Il valore della creatività.


Artista è soltanto chi sa fare della soluzione un enigma.
(Karl Kraus)

Prima di proporvi la mia riflessione sul valore della creatività nel mondo contemporaneo e nella mia vita quotidiana, voglio condividere con voi le tre definizioni che ho trovato in rete.
Per il vocabolario Treccani, la creatività è “la capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia. In psicologia, lo stesso termine vuole indicare una tipologia di personalità che ha come elementi caratterizzanti: particolare sensibilità ai problemi, capacità di produrre idee, originalità nell’ideare, capacità di sintesi e di analisi, capacità di definire e strutturare in modo nuovo le proprie esperienze e conoscenze. Infine, per la sociologia, la creatività rappresenta l’insieme delle strategie messe in atto dall’individuo per dare senso e valore a ciò che altrimenti sarebbe solo rozza vita quotidiana che scorre, nonché per ribellarsi all’ordine prestabilito e alla routine, pur senza violare alcuna legge dello stato. In poche parole, è creativo chi appende un quadro in ufficio per personalizzare un ambiente altrimenti spoglio, o chi si imbosca sulle scale per fare una telefonata alla moglie lontano dagli sguardi indiscreti del capo e dei colleghi.

Come integrare queste tre definizioni?
Io penso che la creatività, così come definita dal dizionario Treccani e dalla sociologia, sia una qualità innata: se non ci fosse, la nostra esistenza si ridurrebbe a un inutile meccanismo di stimolo e risposta. La fantasia ci aiuta a strutturare la nostra esistenza, a personalizzare le pratiche quotidiane e a interagire con l’ambiente esterno: scegliamo i vestiti sulla base del nostro carattere, arrediamo gli ambienti in cui viviamo, scateniamo la fantasia in cucina... In poche parole, diamo alla routine un’impronta individuale necessaria per non essere fagocitati dall’alienazione della vita post-moderna, per non marciare in fila indiana come soldatini robotizzati, per non chinare il capo davanti alle aspettative del sistema sociale.
Non tutti gli individui, però, sviluppano la personalità creativa di cui parla la psicologia. Per arrivare a questo non bastano poche azioni isolate: occorre aderire a uno stile di vita e portarlo avanti per anni fino a non poterne più fare a meno. Gli Artisti hanno integrato il ricorso alla fantasia nei propri processi mentali al punto da non potersi più identificare con altri modi di agire. Per loro l’intuizione prevale sulla logica e la razionalità sull’ispirazione. Eppure non sbagliano. Riescono ad arrivare alle stesse soluzioni degli altri, ma con strade diverse. E sanno rinnovarsi continuamente.

Un mondo ostile ai creativi.
Il sistema scolastico, nel nostro paese, non favorisce lo sviluppo delle qualità creative dell’individuo. Con la sola eccezione delle scuole specializzate, musica e disegno si studiano fino alla terza media. La scrittura creativa cessa di esistere con la morte del tema libero: mio cugino frequenta il terzo anno del liceo classico, e i loro compiti in classe di italiano sono tutte analisi testuali…
Non parliamo poi del mondo del lavoro!
Solo il settore pubblicitario ha la figura professionale del Creativo, con la C maiuscola: l’art-director, colui che progetta e gestisce le campagne. La sua fantasia ha un valore perché piegata a scopi commerciali. Non serve a esprimere una forma d’arte, ma si piega alle esigenze di mercato. Tutto il resto è manovalanza.
In altri settori, la valorizzazione dell’apporto individuale alle dinamiche di ufficio dipende dall’ indirizzo strategico stabilito dalla Direzione. Sicuramente esistono dirigenti che considerano la creatività una risorsa, ma l’Italia è una nazione che non sa rinnovarsi: più servile e meno fantasioso sei, meglio è per tutti.
L’aforisma che funge da sottotitolo al post ben esemplifica le ragioni di questa logica dell’obbedienza: il creativo (con la “c” minuscola in quanto figura non riconosciuta dal Sistema) mette in discussione i vecchi schemi e propone dei cambiamenti. Ma i cambiamenti sono destabilizzanti laddove qualità significa standardizzazione. Il pensiero creativo rischia di inceppare meccanismi ormai consolidati. Il lavoratore è solo uno dei tanti ingranaggi di una macchina che – secondo la convinzione di molti - funziona solo se ruoli e gerarchie sono ben definiti e ogni anello della catena di montaggio è perfettamente collegato a tutti gli altri: per favore, non illudiamoci che l’era digitale abbia ucciso il fordismo!

