Natale con Nathalie Goldberg - I primi pensieri dello scrittore
Sono libera di scrivere le peggiori schifezze del mondo.
(Natalie Goldberg)
Sono pochi i
libri in grado di trasformare radicalmente l’esistenza di una persona. Uno di questi
è, per me, Scrivere
Zen di Natalie Goldberg: non solo mi ha aiutato a
prendere confidenza con la pagina bianca, ma ha anche avuto il grande merito di
farmi conoscere le filosofie orientali. Dodici anni fa trasudavo inconsapevolezza;
ora, grazie a questa sciura
americana, ho trovato uno stile narrativo e di vita.
Ricordo ancora
il momento in cui, mentre cercavo un manuale che potesse aiutarmi con i miei
esperimenti creativi, vidi questo volumetto nello scaffale della Feltrinelli,
in Galleria Vittorio Emanuele, a Milano.
Era come se mi chiamasse a sé con la propria energia. Non indugiai un
solo istante ad acquistarlo. Lo lessi in pochi giorni. Feci tutti gli esercizi
proposti. Da allora, le sue parole sono una sorta di monito, quando il mentale
mi distacca troppo dall’essenza dei miei testi. E ogni volta che, durante una
prima stesura, la paranoia mi porta a cancellare o rileggere, mi ricordo delle
pagine pubblicate qui, le stesse che due anni e mezzo or sono avevano ispirato
il post inaugurale di Appunti a Margine.
Nell’articolo di oggi, avrei potuto fare un riassunto o rielaborare il testo con parole mie, ma ho pensato che condividere l' originale alla base della mia formazione fosse il modo migliore per augurarvi Buon Natale. Magari qualcuno ha già letto il libro, e queste parole non aggiungono nulla di nuovo al suo metodo. Altri invece seguono già questi principi, senza che nessuno glieli insegni. Oppure hanno un approccio più razionale e non desiderano adottarne un altro: va benissimo così. Ogni persona è fatta a modo suo, ed è giusto che trovi la propria strada. Per quel che mi riguarda, sono talmente abituata a questo modus operandi che ogni tentativo di cambiarlo risulterebbe una forzatura. Ormai ho da tempo abbandonato il cronometro e ragiono sulla base di singole unità scrittorie: un articolo del blog, un capitolo o una sezione del romanzo, un’email confidenziale. Qualunque sia il testo che devo scrivere, mi siedo davanti al computer e vado avanti finché la mia creatività non è stata spremuta come un limone. La mente e gli artifici tecnici subentrano solo in fase di revisione, quando mi adopero per rendere il testo accessibile al lettore.
Credo che il valore dell’arte si trovi nella capacità di lasciare andare. Solo abbandonandomi completamente al flusso dei miei primi pensieri posso donare alle mie storie un’elevata carica emotiva. Diversamente, la mia scrittura altro non sarà che il surrogato della mia vita quotidiana e delle sue alienanti routine, con il dominio del mentale e l’ansia da prestazione. E l’anima, imprigionata da paure che non le appartengono, non avrà più modo di esprimere le proprie verità.
Ho provato a
fotografare le pagine del romanzo, ma la risoluzione è venuta malissimo. Non mi
resta altro da fare che copiare tutto manualmente. Spero almeno che lo sforzo
sia apprezzato:
L’unità base dell’addestramento alla
scrittura è l’esercizio a tempo. Vi potete dare dieci minuti, venti minuti o un’ora.
Dipende da voi. All’inizio uno potrebbe voler partire con calma e dopo una
settimana aumentare il tempo, oppure potrebbe volersi buttare per un’ora fin
dalla prima volta. Non ha importanza. Qualunque sia la scadenza che vi siete
dati, l’importante è sentirsi impegnati a rispettarla e dal primo all’ultimo
momento seguire queste regole:
1 - Tenete la mano in movimento. Non
fermatevi a rileggere la frase che avete appena scritto. Questo vuol dire
soltanto menare il can per l’aia e cercare di assumere il controllo di ciò che
si sta dicendo.
2 – Non cancellate. Questo significherebbe confondere la
creazione con la revisione. Anche se avete scritto qualcosa che avevate
intenzione di scrivere, lasciatelo.
3 – Non preoccupatevi dell’ortografia, della punteggiatura e della grammatica.
Non preoccupatevi neanche di restare nei margini sulle righe del foglio.
4 – Perdete il controllo.
5 – Non pensate. Non lasciatevi invischiare dalla logica.
6 – Puntate alla giugulare. Se scrivendo vien fuori qualcosa che vi fa paura o vi fa sentire
esposti, tuffatevici dentro. Probabilmente è carico di energia.
