Creatore, revisore e censore: tre anime in conflitto

Ciò che il pubblico ti rimprovera, tu coltivalo: è il tuo io.
(Jean Coucteau)

Il rientro in ufficio dopo una settimana di influenza è stato tutt'altro che soft. La quantità di materiale accumulatosi sulla mia scrivania, anche in vista di una scadenza importante, farebbe rabbrividire il re degli stakanovisti. Sono a dir poco stravolta. 
Durante il weekend, però, ho avuto modo di lavorare un po' con i miei due nemici. Li ho messi in fila come soldatini, li ho guardati in faccia e, prendendo consapevolezza del loro aspetto mostruoso, ho cercato di limitarne il potere. Credo che i risultati possano definirsi soddisfacenti. Mi sto allenando a prevenire l' infodump e cerco di eliminare quei piccoli blocchi che ogni tanto ancora mi legano le mani. La giornata di ieri è stata molto soddisfacente. Ho scritto alcune scene che mi hanno emozionata e divertita. Sono riuscite piuttosto bene, sono dinamiche ed intense.
Dopo la demoralizzazione della scorsa settimana, ho ritrovato un po' di fiducia in me stessa. Per questo motivo, oggi ho deciso di recuperare lo scopo originario del blog: condividere con voi ciò che di volta in volta imparo nella stesura del mio romanzo. In fondo, ogni giorno che passa porta con sé una piccola conquista, ed è bello rendere partecipe che mi sta aiutando ad arrampicarmi verso la vetta. 


Già nel post inaugurale di "Appunti a Margine" avevo parlato dei tre livelli di coscienza individuati da Nathalie Goldberg nel manuale "Scrivere Zen". Dal punto di vista psicologico, potrebbero essere associati alla famosa distinzione freudiana fra l' ES (le pulsioni inconsce) l' IO (la parte cosciente della personalità) ed il SUPER-IO (le strutture repressive). Tuttavia, nell'ambito della scrittura, queste anime prendono un'altro nome. 

Il creatore interviene soprattutto durante la prima stesura che, secondo la Goldberg, dovrebbe essere istintiva. Anche se abbiamo pianificato la scena, consiglia di non fermare la mano né cancellare finché non si è giunti alla fine. 
Le idee sono un fiume in piena. Un eccesso di razionalità rischia di creare un blocco, di porre un ostacolo. Genera un ristagno putrido. Il testo, di conseguenza, è impoverito.
Almeno nelle fasi iniziali, la creatività deve essere lasciata libera.

Il revisore rappresenta il lato positivo della razionalità, è la consapevolezza tecnica che ci aiuta a riconoscere le potenzialità e i limiti del nostro scritto. Interviene quando la scena è già abbozzata. Taglia e cuce. Pota e sistema. Rende il testo presentabile. 
La creatività dunque cede il passo alla razionalità, alla coscienza. O forse sarebbe meglio dire che le va incontro. Le tende la mano. Quando cuore e mente si incontrano, il risultato non può che essere positivo. 

Il censore ha a che fare con l'educazione, il senso comune e la consapevolezza del proprio ruolo all'interno della collettività. Questo fighetto in giacca e cravatta ci aiuta ad avere delle regole, a non superare i limiti imposti dalla società. In poche parole, ci impone di essere socialmente accettabili. 

Ciascuna di queste tre anime, ovviamente, è fondamentale. 

Senza il creatore ci nutriremmo di idee riciclate, di cliché, di concetti freddi e subdoli che non sanno generare emozioni. Non potremmo definirci artisti. Saremmo piuttosto del tecnici. L'ispirazione morirebbe rapidamente, lasciandoci in mano un pugno di mosche.

Senza il revisore i nostri testi sarebbero confusi, di difficile comprensione. Ciascuno di noi sa quanto l'editing sia importante per conferire al romanzo un aspetto dignitoso.

Senza il censore si supererebbero i limiti della decenza e del buon gusto. Okay, in Italia questo è già successo. Ma nessuno di noi vuol scrivere la biografia dei tronisti di Uomini e Donne, vero? O le cinquanta sfumature di grigio. 

Quando gli ambiti si contaminano, però, possono sorgere dei problemi. Il censore imbavaglia il creatore, lo lega alla sedia e, se è particolarmente incazzato, gli molla pure un paio di schiaffi. Il revisore fa il pignolo, scansiona ogni frase mille volte, finché lo scrittore non ha voglia di spaccare il computer, di lanciarlo fuori dalla finestra. Questo è ciò che, personalmente, sto cercando di evitare. 

Ho sempre ricevuto molti complimenti per il mio stile, ma i lettori cavia percepiscono la mia paura di "osare". A volte mi accontento di contenuti politically correct. Se devo scrivere una scena ad alta intensità emotiva, tendo a viaggiare con il freno a mano tirato. Ma la passione, secondo me, deve nascere durante la prima stesura. Inserirla a posteriori ci costringe a riscrivere tutto da capo. Io l'ho fatto diverse volte. Adesso, è giunto il momento di dire basta.

