Il romanzo dittatore non si arrende



Accadono cose che sono come domande. 
Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde.
(Alessandro Baricco)


Non posso dire di aver già completamente sistemato la nuova casa. Ci sono due stanze ancora da finire. Una di queste, sarà il mio studio. Quindi, tutti i miei libri sono ancora dentro gli scatoloni. Se mi viene voglia di cercarne uno, mi mangio le mani. Tiro un respiro profondo. Penso che ci sarà tempo per tutto. Ci sarà, appunto. Adesso accumulo ancora i minuti uno sull’altro con l’obiettivo di spremerli il più possibile. Cerco di riorganizzarmi la vita, ma l’attenzione è tutta rivolta a ciò che accadrà la settimana prossima: le ferie, che stavolta spero possano essere degne del proprio nome e consentirmi un po’ di riposo.
Ciò nonostante, sto meglio. Una volta ultimato il trasloco, ho ritrovato un po’ di lucidità. Mentre attendo il rientro del tecnico che dovrebbe reindirizzare Appunti a Margine sul nuovo sito, qualcosa ha ricominciato a muoversi anche sul piano creativo. È un’energia sottile, che devo ancora focalizzare. Però c’è. E, dopo un lungo periodo trascorso con le sinapsi addormentate, la sua presenza mi rincuora.
Oltre a correggere le storie altrui (il lavoro di editor mi piace sempre di più, ogni giorno che passa) è tornato il desiderio di raccontare LE MIE. E ne sono immensamente felice.
Da circa una settimana, sto facendo un giro di ricognizione tra i testi scritti negli ultimi anni, in particolare il Romanzo Dittatore cui ho dedicato tanta attenzione tra il 2014 e il 2016. Le maiuscole non sono casuali.  Quella storia è la mia ossessione. Un anno fa la accantonai perché avevo raggiunto la saturazione, e incominciai a scrivere una nuova storia. Tuttavia, per tutti questi mesi ha continuato a perseguitarmi, persino nei sogni. Così, in questo periodo assonnato, ho deciso di scartabellare tra i miei vecchi file per capire cosa farne. Non ho ancora riletto tutto, quindi non me la sento ancora di pronunciarmi sul destino di tale mattonazzo, ma scontrandomi con le mie antiche parole ho compreso un po’ meglio da dove arrivo e dove desidero andare.

COSA PENSO DEI MIEI VECCHI SCRITTI?
Di parole da dire ce ne sarebbero moltissime, nel bene e nel male.  Per esigenza di sintesi, voglio focalizzarmi solo su un pregio e un difetto.  Comprenderli mi potrà aiutare a prendere una decisione.

UN PREGIO – LA PROSA
La scrittura non è fluida in tutto il romanzo in egual misura. Secondo me, nei file più vecchi lo stile era ancora un po’ ingessato, troppo ortodosso e lineare per una persona che da sempre ribadisce l’importanza di trovare la propria voce al di sopra delle convenzioni. Il politicamente corretto può accontentare tutti, ma non ha una frequenza vibrazionale abbastanza elevata. E, alla lunga, risulta addirittura noiosa.
 Per fortuna, a partire dalla fine del 2015, inizio del 2016, qualcosa è cambiato. La qualità dello scritto ha subito un’impennata che, a un lettore esterno, potrebbe sembrare improvvisa, ma che io riconosco come il frutto di un percorso stilistico consapevole e alquanto travagliato. Subito dopo aver ripreso a scrivere, infatti, la tecnica mi dava sicurezza. Con il passare del tempo, però, è diventata una gabbia. Passavo più tempo a correggere che a scrivere. Mi crogiolavo nel dubbio che i miei testi non fossero adeguati. Avevo bisogno di focalizzarmi sull’atto creativo e di divertirmi, senza pensare.
Così, incominciai a scrivere di getto, proponendomi di rileggere solo quando avessi avuto un bel po’ di pagine sottomano, se non addirittura dopo aver completato la stesura dell’intero romanzo.  Forse me lo potevo permettere, perché avevo già introiettato le principali regole narrative, fatto sta che la mia scrittura trovò un nuovo vigore. 
Potrei sembrarvi vanagloriosa, ma ciò che ho letto mi è piaciuto.
L’intensità di alcuni passaggi mi ha spiazzato, mi ha fatto piangere. Più volte mi sono domandata: “ma davvero l’ho scritto io?” per poi sorridere sorpresa. È inutile convincersi che la stesura di un romanzo sia soltanto tecnica. Questo è l’alibi di chi non sa ascoltare se stesso. Un’ispirazione potente genera pagine dense di magia, che non solo trasmettono emozioni, ma sono valide anche sotto il profilo stilistico.
Quindi, buttarle via, sarebbe un peccato.
Almeno credo.
Perché…

