Guest post - Lirica e narrativa: quale forma di espressione?


La poesia è un'eco che chiede all'ombra di ballare.
(Carl Sandburg)

Dopo il successo del post “Lo scrittore del profondo”, torna su queste pagine Silvana Amadeo, con un confronto tra due differenti forme espressive: la poesia – un tempo dominante nel panorama letterario ma oggi in secondo piano – e il romanzo. La sua sintetica analisi mette in evidenza delle differenze che possono apparire scontate ma non lo sono, e mi ha portato a domandarmi: è ancora possibile, con tutti i cambiamenti avvenuti nel contesto socio-culturale, raccontare una storia in poesia come avveniva un tempo con i grandi poemi epici? I cantautori spesso lo fanno, seppur in scala ridotta rispetto alle grande opere che abbiamo studiato a scuola. Ma gli scrittori, forse, sono stati fagocitati dalle regole, intrappolati dentro modelli predefiniti, così da non riuscire più a sperimentare formule ibride.
Voi cosa ne pensate?

C’era un tempo in cui regnava la poesia: il suo suono e il suo canto. Le grandi opere erano per lo più in versi, quasi a volere riprodurre le note degli antichi aedi. Pensiamo ai grandi poemi religiosi  come “Gilgamesh” o “Teogonia” di Esiodo, fino alla relativamente più recente “Divina Commedia”, oppure ai grandi poemi cavallereschi che hanno caratterizzato l’epoca rinascimentale. L’utilizzo  della prosa  era limitato ai saggi e ai trattati.
Solo in tempi recenti è nato il romanzo, genere molto più flessibile, non sottoposto a forme metriche né (almeno all’inizio) a vere e proprie regole e quindi con ampio spazio per l’espressione dell’autore, che può rappresentare la porzione di mondo cui si sente maggiormente affine.

Il primo grande romanzo della storia è  “Don Chisciotte della Mancia” ancora sulla scia delle imprese cavalleresche e degli eroi, parimenti ai poemi epici. Nell’Ottocento si assiste all’affermarsi del romanzo storico, che impone all’autore il dovuto corredo di documentazione. Successivamente, si afferma il realismo contemporaneo, sul modello de “I Malavoglia”, caratterizzato da uno sguardo imparziale e acritico del narratore.
Alla fine dell’diciannovesimo secolo, nasce la psicologia come scienza dell’anima: Wundt alla fine del secolo scorso ne decreta l’inizio e i seguenti e ben più noti Freud  e Jung  la consolidano. Il romanzo segue questa scia, andando a  esplorare la  coscienza e i lati tenebrosi della mente, come avevano già fatto in maniera magistrale poco prima grandi narratori russi quali  Tolstoj e Dostoevskij. A questo filone appartiene, per esempio, “La coscienza di  Zeno” di Italo Svevo.
Per ribadire l’ampio spazio in cui può muoversi lo scrittore di romanzi, abbiamo opere che occupano uno spazio temporale limitatissimo come il giovane Holden o l’Ulisse di Joyce, altri che abbracciano un intero secolo come” Cent’anni di solitudine”, storie biografiche come “Una donna” di Sibillla Aleramo o spaccati della società dell’epoca come “Ragazzi di vita” di Pasolini, e ancora romanzi che mischiano i generi prendendo una sfumatura dell’uno o dell’altro.

Oggi c’è un fiorire di vari generi: si va dal rosa all’erotico, dal fantasy al thriller fino ad arrivare a una miscellanea degli stessi in una sola opera, in un mercato che ora più che mai cerca di sorprendere il lettore con effetti quasi pirotecnici e si avvicina sempre più alla sceneggiatura. Il romanzo ti dà la possibilità di fare salti spazio temporali, di muoverti avanti e indietro come in una macchina del tempo, di creare interi tomi con attenzione ai dettagli, descrivendo e soprattutto rappresentando scene e personaggi nei minimi particolari. Il lettore può visualizzare così ambienti, movimenti, fotografare stati d’animo e ascoltare i dialoghi proprio come in un film, vedere muovere e scorrere le figure nel tempo e nello spazio in azione e interazione.

