza la mano per dire "io sono preparato io lo so" tanto meglio...
    E così si prosegue nell'età adulta curando la falsa e patinata apparenza, lo sgomitare, il porsi
    davanti agli altri.
    La cosa che mi angoscia è : come muoversi in questo contesto? Dove non puoi dire la tua,
    dove non puoi esprimerti con originalità, estro e creatività se non in ambienti scelti e ristretti,
    dove hai bisogno di un lavoro perché questo mondo ( è inutile negarlo) si regge sul dio denaro ed anche per le iniziative culturali sane il denaro serve.
    Sempre e comunque rimanere saldi nelle proprie convinzioni, coltivare la calma interiore e poi
    a pensare di vincere la sfida quasi quasi desisto....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ricordo che al liceo il mio prof. di storia e filosofia diceva alla classe: "Avere 10 in condotta non è indice di intelligenza, perché la persona intelligente è per natura vivace. Il 9 è il voto migliore, perché indice di creatività, ma anche di rispetto". Io porto sempre nel cuore queste parole, che ritengo estremamente veritiere. Ai miei tempi, però, chi scioperava aveva 7 in condotta e rischiava la bocciatura. Questo dimostra che l'Italia è un paese basato sulla repressione del dissenso.

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

La volontà di essere un Jolly

Appunti a Margine cambia casa

Freedom writers - il valore della scrittura di getto

La descrizione fisica dei personaggi

Letture che ispirano - La trilogia del male di Roberto Costantini

Sfida di scrittura - racconto di 1000 caratteri.

L'arco temporale di una storia: quando passano gli anni.

Con le mani nei capelli - manuali e guest-post

Parolacce, gergo e regionalismi: usare con cautela.

Liebster Award: un'occasione per conoscerci meglio.