La storia della mia scrittura - imparare sbagliando
Iniziare un nuovo cammino spaventa.
Ma dopo ogni passo ci rendiamo conto di quanto era pericoloso rimanere fermi.
(R.Benigni)
Dopo aver letto i due articoli “Gli errori della scrittura” di Daniele Imperi e “La mia esperienza con la scrittura” di Lisa Agosti, ho deciso di accettare la sfida e raccontarvi le fasi principali del mio percorso letterario e gli insegnamenti che ciascuna di esse mi ha portato.
Probabilmente sono ancora
all’ inizio del mio viaggio. La strada che devo percorrere per arrivare a risultati concreti è così lunga
da apparire quasi infinita. Ma ci sono delle impronte alle mie spalle che,
seppur appena abbozzate, meritano di essere guardate con rispetto e
gratitudine. Dopo tutto, è merito di delle mie esperienze passate, comprese
quelle fallimentari, se oggi sono riuscita ad impegnarmi in un progetto a lungo termine e a portarlo avanti con costanza e serietà.
Alle storie che ho raccontato in questi anni, devo moltissimo. La mia identità non può essere scissa dalla scrittura. Questa passione definisce il mio carattere, filtra il mio sguardo sul mondo, alimenta le mie relazioni, mi porta a vedere oltre l’immediato e a cercare una parvenza di autenticità dietro fiumi di ipocrisia. Grazie alla scrittura, io so chi sono. E questo mi basta per sentirmi in pace con il resto del mondo.
Alle storie che ho raccontato in questi anni, devo moltissimo. La mia identità non può essere scissa dalla scrittura. Questa passione definisce il mio carattere, filtra il mio sguardo sul mondo, alimenta le mie relazioni, mi porta a vedere oltre l’immediato e a cercare una parvenza di autenticità dietro fiumi di ipocrisia. Grazie alla scrittura, io so chi sono. E questo mi basta per sentirmi in pace con il resto del mondo.
- Una passione molto antica (1983 –
1992)
Avete letto bene. La data non contiene alcun errore. Lo so che sono nata nel 1981, ma sono stata abbastanza precoce. All'età di due anni, mia mamma mi regalò un bidone grande quanto me, pieno di lettere colorate. Lo rovesciava sul tappeto e mi faceva cercare tutte le "A", le "B" e così via: ho imparato l'alfabeto raggruppando pezzi di plastica uguali fra loro.
Un giorno, consultando una lunga fila di consonanti sul ripiano del mio seggiolone, mi convinsi di aver trovato la parola "giacca". In realtà, c'erano soltanto le due lettere, G e H, una di seguito all'altra. Questa è stata la prima parola che ho scritto.
Quando frequentavo le elementari, al sabato sera andavo a dormire da mia nonna, ex maestra, che per farmi dormire mi raccontava le opere letterarie versione "fiaba della buonanotte". I Promessi Sposi a puntate sono stati decisamente affascinanti: "C'erano una volta due ragazzi che volevano sposarsi, ma un uomo molto cattivo glielo impediva..."
Ho iniziato ad amare la letteratura grazie a questi racconti. Ed ho iniziato ad interessarmi al passato grazie alle memorie di mia nonna, a ciò che mi diceva sul suo passato, sulla guerra, sul fascismo, su mio nonno che non ho mai conosciuto, sui mio padre e i miei zii quando erano piccoli. Se un giorno decidessi di dedicare un romanzo alla sua vita, sono sicura che verrebbe fuori una figata pazzesca.
Le prime esperienze con la scrittura vera e propria nacquero quando, in terza elementare, arrivò una suora di Roma che decise di farci scrivere lettere agli studenti a cui aveva insegnato fino all'anno prima. Fui abbinata ad una bambina, Chiara, logorroica almeno quanto me. Ricordo che mi incazzavo da morire perché non potevo spedire la mia lettera finché la suora non le aveva raccolte tutti. Alcuni miei compagni erano un po' pigri e a volte passavano mesi. Alla fine, io e la mia omonima romana ci scambiammo gli indirizzi. Abbiamo continuato a scriverci lettere finché non sono arrivate le e-mail. Siamo amiche su facebook ancora oggi.
Quando arrivava il giorno del tema, ero sempre felicissima. Inutile dire che avevo voti piuttosto alti. Ma in quinta arrivò anche la prima delusione.
La suora di cui sopra ci fece redigere il resoconto di una gita sulla neve. Io mi divertii da matti ma, dopo la consegna, mi domandò se l'avesse scritto uno dei miei genitori. Mi offesi a morte e piansi per un pomeriggio intero.