E che dire invece della quasi dimenticata poesia?

Il verso è un insight, una folgore nel buio, è l’illuminazione o l’oscurità di un momento vissuto con  intensità. In un verso si può condensare un’intera pagina, un intero capitolo un’intera storia,  proiettando su righe concise un qualsiasi diletto o tormento dell’anima senza parlare di ciò che lo ha provocato, senza creare una coreografia esterna, ma solo una risonanza interiore. Come nel romanzo così nella poesia è importante mettersi in contatto non solo con la  propria anima, ma con l’universalità: non parlare solo di sé in maniera monologante, bensì cogliere aspetti comuni del genere umano, universalizzare i sentimenti.

La poesia è’ meno razionale e meno tecnica per sua natura rispetto al romanzo e ancor di più adesso che è libera dalle regole metriche di un  tempo che davano ritmo e musicalità ma al tempo stesso creavano delle maglie. La poesia è come una pennellata di colore improvvisata su una tela bianca; è sintesi ed abbondanza, come nel suono di un mantra in cui  puoi racchiudere l’intero senso della vita umana.   

Pur essendo oggi abituati a un linguaggio molto sintetico  e sbrigativo, la poesia non trova la sua meritata collocazione perché un verso fatto bene è breve ma non resta in superficie, squarcia il buio, può anche ferire. Versi costruiti con l’efficacia di figure retoriche, accostamenti improvvisati, licenze poetiche che ammettono un linguaggio fuori dal quotidiano e anche dalla logica: nati nell’anima serena o torbida di chi li ha  generati, questi elementi vanno verso il lettore come una saetta infuocata. E lui resta lì, fermo, a lasciarsi avvolgere dalle sensazioni provate, a sentire gli echi, gli scossoni, a lasciarsi passare davanti immagini che sembrano venire da un mondo onirico e che incrinano il  silenzio.  Il silenzio  dell’evocazione che segue la  lettura dei versi.

Mentre Il romanziere ti conduce per mano verso il cuore della trama, verso il vissuto dei personaggi, riesce piano a farti familiarizzare con loro e a introdurti nel loro   mondo nei loro pensieri, il poeta non scopre non disvela non dettaglia. Ti lascia in sospeso quasi a non volerti svelare l’arcano, come carte sibilline. Spetta al lettore cogliere l‘ energia di poche parole accostate e decifrarne il significato come in un film dal finale volutamente equivocabile. Non la corposità e la consistenza degli accadimenti, ma solo l’eco di una campana il cui suono progressivamente si  assottiglia  lasciando una vibrazione una scia. 

Il lancio della patata bollente.
Voi come lettori o come autori quale canale espressivo preferite?
Quale pensate possa essere il valore diverso dell’uno o dell’altro genere?

La mia ospite
Silvana Amadeo è nata a Reggio Calabria il 12 - 07 - 1969 e vive a Cinisello Balsamo, in provincia di Milano. Lavora come impiegata ma svolge anche attività di counselor olistico per passione. Ha praticato attività di volontariato; si interessa di yoga, esoterismo e filosofia buddista. Ha pubblicato: “Tra le disco e le pagode” (ed. Giovanelli 2016) romanzo di formazione intimistico con elementi di autobiografia e di esoterismo.


Commenti

  1. Ciao Silvana e ciao Chiara,
    interessantissima riflessione che condivido. La poesia è qualcosa di inevitabilmente ermetico; l'autore usa (in genere) poche parole rispetto a un romanzo; ma con quei pochi versi colpisce maggiormente il lettore. Il poeta racconta fatti e persone, esprime le proprie sensazioni; il lettore li interpreta e li fa propri. Un po' come avviene per il cantautorato, che se ben fatto può essere considerato a pieno titolo come l'erede della poesia. Il romanzo agisce più sul lungo termine. L'autore naturalmente usa fatti e personaggi per esprimere le proprie convinzioni. E' un processo diverso e il lettore vive passo a passo, probabilmente si immedesima di più (nella poesia invece c'è il rischio che faccia proprio un messaggio, ma leggendo i versi in una maniera diversa rispetto a ciò che voleva esprimere il poeta), poi c'è tutto il meccanismo di immaginarsi personaggi, luoghi...è una fruizione più ampia (e per questo probabilmente meno intensa della poesia, i cui versi appunto possono bruciare e colpire).

