L'anima anticonformista dello scrittore: il jolly.
Non seppellite la vostra unicità,
altrimenti diventate un’altra pecora del gregge
e sarete morti ancor prima di morire.
Valentina Osuna
Il “senso comune”, in sociologia,
rappresenta un insieme di norme, nozioni e comportamenti veicolati dalla
tradizione ed universalmente accettati. Talvolta, il processo di adeguamento è
consapevole e dipende da una scelta individuale e motivata. Nella maggior parte
del casi, tuttavia, è frutto di abitudini acquisite sul piano dell'inconscio, oppure subite passivamente.
Alcune di queste regole mai
codificate non si possono aggirare: vanno rispettate in nome di un generico – e
per nulla trascurabile – concetto di educazione. Per tutte le altre, esistono
vari livelli di connivenza che oscillano fra i due estremi del conformismo e
della ribellione. Alcune ci piacciono, e le rendiamo nostre. Con altre, invece, entriamo apertamente in conflitto.
Io credo che il valore di un
artista sia in parte legato alla sua capacità di guardare oltre il noto, proponendo
una visione della vita che trascenda i dogmi della cultura dominante. Gardner, ne "L'enigma del solitario", paragonava lo scrittore al jolly delle carte. Era più alto degli altri omuncoli che passeggiavano nel parco. Si ergeva in mezzo a loro perchè non indossava alcuna divisa, non sventolava alcun vessillo. Nascosto sotto il suo strano cappello, osservava il mondo e gli dava forma. Tutti lo consideravano un po' matto, ma era l'unico individuo autonomo in mezzo ad un gregge di pecore.
Lo scrittore è un messaggero. Può proporre e veicolare nuove forme di pensiero lasciando il lettore libero di rifiutarle: non plagia le menti, si espone con delicatezza, si fa capire. Ma, soprattutto, sa ergersi al di sopra di ciò che il senso comune considera buono e giusto. Se necessario, può confutarlo e mostrare alternative. Si tratta di una missione doverosa perchè non possiamo parlare soltanto di ciò che tutti accettano come verità assoluta. Se così fosse, i libri cesserebbero di essere un mezzo per diffondere la conoscenza. Non si farebbe altro che rimescolare il minestrone del già visto. Immaginate un mondo in cui tutti vanno d'accordo? Il conflitto cesserebbe di esistere e, con esso, l'evoluzione. Il mondo funziona proprio come il viaggio dell'eroe: la calma piatta fa crollare ogni stimolo e l'individuo rinuncia a migliorare sè stesso.
Quando il lettore compra il nostro romanzo, accetta una sfida. Si mette in gioco, insieme a noi. Dopo tutto, il protagonista cosa fa? Riflette sulla propria condizione, cerca di raggiungere un obiettivo e, nel farlo, migliora sè stesso. Ma quante persone, in questo mondo, conoscono i propri desideri e i propri bisogni? Chi riesce a fare ciò che desidera davvero e non ciò che la società si aspetta da lui? Personaggi ben costruiti e situazioni fuori dal comune possono diventare una fonte di ispirazione ed offrire soluzioni un tempo impensabili. Le storie di grandi individui costituiscono un exemplum, poco importa se siano vere o frutto di fantasia. Lo scrittore, quindi, ha il compito di raccontare lo straordinario. E per farlo deve ergersi sopra l'ordinario, perchè una mentalità chiusa imprigiona la scrittura togliendole sincerità e passione.
Lo scrittore è un messaggero. Può proporre e veicolare nuove forme di pensiero lasciando il lettore libero di rifiutarle: non plagia le menti, si espone con delicatezza, si fa capire. Ma, soprattutto, sa ergersi al di sopra di ciò che il senso comune considera buono e giusto. Se necessario, può confutarlo e mostrare alternative. Si tratta di una missione doverosa perchè non possiamo parlare soltanto di ciò che tutti accettano come verità assoluta. Se così fosse, i libri cesserebbero di essere un mezzo per diffondere la conoscenza. Non si farebbe altro che rimescolare il minestrone del già visto. Immaginate un mondo in cui tutti vanno d'accordo? Il conflitto cesserebbe di esistere e, con esso, l'evoluzione. Il mondo funziona proprio come il viaggio dell'eroe: la calma piatta fa crollare ogni stimolo e l'individuo rinuncia a migliorare sè stesso.