La mia doppia vita.
Il mio curriculm vitae è lungo come il rotolo di carta igienica di Kerouac. Ho collaborato con riviste e giornali, tenuto seminari di comunicazione in tre diversi istituti tecnici della provincia di Imperia, progettato i contenuti di almeno dieci siti internet, fatto la copywriter e l’editor free-lance. Erano tutti lavori creativi, che svolgevo in piena autonomia, ma con contratto a progetto: per avere il tanto ambito posto fisso, ho cambiato completamente settore e mestiere.
Entrare in un’ Azienda a trent’anni, quando hai già competenze e mentalità ben definite, richiede una grande capacità di adattamento. Io ho provato ad accettare la mancanza di affinità fra ciò che faccio e ciò che sono. Ho cercato di svolgere i miei compiti nel miglior modo possibile. Mi sono sentita inadeguata per la mia presunta incompetenza al punto da finire invischiata in una specie di depressione.
Sono un’impiegata di concetto ma svolgo un lavoro ripetitivo in un ambiente difficile da gestire. Mi ci sono abituata: non è tanto quello a demoralizzarmi, quanto piuttosto il non poter esprimere al 100% le mie capacità. Da quando ho ricominciato a scrivere e aperto il blog, mi sembra di avere una doppia vita come gli onesti padri di famiglia che vanno a transessuali: sul web tutti mi considerano una persona competente e capace, i miei beta-reader sono contentissimi di ciò che leggono e i colleghi scrittori tengono alla mia opinione nemmeno fossi Giulio Mozzi. Sto scrivendo un romanzo che probabilmente diventerà un tomo spesso come la Bibbia, ma in ufficio non posso nemmeno spedire un’email da sola. Credo inoltre che alcuni colleghi mi considerino mentalmente assente. Sono timida, non riesco ad aprirmi con le persone, specialmente quando mi sento giudicata. Quindi sono stupida. E anche un po’ arrogante. Com’è che ha detto quella là? Ah sì: poco umile. Forse mi conoscete meglio voi che non mi avete mai visto in faccia.
Ragazzi, sapete una cosa? Sono incazzata nera. Non mi sento capita. Non mi sento valorizzata e apprezzata come vorrei. Mi piacerebbe essere stimata per il mio lavoro come lo sono per i miei post e per le bozze del romanzo, come lo ero quando insegnavo o lavoravo al giornale. Perché non ci riesco? Perché non posso essere – nell’ambito del mio lavoro ufficiale – la stessa persona che sono quando scrivo? E come faccio ad accettare il mio presente senza avere la sensazione che la mia identità professionale si stia polverizzando?

Creatività è resistenza.
“Se vogliono che sia un robot, io faccio il robot”: questo pensiero mi ha fregato. Ho provato a violentare la mia natura per conformarmi al mio ruolo. Ho tagliato fuori la creatività da tutto ciò che faccio in ufficio, scelta dei vestiti compresa: un paio di jeans e via, intanto lì non hai bisogno di essere bella. Non hai bisogno di essere di buonumore. Non hai bisogno di essere te stessa. Devi lavorare e basta.
Essermi arresa è stato il mio errore più grande. Chinare il capo davanti alle umiliazioni. Accettare i dettami di chi vuole che io mi senta inadeguata, così sto zitta nel mio angolino e non rompo i coglioni a nessuno. Se fossi riuscita a volermi un po’ più bene, forse non mi sarei ridotta in uno stato pietoso.
Ora la creatività è tornata a farmi compagnia, anche nelle lunghe giornate di lavoro. È parte integrante del mio carattere: rinunciarvi sarebbe come tranciarmi un braccio. E io dopo tutto non chiedo molto alla mia vita. Vorrei solo svegliarmi la mattina e sentirmi non dico felice, ma almeno serena per ciò che andrò a fare. E solo concedendomi il lusso di essere me stessa ci posso riuscire. 
L’immagine che ho scelto per corredare questo post mi rappresenta molto bene: un fiorellino che sbuca in mezzo a una rete arrugginita. Ogni mio altro volto è una maschera. Forse prima o poi piacerò a qualcuno, anche così. E forse, prima o poi, riuscirò a far coincidere identità e professione. In un altro luogo e ogni altro tempo. Per ora, mi basta che queste due realtà convivano pacificamente.

Il lancio della patata bollente.

Cosa ne pensate delle mie riflessioni? 
Qual è il ruolo della creatività nella vostra vita quotidiana?

Commenti

  1. Ciao Chiara, bazzico sul tuo blog già da un po', ma è la prima volta che commento. Sono una ragazza di 23 anni, mi devo laureare tra due giorni nella materia che amo di più - Lettere - e mi preparo ad entrare nel mondo. E leggendo quello che hai scritto mi è sembrato di vedere quello che molto probabilmente mi aspetta o che potrebbe capitarmi. Ho iniziato a scrivere a sette anni delle storie di fantasia per isolarmi da un mondo che mi faceva sentire sbagliata, per cui capisco perfettamente la sensazione di avere due emisferi completamente separati: uno in cui si è perfettamente a proprio agio, felici e svegli, vivi; l'altro in cui si percepisce di non rendere, di sembrare quasi stupidi e assolutamente impacciati. Pian piano con gli anni ho limato in parte questo divario ed ora credo di aver raggiunto un buon equilibrio... ma chissà cosa ne sarà dopo la laurea. Quello che ti posso dire è che ti capisco e che la mia creatività, il mio bisogno di inventare storie mi è letteralmente salvata da coloro che mi circondavano. E pian piano si crea una grande forza da questa capacità di creare. Tu ne hai, nella mia umilissima opinione posso dirti che hai un bellissimo blog e che i contenuti che proponi sono molto validi e interessanti. Per cui continua così, voglio augurarti di arrivare alla serenità con questi ambiti della tua vita così distanti. A me, come lettrice e scrittice molto in erba, piaci molto :) Io purtroppo ora so di essere troppo giovane e naive per accontentarmi. So di preciso quello che voglio, poi con il percorso che mi aspetta sicuramente sarò messa a dura prova. Spero di non scendere mai a compromessi, spero che - con tutto quello che ho faticato fino ad ora - io riesca a trovare un posto che mi piace nel mondo. Intanto ti mando un bacione e a presto

    Ilsie, www.animadellestorie.blogspot.it

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    1. Ciao Ilsie, benvenuta e grazie per i complimenti. Spero che tornerai a trovarmi! :)