    In conclusione una piccola provocazione: conosco scarsi romanzieri che sono discreti poeti :). Non sono molto bravi a usare le parole, per cui ne usano poche, mascherando questa loro incapacità con un vestito da poeta che mal si addice loro. Al contrario un mio zio è un ottimo esempio, nel suo piccolo, di romanziere e poeta. Ma conoscendolo capisci subito che ha talento: è anche attore di commedie dialettali e nei suoi racconti a voce è appassionante e divertente.

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    1. Ciao Riccardo
      Hai interpretato più o meno perfettamente ciò che volevo dire. Col romanzo sei più guidato,
      con la poesia sei più in balia di versi sibillini a cui spetta a te dare più o meno una risonanza. Ma va bene quel che accade quel che si percepisce anche se non è proprio
      l'autentica voce dell'autore. Il romanzo è un film sulla carta, la poesia è un'eco.
      Il connubio nella stessa persona di romanziere e poeta non è facile anche se ci sono
      stati ,e ci sono ancora autori, dall'"anima duplice" e il talento parla da sè sia per il romanzo sia per la poesia.

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  2. Premesso che ho per la poesia l'amore incondizionato di chi è negato per produrla, credo in realtà che abbia ancora molto da dire. Con un approccio un po' meno accademico a scuola le poesie riscontrano parecchio successo. Con la prosa dell'ottocento, per dire, si fa una fatica infinita ad arrivare ai ragazzi, invece Leopardi e anche Foscolo arrivano diretti, per non parlare della Divina Commedia, che piace sempre.
    Secondo me davvero i poeti di oggi sono i cantautori, alcuni testi si trovano già sulle antologie scolastiche e non sfigurano, anzi. Una volta ho presentato un testo di Pascoli e uno di De Gregori e ho sfidato i ragazzi a indovinare qual era la poesia e qual era la canzone. Secondo gli alunni "La mia sera" di Pascoli era una canzone e "Generale" una poesia!

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    1. Ciao Tenar
      Da quel che dici mi sembra di capire che tu possa essere un'insegnante. Bel lavoro almeno
      in teoria.
      Certo non tutti hanno l'attitudine di scrivere dei versi che siano veramente rispettabili, ma
      tutti abbiamo una sensibilità tale da poter percepire la poesia.
      E ciò non vuol dire imparare a memoria, fare la parafarsi, l'analisi del testo e delle forme
      metriche: lavori comunque interessanti. La poesia è vibrazione su piani più sottili.
      E la scuola purtroppo non riesce a insegnarlo.
      Bello anche il paragone tra poeti e cantautori! Sono coloro che preferisco nel panorama
      musicale. Battiato, Guccini, De Andrè e altri sarebbero ben degni di stare tra i poeti con
      l'abbinamento piacevole della musica.
      Divertente anche la tua esperienza coi ragazzi che hanno confuso Pascoli e De Gregori.

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    2. È proprio la scuola che può far arrivare quella vibrazione più sottile che arriva al cuore. A me l'amore per la poesia, sia pure da sola lettrice l'ha trasmessa proprio la scuola e nel mio piccolo, insieme a tanti altri colleghi più bravi di me, cerco di fare altrettanto. E per fortuna i cantautori italiani stanno già stabilmente nelle antologie, c'è persino una scuola (forse più di una, ma io ne conosco una) intitolata a De André.
      Scusa questo appunto, ma a volte si parla di scuola come se fossimo ancora negli anni '50 o comunque basandoci sui nostri più o meno fortunati ricordi, invece, per fortuna, si va avanti.
      PS: ho apprezzato molto il post e magari dal mio commento non si è colto ;)

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    3. Eh già ho 47 anni e quindi la mia esperienza scolastica diretta è riferita a quell'epoca.
      Sono contenta che sia un mondo in evoluzione perché è da qui che verrà la formazione
      per una società che tutti auspichiamo migliore.
      Poi tutto è un po' affidato alla creatività e alla buona volontà dei singoli insegnanti e
      allievi.