Quando il lettore compra il nostro romanzo, accetta una sfida. Si mette in gioco, insieme a noi. Dopo tutto, il protagonista cosa fa? Riflette sulla propria condizione, cerca di raggiungere un obiettivo e, nel farlo, migliora sè stesso. Ma quante persone, in questo mondo, conoscono i propri desideri e i propri bisogni? Chi riesce a fare ciò che desidera davvero e non ciò che la società si aspetta da lui? Personaggi ben costruiti e situazioni fuori dal comune possono diventare una fonte di ispirazione ed offrire soluzioni un tempo impensabili. Le storie di grandi individui costituiscono un exemplum, poco importa se siano vere o frutto di fantasia. Lo scrittore, quindi, ha il compito di raccontare lo straordinario. E per farlo deve ergersi sopra l'ordinario, perchè una mentalità chiusa imprigiona la scrittura togliendole sincerità e passione.
Cosa significa essere anticonformisti?
L’immaginario collettivo (anche
questo, forse, è senso comune) ci inchioda alla visione dello scrittore ribelle
che si sfonda di alcool e droga per rompere le proprie catene mentali ed
aprirsi ad una creatività spesso figlia della depressione. L’artista post-moderno è un
outsider, misantropo, sofferente e dannatamente incapace di mettere radici. Una vita disordinata,
priva di orari e di regole può essere un incentivo alla prolificità scrittoria
in quanto l'alienazione genera uno sguardo lucido, obiettivo e disincantato. La solitudine diventa una maestra illuminante. Il
rischio, tuttavia, è quello di diventare un tutt’uno con il proprio pessimismo.
La scrittura è anche gioia. Il compiacimento masochista serve a poco. Io stessa
ho sperimentato sulla mia pelle che la tristezza esistenziale genera blocchi. Parlare di dolore è poco costruttivo.
Tuttavia, un po’
invidio quell’alone di menefreghismo generalizzato che avvolge alcuni colleghi. Quando il loro malessere
diventa costruttivo e il vagabondaggio assume il valore di una ricerca
personale, si liberano da ogni maledetta convenzione. Questa è la mia idea di spiritualità: vivere assecondando la propria natura. Io non sempre ci riesco. Ci sono giorni in cui le mie
routine mi fanno sentire all'interno di una catena di montaggio stritolante e priva di sogni. Spesso mi trovo a desiderare una vita più autentica, creativa. Vorrei riuscire a
dipingere il mondo con la mia penna, invece di osservarlo da dietro una
scrivania. Per fortuna la scrittura mi aiuta ad annullare questa sensazione di
soffocamento. Attraverso di essa, il mio pensiero prende forma. Sapere che
potrà arrivare a qualcuno mi consola e mi fa capire che, in fondo, la mia vita non è poi così male.
Posso considerarmi una persona anticonformista?
Se le persone si basassero
soltanto su componenti estetiche, sicuramente direbbero di no. So di dare, con il
mio aspetto ed il mio stile di vita, una rassicurante idea di normalità. Ho un
lavoro, un appartamento, un compagno. Vado a mangiare fuori il sabato sera. Leggo
libri. Amo la moda e curo il mio look ma non amo essere vistosa. Ho sempre sul
tavolo una pila di libri ancora da leggere. Ho una C3 grigia e timbro il
cartellino ogni mattina alle 8:30.
In famiglia, sono sempre stata “la fighetta”, in contrapposizione a mia sorella, “l’alternativa”, con i suoi ideali politici all’avanguardia, il commercio equo e tanti interessi affini. Tuttavia, io sono stata una grandissima rompicoglioni. Lo sono ancora. Credo che mio padre, con me, abbia rinunciato a lottare. Gli fa paura vedermi così, indomabile e libera, difficilmente controllabile. Ho sempre amato superare i miei limiti, non con la droga o con l'alcool come molti altri, ma facendo scelte che sapessero sorprendermi. Quando cammino per la strada, con i miei sogni accesi nel cervello, mi sento in pace con l'universo intero.