      Purtroppo l'arte spesso nasce dal disappunto, dalla sensazione di essere completamente separati dal proprio ambiente di riferimento. C'è sempre un intento critico, in ciò che scriviamo. E c'è la volontà di essere noi stessi in un mondo che ci vuole uniformare.
      Penso che il segreto per avere una vita serena sia nella capacità di trovare un buon compromesso. Io non ci sono ancora riuscita. Ma non mi sento inadeguata per questo. Credo che pian piano riuscirò a sistemare le cose. E vedo le crisi come un'opportunità per prendere consapevolezza di ciò che siamo e di ciò che vogliamo. Le persone che - almeno una volta nella vita - hanno messo tutto in discussione sono quelle che raggiungeranno i traguardi più importanti. Mi piace pensarla così. Quindi non me la sento di augurarti che sia sempre tutto facile, ma di trovare la tua strada, questo sì, nonostante le difficoltà che per le persone di spessore ci sono sempre. Un grande in bocca al lupo per la tua laurea! :)

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  2. Chi si imbosca per telefonare all’amante alle spalle della moglie è creativo anche lui? Si direbbe di sì, ma forse ci sono diversi tipi di creatività. :)

    Credo che tutti gli uomini, in modo diverso certo, siano creativi. Ti faccio un esempio: prendi l’idea di uomo meno creativo che ti venga in mente; a me, ad esempio, viene da immaginare uno che nell’armadio ha tutte le cravatte, le camice e le giacche ordinate per -cromia; ecco, anche l’uomo meno creativo del mondo, a modo suo è creativo comunque. La creatività, forse, è una dote innata nell’essere umano. Io, come te, ho un capo ingegnere. Non riesco a immaginare un uomo meno creativo di un ingegnere. Eppure anche lui ha la sua dose di creatività.

    Gli artisti, a differenza di altri, hanno più spiccata questa leva creativa. Ne fanno, o cercano di farne, un mestiere. Quindi agiranno prestando maggiore attenzione alla loro creatività e alla creatività di chi li circonda. Trovo interessante, però, il fatto che associ l’intuizione alla creatività. Perché non la razionalità? Un’opera artistica ragionata non è meno creativa di un’opera realizzata di getto. Anzi, forse è anche più bella.

    Condivido il tuo parere sulla scuola e ignoravo che non esistesse più il tema libero... Ma la scuola ha i suoi meccanismi. Nel senso che, credo, l’obbiettivo di un’istituto scolastico non specializzato sia di fornire una base culturale, strumentale, più che permettere lo sviluppo della creatività. Questo è un peccato. Alla fine vince un certo modello, quello dei burattini. Tutti sanno le stesse identiche cose (meglio o peggio, ma in definitiva le stesse), possiedono le stesse informazioni di base e vengono istruiti a reagire in modo univoco alle stimolazioni (tutti allo stesso modo = comportamento unico).

    Lo stesso ragionamento credo si possa fare per il lavoratore. Al di fuori di alcuni (pochi) settori, il lavoratore è un semplice meccanismo, un ingranaggio. In questo senso: è davvero opportuno che un ingranaggio abbia creatività? Magari smette di lavorare, o di reagire in maniera aspettata (= aspettative) agli stimoli che gli arrivano dall’alto... Forse è il mondo in cui viviamo che se ne fa poco dei creativi (al di fuori di cerchi gruppi piuttosto chiusi). Come dici bene: il pensiero creativo rischia di inceppare determinati meccanismi preesistenti.

    Spesso la vita è fatta a compartimenti stagni. Sarebbe bello poter scegliere sempre quello che si fa, ed è fortunato chi è nella posizione di poterlo fare. Tu, almeno, hai una doppia vita. Non devo insegnarti io il pensiero positivo. :)

    Non ci riesci perché quello non è il tuo ambiente. E, anche se sei portata a cercare di trarre il meglio da ogni cosa che fai, forse a un certo punto è più proficuo accettare la situazione per quella che è: il tuo posto di lavoro non fa per te. (scusa, scrivo mentre leggo e questo, immagino, può risultarti strano quando leggerai la mia risposta, ma se non faccio così perdo pezzi per strada :P).

    Be’, piaci già a chi ti legge. :)

    Scusa per la risposta lunga.

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    1. Non scusarti per aver scritto una risposta lunga: a me fa piacere. L'interazione per me è un valore aggiunto allo scrivere sul blog.

      Interessante la tua riflessione sulla creatività: è vero che ciascuno è creativo a modo proprio, però per molti questi barlumi di fantasia rappresentano episodi isolati. La personalità creativa così come definita dalla psicologia dipende da un'attitudine mentale costante. Attenzione però: valorizzare le proprie intuizioni non significa rinunciare alla progettazione. Un'opera letteraria di ampia portata ne ha bisogno. Significa semplicemente affidarsi a una diversa modalità cognitiva: quando io progetto i capitoli da scrivere, riconosco la validità di un'idea - fra le molte passate al vaglio - perché mi si accende una lampadina dentro. E allora so di non sbagliare. La scena si scrive quasi da sola. E la revisione - lì arriva la razionalità pura - serve a darle forma. Il tipo di razionalità dannosa per l'artista è quella che dipende dal mentale, così come l'avevo definito nel guest-post che avevo pubblicato da te: certe mirabolanti architetture di paranoie (che nel mio ufficio regnano sovrane) sono pericolosissime per l'artista.