Ecco le regole. È importante seguirle,
perché lo scopo è quello di aprirsi un varco fino a giungere ai primi pensieri,
là dove l’energia non viene ostacolata da motivazioni di convenienza sociale o
dal censore interno, là dove si scrive ciò che la propria mente vede e prova
veramente, non ciò che essa pensa di dover vedere o provare. È una grande
occasione per portare alla luce gli aspetti più bizzarri della nostra mente,
per esplorare il margine ruvido del pensiero. Come quando grattiamo una carota
per dare colore a un’insalata di cavolo, così dobbiamo dare alla carta il
colore della nostra consapevolezza.
I primi pensieri hanno un’energia
incredibile. Sono il modo in cui la mente illumina qualcosa con un improvviso
lampo di luce. Il censore interno poi di solito si affretta a reprimerli, ed è
così che viviamo nel mondo dei secondi e dei terzi pensieri, pensieri a
proposito di pensieri, a due o tre livelli di distanza dalla connessione
immediata stabilita dal primo lampo. Mettiamo ad esempio che mi sia balenata alla
mente la frase: “Mi tagliai la margherita dalla gola”. Ora il mio secondo pensiero,
grazie a un costante addestramento alla logica dell’ 1+1=2, per educazione,
paura o imbarazzo di fronte alla spontaneità, sarebbe: “è ridicolo. Suona come
un suicidio, come uno che si taglia la gola. Non si può. Ti prenderebbero per
pazza”. E allora, se lasciamo l’iniziativa al censore, scriveremo: “Mi faceva
un po’ male la gola e non dissi nulla”. Rispettabile e noioso.
I primi pensieri non sono nemmeno gravati
dal fardello dell’io, di quel primo meccanismo interiore che cerca di tenere
tutto sotto controllo, e di dimostrare che il mondo è qualcosa di solido e
permanente, durevole e logico. Ma il mondo non è affatto permanente. Il mondo
cambia in continuazione ed è pieno di sofferenza umana. Perciò, se riusciamo a
esprimerci in assenza dell’io, anche in quel caso quel che diciamo sarà pieno
di energia, in quanto espressione del modo in cui le cose sono veramente. Nell’esprimerci
non ci tiriamo dietro il fardello dell’io, ma cavalchiamo momentaneamente l’onda
della coscienza umana e utilizziamo i dettagli dell’esperienza personale per
esprimere questo movimento.
Nella meditazione zen si sta seduti su un
cuscino chiamato zafu con le gambe incrociate, la schiena dritta, le mani sulle
ginocchia o davanti a sé, in un mudra. Si guarda una parete bianca e si
controlla il respiro. Qualsiasi cosa si provi – violenti uragani di rabbia o di
repulsione, tempeste di gioia o dolore – si continua a stare seduti, con la
schiena dritta, le gambe incrociate, la faccia al muro. Si impara a non
lasciarsi trascinare via, per quanto grande sia il pensiero o l’emozione. La
disciplina consiste proprio in questo: nel continuare a stare seduti.
Lo stesso vale per lo scrivere. Quando si
entra in contatto con i nostri primi pensieri e di questi si comincia a
scrivere, bisogna essere grandi guerrieri. Soprattutto all’inizio, può capitare
che si provino pensieri o emozioni capaci di travolgerci: ma non dobbiamo mai smettere di scrivere.
Dobbiamo continuare a usare la penna per
registrare i dettagli della nostra esistenza e penetrarli fino in fondo. Nei
corsi per principianti capita spesso che lo studente scoppi in lacrime nel
leggere il pezzo appena scritto. Va benissimo. Spesso qualcuno si mette a
piangere anche scrivendo. Io però lo incoraggio a a continuare a leggere o a
scrivere attraverso le lacrime, in modo di poter uscire dall’altra parte senza
lasciarsi sviare dall’emozione. Non bisogna fermarsi alle lacrime; bisogna
attraversarle in modo da arrivare alla verità. Ecco la disciplina.
Perché mai, ancora, i primi pensieri danno
tanta energia? Perché essi sono in stretto rapporto con la novità e l’ispirazione.
Ispirazione ha la stessa etimologia di “inspirazione”, che significa “respirare
in noi”. Respirare in Dio. Diventiamo più grandi di quel che siamo, ed ecco i
primi pensieri. Essi non sono un modo per nascondere ciò che avviene o si prova
realmente. Il presente è impregnato di un’energia incredibile. È ciò che è. “I
colori erano molto più vibranti, dopo”, disse una mia amica buddhista alla fine
di un periodo di meditazione. Il sui maestro di meditazione le rispose: “Quando
si è presenti, il mondo prende davvero vita.”