Lezione numero 1: il contatto con persone che condividono la tua passione può essere molto proficuo, ma non farti mai intimidire da un lettore-cavia particolarmente stronzo. Se ti accusano di aver scopiazzato da qualcuno più bravo di te o di avere un ghost-writer, fai il dito medio e vai oltre.
-L'era della Smemoranda (1992 - 1995)
A dire il vero, il famoso diario-cult degli anni 90 mi ha fatto compagnia fino all'università. Automaticamente, però,continuo ad associarlo agli anni delle medie. Lo riempivo di foto ed ammeniccoli vari (compresi braccialetti di plastica e tappi di bottiglie) fino a farlo diventare una salsiccia gigante che pesava quanto me.
Avevo un'amica, ai tempi, che disegnava molto bene. Io inventavo aforismi e lei li illustrava. Chilometri di pagine stra-colmi di frasette ridicole, di dediche d'amore a Robbie Williams e ai Take That tutti, a Brandon e Dylan, a Brad Pitt, che ai tempi era l'equivalente "bimbominkiesco" dell'attore di Twilight.
Negli stessi anni, comparve il miglior amico di ogni pre-adolescente che si rispetti: il diario con il lucchetto e i gatti raffigurati sulla copertina. Ogni sera, raccontavo la mia giornata. Non saltavo un appuntamento nemmeno se avevo trentanove di febbre.
Quando ho ritrovato queste mute testimonianze del mio delirio puberale, ho riso come una deficiente e mi sono anche profondamente vergognata. Mi domando ancora adesso, con una certa perplessità, chi diavolo fosse un certo Francesco che volevo sposare a tutti i costi. E mi sono sorpresa nel vedere che desideravo emulare Anna Frank. Sognavo di pubblicare le mie memorie. Credevo che le giornate piatte di una tredicenne meritassero di essere raccontate ai posteri.
Lezione numero 2: tutti gli aspiranti scrittori tendono ad illudersi che la loro vita sia quanto di più interessante possa esistere al mondo. Ma l'universo è pieno di storie. Basta solo saperle scovare.
-I primi racconti (1995 - 2000)
Al liceo, convinsi la mia migliore amica, che abitava in un paese vicino a Sanremo e studiava in un'altra scuola, a raccontare le nostre sventure su un quaderno che tenevamo una settimana per uno e che ci scambiavamo al sabato, quando ci incontravamo per fare le vasche in centro. Qualche mese fa, mi ha confidato che per lei era una specie di "tortura". Non aveva molta fantasia ed odiava scrivere, ma ha resistito un anno intero perché si divertiva tantissimo a leggermi.
In quel periodo, ho iniziato a scrivere poesie e racconti. A quindici anni ho abbozzato il mio primo aborto di romanzo che parlava di un punkabbestia finito in un liceo fighetto in seguito ad uno scambio di persona. L'idea mi era nata vedendo un filmetto idiota che si intitolava "Ragazze a Beverly Hills". Non chiedetemi di cosa parli, perché non me lo ricordo.
Tutte le esperienze successive erano volgari scopiazzature di opere che mi erano piaciute, da "Jack Frusciante" a "Due di due", da "Narciso e Boccadoro" e "Il mondo di Sofia". Ogni volta che un'opera attirava la mia attenzione, desideravo ispirarmi ad essa ma finivo per clonarla. Anche se scrivevo bene, non avevo ancora trovato la mia strada. E finivo per scomparire all' ombra dei grandi.
Lezione numero 3: cerca la tua identità creativa: questa è la differenza fra un dilettante e un professionista.
- Milano parte prima - La fantasia sfrenata (2000 - 2007)
Credo che questo periodo sia stato il più importante della mia "carriera", almeno fino ad ora. Adoravo la metropoli e le sue stranezze e partorivo una storia dietro l'altra: ogni pezzo di carta buttato sul marciapiede era in grado di ispirarmi.
Andavo in giro con un quaderno in mano. Seduta sulle panchine di piazza del Duomo, osservavo, respiravo e prendevo nota. Studiavo le persone e cucivo racconti su misura. Scrivevo tanto. Tantissimo. Scrivevo in continuazione. Non smettevo mai.
Poi è arrivata lei: mi piace chiamarla "idea spugna", quella che ti assorbe le energie e ti schiavizza per anni. Ho abbozzato alcuni romanzi che ruotavano intorno al solito spunto. Credevo di non poter raccontare altro, se non quella vicenda che mi pulsava nel cuore e mi esplodeva dentro. Sentivo che mi apparteneva profondamente e desideravo condividerla. Ma era solo un refuso interiore che trasudava elementi autobiografici.