      Forse tutti i lavori possono essere creativi, almeno quelli di ufficio. è il modo in cui sono svolti che li rende meccanici. Prendi le statistiche che faccio almeno dieci volte all'anno: i numeri possono parlare, se vogliono. Occorre manovrarli, renderli vivi e fare in modo che trasmettano qualcosa. E i commenti ai grafici possono scendere in profondità, senza soffermarsi su un dato superficiale. E quanta vita tirerei fuori da questi reportini, se non dovessi far ricorso al modello dell'anno prima, e dell'anno prima ancora. Ma una volta ho OSATO cambiare una frase: il mio capo me l'ha fatta riportare tale e quale a prima, perché "se la usiamo da anni vuol dire che funziona". Ero talmente arrabbiata quel giorno che avrei voluto rifiutarmi di firmare il documento. Ebbene sì: io risulto autrice di testi che sono figli di menti altrui. E credimi, essendo scrittrice, è veramente frustrante.

      Dalla mia anima fumosa, in questo periodo, stanno uscendo cose brutte. Essermi confidata (con i miei genitori, con la mia psicologa e ora con voi, qui sul blog) mi ha fatto capire quanto abbia represso, in questi tre anni e mezzo. Però io VOGLIO lavorare bene. Lo voglio davvero anche se, come dici tu, forse il mio lavoro non fa per me. Credevo di essere un'incapace. Credevo di avere dei limiti oggettivi. Ma mi sono resa conto che non è così: non si può prendere un pesce, lanciarlo per aria e pretendere che voli. E accettare questo è un importante passo avanti per poter vivere con più serenità. Ce la farò a stare bene là dentro, vedrai! :)

      Un abbraccio

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    2. Il tuo capo dev'essere una sorta di genio... Hai del materiale prezioso che non sfrutti. Pensa quanti racconti potresti trarne; già solo da quella piccola immagine del tuo capo che ti fa riportare la frase dell'anno prima. Scrivici qualcosa. :)

      Non credo che sia il lavoro in sé; io parlavo proprio dell'ambiente.

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    3. O che mi fa raggiungere le "d" eufoniche una per una? E poi c'è anche quella storia delle virgole di cui ti accennavo... :-D

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    4. Sulle d eufoniche però, mi pare abbiano fatto la stessa cosa con il libro di Daniele. Mi pare ne parlasse in un post, dicendo che le usano per facilitare la lettura. Dovresti chiederglielo, sai? potrei ricordarmi male...

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    5. Esistono circostanze in cui le "d" eufoniche servono e altre in cui creano solo una sensazione di pesantezza. Occorre secondo me comprendere quando vadano e quando non vadano usate senza applicare la regola in modo pedissequo. :)

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  3. Non è incredibile come più ci sforziamo di piacere più diventiamo invisibili?
    Io mi ritrovo tanto nelle tue parole, perché quando viaggiavo ero l'anima della festa e tutti dicevano "ma che carattere particolare, ti si perdona tutto", mentre ora che faccio la brava e sto qui a elemosinare un'amicizia decente non mi si fila nessuno.
    La tua frustrazione è assolutamente condivisibile, e soluzioni non ne ho, anche se ho pensato di provare a presentarmi al centro del paese col bazuka, magari attiro l'attenzione, che dici? :D
    Meno male che abbiamo i blog con cui andare a pescare le anime affini.
    Tieni botta e chissà che col tempo non arrivi qualche nuova recluta che cambi le carte in tavola. In genere più si resta in un ambiente più cresce l'influenza e il potere personale.

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    1. Arrivare in ufficio con il bazooka: credo sia ciò che qualche collega si aspetta da me, prima o poi. :-D
      Alcuni scherzano su questa cosa. Perché parliamoci chiaro: c'è anche chi mi sta vicino e riesce a capire come mi sento. Sanno che sono finita in uno degli uffici più complicati di tutta l'azienda. Ma questi frammenti di solidarietà non sono sufficienti per farmi sentire a casa e per farmi lavorare bene. Ripeto: non mi sento capita. Ho fatto presente la mia situazione alla DPE e, in tutta risposta, mi sono beccata un richiamo disciplinare. E quando una collega mi ha detto che manco di umiltà (come se il solo fatto di avere un lavoro dovesse farti baciare le scarpe dei dirigenti) sono crollata definitivamente. Credo sia stato in quel momento che mi sono arresa all'imbruttimento.
      Un abbraccio

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    2. Davvero hai difficoltà a integrarti, Lisa? Sono sorpreso... lo confesso. :(

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    3. Faccio del mio meglio, ma vivere in mezzo al nulla ha i suoi svantaggi. L'età media è di 85 anni per gamba, e quando vado a Vancouver sono l'unica persona che conosco che non si droga...

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    4. Anche all'estero esiste la provincia selvaggia!

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    5. Lisa: questo è male! dovresti drogarti anche tu, per amalgamarti all'ambiente. XD

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    6. :D paese che vai usanze che trovi? È un compromesso un tantino radicale...

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  4. Ti capisco, anche io sono ben poco soddisfatto dal mio lavoro in gelateria: dover servire e riverire gente maleducata e stupida (scusa il termine forte), che non sa leggere nemmeno un cartellino (il gelato all'anguria sono più le persone che lo scambiano per la fragola che quelle che l'hanno interpretato correttamente :D ) ma pretende di comportarsi come fosse a casa sua. Sicuramente, non mi sento valorizzato appieno da questo lavoro, anche se qualche soddisfazione me la sono tolta, visto che sono stati tanti i clienti che hanno lodato gusti di cui ho inventato la ricetta. In fondo il lato creativo del mio lavoro mi piace molto; è il contatto col pubblico che mi frega :D .