(Natalie Goldberg, Scrivere Zen, 1987, Casa
Editrice Astrolabio)
Il lancio della
patata bollente.
Cosa ne pensate delle parole di Nathalie
Goldberg?
Quale libro
ritenete fondamentale per la vostra formazione scrittoria?
AVVISO: Durante
le feste, gli aggiornamenti, se ci saranno, avranno natura estemporanea e
seguiranno la mia ispirazione. Ho infatti la necessità di riposare un po’ e
concentrarmi su altri progetti. Tutto ricomincerà, esattamente come prima, Giovedì
12 gennaio.
BUONE FESTE A
TUTTI!
Un po' troppo zen per la mia estrazione culturale, forse. Ma se fa bene a te, io non ci vedo nulla di male.
RispondiEliminaP.S. gli auguri te li faccio a Natale, mi sembra ancora un po' presto adesso. :)
Non credo c'entri la cultura (io e te siamo cresciuti nella stessa epoca e abbiamo un percorso di studi simile) quanto piuttosto il carattere. La Goldberg inoltre non dice di non revisionare: parla solo di separazione delle fasi. Questi consigli parlano di prima stesura. Magari ne riparlero'. :)
EliminaPer gli auguri ci risentiamo.
Io meno il can per l'aria alla grande! E cancello, dunque confondo creazione e revisione. Noi ne abbiamo parlato e sai cosa voglio dire, ma a te questo libro è servito e se ti ha aiutato ha fatto un buon lavoro. :)
RispondiEliminaPenso che siano tutti bei pensieri: liberarsi dal fardello dell'io, registrare i dettagli dell'esistenza, penetrarli, non lasciare che l'energia dei primi pensieri venga compromessa.
Bisogna allenarsi per seguire queste regole, io dovrei un po' impormele, chissà se ciò mi avvantaggerebbe.
Il tentativo di non irrigidirmi nella fissa di trovare la formula giusta un rigo sì uno no, mentre scrivo, va sicuramente fatto. Magari approfitto di questa pausa natalizia in cui vorrei portare a compimento alcuni progetti (tutti brevi, s'intende) per sperimentare nuovi metodi di lavoro.
Grazie per queste delucidazioni.
Mi fa sorridere sentir parlare di imposizione per lo zen, perché per me questo metodo non è mai stato concepito come un insieme di regole ma come qualcosa che asseconda alla perfezione la mia tendenza caratteriale. È come se io avessi trovato la risposta a una mia esigenza; una risposta che conoscevo già e dovevo semplicemente focalizzare. :)
EliminaTu hai ragione, cara Chiara, ma purtroppo a me certe cose non vengono naturali. Dipenderà anche nel mio caso dal carattere, suppongo! :)
EliminaSì lo so. Per questo penso che, se all'inizio ci debba essere un'imposizione, se ci si sforza troppo a lungo rischia di creare più danni che altro. Quindi forse la soluzione migliore è vedere se questo nuovo metodo, man mano che si prende la mano, finisce per rispondere a un'esigenza interiore. In caso contrario, meglio cambiare. Ma è molto raro che ciò accada. Il motivo te lo spiegherò in altra sede. :)
EliminaMolto zen, molto bello. Mi ritrovo in questa fase iniziale, anche se la intervallo con atteggiamenti diversi. I giorni in cui sono mogia, rileggo, quelli in cui vibro e smanio dal bisogno di scrivere, produco. Se poi vibro di gioia, lavoro sui romance ironici, se lo faccio di tristezza, vado sul fantascienza. Un continuo alternare, utile per non farmi soppiantare dall'ostilità dei personaggi. E per non perdere mai la voglia di scrivere. ;)
RispondiEliminaSì, anche io alterno momenti di creatività ad altri in cui mi sento piu' propensa a revisionare. Se non ci fossero questi cambiamenti la scrittura diventerebbe qualcosa di monotono, e questo non dovrebbe mai accadere. Penso che essere creativi significhi concedersi il lusso di impazzire. :)
Eliminala riflessione è interessante e si pone il dilemma per chi scrive: scrivo per me stesso per una sorta di "terapia" (che è una motivazione valida) oppure scrivo per propormi a un pubblico? Ed ancora la domanda :devo adeguarmi a tutte le regole di perfette tecniche narrative per rendermi interessanti o seguire liberamente l'ispirazione che forse è l'essenza pura dell'arte.
RispondiEliminaSiccome deve esserci sempre un giusto mezzo forse la soluzione che tu proponi può essere valida ovvero lasciare fluire in pieno la propria penna, prendendosi il rischio di dover tagliare anche dei pezzi delle scene che ci sono cari. Quindi scindere le due fasi: quella dell'ispirazione e quella della revisione.