Per dissentire dalla società malata e qualunquista in cui viviamo, non ho bisogno di andare in giro vestita come Jovanotti al concerto del primo maggio. Il mondo partorisce continuamente figli di papà radical chic che girano con la maglietta del Che Guevara e smanettano con l’I-phone. Io non esprimo la mia ribellione con il linguaggio del corpo. La mia personalità ed il mio gusto mi hanno spinta verso determinate scelte estetiche. Ciò nonostante, nella mia vita, mi sono ribellata tante volte. L’ho fatto in abito da sera e con i tacchi alti, ma l’ho fatto. Mi sono messa in gioco contro quella cultura maschilista ed ipocrita – che mi auguro sia destinata a spegnersi presto come il moccolo consunto di una candela – simboleggiata dal mio perfettissimo padre. Ho seguito una strada diversa da quella che Lui (e mi inchino, al cospetto del dio supremo) aveva scelto per me. Mi sono iscritta ad un corso di laurea poco gradito e, ancora adesso, me lo sento rinfacciare. Ho scelto un compagno più giovane di sette anni, appartenente ad un’altra cultura, ad un altro modo di pensare. Ho rinnegato gli insegnamenti cattolici “convertendomi” alle filosofie orientali. Ma, soprattutto, non ho mai chinato la testa. Quando qualcuno ha cercato di manipolarmi, ho avuto il coraggio di ridergli in faccia.
Sono fermamente convinta che l'amore trasformi ogni cosa, che il perdono liberi, che l'invidia e le maldicenze portino sfiga e ciuccino energia. Che prima o poi ce la farò, cadendo e rialzandomi. E che un sogno vada difeso, sempre.
E poi sono convinta che noi odiamo negli altri ciò che non vogliamo accettare di noi stessi. Ci attacchiamo alle nostre ombre difendendole, perchè in fondo amiamo soffrire. Ciò che c'è al di fuori della nostra zona comfort ci spaventa.
E sono convinta che qualunque essere umano possa cambiare, se lo vuole. Che una seconda possibilità vada data a tutti. Che esista, per ciascuno di noi, la possibilità di un riscatto.
E sono convinta che uno status sociale elevato non garantisca la stima degli altri. Sono convinta che essere madre, padre, professore e capoufficio non metta al riparo dalle critiche, non regali dignità. Aiutare il prossimo, invece, può illuminare le nostre esistenze. Tendere una mano ed afferrare la sua, per portarlo in salvo. Ascoltarlo e sorridere il più possibile. Volergli bene, anche nei momenti più bui.
E poi sono convinta di tante altre cose. Non ne voglio parlare qui, perchè scriverei un post chilometrico. Mi conoscerete, poco a poco. E conoscerete il mio modo di essere diversa anche senza lanciare bombe a mano contro le banche.
Conoscerete il mio modo di essere me stessa, attraverso la mia scrittura, l'unico mezzo che ho per esprimere ciò che sento o, forse, per ribellarmi all'indifferenza, al pregiudizio ed alla volgare banalità che avvolge ogni cosa. Ma, soprattutto, per ribellarmi a chi ci vuole vedere tristi e grigi in un mondo triste e grigio. Nel romanzo di Gardner, il jolly è l'unica carta felice.
Magari, in uno dei prossimi post, racconterò di come trasferisco questo mio modo di pensare nella mia scrittura. Intanto domando a voi se vi sentite anticonformisti e come manifestate la vostra unicità.
In famiglia, sono sempre stata “la fighetta”, in contrapposizione a mia sorella, “l’alternativa”, con i suoi ideali politici all’avanguardia, il commercio equo e tanti interessi affini. Tuttavia, io sono stata una grandissima rompicoglioni. Lo sono ancora. Credo che mio padre, con me, abbia rinunciato a lottare. Gli fa paura vedermi così, indomabile e libera, difficilmente controllabile. Ho sempre amato superare i miei limiti, non con la droga o con l'alcool come molti altri, ma facendo scelte che sapessero sorprendermi. Quando cammino per la strada, con i miei sogni accesi nel cervello, mi sento in pace con l'universo intero.
