#imieiprimipensieri - Fuori come un Jolly
Fare ciò che ami è libertà.
Amare ciò che fai è felicità.
(Anonimo)
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Scrivere di getto e senza revisione – 2° prova – Tempo previso: 20 minuti.
Sono una persona
difficilmente etichettabile. L’eterna outsider: un po’ per scelta, un po’ per
obbligo. Da ragazzina non sopportavo l’idea di far parte dei un gruppi
organizzati (politici, religiosi ecc.) per paura di dovermi conformare a norme,
regole e modi di pensare che non mi appartenevano. Eppure non ero una ribelle
nel senso letterale del termine. Non andavo a farmi le canne dietro Santa
Tecla, o al Porto Vecchio. Non indossavo giacche con le borchie. Non avevo
tatuaggi, né il piercing sulla lingua. Il dissenso si esprimeva in modo più sottile.
La mia eterna espressione da Alice nel Paese delle Meraviglie diceva al mondo
che io viaggiavo a un metro da terra e guardavo tutto con un sornione distacco.
Senza giudizio, ma anche senza coinvolgimento. Non mi ritengo una snob. Ho
sempre nutrito un amore viscerale nei confronti degli altri e ho un’indole
socievole. Ma preferivo scegliermi le scarpe da sola. Ascoltare musica che mi
piacesse veramente. Farmi i cazzi miei, senza dare fastidio a nessuno. Come in
classe: i professori sapevano che durante le interrogazioni scrivevo sul diario
ma, siccome stavo zitta, mi lasciavano fare. Non me ne fregava niente di
lanciare cancellini e fumare di nascosto nel bagno. Non me ne fregava niente di
bigiare la scuola, per poi sbandierarlo ai quattro venti la mattina dopo e
ottenere il plauso dei compagni. La mia ribellione non era teatralizzata. Era un
fuoco che mi vibrava dentro. Era il frutto di una rivendicazione intellettuale,
della necessità di esprimere me stessa e i miei valori anche quando non allineati
con il senso comune. Era la spinta spontanea a fare amicizia con le persone “strane”,
con persone sole la cui sofferenza parlava molto più di una risata ipocrita,
con persone che avevano il coraggio di essere se stesse senza filtri.
Oggi ho trentacinque
anni e all’apparenza sono una persona normale. Ho un lavoro “buono” secondo i
parametri tradizionali ho una casa e un compagno che ci vive dentro, indosso
abiti sobri ma eleganti. Tuttavia dentro di me sento un ribollio continuo. Non so
che nome dare a questa sensazione. La mia è una disobbedienza silenziosa che si
esprime con il solito sguardo distaccato, con la fuga in un mondo parallelo che
fa da dimora alle persone come me. È il mondo dei sognatori e dei creativi. È il
mondo di chi sulle nuvole cammina meglio che sull’asfalto, perché se cade non
si fa male. È il mondo di chi rifiuta la competizione. Di chi non è interessato
a veder i colleghi strisciare, perché crede che sia l’amore e non la rabbia a
trasformare il mondo. Di chi non crede
che il lavoratore modello sia colui che, ogni giorno, si ferma in ufficio oltre
il proprio orario senza segnarsi lo straordinario ma colui che, invece di
riempire le tasche dei padroni, usa il proprio tempo libero per il bene proprio
e della collettività. Quindi, quando arriva la propria ora, timbra il
cartellino e se ne va a fare ciò per cui è stato chiamato sulla terra.
I nani si stanno
risvegliando. Non riusciranno ad accettare compromessi ancora a lungo. Il
bisogno delle persone di trovare uno scopo e di fare ciò che amano sta dando un
bel calcio nel sedere al calcolo strategico. Presto tutti si accorgeranno che
la vita non è un’operazione di marketing e i (dis)valori del mondo
contemporaneo si scioglieranno come ghiaccio in spiaggia. Nessuno crederà più
che il rispetto sia legato al prestigio e al potere: solo chi sarà in grado di
creare qualcosa di valido meriterà la stima del prossimo. Cambierà il nostro
modo di relazionarci. Cambierà il linguaggio: l’ingiuria non sarà più accettata
come lo è oggi. Salutare un amico con: “ciao, cretino” sarà considerato
offensivo. Se un bambino verrà sculacciato in mezzo alla strada o una ragazza
aggredita, le persone interverranno perché avranno capito che l’indifferenza
non ha nulla di etico. L’indifferenza è il nutrimento dei morti; la persona
viva è quella che ama.
