Raccontare il tempo presente - Le insidie della post-modernità.
Questa nostra epoca eccelle nello smantellare le strutture e nel liquefare i modelli.
(Z. Bauman)
In questo periodo, oltre a procedere con la stesura
del mio romanzo, ho ritenuto necessario rispolverare i miei testi di sociologia
dell’università e trovare nuovi volumi da studiacchiare.
Anche se ci sono concetti ormai integrati a livello
inconscio, credo che un ripassino sia utile per fare in modo che i miei
personaggi, oltre ad emergere per i loro tratti psicologici e caratteriali,
possano rappresentare a grandi linee la mia generazione.
Il contesto
sociale non prende mai il sopravvento sulla trama, ma i miei ragazzi sono figli
del tempo post-moderno, hanno una struttura mentale in parte legata alla nostra
storia, alla nostra cultura. Non posso far sì che la mia trama occupi un arco
di quindici anni senza comprendere fino in fondo in che modo il mondo si sia
evoluto. Voglio che le azioni dei personaggi siano coerenti con l’ambiente
circostante, oppure in aperto e consapevole conflitto per esse. Credo che, per
la buona riuscita del romanzo a cui sto lavorando, realismo e verosimiglianza siano
fondamentali.
Quindi, ho avuto un'idea.
A luglio ho scritto il post “Ambientazioniurbane: il fascino impersonale dei non-luoghi”, che è stato molto
gradito. Diversi follower hanno espresso il desiderio di avere un piccolo
approfondimento.
Ho atteso molti mesi perché la sociologia non è una
disciplina semplice. Il rischio, quando si affrontano argomenti di questo tipo,
è quello di apparire saccenti, oppure di annoiare a morte. Ora però penso di
aver trovato la chiave giusta per affrontare l’argomento in modo piacevole e,
soprattutto, pertinente con i contenuti del mio blog.
Ho deciso di dare il via ad una serie di post che
avranno come oggetto la post-modernità e le tematiche ad essa connesse. Si
parlerà di sub-culture, di dinamiche relazionali, di social-network e di molto
altro, tenendo sempre a mente che noi siamo scrittori e il nostro scopo è
narrare storie. Il mio obiettivo
è aiutare voi (e anche me stessa) a comprendere al meglio le caratteristiche della nostra società, per poterla raccontare nel modo
giusto.
Gli articoli manterranno
il focus sulla scrittura e non avranno una cadenza prestabilita. Li alternerò a
quelli di argomento tecnico, psicologico e spirituale. Se avete suggerimenti al
riguardo, chiarimenti da chiedere o tematiche che vorreste veder approfondite,
fatevi avanti. Mi preme molto che i contenuti del mio blog abbiano per voi una
reale utilità.
Prima di entrare
nel vivo, una doverosa avvertenza.
Quando uno
scrittore di romanzi decide di prestare attenzione al contesto sociale deve evitare assolutamente di assumere atteggiamenti didascalici. Dopo tutto, non si tratta di un saggio
accademico e il nostro scopo è intrattenere il lettore, divertirlo.
Pertanto, è chiamato ad utilizzare il principio dello
show don’t
tell per consentire al lettore di
intuire determinati aspetti contestuali senza che essi prendano il sopravvento
sulla trama, sulle relazioni fra i personaggi e su tutto ciò che concerne la
narrazione vera e propria. In poche parole, è meglio evitare il più possibile
di dare spiegazioni e fare in modo che i dettagli dell’ambientazione sociale
emergano spontaneamente, senza creare infodump e senza rallentare il ritmo.
Questo principio
vale soprattutto quando la narrazione è in prima persona o in terza persona
limitata: difficilmente un individuo pensa “la mia identità è frammentata
perché vivo in una postmodernità liquida”, a meno che non sia un addetto del settore.
Se vogliamo evidenziare una sorta di sociopatia, dobbiamo farlo agire e
mostrare il suo conflitto. Sarà poi il lettore a trarre le sue conclusioni, a
relazionare tale comportamento con determinate problematiche, che si tratti di
omofobia, di razzismo o di infanzia difficile, quindi di un problema
individuale e legato solo al microcosmo familiare.
Ciò che conta è che il personaggio mantenga la
propria centralità e l’ambiente circostante intrattenga con lui un rapporto di
mutuo scambio, rimanendo sullo sfondo. Solo così la storia ne guadagnerà in
solidità e struttura e il lettore si sentirà vicino al mondo rappresentato,
perché ne condividerà i presupposti.
Questo è uno
degli aspetti a cui presto maggiore attenzione e lo ribadirò fino alla nausea
anche negli articoli che seguiranno.
Quali sono le
caratteristiche della post-modernità?
Se in epoca moderna l’uomo puntava all’autorealizzazione
soprattutto materiale, oggi il problema si pone sul piano esistenziale. L’individuo
rivendica un bisogno di autenticità ma lo sacrifica in virtù del bisogno di
appartenere ad una collettività. Ci si sente schiavizzati dai ruoli sociali, si
desidera maggiore libertà di espressione ma, al contempo, c’è un attaccamento
quasi morboso nei confronti dei propri privilegi, ai quali non si vuole (o
forse non si può) rinunciare.
L’uomo contemporaneo
cerca un radicamento, ha bisogno di sapere chi è e da dove viene. Ha bisogno di
risposte sul senso della vita, di certezze a cui agganciarsi, ma anche di
libertà e di cambiamento. Quindi, per mediare a queste istanze contrapposte,
consuma beni che assumono per lui un valore identitario, seppur transitorio e
fittizio. Solo quando riesce a trascendere la propria congenita superficialità,
può trovare le risposte che gli servono. E non sono in un vestito, una birra al
pub o in un’auto sportiva.