    Comunque per quanto riguarda il mio blog, nemmeno in quel caso mi sento completamente realizzato. Sono sicuro di poter fare molto di più, e di poter avere più estimatori, rispetto ai pochi che ho ora. Non che mi lamenti, però: i miei pochi follower sono comunque preziosi, e so bene che posso crescere ancora. Di sicuro, anche se non è tutto rose e fiori, manca quella componente di frustrazione che trovo nel mio lavoro. Probabilmente questo deriva dal fatto che faccio il blogger da più tempo, rispetto al gelataio: una volta infatti mi irritavo che a quasi nessuno importasse del mio blog, adesso lo accetto senza particolari fastidi. Forse la chiave è tutto nel tempo e nella crescita personale, anche se questo può non valere in ogni ambito :) .

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    1. Il tuo lavoro però ha un vantaggio che il mio al momento non ha: sei l'unico responsabile di te stesso. Ti auto-gestisci. E credimi: poter lavorare in proprio è una grandissima opportunità.

      Seguo spesso il tuo blog, anche se non sempre commento. E capisco molto bene la volontà di "fare di più": anche io vorrei poter ripristinare i due aggiornamenti settimanali, oltre che avere più tempo per la scrittura. Ma si fa ciò che si può: la scrittura non deve mai portare frustrazione, altrimenti smette di essere un hobby e diventa tale e quale a qualunque altra attività lavorativa. Io stessa cerco di darmi un contegno quando mi accorgo che il mio atteggiamento mentale è sbagliato.

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  5. Credo sia il cruccio di tutti gli insoddisfatti. Alla fine chi trova una valvola di sfogo sopravvive, ma la vera soluzione sarebbe quella di fare della propria passione un lavoro (oggi mi sento lapalissiano :-) ).

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    1. "Fai il lavoro che ami, e non lavorerai nemmeno un giorno nella vita".

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  6. Non è consolatorio, ma ho avuto il coraggio di mandare al diavolo un futuro, forse, da promettente avvocato e l'ho fatto proprio perché il mio dono della creatività risultava schiacciato al 100% tra le asettiche aule di un Tribunale, dove l'unico slancio di fantasia era portare la fida agenda sotto braccio anziché nelle valigette di pelle portadocumenti (regalo di laurea di ogni giovane praticante).
    Poi ho lavorato due anni dentro un ufficio dove facevo una delle cose più noiose al mondo e mi toccava persino andare a comprare la carta igienica per il bagno delle signore, quando mancava (giuro!).
    Non è facile riuscire a fare il lavoro dei nostri sogni, in pochi ci riescono e sono fortunati! Certe volte siamo costretti ad accontentarci, ma finché siamo in grado di costruirci delle alternative, sappiamo di avere almeno delle possibilità di evasione che ci tengono fuori da tutto, delusioni, frustrazione, momenti difficili. Tu hai un blog di successo, stai scrivendo un libro che ne avrà sicuramente uno... e hai noi che tifiamo per te! :)

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    1. Grazie Marina, so che tu mi appoggi e mi sostieni sempre!

      Io penso che esistano molti stadi intermedi fra "il lavoro dei sogni" e un lavoro che possa almeno definirsi gratificante. Credimi: già questo sarebbe un importante traguardo. Dopo tutto ho una laurea e delle competenze: mi dispiace buttarle nel cesso...

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  7. Innanzi tutto mi spiace davvero tanto per la tua situazione lavorativa. Come ti ho scritto, anche mio marito è passato da una situazione del genere ed è terribile avere intorno qualcuno che cerca di farti sentire una nullità. L'unica cosa a cui ci si può attaccare è che questi comportamenti sono messi in atto da persone insicure che non stanno bene con se stesse che hanno bisogno di prevaricare gli altri.
    Per quanto riguarda la creatività e la scuola, spezziamo una lancia. Ci sono prof che si ingegnano e si applicano per sviluppare la creatività degli alunni. Oggi a scuola con i ragazzi abbiamo scritto racconti horror e spesso proviamo a illustrare le poesie... Per il liceo... Ricordo che anch'io al classico dal terzo anno ho fatto solo analisi testuali. Oggi ritengo che siano state tra le cose migliori che siano capitate alla mia creatività. Un prof strutturalista (che ho rivalutato solo in seguito) mi ha insegnato a carpire i segreti dei testi. La creatività per esprimersi va imbrigliata e incanalata, le tecniche si possono anche trasgredire, ma vanno conosciute e, forse, senza quel prof così tecnico e poco creativo, oggi non scriverei.

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    1. Aspetta, io non sto demonizzando l'analisi testuale, sia chiaro. Anche io ne ho fatte tante (compreso al tema di maturità) e le ritengo parte fondamentale della formazione di uno studente. Credo però che un buon insegnante sia quello che spinge lo studente ad andare oltre ciò che impara sui libri, ad attivare i neuroni, a entrare nel cuore dei testi senza limitarsi a sezionarli come cavie da laboratorio. Coniugare tecnica e creatività, secondo me, è molto difficile. Io per fortuna ho avuto un'insegnante che mi ha aiutato a farlo. Spero che il mio cuginetto e i suoi compagni siano altrettanto fortunati: per ora i loro compiti in classe mi sembrano un elenco di domande. :)

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  8. Io, come credo sai già, a un certo ho mandato al diavolo tutto, perché mi son detto che era meglio una vita da libero in costante equilibrio precario che da schiavo con il terreno solido sotto i piedi. Il punto è che, come diceva il buon vecchio Nietzsche: "Non si può mai ottenere qualcosa, senza dover rinunciare allo stesso tempo a qualcos'altro".
    L'unica soluzione reale è, come diceva qualcuno sopra, fare della propria passione il proprio mestiere. E come minimo vale la pena provarci. Se poi non va, pazienza, ci godremo almeno (forse) la pensione ^^

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    1. Una gabbia dorata è pur sempre una gabbia. In questo momento credimi, preferirei guadagnare un po' meno ma essere tranquilla: intanto se spendo lo stipendio per la psicologa a cosa mi serve? Hai ragione: provarci sempre. E se sapessi almeno da quale parte cominciare sarebbe tutto più facile...