Un cuore gelido
non porta risposte. Un cuore aperto, invece, riceve dentro sé tutta la bellezza
del reale e considera l’universo un regno di infinite possibilità. Io voglio
che il mio cuore sia così. Felice. Soddisfatto. Autentico. Il cuore di una
persona che vive secondo la propria natura, e non secondo i principi di un
sistema a cui non vuole obbedire.
“Sei fuori dal mondo”, mi ha sempre detto mio padre, senza nascondere il proprio disprezzo per la mia incapacità di reprimere le emozioni, per la mia difficoltà a chinare la testa di fronte a ideali che non riuscivo a sentire miei. Dopo anni di lavaggio del cervello e colpi di mazza chiodata sulla mia autostima, ero diventata la bieca fotocopia delle sue aspettative. Finché non ho mandato a quel paese tutti i diktat. E oggi, se guardo ciò che mi sono lasciata alle spalle, mi rendo conto che quelle quattro parole sono state il complimento più bello che potessi ricevere: se il mondo di un tempo considera l’ipocrisia un valore ed educa i bambini attraverso l’umiliazione e il giudizio, sono felice di non farne parte.
“Sei fuori dal mondo”, mi ha sempre detto mio padre, senza nascondere il proprio disprezzo per la mia incapacità di reprimere le emozioni, per la mia difficoltà a chinare la testa di fronte a ideali che non riuscivo a sentire miei. Dopo anni di lavaggio del cervello e colpi di mazza chiodata sulla mia autostima, ero diventata la bieca fotocopia delle sue aspettative. Finché non ho mandato a quel paese tutti i diktat. E oggi, se guardo ciò che mi sono lasciata alle spalle, mi rendo conto che quelle quattro parole sono state il complimento più bello che potessi ricevere: se il mondo di un tempo considera l’ipocrisia un valore ed educa i bambini attraverso l’umiliazione e il giudizio, sono felice di non farne parte.
Ciò che
differenzia il Jolly dai nani è la capacità di essere se stesso in una società che
ci vorrebbe tutti uguali. È la possibilità di decidere autonomamente in cosa
credere senza che nessuno imponga il proprio dogma. Ciò implica l’essere fuori
dalle dinamiche dominanti, ma va benissimo così, perché la vita di un Jolly
appartiene solo a lui. Svenderla al miglior offerente non serve a niente se non a creare l'ennesimo clone.
Sono arrivata a
trentacinque anni con la sensazione che tutti i compromessi da me accettati
abbiano mutilato la mia vita, ma il tempo che mi resta sarà diverso. E,
soprattutto, sarà vissuto nella piena consapevolezza della mia vera natura e
nella completa accettazione di tutti i miei limiti e di tutte quelle ferite che mi
hanno portato a essere la persona che sono oggi. Nascondere la polvere sotto il
tappeto non serve. I propri mostri interiori vanno trasformati in una risorsa
che aiuti gli altri a non soffrire così tanto come abbiamo sofferto noi. Quindi
non mi vergogno ad ammettere che a sedici anni ho sofferto di disturbi alimentari e di
depressione, che lo scorso novembre sono stata un mese a casa dal lavoro perché
i miei tentativi di sopportare lo schifo che ho intorno mi hanno portato a
crollare sotto il peso di responsabilità che non solo non
sentivo mie, ma che addirittura tradivano il mio ideale di vita. Non mi
vergogno nemmeno di ammettere che dentro me giace una paura atavica, che sono
riuscita a classificare come “ferita da rifiuto” e che per anni mi ha causato attacchi di panico. Ma ora basta. Ho passato troppo tempo a piangere
nel bagno, timorosa di uscire e di affrontare un mondo fuori che non voleva
accettarmi. Ora non voglio più nascondermi, pur sapendo che le mie doti, nella
realtà contemporanea, sono considerate difetti. Altruismo e creatività non
danno da mangiare ma aiutano il prossimo. E una persona che si sente al sicuro
è forte. Meglio mantenere alto il livello di paura: in questo modo, ci può
essere manipolazione. Ma vaffanculo, io me ne sto fuori.