Credevo di scrivere un romanzo, in realtà continuavo a far ribollire tutto ciò che attirava la mia attenzione. Ogni volta che avevo un'idea, la buttavo nel calderone senza alcun criterio. Alla fine avevo mille personaggi, tremila punti trama e nessuna meta precisa.
Un po' invidio la freschezza dei miei scritti di quegli anni. Mi divertivo come una matta e mi sentivo libera. Sembra brutto dirlo, ma la competenza tecnica a volte può essere limitante, perché inibisce la creatività. Tuttavia, quegli scritti non avevano un futuro perché troppo vincolati al mio modo di essere e al mio bisogno di esprimermi.
Alcune descrizioni ambientali erano abbastanza buone, quindi saranno rivedute, corrette ed utilizzate nel romanzo che sto scrivendo. Con i dialoghi me la cavavo discretamente, ma tutto il resto è da buttare.
Lezione numero 4: accanirsi su un'idea è deleterio: se non è buona, dobbiamo lasciarla andare. E, anche quando è buona, non possiamo permetterci di dire tutto quello che ci pare.
- Milano parte seconda - La rinuncia (2007 - 2012)
Se penso a questi anni, mi viene l'angoscia. Ho vissuto un periodo veramente difficile. Non riuscivo a trovare un lavoro fisso e mi barcamenavo fra mille diverse attività, sottopagate e precarie. Volevo rimanere a Milano perché credevo ci fossero maggior possibilità, ma molti dei miei amici dell'università erano ritornati nelle loro città di origine ed io mi sentivo terribilmente sola. Trascorrevo un sacco di tempo chiusa in casa a mandare curriculum, avvolta dall'angoscia. Nel contempo, avevo anche grosse difficoltà sentimentali. Con il mio attuale compagno, che ai tempi frequentavo a fasi alterne, c'era una situazione molto difficile. Mi sentivo in un tunnel buio, dal quale non potevo scappare. Ero terrorizzata dal futuro e soffrivo di attacchi di panico. C'erano dei momenti in cui il vuoto mi schiacciava completamente, non mi lasciava possibilità di scampo.
Ero sempre stata bene con me stessa, ma ho iniziato a temere la solitudine. Più volte sono tornata a casa dei miei a Sanremo, perché non ce la facevo più. Una volta mi sono fermata un anno intero. Insegnavo in una scuola, collaboravo con un giornale ed uscivo quasi tutte le sere per dimenticare il vuoto che mi sentivo dentro e la sensazione di non valere nulla. Cercavo di chiudere il cassetto dei miei pensieri, ma non facevo altro se non separarmi da me stessa. Facevo tante meditazioni, ma l'energia negativa da pulire era troppa, quindi non sempre mi erano utili. E fumavo una sigaretta dietro l'altra, senza ritegno.
Se vuoi fare lo scrittore, devi essere pronto a tutto. Devi avere il coraggio di vedere scivolare sulla pagina anche le tue ombre più scure. Se hai paura di te stesso, non puoi aprirti ad una creatività pura e semplice. Se la solitudine ti terrorizza, non puoi ascoltare la voce che proviene dalla tua coscienza e che ti aiuta a generare storie. Se non riesci a vedere oltre i propri problemi e a trascendere la contingenza, difficilmente riuscirai a raccontare una storia interessante. Il mondo fuori non esiste: ci sei soltanto tu, con le tue magagne interiori. In questo stato non si può assolutamente scrivere.
Lezione numero 5: la solitudine è una maestra illuminante. Occorre considerarla come una fonte di creatività, e non come una punizione divina.
- La rinascita (2012 - 2013)
Quando ho trovato il mio attuale lavoro e sono tornata a vivere a Sanremo insieme al mio compagno, le cose sono cambiate. Non so cosa mi abbia fatto tornare il desiderio di scrivere, ma credo che c'entrino molto le dinamiche che si sono create all'interno del mio ufficio, fra me, il mio capo ed alcuni colleghi.
All'inizio mi sentivo come se mi avessero buttata dentro la gabbia dei leoni. Le grandi aziende sono come dei paesini. Quando arriva una persona nuova, si finisce per parlare solo di lei. Ormai sono trascorsi due anni e mezzo ed ho rapporti ottimi con (quasi) tutti i colleghi, ma non è stato facile farsi accettare. Quando io mi sento sotto una lente di ingrandimento, finisco per trincerarmi dietro una timidezza quasi imbarazzante, rischiando di apparire un po' "svampita". Vivo nel mio mondo, mi perdo nei miei pensieri, rinuncio a parlare con la gente. Oppure divento logorroica, inizio a straparlare. So che molti ironizzavano sul mio modo di essere e pensavano che non avessi tutte le rotelle a posto.