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  3. Io amo la poesia, anche se personalmente sono abbastanza negata, però ci sono poesie che ho adorato (e che ancora ricordo a memoria) e trovo che alcuni cantautori abbiano effettivamente scritto delle autentiche poesie in musica (mi riallaccio al commento di Tenar).
    Il romanzo però ci trasporta in tanti mondi e realtà diverse e permette di far spaziare di più la fantasia anche come autore...

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    1. Anch'io ho imparato da bambina e da ragazza diverse poesie a memoria e ancora le ricordo.
      Trasportata da quelle emozioni e da quel sentire.
      Il romanzo di certo ha una portata più ampia su scene contenuti personaggi.
      L'arte della scrittura, che sia romanzo o poesia, d'altra parte deve farci viaggiare oltre
      qui in questa nostra realtà e in spazi più sottili. Deve arricchirci e sollevarci un po' dal consueto e
      dall'ordinario.

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  4. Ciao, bella riflessione, condivisibile. Personalmente non mi sono mai cimentata con la poesia, ci sarà una ragione :). Tuttavia mi appassiona. La poesia per me ha la funzione di scuotere la nostra anima nell'attimo in cui la leggiamo. Ci scrolla di dosso la crosta delle nostre convinzioni e fissa, attraverso immagini spesso assai articolate, sentimenti ed emozioni, così, come se li dipingesse attingendo l'inchiostro dalle nostre vene.
    Un romanzo invece, al di là del genere, richiede un lavoro più sistematico e razionale. E' funzionale alla storia ma difficilmente sa ritrarre il momento in cui il cuore parla a noi e, per mezzo del poeta, al pubblico che vuole ascoltarlo.. Due forme di comunicazione completamente differenti ma proprio per questo assolutamente complementari

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    1. Come sempre accade la pluralità di forme è opportunità e così anche per la scrittura.
      E benvenuti sia la poesia che il romanzo.
      "Come se li dipingesse attingendo l'inchiostro dalle nostre vene". Che bella espressione!
      Mi richiama qualcosa di intimo e profondo, un insight, uno schizzo sulla carta fatto da
      un'anima che esulta o che è turbata.
      Il romanzo è più razionale, richiede organizzazione di contenuti. Essendo più ampio, va gestito" amministrato" con tecnica e razionalità, con più lavoro di testa e proprio
      per questo meno intimo, per lo meno in linea di massima.

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    2. Ciao Silvana, sono felice che ti sia piaciuta l'espressione di cui sopra. In fondo anche un semplice commento è un buon modo per praticare il più possibile l'arte dello scrivere :)
      Sul resto hai colto esattamente il senso delle mie parole quando provavo a distinguere poesia dal romanzo. Entrambe le forme artistiche di espressione hanno secondo me un valore che prescinde dalla loro supposta modernità

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  5. Io non amo la poesia.
    Ecco, l'ho detto!
    Proprio il suo taglio, la sua forza breve, il suo squarcio di luce nel buio non mi fa cogliere la bellezza di un pensiero: in pratica ragiono al contrario. Io ho bisogno di tempi lunghi per adattarmi, per sentirmi a mio agio, per percepire sensazioni, godere di momenti, un romanzo (anche un racconto) mi consente tutto questo, la poesia mi costringe a cogliere tutto subito, in una frase, in un verso, in pochissime parole.
    Paradossalmente perdo la concentrazione e mi perdo il bello della sintesi poetica.
    Detto questo, aggiungo che da giovane liceale tenevo sul comodino Bibbia e sonetti di Leopardi. 😃

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    1. C'è chi ha quel lampo intuitivo veloce, c'è chi ha bisogno del tempo lento per apprezzare. Entrare piano piano nelle scene negli episodi nell'anima dei personaggi e poi immergersi.
      E va benissimo così. La diversità è bellezza.
      Sonetti di Leopardi.. Quanti ne ho imparati di mia iniziativa! Non ti sollevano l'umore di certo,
      ma intensi intrisi di un vissuto interiore.