Il Jolly lotta
per essere libero. È maledettamente autentico, e quindi da zittire. I nani,
invece, marciano in fila indiana (ora anche in compagnia del Buddha) e fanno il
gioco di chi li vuole inconsapevoli.
Tu, invece, da
che parte vuoi stare?
Tempo effettivamente
impiegato: 35 minuti. Mi sono
lasciata prendere un po’ la mano. E mi scuso per non aver ancora messo i link ai vostri post, ma sono tantissimi, e nel frattempo mi hanno operato ai denti.
Insomma: è un momento di caos. Portate pazienza!
Chiara, che parole!
RispondiEliminaLa loro intensità si fa sentire all’altezza del petto per scivolare su verso le fossette degli occhi e giù, nel caldo del ventre.
Fa male parlare così, ne sono certa. Ma è necessario e catartico.
Mi brucia la fronte a sentire le tue parole – sì, le ho proprio sentite –, perché mi sono immedesimata e perché ho cercato di immaginarmi te dentro situazioni che non sono tue. Anche se non ti conosco.
Tu mi hai permesso di entrare e sbirciare nelle profondità della tua vita.
E ti ringrazio per questa generosità, che sta proprio a dimostrazione che i nani sono ormai pronti.
In realtà non è stato difficile. Mi è bastato sintonizzarmi con me stessa, e le emozioni sono venute fuori spontaneamente. Ora sento una profonda sensazione di leggerezza, e scriverei per ore. Del resto, è quello che sto facendo. :-)
EliminaRicordo una delle prime arrampicate alpine che feci assieme a un amico. Poco esperti ma volenterosi raggiungemmo a fatica la cima, e ci dedicammo alla doverosa ammirazione del paesaggio sottostante. Dopo alcuni sospiri mi disse "siamo proprio fuori dal mondo". Ma io sentivo che c'era qualcosa di errato nel suo ripetuto luogo comune "no, no, no, è laggiù che siamo fuori dal mondo".
RispondiEliminaEccome se era un complimento quello che ti hanno fatto, perché quando dicono che sei fuori dal mondo in realtà confermano che sei nel vero mondo. Ma qua si apre un discorso troppo lungo. Fortunata te che sei fuori dal mondo quindi :)
Dovremmo rallegrarci ogni volta che ce lo ripetono.
Il mondo che hanno costruito non c'entra nulla con il mondo reale. è un surrogato di verità sempliciotte e valori posticci che non ci appartengono per davvero. Quindi mi piace pensare che, chi è considerato "fuori dal mondo", in realtà sia semplicemente riuscito a cogliere la vera essenza delle cose. :)
EliminaLeggere il tuo post mi ha fatto tornare alla mente un particolare dell'ultimo anno di superiori mio. Classe tutta femminile, non si legava per niente... 22 ragazze "indipendenti".
RispondiEliminaMa il particolare che mi hai ricordato è questo. Di queste 22 ragazze, una veniva a scuola con l'unità sotto al braccio, l'altra (sessantottina anacronistica perchè eravamo nel 1978) con il manifesto e solo quello che diceva Rossana (Rossanda) era giusto.
E io? Tutti i giorni no perchè non avevo i soldi a quando potevo andavo a scuola con Tuttosport sotto il braccio.
Loro ridevano ma la ia risposta era sempre la stessa: enbè?????
Questi "sfoghi" sono terapeutici per chi li fa. Di getto così, poi tirano fuori cose sepolte da anni di polvere e che non ricordavamo proprio più.
Da che parte sto? Dalla mia! Mai stata alle regole orali o scritte degli altri ma cosa ti ho postato prima penso renda l'idea :)i
A giorni preparerò anch'io un post se ci riuscirò e poi t farò sapere. Ciaooo
Io ricordo (ho fatto il liceo negli anni 90) che mi piacevano sia i Nirvana sia i Guns'n Roses, e questo non andava bene, perché le due band erano "nemiche". Al di là della filosofia che si nasconde dietro la musica, a me questi gruppi trasmettevano entrambi emozioni bellissime, e nessuna legge mi impediva di ascoltarli. :)
EliminaEcco! Allora era giusto che li ascoltassi entrambi. Seguire il gregge d smare o uno o l'altro? Noooo
EliminaSai che mi riconosco molto nella descrizione di te adolescente. Per fortuna io ho avuto genitori che mi hanno sempre lasciato grande libertà (mio padre ogni tanto dice che, testarda come sono, è stata solo fortuna che non mi sia messa in cammini autodistruttivi e quindi visto che ero "un po' strana ma non facevo male a nessuno e neppure a me" mi ha sempre lasciato fare. Col senno di poi immagino che ogni tanto mi abbia guardato come un'aliena chiedendosi come fossi capitata in casa sua, lui pragmatico elettricista, io a 14 anni in fissa con l'epica medioevale...).