In particolare, ci sono state alcune persone che mi hanno trattata veramente male. All'inizio questa cosa mi ha demoralizzata, poi ho cominciato a prendere coscienza della mia dignità. Ho iniziato a chiedermi "chi sono io? Cosa voglio combinare della mia vita?"
Il mio lavoro mi piace, ma non qualifica la mia identità. Rappresenta solo quello che faccio. C'è un mondo intero che si nasconde dietro i miei silenzi. Se rinuncio ad esprimere la mia vera natura, quella che crea ed inventa storie, faccio una violenza a me stessa. Ed io non voglio più rinunciare ad essere me stessa, perché rimarrei invischiata in dinamiche che non mi appartengono, la darei vinta a chi vuole condannarmi ad una vuota mediocrità.
Prima di prendere nuovamente in mano la tastiera, è passato un bel po' di tempo. All'inizio avevo molti timori e, ancora oggi, ogni tanto le mie censure interne tendono a bloccarmi. Ma sono orgogliosa della mia scelta. Tornare a casa e sapere che il mio romanzo mi attende dà nuova luce alle mie giornate. Quando posso scrivere mi sento in pace con l'universo.
Lezione numero 6: al karma non si può sfuggire. Se nei tuoi geni c'è scritto che devi scrivere, tu scriverai. Ed io, ormai, sento che da questa consapevolezza non posso più scappare, quindi scrivo.
Quello che è successo dopo il 2013, già lo sapete. E non ho ancora smesso di imparare.
Solitamente non amo scrivere post autobiografici, ma oggi mi sono aperta con voi e devo ammettere che mi ha fatto bene. Se vi va, raccontatevi insieme a me.
Avete letto bene. La data non contiene alcun errore. Lo so che sono nata nel 1981, ma sono stata abbastanza precoce. All'età di due anni, mia mamma mi regalò un bidone grande quanto me, pieno di lettere colorate. Lo rovesciava sul tappeto e mi faceva cercare tutte le "A", le "B" e così via: ho imparato l'alfabeto raggruppando pezzi di plastica uguali fra loro.
Un giorno, consultando una lunga fila di consonanti sul ripiano del mio seggiolone, mi convinsi di aver trovato la parola "giacca". In realtà, c'erano soltanto le due lettere, G e H, una di seguito all'altra. Questa è stata la prima parola che ho scritto.
Quando frequentavo le elementari, al sabato sera andavo a dormire da mia nonna, ex maestra, che per farmi dormire mi raccontava le opere letterarie versione "fiaba della buonanotte". I Promessi Sposi a puntate sono stati decisamente affascinanti: "C'erano una volta due ragazzi che volevano sposarsi, ma un uomo molto cattivo glielo impediva..."
Ho iniziato ad amare la letteratura grazie a questi racconti. Ed ho iniziato ad interessarmi al passato grazie alle memorie di mia nonna, a ciò che mi diceva sul suo passato, sulla guerra, sul fascismo, su mio nonno che non ho mai conosciuto, sui mio padre e i miei zii quando erano piccoli. Se un giorno decidessi di dedicare un romanzo alla sua vita, sono sicura che verrebbe fuori una figata pazzesca.
Le prime esperienze con la scrittura vera e propria nacquero quando, in terza elementare, arrivò una suora di Roma che decise di farci scrivere lettere agli studenti a cui aveva insegnato fino all'anno prima. Fui abbinata ad una bambina, Chiara, logorroica almeno quanto me. Ricordo che mi incazzavo da morire perché non potevo spedire la mia lettera finché la suora non le aveva raccolte tutti. Alcuni miei compagni erano un po' pigri e a volte passavano mesi. Alla fine, io e la mia omonima romana ci scambiammo gli indirizzi. Abbiamo continuato a scriverci lettere finché non sono arrivate le e-mail. Siamo amiche su facebook ancora oggi.
Quando arrivava il giorno del tema, ero sempre felicissima. Inutile dire che avevo voti piuttosto alti. Ma in quinta arrivò anche la prima delusione.
La suora di cui sopra ci fece redigere il resoconto di una gita sulla neve. Io mi divertii da matti ma, dopo la consegna, mi domandò se l'avesse scritto uno dei miei genitori. Mi offesi a morte e piansi per un pomeriggio intero.