Spesso il censore è risvegliato dalla paura del lettore: se non piaccio? E se scrivo una storia ridicola? E se finisco su Obbrobrio? Mamma mia santissima, quante paturnie!
Dopo tutto, noi desideriamo farci leggere. Il "si scrive per sé stessi" è una palla gigantesca: nessuno ha voglia di chiudere il proprio manoscritto dentro un cassetto. L'uomo è un animale sociale ed anche lo scrittore ha bisogno di relazionarsi. Le sue opere sono un filo sottile, quasi invisibile, che lo collegano al resto dell'umanità.
A volte, poi, c'è un' insicurezza di fondo che porta con sé la sensazione di non essere abbastanza bravi, il timore di non riuscire a pubblicare. 
Potrei fare un elenco infinito di problematiche auto-limitanti,a mio avviso tutte riconducibili a quella che Deepack Chopra definisce the shadow, l'ombra.
L' anima di ciascuno di noi ha un lato oscuro che raccoglie traumi congelati e rimossi, dolori mai sopiti, momenti di imbarazzo e di vergogna. Quando scriviamo, tutto ciò rischia di venire a galla. C'è chi non riesce mostrare due personaggi che fanno sesso. C'è chi ha difficoltà con la violenza. E c'è chi si mette a piangere nel raccontare di un padre e di un figlio che non si parlano, perché rivive situazioni dolorose del proprio passato. Ma ogni scena nasce da dentro. Ha un'importanza intrinseca. Fa parte di noi. E l'arte è per sua natura catartica. Rappresenta una forma di liberazione.
Il problema è che a noi piace tantissimo sentirci schiavi, fare le vittime. Non vogliamo guardare in faccia le nostre debolezze e facciamo tutto il possibile per reprimerle. Sforzo inutile: spingere in acqua un gigantesco pallone serve soltanto a fartelo esplodere in faccia. 

Ora mi piacerebbe offrire qualche piccolo suggerimento per combattere il censore, anche alla luce del il mio pomeriggio di ieri, veramente proficuo sul piano creativo. Se non ho annientato completamente il bastardone, l'ho per lo meno tramortito. 
Però sono costretta ad ammettere un mio limite fisico: non ho più un briciolo di forza. Non sono connessa. Sto scrivendo come un'analfabeta. Devo dormire. Sono le 23:15.

Vi racconterò il mio match di boxe nel prossimo post. E vi parlerò delle "ombre" principali. Ovviamente, ditemi voi se l'argomento vi può interessare. In generale, cosa ne pensate della distinzione proposta dalla Goldberg? Riuscite a far convivere le vostre tre anime

Commenti

  1. Non riesco a mostrare due personaggi che fanno sesso, ho problemi con scene di violenza, e piango pure quando penso a un rapporto difficile genitore-figlio. Non vorrei dire, ma... ti ho confidato queste cose da qualche parte? Ci conosciamo?
    Nel mio monolocale i tre tizi che descrivi convivono e si rispettano a vicenda. Aspetto il tuo prossimo post, ma già sentirti stanca ma soddisfatta per le pagine prodotte (che domani il tuo revisore vorrà revisionare e il tuo censore censurare) è qualcosa che merita di essere narrato. Un blog dovrebbe servire soprattutto a questo. Aggiungo che si scrive, oltre che per gli altri, anche per se stessi. Tanto più scopri parti di te che non conosci, tanto più diventi interessante per gli altri. Lo scrittore ha bisogno di relazionarsi, è vero, ma anche il lettore ne ha bisogno. E se incontra te, incontra anche se stesso. Chissà quante volte leggendo un libro hai incontrato te stessa, e non Dante o Hemingway o chi vuoi tu. Chi di noi perderebbe tempo per incontrare uno scrittore, quando può incontrare una parte di sé leggendo?

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    1. Esatto, è proprio questo il punto: come possiamo fare in modo che il lettore incontri se stesso se noi per primi abbiamo paura a guardare la nostra anima? Se una scena ci fa venire voglia di piangere è soltanto un bene. Le emozioni sono sacrosante e chiedono di essere espresse. Qualunque forma di repressione genera un blocco energetico che inchioda la creatività. Per questo occorre lasciarsi andare. Non tanto per il lettore ma perché ciò che scriviamo ci appartiene molto più profondamente di quanto non pensiamo, affonda le radici nella nostra anima ed ha bisogno di essere portato a galla

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  2. Di sicuro non voglio trattenere il mio Es e leverò le briglie alla mia passione. Ma promettimi che se mai scriverò un'agonia come le 50 sfumature di grigio mi ucciderai prima che venga pubblicato... Mi fa piacere che tu sia guarita, Stakanov ;)

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    1. L'arte è fondamentalmente es. Se togli le pulsioni di base diventa meccanica.
      Tranquilla che se scrivi le sfumature ti tolgo il saluto 😉

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  3. Odio il Censore come l'hai rapprensentato! Il gusto personale, pur non socialmente condivisibile, non è detto che debba per forza essere valutato come "cattivo gusto".