Per dissentire dalla società malata e qualunquista in cui viviamo, non ho bisogno di andare in giro vestita come Jovanotti al concerto del primo maggio. Il mondo partorisce continuamente figli di papà radical chic che girano con la maglietta del Che Guevara e smanettano con l’I-phone. Io non esprimo la mia ribellione con il linguaggio del corpo. La mia personalità ed il mio gusto mi hanno spinta verso determinate scelte estetiche. Ciò nonostante, nella mia vita, mi sono ribellata tante volte. L’ho fatto in abito da sera e con i tacchi alti, ma l’ho fatto. Mi sono messa in gioco contro quella cultura maschilista ed ipocrita – che mi auguro sia destinata a spegnersi presto come il moccolo consunto di una candela – simboleggiata dal mio perfettissimo padre. Ho seguito una strada diversa da quella che Lui (e mi inchino, al cospetto del dio supremo) aveva scelto per me. Mi sono iscritta ad un corso di laurea poco gradito e, ancora adesso, me lo sento rinfacciare. Ho scelto un compagno più giovane di sette anni, appartenente ad un’altra cultura, ad un altro modo di pensare. Ho rinnegato gli insegnamenti cattolici “convertendomi” alle filosofie orientali. Ma, soprattutto, non ho mai chinato la testa. Quando qualcuno ha cercato di manipolarmi, ho avuto il coraggio di ridergli in faccia.
Sono fermamente convinta che l'amore trasformi ogni cosa, che il perdono liberi, che l'invidia e le maldicenze portino sfiga e ciuccino energia. Che prima o poi ce la farò, cadendo e rialzandomi. E che un sogno vada difeso, sempre.
E poi sono convinta che noi odiamo negli altri ciò che non vogliamo accettare di noi stessi. Ci attacchiamo alle nostre ombre difendendole, perchè in fondo amiamo soffrire. Ciò che c'è al di fuori della nostra zona comfort ci spaventa.
E sono convinta che qualunque essere umano possa cambiare, se lo vuole. Che una seconda possibilità vada data a tutti. Che esista, per ciascuno di noi, la possibilità di un riscatto.
E sono convinta che uno status sociale elevato non garantisca la stima degli altri. Sono convinta che essere madre, padre, professore e capoufficio non metta al riparo dalle critiche, non regali dignità. Aiutare il prossimo, invece, può illuminare le nostre esistenze. Tendere una mano ed afferrare la sua, per portarlo in salvo. Ascoltarlo e sorridere il più possibile. Volergli bene, anche nei momenti più bui.
E poi sono convinta di tante altre cose. Non ne voglio parlare qui, perchè scriverei un post chilometrico. Mi conoscerete, poco a poco. E conoscerete il mio modo di essere diversa anche senza lanciare bombe a mano contro le banche.
Conoscerete il mio modo di essere me stessa, attraverso la mia scrittura, l'unico mezzo che ho per esprimere ciò che sento o, forse, per ribellarmi all'indifferenza, al pregiudizio ed alla volgare banalità che avvolge ogni cosa. Ma, soprattutto, per ribellarmi a chi ci vuole vedere tristi e grigi in un mondo triste e grigio. Nel romanzo di Gardner, il jolly è l'unica carta felice.
Magari, in uno dei prossimi post, racconterò di come trasferisco questo mio modo di pensare nella mia scrittura. Intanto domando a voi se vi sentite anticonformisti e come manifestate la vostra unicità.
Sarò banale, ma mi piace pensare di essere anticonformista cercando di essere un uomo buono. Parlando piano quando gli altri urlano, avvicinandomi quando gli altri scappano, ascoltando quando gli altri non vogliono sentire. Mi piace dialogare e contaminarmi, se penso che la contaminazione mi farà migliore. Faccio scelte ponderate e consapevoli, cerco di mantenerle finché le ritengo valide, ma sono disposto ad ammettere i miei errori e a chiedere scusa. C'è chi dice che sia la parola più difficile da pronunciare. Nella scrittura non ho ancora mostrato un anticonformismo, ma devo ancora imparare a maneggiare la conformità. Scrivo, e già questo nell'ambiente che mi circonda mi fa sembrare un alieno, visto che la stragrande maggioranza dei miei conterranei usa il dialetto. Qui l'italiano come lingua è un optional, ma lo si usa come scusa per parlar male degli stranieri. Ma sto andando a toccare altri argomenti e non è il caso.