Lezione numero 1: il contatto con persone che condividono la tua passione può essere molto proficuo, ma non farti mai intimidire da un lettore-cavia particolarmente stronzo. Se ti accusano di aver scopiazzato da qualcuno più bravo di te o di avere un ghost-writer, fai il dito medio e vai oltre.
-L'era della Smemoranda (1992 - 1995)
A dire il vero, il famoso diario-cult degli anni 90 mi ha fatto compagnia fino all'università. Automaticamente, però,continuo ad associarlo agli anni delle medie. Lo riempivo di foto ed ammeniccoli vari (compresi braccialetti di plastica e tappi di bottiglie) fino a farlo diventare una salsiccia gigante che pesava quanto me.
Avevo un'amica, ai tempi, che disegnava molto bene. Io inventavo aforismi e lei li illustrava. Chilometri di pagine stra-colmi di frasette ridicole, di dediche d'amore a Robbie Williams e ai Take That tutti, a Brandon e Dylan, a Brad Pitt, che ai tempi era l'equivalente "bimbominkiesco" dell'attore di Twilight.
Negli stessi anni, comparve il miglior amico di ogni pre-adolescente che si rispetti: il diario con il lucchetto e i gatti raffigurati sulla copertina. Ogni sera, raccontavo la mia giornata. Non saltavo un appuntamento nemmeno se avevo trentanove di febbre.
Quando ho ritrovato queste mute testimonianze del mio delirio puberale, ho riso come una deficiente e mi sono anche profondamente vergognata. Mi domando ancora adesso, con una certa perplessità, chi diavolo fosse un certo Francesco che volevo sposare a tutti i costi. E mi sono sorpresa nel vedere che desideravo emulare Anna Frank. Sognavo di pubblicare le mie memorie. Credevo che le giornate piatte di una tredicenne meritassero di essere raccontate ai posteri.
Lezione numero 2: tutti gli aspiranti scrittori tendono ad illudersi che la loro vita sia quanto di più interessante possa esistere al mondo. Ma l'universo è pieno di storie. Basta solo saperle scovare.
-I primi racconti (1995 - 2000)
Al liceo, convinsi la mia migliore amica, che abitava in un paese vicino a Sanremo e studiava in un'altra scuola, a raccontare le nostre sventure su un quaderno che tenevamo una settimana per uno e che ci scambiavamo al sabato, quando ci incontravamo per fare le vasche in centro. Qualche mese fa, mi ha confidato che per lei era una specie di "tortura". Non aveva molta fantasia ed odiava scrivere, ma ha resistito un anno intero perché si divertiva tantissimo a leggermi.
In quel periodo, ho iniziato a scrivere poesie e racconti. A quindici anni ho abbozzato il mio primo aborto di romanzo che parlava di un punkabbestia finito in un liceo fighetto in seguito ad uno scambio di persona. L'idea mi era nata vedendo un filmetto idiota che si intitolava "Ragazze a Beverly Hills". Non chiedetemi di cosa parli, perché non me lo ricordo.
Tutte le esperienze successive erano volgari scopiazzature di opere che mi erano piaciute, da "Jack Frusciante" a "Due di due", da "Narciso e Boccadoro" e "Il mondo di Sofia". Ogni volta che un'opera attirava la mia attenzione, desideravo ispirarmi ad essa ma finivo per clonarla. Anche se scrivevo bene, non avevo ancora trovato la mia strada. E finivo per scomparire all' ombra dei grandi.
Lezione numero 3: cerca la tua identità creativa: questa è la differenza fra un dilettante e un professionista.
- Milano parte prima - La fantasia sfrenata (2000 - 2007)
Credo che questo periodo sia stato il più importante della mia "carriera", almeno fino ad ora. Adoravo la metropoli e le sue stranezze e partorivo una storia dietro l'altra: ogni pezzo di carta buttato sul marciapiede era in grado di ispirarmi.
Andavo in giro con un quaderno in mano. Seduta sulle panchine di piazza del Duomo, osservavo, respiravo e prendevo nota. Studiavo le persone e cucivo racconti su misura. Scrivevo tanto. Tantissimo. Scrivevo in continuazione. Non smettevo mai.
Poi è arrivata lei: mi piace chiamarla "idea spugna", quella che ti assorbe le energie e ti schiavizza per anni. Ho abbozzato alcuni romanzi che ruotavano intorno al solito spunto. Credevo di non poter raccontare altro, se non quella vicenda che mi pulsava nel cuore e mi esplodeva dentro. Sentivo che mi apparteneva profondamente e desideravo condividerla. Ma era solo un refuso interiore che trasudava elementi autobiografici.