RispondiEliminaIn bocca al lupo per i denti!
Mio padre non è mai stato uno di quei genitori che si impongono e che proibiscono di fare delle cose (anche perché non viveva con me), ma il suo condizionamento era molto più subdolo perché stava lì seduto, con la schiena dritta, e mi guardava con disprezzo: "tu sei libera di fare come credi, però io penso che..." ... quindi, alla fine, facevo comunque ciò che voleva lui. :-)
EliminaIn questo post scritto di getto è venuta fuori la vera te stessa e parti di te che finora avevano solo intuito. Sotto certi aspetti ho rivisto anche me stessa quando da ragazzina combattevo sempre contro tutti a favore dei più deboli, molti pensavano fossi strana o paladina delle cause perse. A pensarci adesso sorrido perché nonostante i problemi che incontravo non ho mai rinunciato ad essere me stessa e ad esprimere quello che pensavo realmente e che era sicuramente poco popolare. Sono fiera però di quello che ero allora anche se ho preso numerose pacche nei denti, ma non ci si pente mai di essere state se stessi. La libertà si sa ha un prezzo da pagare.
RispondiEliminaAnch'io, da brava bilancia, difendevo i più deboli. E non davo alcuna importanza al ruolo. Un genitore, un professore e un dirigente non meritano più rispetto degli altri solo per il proprio ruolo perché sono esseri umani come tutti, con pari dignità. Quindi, devono poter essere criticati senza che nessuno ti accusi di "lesa maestà".
EliminaTenterò sempre di essere un Jolly, magari assediata da nani killer che per quanto inconsapevoli sanno bene come rendere la battaglia difficile. In verità Chiara, in certi momenti ci si sente proprio soli.
RispondiEliminaEh sì. Però con il tempo si impara ad accettare questa solitudine, a viverla come una meravigliosa forma di libertà.
EliminaIn un'apparente ordinarietà ho combattuto i miei "mostri" anch'io.
RispondiEliminaSono stata una ribelle, ma con una grande capacità di sopportazione che alla fine mi ha portato a seguire strade che facessero stare bene altre persone, non me, ma mi ha reso più forte. Un paradosso: nell'assecondare le persone incapaci di capirmi mi sono sentita più forte di loro e a loro ho sempre addebitato una debolezza che ho sempre stimato poco.
Vabbè, ci sarebbe tanto da spiegare, magari capiterà! :)
È vero: chi cerca di dettare agli altri la propria strada è un debole perché non riesce a rinunciare al controllo sugli altri e non sa accettare il loro modo di essere, che non necessariamente è sbagliato. Tuttavia penso che, se ogni tappa della vita è fondamentale per capire chi si è e cosa si desidera, ogni persona ha il diritto, se non il dovere verso se stessa, di seguire le proprie naturali inclinazioni. A te lo studio della legge e a me il mio attuale lavoro sono serviti a far chiarezza. Una volta compreso che certe strade non fanno per noi, si può aggiustare il tiro. :)
EliminaChe potenza! Ribellione, energia, determinazione. Vai così!
RispondiEliminaIo direi che questo esperimento che fai ha un po' della seduta di psicoterapia, tipo flusso di coscienza in libertà, oppure di una meditazione/riflessione fatta cristallizzare su carta (monitor). Cioè liberatorio, intendo.
RispondiEliminaSì, è vero. Ognuno rielabora l'esercizio come vuole. C'è chi l'ha usato per scrivere racconti, chi per chiacchierare in libertà. Io sento il bisogno di liberare, per quanto possibile, la scrittura dalle routine. Quand'ho iniziato a scrivere, scrivevo cose come questa, e sono esercizi che fanno bene. Sono molto zen. Nei prossimi appuntamenti, chissà. Magari avrò voglia di scrivere altro. :)
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