Ciò a cui resisti persiste: qualche suggerimento per affrontare i blocchi creativi
La poesia va e viene.
- Goffredo Parise -
- Goffredo Parise -
Ebbene sì: è successo. Oggi per
la prima volta sono rimasta a corto di idee per il post. Sono le ore 19:32 ed è
da circa tre giorni che rimugino su cosa scrivere. Ho in mente diversi
articoli, ma uno tratta di un argomento affrontato di recente, un altro manca
di adeguata documentazione ed il terzo affronta un tema su cui devo riflettere,
perché strettamente legato ai miei interessi spirituali, e quindi a rischio di
fraintendimento da parte dei lettori. Ci sono anche altri piccoli spunti, ma
non mi turbano. Non mi scuotono. Non mi pungolano. Sono banali, frigidi,
impersonali. Sono idee che devono ancora essere nutrite, sopravvivere al
naturale processo di decantazione oppure morire fra atroci sofferenze. Così,
dopo aver passato ore interminabili a domandarmi “oggi cosa scrivo?” ho deciso
di parlare proprio di questo: dell’assenza
di idee o, più in generale, dei momenti di blocco creativo di cui tutti noi ogni tanto siamo vittime.
Non so se a voi sia mai capitato
di alternare momenti in cui le scene da scrivere esplodono nel cervello con la
potenza di una bomba atomica ed altri in cui lo sguardo rimane inchiodato alla
pagina bianca, senza smuoversi da quel disgraziato punto morto. Io vivo
continuamente sospesa in questa dualità. Se dovessi dar retta a tutte le mie
vocine interiori, il romanzo sarebbe lungo 1010930490 pagine. Però poi arriva il
black-out. Di solito dura soltanto poche ore, ma mi incatena. Mi sembra di non
riuscire a liberare la mia opera dal piattume. La settimana scorsa ho lasciato
il mio protagonista chiuso in macchina per un tempo immemorabile perché non
sapevo come farlo reagire di fronte ad una notizia sorprendente per lui, e
spero anche per il lettore. Sono diventata matta e ho riscritto la scena mille
volte con risultati deludenti.
Esistono molti fattori che possono
causare questi blocchi momentanei. Per quel che mi riguarda la mia situazione
specifica, ne ho individuati tre:
1 – Stanchezza fisica.
Gli ultimi tre giorni sono stati di autentico delirio. Ho avuto
numerosi impegni, ho sofferto di insonnia e sono pure finita dal chiropratico con
un mal di schiena lancinante. Ho lavorato molto con il computer quindi, alla
sera, avevo gli occhi che ballavano. Ho provato ad andare avanti con il romanzo,
ma gli ingranaggi del mio cervello si erano inceppati. Qualunque sforzo era
completamente inutile. Ho ripiegato sulla ricerca e su un po’di riletture,
attendendo tempi migliori.
In questo caso, la soluzione è
talmente semplice che potrei anche non dirvela: riposare ed evitare di appesantire
ulteriormente il cervello. Per scrivere è fondamentale essere in condizioni
psico-fisiche non dico ottimali ma almeno discrete. Se dobbiamo svenire sulla
tastiera, altro che refusi! Piuttosto, se non siamo proprio alla frutta,
possiamo dedicarci ad altre attività, fondamentali per portare avanti la nostra
opera: rileggere brani scritti in precedenza, reperire un po’ di
documentazione, visualizzare le scene a cui ci dedicheremo quando saremo
pronto.
2 – Pesantezza mentale.
La scrittura è molto simile alla meditazione. Alcuni studiosi
sostengono che non ci sia grande differenza fra l’una e l’altra.
Molti associano questo termine al ragionamento e alla riflessione. In
realtà, sono concetti distanti, se non addirittura opposti. Gli orientali
vogliono indicare uno stato di completo ripiegamento sull’attimo presente, con
l’allontanamento di tutti i pensieri fuorvianti. Se io, mentre lavo i piatti,
sono assolutamente concentrata sul sugo da scrostare e non permetto a nessun
altro pensiero di invadermi il cervello, sto meditando.