Credevo di scrivere un romanzo, in realtà continuavo a far ribollire tutto ciò che attirava la mia attenzione. Ogni volta che avevo un'idea, la buttavo nel calderone senza alcun criterio. Alla fine avevo mille personaggi, tremila punti trama e nessuna meta precisa.
Un po' invidio la freschezza dei miei scritti di quegli anni. Mi divertivo come una matta e mi sentivo libera. Sembra brutto dirlo, ma la competenza tecnica a volte può essere limitante, perché inibisce la creatività. Tuttavia, quegli scritti non avevano un futuro perché troppo vincolati al mio modo di essere e al mio bisogno di esprimermi.
Alcune descrizioni ambientali erano abbastanza buone, quindi saranno rivedute, corrette ed utilizzate nel romanzo che sto scrivendo. Con i dialoghi me la cavavo discretamente, ma tutto il resto è da buttare.
Lezione numero 4: accanirsi su un'idea è deleterio: se non è buona, dobbiamo lasciarla andare. E, anche quando è buona, non possiamo permetterci di dire tutto quello che ci pare.
- Milano parte seconda - La rinuncia (2007 - 2012)
Se penso a questi anni, mi viene l'angoscia. Ho vissuto un periodo veramente difficile. Non riuscivo a trovare un lavoro fisso e mi barcamenavo fra mille diverse attività, sottopagate e precarie. Volevo rimanere a Milano perché credevo ci fossero maggior possibilità, ma molti dei miei amici dell'università erano ritornati nelle loro città di origine ed io mi sentivo terribilmente sola. Trascorrevo un sacco di tempo chiusa in casa a mandare curriculum, avvolta dall'angoscia. Nel contempo, avevo anche grosse difficoltà sentimentali. Con il mio attuale compagno, che ai tempi frequentavo a fasi alterne, c'era una situazione molto difficile. Mi sentivo in un tunnel buio, dal quale non potevo scappare. Ero terrorizzata dal futuro e soffrivo di attacchi di panico. C'erano dei momenti in cui il vuoto mi schiacciava completamente, non mi lasciava possibilità di scampo.
Ero sempre stata bene con me stessa, ma ho iniziato a temere la solitudine. Più volte sono tornata a casa dei miei a Sanremo, perché non ce la facevo più. Una volta mi sono fermata un anno intero. Insegnavo in una scuola, collaboravo con un giornale ed uscivo quasi tutte le sere per dimenticare il vuoto che mi sentivo dentro e la sensazione di non valere nulla. Cercavo di chiudere il cassetto dei miei pensieri, ma non facevo altro se non separarmi da me stessa. Facevo tante meditazioni, ma l'energia negativa da pulire era troppa, quindi non sempre mi erano utili. E fumavo una sigaretta dietro l'altra, senza ritegno.
Se vuoi fare lo scrittore, devi essere pronto a tutto. Devi avere il coraggio di vedere scivolare sulla pagina anche le tue ombre più scure. Se hai paura di te stesso, non puoi aprirti ad una creatività pura e semplice. Se la solitudine ti terrorizza, non puoi ascoltare la voce che proviene dalla tua coscienza e che ti aiuta a generare storie. Se non riesci a vedere oltre i propri problemi e a trascendere la contingenza, difficilmente riuscirai a raccontare una storia interessante. Il mondo fuori non esiste: ci sei soltanto tu, con le tue magagne interiori. In questo stato non si può assolutamente scrivere.
Lezione numero 5: la solitudine è una maestra illuminante. Occorre considerarla come una fonte di creatività, e non come una punizione divina.
- La rinascita (2012 - 2013)
Quando ho trovato il mio attuale lavoro e sono tornata a vivere a Sanremo insieme al mio compagno, le cose sono cambiate. Non so cosa mi abbia fatto tornare il desiderio di scrivere, ma credo che c'entrino molto le dinamiche che si sono create all'interno del mio ufficio, fra me, il mio capo ed alcuni colleghi.
All'inizio mi sentivo come se mi avessero buttata dentro la gabbia dei leoni. Le grandi aziende sono come dei paesini. Quando arriva una persona nuova, si finisce per parlare solo di lei. Ormai sono trascorsi due anni e mezzo ed ho rapporti ottimi con (quasi) tutti i colleghi, ma non è stato facile farsi accettare. Quando io mi sento sotto una lente di ingrandimento, finisco per trincerarmi dietro una timidezza quasi imbarazzante, rischiando di apparire un po' "svampita". Vivo nel mio mondo, mi perdo nei miei pensieri, rinuncio a parlare con la gente. Oppure divento logorroica, inizio a straparlare. So che molti ironizzavano sul mio modo di essere e pensavano che non avessi tutte le rotelle a posto.