RispondiEliminaDi dove sei? Anche io cerco di vivere secondo i medesimi principi che tu proponi, sebbene io sia una che urla parecchio. Una cosa che ho notato di me, è che mi piace "spiazzare gli altri" con scelte che non si aspettano. Quando i benpensanti sbarrano gli occhi, io gongolo. A volte ti ritengono un folle anche se saluti chi ti ha fatto un torto...
EliminaPosso stringerti la mano, Seme Nero?
EliminaQuesta frase di Seme Nero mi ha colpito moltissimo: "Sarò banale, ma mi piace pensare di essere anticonformista cercando di essere un uomo buono." Anch'io mi metto in coda, dopo Grazia, per stringerti la mano!
Elimina...quindi devo pensare che Chiara gli chiedesse di dov'è per andargli a stringere la mano dal vivo!
EliminaCredo che quella di Seme Nero sia la più importante forma di anticonformismo! :)
EliminaSottoscrivo! :-)
EliminaSeme Nero, che pensiero toccante. Complimenti
EliminaPer una parte della mia vita mi sono sentita troppo conformista. Mi sembrava che tutte le persone più interessanti uscissero dal coro in modo piuttosto eclatante, perciò trovavo la mia "tranquillità" un po' banale. Con gli anni mi sono accorta che non m'importa affatto di essere conformista o anticonformista. Mi basta essere me stessa, e non essere una pietra ma un essere umano in evoluzione. Se evoluzione in un certo momento significa urlare, urlerò (anche se è sempre meno nelle mie corde); se significa non rispondere affatto, me ne starò zitta. Ecco, credo in generale di essere diventata indifferente alle etichette. Non mi viene più così spontaneo affibbiarle agli altri, né sento di doverne avere per me stessa. E' come per l'essere vegetariana-vegana: seguo la mia coscienza, senza ambire al bollino qualità; infatti mangio pochissima carne e pochissimi prodotti animali in generale, e anche quel poco perché a cucinare è mio marito; ma non faccio un caso del non trovare il latte di riso in albergo o del trovare in tavola una pasta al ragù, né penso che i non vegetariani-vegani siano una banda di assassini senza scrupoli. Peace! Che ognuno viva in base alle proprie consapevolezze. Ma non invidio più i personaggi trasgre. Essere pienamente se stessi è l'unico obiettivo e l'unica trasgressione, secondo me.
RispondiElimina(Questo non per dire che l'argomento del post sia sciocco! Non lo è affatto.)
Grazia, il senso del mio post era esattamente questo. Quando parlavo della mia "ribellione", se così si può chiamare, non mi riferivo ad un contestare fine a sè stesso, ma alla ferma decisione di esprimere chi fossi davvero. è questo che, nel mio vivere quotidiano, mi provoca frustrazione: la mancanza di libertà.
EliminaA me è stato insegnato che per essere "brave persone" occorre essere "come gli altri", ovvero non dare problemi, non mettersi in mostra e saper FINGERE. Mio padre, purtroppo, mi ha ripetuto questo fino alla nausea e, credimi, questa cosa mi ha creato tantissimi problemi con lui, non solo nell'adolescenza. Per anni mi sono sentita paragonare a varie figli di amici, tutte sorrisini e ammiccamenti, apprezzate solo perchè si mostravano d'accordo con tutto ciò che gli adulti dicevano. Per me erano delle babbe senza personalità... mi sembravano deficienti! Forse è per questa forma mentis, acquisita quasi inconsciamente, che associo l'anticonformismo all'essere se stessi, ovvero alla volontà di non modellarsi sulla base di regole scelte da altri, ma seguire il proprio gusto, le proprie aspirazioni, i propri sogni. Proprio in nome di questo "conformismo" tanto decantato avevo rinunciato a scrivere, perdendo nel nulla una parte importantissima del mio essere.