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  9. Sulla creatività ho scritto un articolo proprio questa domenica. Riassumendo in breve, ci sono periodi in cui la sento particolarmente forte e altri in cui vago alla ricerca di un'idea o una scintilla che mi dia lo stimolo per scrivere.
    Non credo che sia qualcosa di innato, penso che tutti, chi più chi meno, la sperimentino nel corso della loro vita. Ovviamente, sta al singolo individuo svilupparla o lasciarla morire.
    Per quanto riguarda il conciliarla con il mio lavoro, in genere mi sfogo quando arrivo a casa, la sera tardi. A quel punto, scrivo, disegno, leggo... Insomma, me ne invento di ogni.
    Nell'azienda per cui lavoro, ho affrontato qualche periodo di difficoltà, tra i colleghi e le mansioni che dovevo svolgere, perché sono molto timida, ho paura del giudizio degli altri ed ero inesperta dal punto di vista lavorativo (sono stata assunta un mese prima della laurea con solo tre mesi di esperienza pregressa).
    Mi dispiace che tu stia vivendo questa sensazione di frustrazione sul posto di lavoro. È evidente, anche leggendo quello che hai scritto nei commenti, che ti trovi in una posizione non adatta a te, o meglio, lo sarebbe, se non fosse per il tuo superiore. Non dubito che tu possa riuscire a ricavarti il tuo spazio in quell'azienda, però valuta la possibilità di trovare un'alternativa. Un conto è aver bisogno di lavorare, un altro è farsi il sangue amaro per gente che non ti sa apprezzare.

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    1. Ciao, benvenuta! :)

      Forse è la mia posizione il problema, non tanto il mio superiore, che non è una cattiva persona, ha solo un modo di lavorare incompatibile con il mio e forse meriterebbe qualcuno disposto ad assecondare le sue esigenze professionali, cose che io non riesco a fare perché non ho l'indole dell'assistente, sono troppo testa di c...o per obbedire in silenzio. A me dispiace non riuscire a rendere come vorrebbe (e come vorrei anch'io) però ho smesso di farmene una colpa: so che non dipende da incompetenza, ma da semplice frustrazione. Essere IL superiore di qualcuno non significa essere superiore A qualcuno. Ma questo è un concetto con cui la vecchia guardia deve ancora familiarizzare... :)

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  10. La creatività è un modo di vivere le cose senza seguire il binario. Si può essere creativi anche pulendo il pavimento, anche se ammetto che è una bella sfida. Io non mi sento mai Artista, ma creativa sì! Però potrei fare di più. Ultimamente vagheggio di colori e pennelli, ma mi tengo a freno. Forse è meglio pasticciare con una cosa per volta, visto che la giornata ha solo 24 ore! (Bellissimo il papavero che fiorisce attraverso la rete. :)

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    1. Ecco, vedi? Io con il disegno/pittura sono totalmente negata. Preferisco scrivere. O giocare con vestiti e accessori. E cucinare, quando ho tempo e voglia. Anche quella è creatività! :-D

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  11. Mi da l'idea di un articolo auto-elogiativo e un tantino megalomane, quel tantino che non guasta. Non mi sto lamentando eh, ci mancherebbe che vado a dire agli altri cosa possono o non possono scrivere. Ecco, detto questo, mi hai passato la sensazione che tu non sappia cosa sia la creatività, in pratica quando dici che a scuola la creatività viene affogata (cosa peraltro vera) perché non si insegna musica, disegno e non si fanno temi liberi... Il fatto è che la creatività non è prerogativa di queste materie, ogni materia può potenzialmente nutrire la creatività, il problema è un problema di modo: per come vengono insegnate oggi non offrono nutrimento alla creatività, ma ciò non vuol dire che non possiedano i mezzi tanto quanto musica e disegno, anche perché sia musica che disegno fatte nelle scuole non specializzate si limitano alla riproduzione/esecuzione e all'apprendimento della tecnica, niente a che fare, in fine, con la creatività.
    E poi - d'un tratto - dici che al lavoro non ti senti apprezzata come qui. E grazie al cazzo, logico che la gente che ti segue su internet lo fa per ammirazione, derivante da stupidità o convenienza. Altrimenti non ti seguirebbe. Ma di fatto su internet, a differenza che sul lavoro, nessuno pretende niente di diverso che quello che hai offerto fino ad oggi.
    E quindi, più che un articolo sulla creatività, mi sembra un articolo dove mostri che vuoi che ti si dica "brava, sei speciale" più che avere a cuore la tua creatività.

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    1. 140 post e 3200 commenti: questa è la prima critica che ricevo. Quindi ti ringrazio: sai, il mio ego si stava pompando un po' troppo! ;)
      Scherzi a parte, rispetto il tuo pensiero, ma non lo condivido. Credo che tu non abbia proprio capito l'intento delle mie parole. Il riferimento alla mia "doppia vita" non riguarda soltanto il web, ma tante altre attività che svolgo parallelamente. Inoltre, non sto cercando alcuna conferma: sono pienamente consapevole dei miei talenti e anche dei miei ENORMI difetti. Quindi nessun'opinione esterna - positiva o negativa che sia - incrinerà la percezione che ho di me stessa.
      Grazie comunque per aver espresso la tua opinione.