In particolare, ci sono state alcune persone che mi hanno trattata veramente male. All'inizio questa cosa mi ha demoralizzata, poi ho cominciato a prendere coscienza della mia dignità. Ho iniziato a chiedermi "chi sono io? Cosa voglio combinare della mia vita?"
Il mio lavoro mi piace, ma non qualifica la mia identità. Rappresenta solo quello che faccio. C'è un mondo intero che si nasconde dietro i miei silenzi. Se rinuncio ad esprimere la mia vera natura, quella che crea ed inventa storie, faccio una violenza a me stessa. Ed io non voglio più rinunciare ad essere me stessa, perché rimarrei invischiata in dinamiche che non mi appartengono, la darei vinta a chi vuole condannarmi ad una vuota mediocrità.
Prima di prendere nuovamente in mano la tastiera, è passato un bel po' di tempo. All'inizio avevo molti timori e, ancora oggi, ogni tanto le mie censure interne tendono a bloccarmi. Ma sono orgogliosa della mia scelta. Tornare a casa e sapere che il mio romanzo mi attende dà nuova luce alle mie giornate. Quando posso scrivere mi sento in pace con l'universo.
Lezione numero 6: al karma non si può sfuggire. Se nei tuoi geni c'è scritto che devi scrivere, tu scriverai. Ed io, ormai, sento che da questa consapevolezza non posso più scappare, quindi scrivo.
Quello che è successo dopo il 2013, già lo sapete. E non ho ancora smesso di imparare.
Solitamente non amo scrivere post autobiografici, ma oggi mi sono aperta con voi e devo ammettere che mi ha fatto bene. Se vi va, raccontatevi insieme a me.
Letto tutto d'un fiato! Wow! Un bel percorso devo dire, bello tosto, e fa strano ovviamente vedere cosa facevi e vivevi e quando, perché pur essendo solo 10 anni più piccolo faccio confronti con cosa sono io ora cosa facevi alla mia età.
RispondiEliminaCoomunque, voglio leggere qualcosa!
Per voi, con internet di uso comune, è sicuramente più facile portare avanti la scrittura. Io non avevo ancora il computer, quindi c'era un tipo di fatica che "testava" la passione e la metteva alla prova. Era molto più facile correre il rischio di abbandonare. :)
EliminaHo letto la tua "biografia" con piacere (anche se mi aspettavo per la verità un post sul tuo sondaggio, ma forse da quello che scrivi capisco cosa è risultato maggiormente votato), anche se poi mi colpisce maggiormente un episodio "minore", meno centrale: la storia delle lettere, della giacca. Potrei un giorno prendere a prestito questa scena... C'è già il tuo destino su quel seggiolone.
RispondiEliminaQuello che sto scrivendo non ha a che fare con i risultati del sondaggio (che comunque sono visualizzabili in alto a destra) perché servivano ad avere un orientamento, non a determinare o ad orientare la mia creatività. Questo post doveva essere pubblicato giovedì scorso, ma avevo voglia di parlare della "trilogia del male". Fatta questa doverosa precisazione, sono contenta che l'articolo ti sia piaciuto. :)
EliminaFaccio finta di non aver letto la parte su Robbie Williams e tutti gli altri. Comunque, un percorso davvero lungo e per di più lo ricordi anche... Io non ricordo cosa ho fatto ieri, figuriamoci alle elementari. Una cosa però la ricordo bene: non sono mai riuscito a tenere un diario. :P
RispondiEliminaPenso che a dodici o tredici anni certi "interessi" siano più che normali. Per fortuna me ne sono distaccata presto!
EliminaLa memoria è il mio forte. Prendo pochissimi appunti, anche per il libro :)
Bellissimo, Chiara!! :)
RispondiEliminaMolto presto farò anche io un post del genere!
Io, come Salvatore, non sono mai riuscito a tenere un diario... anche se una volta la prof di Italiano alle medie ci incoraggiò in quel senso...
Moz-
Io ho sempre visto il diario come una pratica prettamente femminile...
Elimina.... mi sbaglio? :)
Sono contenta che il post ti sia piaciuto!
Ho trovato molto affascinante questo post, con tutte le fasi della tua vita messe sotto la lente della scrittura. Sembra proprio la vita di una predestinata della scrittura
RispondiEliminaGrazie di cuore Tenar, purtroppo in passato ho perso molto tempo. Ma ora si cerca di rimediare. :) Un abbraccio
EliminaPenso che scriverò anch'io un post di questo tipo, magari la settimana prossima (questa non ho nemmeno il tempo per respirare...) Interessante!