UN DIFETTO – IL MINESTRONE
… in quel romanzo c’è un gran casino. So che non posso prendermela con me stessa più di tanto, perché gli scritti vanno sempre contestualizzati. Quando iniziai a lavorarci (lo sapete già, perché ne ho parlato più volte qui sul blog) ero reduce da cinque anni di silenzio. Inevitabilmente, quindi, finii per usarlo come un banco di prova delle mie competenze. La stesura si accompagnò a una messa a punto del metodo, una sperimentazione di nuovi stili e, soprattutto, una riscoperta di me stessa e delle mie esigenze creative.
Inoltre, ho scritto quelle pagine in uno dei periodi più brutti della mia vita. È inutile che ora faccia un riassunto: conoscete anche le mie grane di lavoro e l’esaurimento che ne seguì. La scrittura mi salvò. In quel periodo, era l’unico strumento a mia disposizione per tirare fuori la mia vera natura. E, dopo qualche tentennamento legato a (chiamiamola così…) un inconscio bisogno di essere conforme, imparai a raccontare con naturalezza le gesta e i pensieri dei miei personaggi, senza più domandarmi se fossero adeguati, o se lo fossi io. Tutto ciò che mi bruciava dentro, tutto ciò che desideravo dire, io lo scrivevo nel romanzo. E più scrivevo più la sua mole cresceva, cresceva, cresceva. Ed è cresciuta fino a sommergermi.
Questo romanzo non è tanto: è troppo!
Me lo diceva Marina, la mia beta-reader, ma io non ci davo peso. Avevo bisogno di fare un passo indietro per comprendere la mia verbosità. Ci sono tanti dialoghi intensi. Tanti concetti interessanti. Ma quali di essi servono davvero alla trama? In molti casi mi sono dilungata inutilmente. Prenderne atto, è stato disarmante. Però non rinnego il lavoro fatto. Non penso di aver perso tempo. Ho espresso certi contenuti perché ne avevo bisogno. Adesso, però, occorre ottimizzare. Decidere cosa tenere e cosa lasciare.
Anzi: decidere se tenere o se lasciare…

COSA FARE?

Per prima cosa devo terminare la lettura per avere una panoramica completa del lavoro fatto. Dopo di che, davanti a me si apriranno diversi scenari. Le ipotesi avanzate in questo primo rendez-vous con il passato, sono state moltissime. Al momento, due mi sembrano le più praticabili:
a) riprendere a scrivere la stessa storia;
b) scrivere una storia nuova conservando alcuni elementi di quella vecchia;
c) trasferire i personaggi in una vicenda completamente diversa.
So che l’opzione c può sembrare rocambolesca, eppure è quella su cui sto ragionando da più tempo. Da marzo, per l’esattezza, quando mi è venuta in mente una nuova trama (un giallo!) e ho scoperto che alcuni dei miei vecchi protagonisti (una ragazza in particolare) avrebbero potuto ricoprire un ruolo importante.
Però, sono indecisa per natura. Ci devo ancora pensare anche se… forse… ecco: sarebbe meglio non pensarci affatto. E scrivere, semplicemente, ciò che viene. Così facendo, le risposte arriveranno da sole!