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    2. Prego, ci mancherebbe. Però resta il fatto che non volevo tu cambiassi idea, volevo convincerti a chiarire la faccenda della creatività a scuola e di confrontarla alla mia, la seconda parte di commento serviva come rafforzo.

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    3. Il post in origine era lungo 2500 parole. L'ho ridotto a 1500 per non rompere i co...ehm... ai lettori. Purtroppo ho tagliato molto il discorso sulla creatività, che in origine era molto più approfondito, e questo può aver creato fraintendimenti.
      Io credo che quanto hai scritto sia in parte vero: la scuola offre nozioni di base solo parzialmente creative, ed è in un secondo momento che la persona può sviluppare i propri talenti. Del resto, io ho imparato a scrivere a scuola e poi ho coltivato questa passione nel privato. Tuttavia, assisto a un progressivo livellamento delle qualità creative individuali, in parte favorito dalla scuola e successivamente rafforzato dal mondo del lavoro.
      Non pensi che il mondo dell'istruzione dovrebbe andare oltre al fornire delle basi?
      In età da scuola media la personalità è ancora acerba. E negli istituti superiori si dovrebbe lasciare spazio (almeno a livello extracurriculare, se non è possibile che ciò avvenga come da programma) ad attività finalizzate allo sviluppo creativo dell'individuo. Ma ciò non conviene: un soldatino è più facilmente controllabile.
      Forse questa mia opinione dipende dal disagio che sto vivendo in questo periodo (della durata di tre anni e mezzo): sono arrabbiata e non lo nascondo. Per questo motivo ammetto di esserci un po' rimasta male per il fatto di essere fraintesa, in quanto la pura espressione di uno stato d'animo (ho scritto questo articolo con le lacrime agli occhi) è stata confusa con la ricerca di conferme. Pazienza: nei processi comunicativi, solo l'energia del messaggio spesso si perde. E il rischio di incomprensioni è tangibile. Spero comunque che tu abbia voglia di leggere anche altro.

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    4. Ma io non ho contestato il messaggio di fondo, sono d'accordo che la scuola affoga la creatività, ingozzi di nozioni e insegni a stare zitti e ad obbedire alle gerarchie (il semplice fatto che l'insegnante sta più in su nella piramide, bisogna dargli del lei ecc.).
      Io ho da ridire sul fatto che per come l'hai presentata te la faccenda sarebbe sufficiente insegnare musica, disegno e far fare i temi liberi per risolvere il problema, ma non funziona.
      Per la faccenda del leggere, non preoccuparti, leggerò altro.

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    5. Io non ho mai scritto che "sia sufficiente insegnare musica e disegno": ho citato queste discipline in mezza riga solo a titolo esemplificativo. Ma il discorso - e lo sappiamo entrambi - è molto più complesso.
      Insegnare alla persona il rispetto delle gerarchie è il primo passo verso l'asservimento: si inizia dando del lei al prof e si finisce a portare il caffè al capo.

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    6. Ma infatti ti ho detto come è parso a me quel che hai detto, con un velato invito a chiarirti qui nei commenti. Mi sembra legittimo. Anche perché le impressioni sono pericolose.

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    7. Off-topic: ho visitato il tuo blog, che non conoscevo. Siete geniali. Stop.

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    8. Dopo questo scambio, mi è venuto in mente che anche qui ho parlato della creatività, seppur in termini diversi: http://appuntiamargine.blogspot.it/2015/09/lo-scrittore-e-un-outsider_17.html#more

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  12. Il tema libero alle scuole superiori l'ho trovato solo in rari casi (e io le ho fatte negli anni '80), quando per me un tema dovrebbe essere soltanto libero. Invece erano frequenti i temi sugli autori che si studiavano o su temi sociali, ma non guardando i telegiornali non sapevo che scrivere. C'è però da dire che una mia insegnante ti correggeva le idee, quindi non eri libero neanche nel tema libero...

    Per quanto riguarda il mondo del lavoro ciò che sei e le competenze che hai non c'entrano quasi mai nulla con il lavoro che trovi. Questa è la realtà odierna e non è cambiato nulla rispetto al passato.
    Potresti provare a fare la freelance, ma sinceramente - a dispetto di quanto dicono tutti - te lo sconsiglio vivamente.

    Le uniche aziende in cui un creativo può fare davvero il creativo sono quelle nate da un gruppo di creativi, che si sono conosciuti, apprezzati e hanno deciso di creare un'azienda. Ma quando vieni assunto da qualcuno, c'è poco da fare: devi fare quello che ti dicono di fare. Sono stato anche io impiegato e l'ho visto di persona.
    Nel mio caso, però, ho scoperto una cosa che mi ha fatto riflettere: io non sono un vero creativo, nel senso che sono creativo per i miei progetti personali, ma non ho alcuno stimolo quando devo creare qualcosa per qualcun altro.

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    1. "Creatività selettiva": interessante. Da cosa dipende secondo te? Da una predisposizione individuale, oppure dal rifiuto nei confronti di determinati lavori? Qualche mese fa mi è capitato di essere così demoralizzata da non riuscire a fare bene nemmeno le cose che faccio quotidianamente: ho editato romanzi da 500 pagine, però mi impallavo su documenti di 10 pagine. A mandarmi in pappa il cervello, soprattutto le "d" eufoniche. Le avrei eliminate tutte ma non potevo farlo. Sono andata in paranoia e ho fatto un lavoro di emme. Ecco: queste sono secondo me le cose che non dovrebbero mai succedere. Un conto è non riuscire a esprimere le proprie capacità e competenze; un conto permettere allo stress e allo sconforto di annientarle anche quando potresti metterle in campo...