Infatti le mie considerazioni non volevano mostrare il tema del post come futile o insensato. Tutto ha importanza, e anzi può essere vitale, all'interno del suo contesto. Nel tuo caso questo tasto è di sicuro rovente. In ogni caso la questione è eterna. Credo che guardandoci intorno posiamo gli occhi su una percentuale inquietante di cose nate proprio dal conformismo.
EliminaUna persona diventa conformista nel momento in cui rinuncia ad una parte dì sè per uniformarsi a ciò che vuole la massa.
EliminaFaccio un esempio: in una cultura come quella araba, dove la carne rappresenta il pasto principale che compare in tutti i pranzi e in tutte le cene, un vegetariano è sicuramente anticonformista. Qui, un vegetariano non lo è: la sua scelta di vita non si oppone a nulla...
Stessa cosa con gli omosessuali: possono ancora considerarsi anticonformisti? Forse un gay milanese no, non lo è, ma un gay cresciuto in un paesino dell'entroterra calabrese può essere percepito come un outsider a tutti gli effetti.
In poche parole, per me l'anticonformismo è relativo, riguarda il rapporto fra il singolo ed il proprio contesto. Una persona diventa tale quando riesce a seguire i propri desideri e bisogni nonostante tutte le forze che si oppongono ciò. Tutto qui :)
Io credo di essere unico a prescindere, come tutti.
RispondiEliminaNon mi ritengo anticonformista, non va controcorrente per forze né a favore di qualcosa/qualcuno. Io vado per cazzi miei :)
Spiazzare gli altri mi piace farlo sempre attraverso ciò che scrivo o progetto, con fantasia e sempre per gioco.
Sono una persona normalissima.
Moz-
... però sei simpatico :)
EliminaIl vero problema forse non è più l’anticonformismo o il conformismo, perché su alcuni fronti ci sono state delle “liberazioni” a livello sociale. Semmai il problema oggi è l’opportunismo, che è quello che ci fa diventare conformisti. Per rimanere nell’ambito della scrittura, potrei scegliere di scrivere su altri temi in modo che il mio lavoro sia più vendibile, o di omologare la mia scrittura ai modelli di linguaggio che vanno tanto di moda: veloci e poco impegnativi. Qui sì che lo scrittore diventa conformista e non è più il “jolly” che si diverte. Non è più il giullare nel Medioevo - il folle che però era l’unico a poter dire quello che pensava - è solamente un altro cortigiano.
RispondiEliminaVero!
EliminaBellissimo post, Cristina. Sono d'accordo!
EliminaMi hai fatto venire in mente il concetto di "perdita dell'aura" introdotto da Benjamin per illustrare l'effetto della riproduzione tecnologica dell'arte: nel momento in cui è possibile creare una copia, viene meno il principio di unicità ed ogni opera può essere potenzialmente uguale a tutti gli altri.
Allo stesso modo, uno scrittore "clone" che si piega al sistema rinuncia alla propria identità e si piega a scrivere contenuti che potrebbero essere trattati da chiunque. Forse il self-publishing offre il vantaggio della libertà. Prima tutto questo non c'era.
Bellissimo concetto, quello di Benjamin. Come avviene al Faust con Mefistofele: la vendita dell'anima per dire "fermati, attimo, perché sei bello"! Per noi che scriviamo che cosa potrebbe essere che già non abbiamo? Arrivare in cima alla classifica di vendita? Ci sarebbe da aprire un bel dibattito.
EliminaNon abbiamo il riconoscimento sociale in quanto "classe intellettuale", riconoscimento che invece è dato a veline, calciatori e mignottame vario :)
EliminaRitornando al mio modo di scrivere, e ai temi che tratto, credo proprio di essere scomoda e, in questo senso, anticonformista.
EliminaFaccio qualche esempio: ne "Il Pittore degli Angeli" introduco concetti del cristianesimo, ma anche una visione esoterica che, come ben si sa, fanno a pugni tra di loro. Di recente ho proprio ricevuto prova di quanto fastidio possa dare questo connubio da parte di un comitato di giurati a un concorso.