Per me, la scrittura è sempre terapeutica, anche quando rivolta a un pubblico, perché se così non fosse si ridurrebbe tutto a un lavoro impiegatizio. Forse la mia visione è troppo romantica, ma non riesco a viverla diversamente. :)
EliminaIo faccio il contrario di quello che consiglia (quel libro ce l'ho, è stato uno dei primi manuali che acquistai, anni fa). Ma questo dimostra che se una cosa funziona, allora è quella giusta ;)
RispondiEliminaMa può anche darsi che non funzioni affatto e io mi illuda. Boh! Sai che faccio? Scrivo, e non mi preoccupo più di niente :)
Ogni persona è fatta a modo suo. Ciò che va bene per me può non andare bene per te. A mio avviso la cosa importante è, nel caso in cui si riscontrassro problemi, avere il coraggio di cambiare rotta, senza rimanere agganciati alle proprie abitudini. :)
EliminaRiflettere su questo aspetto mi spiazza un po'.
RispondiEliminaParte di me concorda con questa visione zen di una scrittura naturale, istintiva e istintuale. Che poi è quella che consiglio ai miei alunni quando si trovano dinanzi alla pagina bianca senza particolare ispirazione per un tema in classe.
Parte di me invece è consapevole di un controllo sulla scrittura attimo dopo attimo, nel momento della sua creazione, sapendo che nulla sto perdendo di questo atto creativo, anzi.
La scrittura è per me entrambe le cose. Non so se sia realmente possibile ritenerla tale, ma è istinto e controllo assieme.
Grazie per le riflessioni e auguri di buone feste a te.
Dipende, secondo me, dal ruolo che si vuole dare alla scrittura. Testi di carattere professionale, secondo me, hanno bisogno di un controllo mentale in più. Ma quando l'opera è già stata progettata (come nel caso del mio romanzo) si può lasciare libera l'ispirazione nella prima fase, e revisionare in un secondo momento, per non compromettere l'energia di cui parla la Goldberg. Io, nonostante tutti i discorsi che si fanno, non riesco a fare a meno di concepire la scrittura come una forma d'arte. E l'arte, se coltivata per molti anni, applica la tecnica in modo naturale, non con il controllo mentale. L'ispirazione, infatti, non è inconsapevole. Lo zen parla di piena padronanza del momento presente, non certo di trance mistica. :)
EliminaTanti auguri di nuovo. :)
Questi consigli mi piacciono moltissimo, soprattutto quello di scrivere "perdendo il controllo", mi è capitato di scrivere delle belle pagine (o comunque pagine di cui mi sentivo molto soddisfatta) proprio perdendo il controllo.
RispondiEliminaQuando rimugino troppo in ogni cosa che sia scrittura, lavoro, vita quotidiana, faccio sempre peggio di quando seguo semplicemente l'istinto. Ti auguro buone feste, in fondo domani è la vigilia!
Hai ragione, è proprio così. :)
EliminaBuon Natale anche a te!
Bellissimo post, Chiara. Sai il titolo in inglese di "Scrivere zen"? Non riesco a trovare la corrispondenza, e non vorrei ricomprare "Writing Down the Bones". Non ho un singolo libro ispiratore in relazione alla scrittura; piuttosto ho avuto un coro di voci ad aiutarmi, e ognuna ha fatto la sua parte. Buon Natale con un abbraccio! :)
RispondiEliminaIl titolo originale è proprio quello lì: Writing down The Bones. Molto più bello in Italiano che in inglese, come sempre. :)
EliminaIl Natale è già passato, ma Buone Feste. :)
Il buon vecchio brainstorming fa sempre bene.
RispondiEliminaTanti auguri di buone feste, di un anno nuovo prolifico e pieno zeppo di energie!
Punta alla giugulare! :D
Più che di brainstorming, qui si tratta di flusso di coscienza. :)
EliminaDa come lo presenti mi ricorda "Big Magic" di Liz Gilbert (che finalmente sto per leggere...troppi rimandi), che è quella di "Mangia prega ama", quindi anche lei non nuova alle pratiche di meditazione e yoga, ed è sempre un manuale sulla scrittura e l'arte. Quando lo finisco, faccio il punto e vediamo cosa hanno in comune. :)
RispondiEliminaMi interessa molto. Lo vado a cercare per leggere qualche recensione, perché non lo conosco. :)
EliminaNe ho parlato da me. Mi ha risollevata dopo mesi di frustrazione. Utilissimo.
EliminaAuguri, Chiara! Di vero cuore. Sandra
SOno stata un po' lontana dalla blogosfera ma appena possibile andrò a vedere. Auguri a te. :)
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