Il lancio della patata bollente
Ci sono delle storie che non vi vogliono lasciare in pace?


Commenti

  1. Direi parecchie, quasi tutte. E per motivi diversi. L'ultima nonostante la prima stesura sia stata brevissima mi ha davvero ossessionata, la gente mi parlava e io seeee ero da un'altra parte.
    Ora non lo chiedi ma se posso ti direi che il piano C può convivere con il piano A o B
    Finisci questa romanzo, riscrivendo la prima parte che ti pare più ingessata e tagliando, revisionando tutto - se credi chiedi aiuto a qualcuno - e poi riutilizza la ragazza per una nuova storia, ma chi te lo impedisce? Io ho usato alcuni personaggi per altre storie, Figlia dei fiordi è uno Spin Off de Le affinità affettive e nel rosa che ho scritto quest'anno ci ho infilato Virginia, collegafigo, zia Carla (che conosci) e pure Anna e Cesare, la mia editor era scettica, molto scettica e io NON HO MOLLATO e l'ho spuntata.
    Non ti dico di fare una serie, ti dico che un personaggio può funzionare su più storie e se piace il lettore sarà felice di ritrovarlo. Capisco le tue perplessità sul romanzo mappazzone, ma Chiara, ci sei dietro da 4 anni, buttarlo ora per me sarebbe un sacrilegio!
    Ma naturalmente questo è solo il mio parere!

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    1. L'idea di fare una serie (magari gialla) non mi spiacerebbe affatto, anche se non è questo il caso. Amo leggerle. E l'idea di muovermi in un territorio conosciuto, di farmi accompagnare dai miei personaggi per un lungo periodo, mi affascina molto. è rincuorante per me, e anche per i lettori. Ma per prima cosa occorre terminare il primo libro. :)

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  2. Chi sono io per dirti cosa fare? (questo me lo dico il più delle volte che lanci queste patate bollenti...) :)
    Se è un'ossessione, non va mollata. Sono d'accordo con Sandra che l'opzione C è sempre valida, semmai c'è da decidere tra A e B. Ma dato che gli editor funziona come con il parrucchiere, che non riesce a tagliarsi bene i capelli da solo, perché non trovare un altro editor per questo romanzo? C'è bisogno di un occhio obiettivo, esterno, che veda quel che non vedi tu perché ci sei troppo immersa.

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    1. La domanda "che fare?" all'interno del post era rivolta più a me stessa che a voi, l'avevo scritta per seguire il flusso del discorso. Ormai ho la modalità #imieiprimipensieri permanente. Il lancio della patata bollente, infatti, conteneva un altro quesito, perché mi piace confrontarmi con altri autori e condividere esperienze. Il consiglio comunque è validissimo. :)

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  3. Per quanto riguarda me, non parlerei di "storie che non vogliono lasciarmi in pace". Anzi, direi piuttosto il contrario: ci sono storie che io non voglio lasciare in pace :D . Succede per esempio al romanzo che sto scrivendo ora: durante la stesura mi sono venuti dei dubbi su quanto ciò che sto scrivendo sia convincente e e valido, e alcuni passaggi non sono sicuramente come vorrei. Ma io continuo a scriverlo giorno dopo giorno, senza lasciare che queste ansi mi frenino :) .

    In fondo, la penso così: se la trama non è raffazzonata e ha un suo senso logico, qualsiasi romanzo, per quanto difettoso, può essere trasformato in qualcosa di buono col giusto lavoro di revisione. Mentre un frammento incompleto, per quanto scritto bene e con una trama mozzafiato, non serve a nulla: non è un romanzo e non si può pubblicare. Ecco perché credo sia meglio terminare un romanzo nonostante tutto e poi solo dopo pensare a sistemarlo - magari scrivendosi, come faccio sempre, alcuni appunti da revisione da usare poi man mano che si va avanti e si capiscono quali sono i difetti. Ovviamente però questo è solo il mio metodo: va bene per me, ma non credo sia il migliore in assoluto ^_^ .