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  6. A me la poesia piace. Ma non quella moderna. Ho apprezzato molto le poesie di Quasimodo. Anni fa lessi quelle di Poe, che vorrei rileggere in originale. Vorrei affrontare la lettura della Divina Commedia e leggermi tutto Leopardi e Foscolo.
    Ho provato, ormai tanti anni fa, a scrivere poesie, le ultime di stampo macabro, ma oggi la poesia non va. La gente non legge i Maestri, figuriamoci se si mette a leggere le poesie di uno sconosciuto.

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  7. Ciao
    Effettivamente la poesia dei nostri tempi non ha più il fulgore di quella di un tempo. Non è tutto da buttare ma occorre fare una certa selezione per trovare qualcosa di buono.

    La gente è più orientata verso proposte spicciole che non verso qualcosa di più profondo.
    Per gli esordienti la partita è dura. Si scrive tanto si legge poco e solo determinati contenuti.
    Sul lungo termine i corsi e ricorsi storici fanno pensare che quel che un tempo c'era potrà ripetersi
    in un'altra forma.
    P.S. Se credi comunque nella poesia puoi provare a riprendere in mano i tuoi amati autori e poi esercitarti, senza aspettative, con le tue poesie macabre. Magari il macabro ha anche il suo fascino...

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  8. Post molto bello! Ma Simona ha dimenticato Omero :D. Per come è messa oggi la letteratura, preferisco i romanzi, anzi, io leggo per lo più saggi quindi ci sarebbero da fare altre considerazioni... Se parliamo della poesia dei secoli passati dobbiamo dire che era la stessa cosa del racconto, le opere nascevano dalla tradizione orale, venivano cantate dagli aedi e poi riportate su carta, quindi poesia e narrativa corrispondevano, la poesia era la forma del racconto.. oggi la poesia è un breve componimento che può avere il suo perchè solo se è un capolavoro, altrimenti è poco interessante

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    1. Ciao, lascio la risposta a Silvana come ho fatto con gli altri utenti, ma intanto ti do il benvenuto, visto che sei nuova. :)

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    2. Ciao Giulia,
      Benvenuta e son contenta che il post ti sia piaciuto. Certo che Omero sarebbe da
      menzionare; io ho preferito citare solo pochissime opere a titolo di esempio.
      Dalla tradizione orale si è passati alla forma scritta perchè l'umanità conservasse
      il patrimonio culturale meglio nel tempo; dalla grande poesia fatta di storie, di ritmo e di canto si è passati
      alle forme narrate.
      Esattamente, come tu dici, poesia e narrativa corrispondevano in quanto quella
      era un tempo la forma del narrare. La società e il mondo cambiano in questo e in altri settori e noi possiamo solo osservare questo processo.
      Se vogliamo invece passare a esprimere un'opinione direi che quanto ai tempi odierni
      sono d'accordo con te.
      E' più facile trovare un romanzo valido che non una poesia così intensa da risuonare con ciò che c'è di profondo in noi.

      Ci sono poeti improvvisati dappertutto che in realtà hanno scritto solo delle belle righe di diario. Col romanzo questo "giochino" è un pò più difficile, pertanto penso ,che numericamente parlando, abbiamo più possibilità di trovare un buon romanzo moderno che non una poesia.

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  9. Bellissima e interessante riflessione. Personalmente mi sono cimentato sia nella poesia che nella narrativa, come lettore e come scrittore. Oggi è più facile piazzare libri di narrativa: lo richiede il mercato. La poesia sembra, purtroppo, cosa d'altri tempi.

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    1. Grazie Giuseppe,
      Anch'io ho sperimentato entrambi i generi e da ciò sono scaturite queste riflessioni.
      Hai parlato di mercato e osservo che le leggi economiche condizionano anche il mondo della scrittura; alcuni autori scrivono quasi a comando interpretando i gusti del pubblico
      e giocando sapientemente con l'obiettivo di vendere, senza per questo creare opere da buttare. Mi piacerebbe un giorno scrivere un post sull'argomento.
      La poesia, quella veramente buona, che risuona, è effettivamente roba d'altri tempi, ma se ci apriamo alle mille possibilità, con un bel pò di sforzo,possiamo scovare qualcosa di apprezzabile.

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