Nel mio romanzo "Gli Immortali" parlo di tre personaggi storici che, dalla Rivoluzione Francese, compiono un percorso di trecento anni in una realtà storica alterata. Sono tre uomini legati tra loro da rapporti di amore e odio (vedi il post sull'omosessualità in letteratura di Nuvole Prensili). Come ben si sa, in Italia questi sono temi malvisti dal un bigottismo ancora imperante. Quindi risulterei scomoda (il romanzo è nel cassetto).
Nel mio romanzo "La Terra del Tramonto" unisco ad una storia avventurosa il concetto più spirituale delle rinascite, o reincarnazioni, nei secoli, dei vari personaggi.
Secondo me l'anticonformismo è tutto ciò che risulta non etichettabile e costituisce un elemento di disturbo per il pensiero dominante, a qualsiasi campo appartenga.
Analizzando il romanzo che sto scrivendo, mi rendo conto che l'anticonformismo è un tema che compare, in modo velato, in diverse forme.
EliminaPrendiamo ad esempio i personaggi principali, i due protagonisti ed il comprimario. C'è una donna che si ribella al fatto di essere identificata soltanto con il proprio corpo. C'è un ragazzo cresciuto in un contesto ostile che trova, nella musica, la forza per opporsi al prorio ambiente ma che finirà per "conformarsi" quando i cambiamenti nella sua esistenza glielo imporranno. E c'è anche chi, a causa dell'insofferenza nei confronti del proprio ambiente, scivolerà nell'autodistruzione.
Ma il personaggio che meglio interpretano la mia mentalità sono quelli che svolgono il ruolo di "mentore": c'è un professore omosessuale, una dottoressa modello "Patch Adams" e, soprattutto, una psicologa che ha stracciato la laurea per dedicarsi alle filosofie orientali. Il suo ruolo è praticamente fondamentale. Inserirò alcuni brani in cui interpreterà la psicologia dei due protagonisti e della loro relazione seguendo un punto di vista che si scosta nettamente dal main-streem della psicologia occidentale, ponendo la questione su un piano evolutivo e karmiko. Il mio anticonformismo è moderato e sottile, ma comunque presente e decisivo per l'evolversi della storia.
Credo che amare il teatro più del cinema (che comunque non disprezzo, anzi) sia già una buona forma di anticonformismo. Poi c'è anche la già citata maglietta degli Iron Maiden a rendermi riconoscibile... Ma sono d'accordo con te che le scelte che ci distinguono dagli altri.
RispondiEliminaCerco di mettere in pratica la forma di anticonformismo di cui parlava Seme Nero (a cui anch'io stringo la mano!) e anche di pensare sempre con la mia testa. Anzi, di mettere sempre in discussione i miei stessi pensieri e non dare niente per scontato.
Ciò che veramente conta, in fondo, è potersi aprire con gioia ad una forma di libertà che ci è preclusa nel momento in cui decidiamo di essere come tutti gli altri. :)
EliminaCosa è conforme? Mick Jagger non è conforme, in apparenza, eppure è inglobato e tollerato nella percezione comune. Quindi, di fatto, è conforme.
RispondiEliminaEra conforme Einstein? Lo era eccome.
Chi è non conforme? Chi è l'elemento dissonante? Quello che non capiamo, che non accettiamo, che sta oltre le definizioni tollerabili. E' la carta che non si vuole nel mazzo. E' anticonformista il vecchio balbettante e solo che c'era oggi in piazza. Nessuno di noi vorrebbe esserlo, nessuno di noi lo capisce, nessuno di noi assume quel comportamento.
Vivo in una città dove essere bio, vegan, rasta e originali è conformismo. Ogni cosa che facciamo ha uno scopo conforme (attiriamo beneplaciti, denaro e sesso). Se troviamo la strada semplice, adeguata, meno faticosa, ben venga Se no ci ingegnamo con mezzi alternativi.
L'anticonformismo, per me, è una radice esistenziale diversa, che non contempla condivisione, riproduzione, accettazione, comprensione. Share, successo, volontà aggregante, costruzione della famiglia, senso del dovere imposto, denaro, amore per la vita in senso generale ma della vita propria soltanto.