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    1. Abbiamo un metodo simile. Anch'io prendo appunti direttamente sul file, riporto osservazioni ed evidenzio gli aspetti che richiedono attenzione. Il mio blog non si chiama "Appunti a Margine" per caso, ma perché ho sempre avuto questo vizio. :)

      Secondo me, anche i frammenti possono essere inseriti all'interno di un altro romanzo. Magari non i dialoghi, i pensieri dei personaggi (se non quelli a valenza universale) o i dialoghi, ma le descrizioni sì. Sarà che io ambiento le storie sempre negli stessi posti, il che mi rende facile trasferire i brani che non voglio buttare via.

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  4. Alcune storie mi fanno tap-tap sulla spalla con maggiore frequenza, ma definirle ossessive sarebbe troppo. Quanto alla tua scelta, mettere le mani su una storia già scritta per completarla e farle una revisione radicale mi sembra fattibile; recuperare pezzi da una storia abbandonata per usarli altrove è una cosa che non farei, ma è un parere del tutto personale. Per come sono io, il vecchio inquinerebbe il nuovo, togliendomi parte dell'entusiasmo per la nuova storia. Ma sai com'è, è vero tutto e il contrario di tutto. ;)

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    1. Sì, è vero, il rischio di creare un "ibrido" è sempre dietro l'angolo, e questo mi frena moltissimo. Spero che le ferie mi aiutino a chiarirmi le idee. ;)

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  5. Prendo la patata bollente e rispondo.
    No, non ci sono più storie che non mi vogliono lasciare in pace. Le ho mollate lì dov’erano senza rimpianto: prenderanno polvere? Me ne dimenticherò del tutto? La loro sorte per ora non mi interessa.
    Invece sono contenta che tu stia ripensando al tuo progetto n. 1, l’ho seguito e sai che gli sono affezionata, però ripeto anche qui il consiglio che ti ho dato nell’ultimo messaggio: se hai ripreso in mano il vecchio romanzo perché non ti ha mai veramente lasciato in pace, non disperdere le energie in nuovi progetti, completa questo, fai vivere ai personaggi la loro storia, poi concedigli altre possibilità, dopo, però.

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    1. Avendo già risposto al messaggio, non ho altro da aggiungere in merito. :)

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  6. Un giallo! Che bello, lo attendo. Anche perché penso che tu possa essere una superba giallista.

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  7. Concordo con il consiglio di Sandra, finisci di scrivere questo romanzo, ci hai lavorato tanto e sarebbe un peccato buttare via il lavoro, puoi anche sottoporlo a un editor professionista. Finire una storia è il solo modo per non farti più ossessionare. Io sono sempre ossessionata dalle storie che scrivo, almeno finché non le completo, mi è successo soprattutto con i primi due romanzi.

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    1. Per sottoporlo a un editor professionista dovrò prima arrivare a una versione accettabile. Però sì, potrebbe essere un'idea. :)

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  8. Oddio, da quanto tempo è che non ti leggo? Aaahhh! Perché???
    Che bella la nuova versione del blog!

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    1. Che piacere ritrovarti, Monica! :)
      La nuova versione del blog c'è da almeno un anno e mezzo.
      Sì, direi che è passato un po' di tempo. :-D

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  9. Come sai, ho avuto il mio romanzo-persecutore ed è stata dura riuscire a liberarmene. L'agonia è durata quindici anni ma non avrei potuto mai e poi mai rinunciarci. Se i personaggi o la storia continuano a bussare, è segno che devi ascoltarli. Di fatto a me succede quasi sempre così ogni volta, ci sono storie che non mi lasciano andare. Magari le lascio da parte io per occuparmi d'altro, ma prima o poi tornerò da loro. Gioie e dolori della scrittura.

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