Lo stesso principio vale per la
scrittura: nel momento in cui ci sediamo davanti al computer, dobbiamo essere
in grado di creare il vuoto. Se il nostro cervello è oppresso dalle
preoccupazioni per le bollette da pagare o da altre questioni di ordine
pratico, le idee si limiteranno a fare capolino. Poi, saranno soffocate da
questo continuo borbottio interiore. Non riusciranno a mettere fuori la manina
e a venire a galla.
Prima di scrivere, faccio spesso
una centratura del cuore, ovvero un piccolo esercizio che mi consente di
focalizzare l’attenzione. Ciascuno di noi può comunque trovare la propria personale strategia per entrare in
uno stato di relax che consenta all’energia creativa di scorrere senza essere
fuorviata.
3 – Distrazioni esterne.
Mio marito ora ha imparato a fare
il bravo. C’era un periodo in cui, ogni volta che una nuova idea si affacciava
nella mia mente, mi interrompeva facendomi perdere l’ispirazione. Un tempo
ricercavo morbosamente la solitudine. Adesso non sono più disturbata dalla sua
presenza. Certo, quando la situazione in casa è troppo rumorosa tendo ad
isolarmi. Ma, in linea generale, ho trovato un equilibrio.
In tutti e tre questi casi, l’errore
più grosso è quello di sforzarsi.
Spesso ci troviamo a spremere il cervello come una spugna, ma non viene fuori
altro che acqua sporca. C’è un detto, non mi ricordo di chi, che recita “ciò a
cui resisti persiste”. Se ci concentriamo sul nostro blocco, non facciamo altro
che aumentare la sua potenza. Molto meglio deviare il pensiero e dedicarsi ad
altro: passeggiare, ascoltare un po’ di musica, fare quattro i serie di
addominali o un po’ di bricolage. Le idee sono come l’acqua che scorre: se
metti un tappo si bloccano. Il lavandino (ovvero la nostra testa) si riempie a
dismisura e poi trabocca. Oppure esplode.
Personalmente, se una scena “non mi viene”, mi pongo una domanda: serve davvero alla mia storia?
Ogni tanto mi incaponisco su determinati brani per poi accorgermi che
sono superflui. Il mio inconscio forse lo sapeva già, quindi non riusciva a
trovare le parole.
Tornando all’esempio di prima, mi è bastato far uscire il personaggio
dalla macchina e collocarlo in un’altra ambientazione per risolvere il problema.
Gli ho messo vicino sua sorella ed il gioco è diventato molto più facile. In
fondo, nessuno mi imponeva di farlo rimanere da solo in un ambiente che gli
concedeva pochissima libertà di movimento.
Stessa cosa mi è accaduta con un personaggio un po’ piatto: ogni volta
che compariva sulla pagina, non sapevo come farlo muovere, mi sembrava un
burattino. Mi era tanto simpatico, ma non ricopriva alcuna funzione narrativa. Alla
fine l’ho eliminato senza pietà. Mi è dispiaciuto perché gli ero affezionata,
ma spesso sono proprio i rami secchi a creare dei blocchi.
Se la risposta alla domanda è
affermativa e la scena è assolutamente necessaria, occorre trovare altri
stratagemmi. La creatività non può essere pilotata. Avete presente quando
cercate a tutti i costi di ricordarvi il nome di un amico, di un collega, di
uno dei sette nani e proprio vi sfugge? Però poi, mentre state pensando a tutt’altra
cosa, improvvisamente vi torna in mente. Ecco. Se vi concentrate sul vostro
blocco, spingete l’idea ancora più a fondo, nel buio. Ciò a cui resisti persiste:
ricordatevelo. E state sicuri che la soluzione arriverà da sola. Dopo tutto,
con i vostri pensieri avete caricato l’idea di energia. Quindi sarà presto
pronta per esplodere in tutta la sua potenza, come la bomba atomica.