RispondiEliminaMi sono divertita molto a scriverlo :) Sono sempre stata un po' restia a raccontare di me, ma mi è piaciuto molto farlo e credo che nei prossimi post manterro' questa apertura.
EliminaAttendo il tuo meme, allora :)
Beh, una vita avventurosa anche la tua, alla fine :)
RispondiEliminaMa solo io sono rimasto in questa città a fare la muffa?
Hai scritto decisamente più di me, quindi hai una bella gavetta.
La gavetta c'è stata, il problema è la ruggine. Cinque anni ferma sono tanti, ma sto recuperando. :)
EliminaA te non riesco proprio a dare un'età... qualcuno più di me, credo, ma non troppi.
Grazie del complimento, allora, visto che ne ho 15 di più :D
EliminaDavvero?!?!? @-@
EliminaIo non te ne davo più di 40 :)
Grazie di avere condiviso altre tessere della tua storia! Sono curiosa di vedere le prossime puntate... ;)
RispondiEliminaSpero che ce ne siano tante! :)
EliminaUn abbraccione
Grazie di cuore di questo bellissimo post, mi è piaciuto leggerlo come se fosse un racconto! Ti ho immaginata sul seggiolone con le tue lettere colorate G ed H, e avrei voluto essere lì ad abbracciarti per la tenerezza che mi hai fatto.
RispondiEliminaLe belle storie che hanno acceso la mia immaginazione me le raccontava mio padre prima di dormire. Siccome era sempre via per lavoro, per me era un regalo doppio: la sua presenza e le storie. Come tua nonna, anche lui le raccontava in modo semplice e avventuroso. Comunque le mie preferite erano le storie della Primula Rossa, secondo me sono state loro ad accendere la mia passione per la Storia. :-)
Ieri su facebook mia mamma mi ha fatto un'errata corrige: la mia memoria mi ha ingannata: le lettere sul seggiolone erano adesive, attaccate in ordine alfabetico mentre quelle di plastica con le calamite erano dentro il bidoncino!
EliminaIo prima o poi dedicherò una storia a mia nonna, non ne ho ancora avuto il coraggio, ma lo voglio fare. :-)
Sono contenta che il post ti sia piaciuto!
Brava Chiara, grazie di esserti raccontata, e grazie del link :)
RispondiEliminaQuesto meme mi piace molto, la mia curiosità patologica è in piena attività, spero che parteciperanno tutti.
PS: E basta con 'sti Take That! Ai miei tempi c'erano i New Kids on the Block :P
Anche io ho letto il tuo post, e penso che ti manderò una mail perché ho scoperto una cosa molto importante... potrai darmi alcune info utilissime per un mio personaggio :)
EliminaAspetto la mail! Mi farebbe piacere poterti essere utile!
EliminaMi ha colpito molto l'ultima parte, quella della rinascita. Sembra quasi che la scrittura si rimasta imprigionata per molti anni e tu abbia dovuto liberarla. E' anche curioso il fatto che la consideri come parte della "vera te stessa"... Un approccio molto profondo, non è da tutti.
RispondiEliminaè proprio così.... quando ero bloccata nello scrivere, ero bloccata anche nella vita. Era come se viaggiassi con il freno a mano tirato. Ora invece grazie alla scrittura sto riscoprendo molte emozioni, e sto imparando a conoscermi meglio.
EliminaP.S. Non ti ho ancora risposto all'email perché ho avuto una settimana di fuoco. Oggi sono a casa perché a Imperia è la festa del patrono, quindi posso risponderti con calma!
Post del genere sono belli perché aiutano a vedere la persona dietro il blogger. Un bel viaggio nella tua vita e tra le lezioni di vita.
RispondiEliminaTi ringrazio, sono contenta che ti sia piaciuto :)
EliminaA me piacerebbe molto leggere la biografia di tua nonna! Da quelle poche righe in cui ne hai parlato, sono già interessata
RispondiEliminaSara
Ti chiedo scusa! Sai che non avevo ricevuto notifica del tuo commento e l'ho visto soltanto adesso per caso? Sono molto contenta di leggere le tue parole. Mia nonna ha avuto una vita simile a un romanzo! :)
EliminaSempre articoli molto utili e ben strutturati, complimenti
RispondiEliminaDovrestri scriverci un romanzo :-)
RispondiEliminaChissà magari un giorno lo farò. :)
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