E' anticonformista l'erbaccia che spacca l'asfalto, non la composizione floreale, per quanto originalmente disposta.
In questo senso vedo ben poco "anticonformismo" intorno a me, ma è un bene. Ci vuole chi manda avanti la baracca.
Il tuo punto di vista mi risulta spesso illuminante, Gaspare. E' come se sapessi arrivare al punto toccando la corda giusta con le parole giuste. (A pensarci bene, non è male come complimento, visto che scrivi.) Portando il ragionamento oltre il primo livello, diciamo, credo che tu abbia ragione: il vero anticonformismo implica l'inconsapevolezza e forse anche l'inevitabilità. Dove c'è una tua scelta, si tratta solo di definire a cosa ti conformi. Questo andando a fondo. Al primo livello, invece (e quindi nel quotidiano), ha un enorme valore la distinzione tra il conformarsi all'ambiente in cui si vive, a una cerchia di amici, a un ideale o semplicemente (si fa per dire) a se stessi.
EliminaI vostri due post (anche io trovo bellissimo ciò che ha scritto Gaspare) mi fa venire in mente un concetto del sociologo inglese Paul Willis: la "creatività simbolica", ovvero quell'insieme di gesti, significati e stratagemmi a volte consapevoli ed altre volte inconsci finalizzati a dare senso, significato e valore a quella che, diversamente, sarebbe solo "rozza vita quotidiana che scorre". Sono piccole cose che uno fa per opporsi all'ordine precostito e personalizzare la propria esistenza.
EliminaAd esempio, l'adolescente che appende i poster dei cantanti per colorare le pareti bianche ed impersonali della propria stanza è anticonformista. Lo è l'impiegato che, durante le ore di lavoro, risponde ai messaggi che gli arrivano sul telefono. Lo è chiunque fa delle cose, anche piccole, che lo stacchino dalla mediocrità per aprirsi ad una, seppur piccola e fragile, espressione di se stesso.
Chiara, questo articolo è sorprendente.
RispondiEliminaMi riconosco in molte delle tue parole, anch'io conduco una vita normale e forse monotona, ingabbiato nella routine della vita quotidiana, e allo stesso modo uso la scrittura per esprimere me stesso e uscire fuori dagli schemi e dalle gabbie. Forse non ho il tuo ardire nell'affrontare subito e tutto ciò che non ti va giù, sono un po' più diplomatico, ma ho la testa dura e quando qualcuno vuole impormi qualcosa che proprio non posso sopportare, soprattutto un senso comune, al minimo lo ignoro, al massimo mi ci scontro.
Ancora complimenti per l'articolo.
Ciao,
Renato
Ti ringrazio moltissimo per i compilmenti. La ribellione silenziosa dell'artista, pur nella semplicità delle costanti routine, è qualcosa che forse accomuna tutti.
RispondiEliminaA presto.
Chiara
La sottile linea tra conformismo e anticonformismo, a mio avviso, sta nel modo in cui ci poniamo di fronte al bombardamento di messaggi e informazioni che subiamo dal giorno in cui abbiamo messo piede su questa terra.
RispondiEliminaSorvolando sull'anticonformismo voluto, cercato, forzato (leggasi "conformismo" anche questo) io credo che il "vero" anticonformista sia il soggetto in grado di non subire passivamente la spinta ad aderire a una tendenza, senza però respingerla a priori. Senso critico e reinterpretazione. Il conformista non ha bisogno di ritagliarsi una realtà a misura del suo carattere e delle sue necessità, perché si illude che gli basti il kit standard fornitogli dall'esterno.
Bellissima considerazione. Sono d'accordissimo! :)
EliminaDevo dire che concordo con Alessandro, in questa sua considerazione.
EliminaStavo per scrivere qualcosa di simile.
E' proprio vero, uno scrittore è un anticonformista non conforme. Perché anche nell'essere alternativi (almeno nel pensiero) c'è una conformità di fondo da rispettare. Le logiche di uno scrittore vanno al di la di queste. :)
RispondiEliminaEsatto, perché lo scrittore è fondamentalmente libero, è se stesso, incondizionatamente. Non si pone il problema di essere o non essere conforme, ma semplicemente vive :)
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