    Bella la rapprensentazione delle tre anime dello scrittore, rende molto bene il concetto! :)

    Al momento ho difficoltà con quel pignoletto, un po' bamboccio, del Revisore. Il Censore invece è contentissimo di dare una mano al Creativo, anzi si crede un creativo pure lui... ^^

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    1. Il censore non si attiva necessariamente come risposta alle aspettative sociali. Spesso, come ho evidenziato fra le righe, si attiva per dinamiche puramente psicologiche, solo in parte connesse alla collettività. Ci sono dei blocchi interiori e non vogliamo che gli altri se ne accorgano. In fondo, parte tutto dal cuore. :)

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  4. Mi hai appena ricordato che ho il creatore che scalpita da ieri pomeriggio... sto buttando giù una storia abbastanza lunga, che in testa ho da... un paio d'anni ormai, ma che è lenta a venir fuori, proprio perché ste tre anime litigano costantemente. Figurati, ho un capitolo scritto come si deve, due buttati a cazzo, e uno che è quei pronto a uscire senza controllo. Olè...
    Finirò su Obriobbrio lo so...

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    1. Un consiglio spassionato, anche se non molto professionale? Scrivi! E cerca anche di divertirti mentre lo fai. Il testo trasuderà di energia. Lascia anche passare un po' di tempo prima di revisionarlo :)

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  5. Nello scrivere sono istintivo, coraggioso, generosissimo, e spietato con me stesso. E mi diverto molto. Ma naturalmente, poi, come emerge anche da altri commenti, la condizione prima e indispensabile è un minimo di talento artistico. Altrimenti si scrive per se stessi. O si lascia perdere. [o si va in classifica con le 50 flatulenze vaginali... :-( ]

    p.s. Avevo incrociato tuoi commenti in giro per blog, e mi ero ripromesso di iscrivermi al tuo. Ma poi sono stato troppo preso dall'editing del nuovo romanzo, e vedo con piacere che mi hai preceduto: l'interesse era reciproco. :)
    Ciao, e a presto!

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    1. Il talento spesso esiste, ma è bloccato da revisore e censore. Talvolta si cela sotto un mare di schifezze, allora bisogna accettare di esercitarsi, di partorire vaccate per mesi, forse per anni, prima di poter emergere. Ciascun aspirante è potenzialmente uno scrittore... sta a lui trasformare il proprio desiderio in azione.

      P.S. Benvenuto fra i miei lettori. Anche io avevo visto i tuoi commenti in giro e mi piacevano per lo stile dissacrante. :)

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  6. Dai, guarda il lato positivo: non recensirò più alcun libro. Un motivo in meno per farti prendere dall'ansia da prestazione :P

    PS: scrivi usando la tattica del pomodoro!

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  7. Penso che lo scrittore abbia serissimi problemi di personalità multipla! Già si deve dividere in narratore - personaggio - narratario - lettore ideale. E poi in creatore - revisore - censore! Mi sa che io almeno ho eliminato il censore, siamo comunque a sei personalità...
    A parte le battute, hai ragione. Credo che la capacità di scindere le varie parti della creatività e l'aspetto metacognitivo (come si vede che sto studiando pedagogia!) siano indispensabili per scrivere con metodo.

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    1. Amica mia, speriamo almeno che ci ricoverino insieme! :)
      Scherzi a parte, mi interesserebbe approfondire il discorso sull'aspetto metacognitivo della scrittura, se hai tempo e voglia, o "a casa tua" o come guest-blogger. So che sei impegnatissima anche tu, però magari quando si calmeranno le acque ...

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    2. Intendevo solo il ragionare a posteriori sulle proprie scelte. E mi riempivo la bocca con una parola che piace un sacco ai miei prof. Nulla di troppo complicato, temo.

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  8. Mi sa che preferisco la divisione tra creatore e revisore, e basta. Se proprio c'è anche un censore, farà meglio a mettersi d'accordo con gli altri due, o prevedo per lui un destino avverso! Comunque sono convinta che nella prima stesura sia bene lasciare da parte il controllo razionale, perché ho provato a scrivere sia correggendo durante che rimandando le correzioni alla revisione, e l'esperienza è molto migliore nel secondo caso. Secondo me lo sono anche i risultati, ma aspetto conferme prima di giurarci.

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    1. Credo che il censore tenda a condizionare soprattutto chi è alle prime armi e deve ancora "fondersi" con la propria anima scrittoria.
      Sto iniziando anche io a rimandare le correzioni alla revisione e finora noto solo vantaggi, in primis quello di velocizzare notevolmente la prima stesura. Tendo però a mantenere il mio metodo di fissare lo "scheletro" della scena di getto e poi completarla. Solo che poi, invece di metterci le mani millemmmmiliardi di volte come facevo fino a poche settimane fa, la lascio decantare. Le correzioni saranno sicuramente più lucide ed oggettive, non dettate dalle solite paranoie del principiante.
      Devo dire che mi sto trovando bene a lavorare così: avevo proprio bisogno di trovare un metodo che non mi obbligasse a terminare il romanzo nel 2050.

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