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    2. Da cosa dipende non lo so. Da una parte credo la scarsa libertà che hai nei progetti altrui, dall'altra il completo disinteresse che provo in quei progetti. Mi spiego: perché dovrebbe stimolarmi un tuo progetto? Ok, mi paghi per scrivere per te, per disegnare per te, ecc., ma per me la creatività non è un lavoro mercenario, non provo interesse, stimoli, entusiasmo in progetti che non siano miei. E non sono libero.

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    3. Sì, penso di aver capito cosa intendi. Però credimi: per quel che mi riguarda un lavoro di quel genere stimolerebbe la mia creatività molto più di ciò che faccio ora. Comunque dà la possibilità di interagire con il cliente, di dire la tua e mostrare la tua professionalità. Non è come sentirti dire "fai questo", per poi eseguire passivamente e a testa bassa...

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    4. Sì, da quel punto di vista senz'altro. Comunque la storia delle d eufoniche è ridicola... Il caso più chiaro di un direttore ignorante che non accetta consigli da chi ne sa più di lui.

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    5. E sai perché? Perché in questo paese il ruolo all'interno di una gerarchia vale più delle competenze effettive, che non sono riconosciute tali dal Sistema. A un certo punto, però, se lui vuole tenermi a fare il copia-incolla senza valorizzare le mie competenze effettive (per esempio facendomi revisionare tutti i modelli di riferimento delle mail, almeno dal piano formale) cavoli suoi, intanto il mio stipendio è sempre uguale. Se un responsabile o un'azienda non sfruttano (in senso buono!) le risorse a loro disposizione sono loro a perderci. Potrei lavorare il doppio e meglio, invece...

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    6. P.S. Però voglio spezzare una lancia a favore del mio capo: è un bravissimo ingegnere, un ottimo formatore (i suoi corsi sono veramente interessanti) e una persona molto preparata nel suo lavoro. Sotto questo punto di vista lo ammiro. Se non fosse per un eccesso di controllo e per alcune uscite "pungenti", lavorerei molto volentieri con lui, perché comunque è una persona che rispetto e con cui - negli anni - si è creato un buon equilibrio. Ma se sull'altro lato della bilancia ci sono anni di studi buttati al vento, si tratta di un compromesso che purtroppo non posso accettare...

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  13. Cavolo Chiara, che post. Hai tutta la mia comprensione. Peccato che debba essere così.

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  14. Cara Chiara, come capisco il tuo punto di vista, sul lavoro troppo spesso la creatività non sono non è apprezzata ma addirittura inibita.
    Interessante la definizione sociologica della creatività, un individuo se vuole sfuggire alla pazzia del tedio quotidiano ricorre a una valvola di sfogo creativa. Peccato poi che sempre più spesso con la creatività si creano campagne pubblicitarie e si vendono prodotti rispondendo alle leggi del mercato di cui il nostro arido sistema lavorativo fa parte. Che dire, se può consolarti succede così anche a me, nel mio mondo applico regole che non danno spazio alla creatività e guai a farlo, mai uscire dal seminato. Per questo la scrittura mi salva e mi fa sentire bene. Io in questo ho trovato un giusto equilibrio (anche se vorrei tanto lavorare meno per trovare più tempo per scrivere).

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    1. Io no. Purtroppo non ancora. E mi rendo conto che lo stress sul lavoro a volte mi ruba un po' della gioia che provo nello scrivere. Forse è per questo che sono così arrabbiata (quando qualcosa non mi va giù, talebanizzo il mio pensiero). E forse è per questo che vivo la creatività come una forma di resistenza: la routine cerca di schiacciarmi e io uso la fantasia per tenermi a galla... :)

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  15. A volte capita anche a me di pormi le stesse identiche domande. Arrivano i periodi no, quelli durante i quali tutto vorresti fare tranne che quello che la routine ti ordine di fare. La settimana scorsa ho partecipato ad un corso che mi ha impegnato per tutta la settimana, intenso, pesante, ma che mi ha fatto tornare la voglia di studiare.
    Già il blog mi chiede lo sforzo di studiare, di leggere, ma dopo la settimana scorsa mi è venuta voglia di studiare per fare qualcosa di diverso nella mia vita. Non so ancora cosa, ma prima o poi lo capirò.
    Bella riflessione.

    N.B. Ti ho appena adottato nel gruppo Facebook di #adotta1blogger!

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    1. Anche io sto cercando dei corsi e delle esperienze che mi aiutino a migliorare me stessa, ad affinare la mia professionalità e a trovare un equilibrio nuovo. Ho bisogno di fermare l'imbruttimento, non tanto fisico quanto psicologico: la routine a volte ti fa sedere sugli allori e diventa stagnante.

      P.S. Ho provato a iscrivermi al gruppo di Adotta1blogger ma non sono ancora stata accettata...

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    2. Hai ragione, bisogna fermare l'imbruttimento. è una bella immagine.
      In testa al gruppo di Adotta1Blogger, è spiegato il regolamento. Vedrai che Paola ti ammetterà prestissimo!

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    3. Il regolamento l'avevo letto. Ho scritto a Paola in privato: non mi aveva aggiunto perché non aveva capito chi fossi. Ora è tutto a posto. :)

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