Di solito, quando non so come far
evolvere un capitolo, lo “congelo” e ne scrivo un altro. Idem per determinati snodi della trama. Sebbene non faccia una vera e propria
pianificazione, su alcune parti del romanzo ho le idee abbastanza chiare,
quindi mi concentro su quelle. Saltello da una parte all’altra come una pulce
e, quando mi sento pronta, torno sul brano incriminato. Oppure, spengo il
computer. Fortunatamente al momento non ho alcuna scadenza e posso muovermi con
relativa anarchia.
A voi capita di incappare in
momenti di black-out? Da cosa sono causati? E cosa fate per risolverli? Esprimetevi
senza censure: ogni consiglio può essere utile per migliorare il proprio
metodo.
Sono ora in una fase un po' di blocco, o meglio lo ero fino a poco fa, poi ho visto in TV la planetaria, quell'impastatrice da cucina e mi è venuta un'idea risolutiva per la sottotrama necessaria al mio romanzo (la precedente sottotrama era davvero claudicante e sapevo fin da subito che non avrebbe funzionato, ma non riuscivo a trovare altro, e la sola trama portante non avrebbe retto l'intero romanzo)
RispondiEliminaLe idee fortunatamente arrivano sempre nei momenti più impensabili : quando la nostra mente le cerca, si attaccano a noi come una calamita. Per questo non dobbiamo forzarle :)
EliminaDunque..
RispondiElimina1- penso che ogni storia serve, soprattutto per chi la scrive, poi se colpisce qualche lettore, ben venga.
2- come sblocco? eh fumando e musica a palla, quella giusta per me.
Funziona, almeno fino ad ora ;-)
Il fatto che una scena serva oppure no non dipende solo da un'eventuale reazione del lettore. A me piace che tutto sia armonico, che non ci siano elementi fuori posto o stonati e nemmeno elementi inutili allo svolgimento della trama :)
EliminaIn generale io ho più idee che tempo per scriverne, quindi il blocco è qualcosa di cui ho poca esperienza. Forse, però, la cosa ha a che fare anche con la mia formazione. Il primo lavoro di scrittura professionale che ho fatto era per una radio. Ogni settimana il programma "Siamo in Onda" aveva un tema e trasmetteva, tra le altre cose, un racconto, letto da un attore, della durata di 3 minuti (2000 battute circa) su quel tema. Per due stagioni ho fatto un po' il jolly, cioè mi chiamavano quando non era arrivato il racconto previsto in tempo utile. È stata una palestra utilissima. Io, in sostanza, mi mettevo lì e mi chiedevo "Che cosa ho da dire di importante su questo tema?". Un racconto, una scena o altro, infatti, viene bene se l'autore sente la necessità di raccontare qualcosa e quindi andavo a cercare il nucleo narrativo, ciò che per me era importante su quella cosa. A volte saltavano fuori delle idee troppo complicate da sviluppare in 2000 battute, ma il più delle volte funzionava.
RispondiEliminaAncora oggi uso più o meno la stessa tecnica. Una scena non mi viene. Ok, qual è il nucleo, cos'è che ho davvero da dire d'importante in quel punto? Se rispondo alla domanda, il gioco è fatto.
Poi, ovvio, non risolve tutto, se intorno al nucleo c'è una scena d'azione, magari la devo riscrivere 70 volte perché non mi viene. In generale, però, è un atteggiamento mentale che mi sblocca un sacco.
Penso che il tuo suggerimento sia ottimo e ne farò tesoro. Può anche essere un buon modo per comprendere se una scena è utile alla storia oppure no. Ho la tendenza a riempire pagine e pagine di contenuti di cui potrei fare a meno. Sebbene credo che sia un atteggiamento comune alla prima stesura di molti, mi piacerebbe evitarlo per quanto possibile. Inoltre, enucleare il "cuore" della scena mi aiuterebbe non solo a sbloccarmi ma anche ad essere un po' meno dispersiva :)
EliminaAnch'io, come Tenar, non soffro di autentici blocchi. Più che altro ho il problema opposto: scrivo troppo e devo tagliare scene e asciugare la scrittura!
RispondiEliminaLe tue osservazioni sono tutte pertinenti. A me sembra, comunque, che il vero problema sia il sovraccarico mentale, perché tutti noi svolgiamo lavori che ci impegnano molto con la testa. E per superarlo forse bisogna contrapporre all'attività cerebrale (la scrittura) un'attività fisica o comunque manuale. Conoscevo una persona che, per agevolare l'ispirazione, si metteva a fare una torta.
Nel mio caso mi rilassa molto disegnare o dipingere, o fare una bella camminata o chiacchierare con un'amica (in carne ed ossa). Fare altro che non stare davanti a un computer, insomma.
Questo è vero. Infatti, svolgendo un'attività che mi tiene al computer per buona parte della giornata, mi accorgo che la sera è molto difficile trovare la forza per scrivere. Oggi mi sono ritagliata una giornata solo per il romanzo, approfittando del fatto che il marito sia via per lavoro. Però spero anche di poter fare qualcosa di carino per cena, per potermi distrarre un po'.
EliminaQuando sono ispirata, anche io scrivo moltissimo e devo tagliare. Il problema, me ne rendo conto, si crea soprattutto con le scene di "transizione" fra i momenti importanti della storia: sono da scrivere per non lasciare dei buchi ma, nel contempo, devono essere abbastanza dinamiche e curate per non risultare pallose...
La mia situazione è diversa dalla tua. Di solito non ho idee che esplodono nel cervello, al massimo mi scaldano con una certa intensità, e sono sempre poche. No, non sono come la mia amica Alessia, che si trova a lottare tra le diverse trame che la prendono per il colletto! C'è di buono che non ho nemmeno dei grossi down, quindi l'equilibrio si mantiene, salvo eccezioni.
RispondiEliminaVerissimo il fatto che bisogna evitare di concentrarsi su ciò che si vuole produrre per forza. Il nostro sforzarci ci allontana dalla soluzione, proprio come quando cerchiamo di ricordare un nome e per ripescarlo ci tocca aspettare di pensare ad altro.
Quando la storia s'inceppa l'approccio migliore per me è valutare con libertà interiore qualche cambiamento, come dici tu di luogo, ma anche di tempo, di punto di vista o altro. Qualche volta questo mi fa trovare un'alternativa valida, altre volte mi fa rabbrividire di orrore, ma mi dà anche la conferma che quella scena va scritta così e non in altro modo, perciò mi rimbocco le maniche. E quando invece è il caso di prendersi uno stacco, che sia! Non siamo mica macchine. In quel senso il blog è impegnativo, perché sfido chiunque ad avere per forza qualcosa da dire, o la voglia di dirlo, a giorni regolari!
Io paradossalmente ho molta più facilità a trovare idee per il blog che non per il romanzo, forse perchè sono ancora all'inizio e molti argomenti non sono stati affrontati ... vedremo fra sei mesi! Nonostante ciò, giovedì ero veramente down per via di una settimana allucinante, ma non volevo saltare il post. Le due scadenze del giovedì e del lunedì, per quanto non fiscali, mi aiutano ad avere disciplina e ad organizzare al meglio le mie giornate. Se mi iscrivessi ad un corso di Pilates, in fondo, dovrei rispettare orari predefiniti. Perchè non farlo anche con il blog?
EliminaCome dici tu, non siamo macchine. Per scrivere occorre uno stato fisico e mentale che non sempre siamo in grado di avere. Forse è giusto che sia così: scrivere è sì un lavoro, ma è soprattutto un'arte. Come tale ha bisogno di nutrirsi, di ricevere energia, ma anche e soprattutto di NOI. è inevitabile: ciò che siamo nel momento presente si ripercuote inevitabilmente sui nostri scritti.
Oggi mio marito è via per lavoro, ed io ho deciso di dedicare la mia giornata alla stesura del romanzo. Anche se si è ridotta ad un pomeriggio, in quanto stamattina sono stata costretta a sbrigare un'incombenza (fari dell'auto rotti) voglio viverla intensamente, sperimentando cosa significhi essere scrittrice full-time. Chi lo sa: magari potrà essere l'argomento del post di lunedì! :)