In generale, dice Zygmut Bauman, la società
di oggi si può definire un due modi:
Liquida – Come l’acqua assume la forma del suo
contenitore, l’individuo post-moderno plasma la propria personalità sulla base dei
gruppi a cui sceglie di appartenere. Rinuncia ad una parte importante di se
stesso per essere come tutti gli altri. La sua paura più grande è l’esclusione. “Questo innesca, ovviamente, un
processo di omologazione, l’assorbimento passivo di usi e consuetudini scelti
da altri, l’adesione ai modelli culturali e di condotta prevalente nel loro
contesto sociale.
Multi-rete
– I rapporti umani sono incastrati in un reticolo sociale ampio e complesso.
Anche grazie alla tecnologia e al web l’individuo può essere in contatto con
migliaia di individui. Tuttavia, quando la risposta ai bisogni relazionali
avviene sul piano quantitativo e non qualitativo, si genera un profondo senso di alienazione e di
solitudine.
Di conseguenza, quali sono i bisogni
dell’individuo post-moderno?
I sociologi parlano di valori post-materialisti per
indicare lo spostamento dall’ attivismo strumentale all’individualità espressiva. Detto
in parole povere, dal momento che i bisogni materiali sono quasi sempre
soddisfatti, ci si può permettere di dare la caccia all’essenza delle cose. Chi
non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena, difficilmente si perde in
elucubrazioni esistenzialiste.
Se vogliamo scrivere un romanzo ambientato nella
contemporaneità, dobbiamo tenere conto di questo aspetto nel definire gli obiettivi
dell’eroe e dei comprimari, facendo in modo che siano al contempo individuali
ed universali, strettamente legati al loro carattere e, nello stesso tempo,
condivisibili dal lettore.
Sì, lo so che
questo principio vale quasi sempre, ma nelle opere contemporanee la ricerca di sé
è presente anche quando non esplicitata. Anche quando gli obiettivi sono
terra-terra, l’identità si rafforza. E il lettore, che annega nella palude
della post-modernità liquida, si sente rincuorato.
In particolare,
la sociologia individua tre principali dimensioni del desiderabile. Scommetto
che il vostro eroe sta tendendo verso una di esse e non ve ne siete neanche
accorti. A me è successo, anche se non si tratta dell’obiettivo principale del
protagonista (forse vi ho detto che ne ha più di uno).
1 – Autorealizzazione
individuale immateriale - Le persone rivendicano la libertà di essere
artefici del proprio destino. Non chiedono diritti in quanto cittadini di uno
stato, ma in quanto uomini, donne, omosessuali, lavoratori, immigrati. Chiedono
che la loro identità sia riconosciuta e tutelata.
2 – Ricerca di un
lavoro espressivo, che consenta
all’individuo di manifestare la propria personalità e di gratificare la propria
capacità di comunicazione e di inventiva. Ovviamente il problema è armonizzare
questo intento con le leggi e le offerte del mercato, soprattutto in assenza di
un efficace orientamento scolastico e professionale (Tenar potrà dirci qualcosa
al riguardo).
3 – Relazioni
interpersonali gratificanti che
non solo sconfiggano l’isolamento e la solitudine, ma che consentano all’individuo
di essere semplicemente se stesso, al di fuori da ogni aspettativa sociale. Ciò diventa particolarmente difficile nelle
metropoli, così evanescenti e ghettizzate.
Quali conflitti presenta l’era contemporanea?
Se i nostri
protagonisti sono figli indiscussi del proprio tempo, è molto probabile che
prima o poi siano invischiati in una delle seguenti dinamiche:
1 – Ambiguità
dell’età adulta – Una persona fra
i trenta e i quarant’anni, fino a non molto tempo fa era considerata adulta a
tutti gli effetti perché aveva completato il proprio processo formativo e
conquistato una posizione riconosciuta a livello collettivo. Adesso non è più
così. Noi abbiamo sempre qualcosa di nuovo da imparare. C’è
sempre un cambiamento che ci attende dietro la porta e, quando non c’è, lo
desideriamo, lo andiamo a cercare. Nemmeno chi ha un lavoro fisso è sicuro che
lo svolgerà per tutta la vita. Ogni aspetto della nostra esistenza può essere
messo in discussione da un momento all’altro e noi ne siamo al contempo
terrorizzati e rincuorati: troppa sicurezza ci fa sentire quasi in gabbia.
2 – Contrasto fra un modello sociale basato sul lavoro e
l’esigenza di maggiore tempo libero – Alla base di questo conflitto
c’è il principio consumista che regola la società. In fondo, perché lavoriamo?
Per pagare l’affitto e le bollette, certo. Ma anche per acquistare una macchina
nuova, le scarpe di Gucci, lo smart-phone. Lavoriamo per poterci permettere di
andare in vacanza. Per cenare al ristorante. Per fare un regalo “importante” ai
nostri cari, così vedono quanto siamo ricchi e magari ci vogliono più bene. Di
fronte a tutto questo, le gratificazioni passano in secondo piano. Quindi non
ci si preoccupa di fare un lavoro che piace e gratifica: ci si preoccupa di
fare un lavoro che “rende”.
Allo stesso
modo, però, c’è una spinta quasi viscerale all’autenticità, alla libertà di
espressione. Essa non si può esercitare all’interno di una routine alienante
fatta di cartellini da timbrare e di orari da rispettare, bensì si deve
ricercare altrove. Molti scappano dal “posto fisso”. Altri ci rimangono
inchiodati e si lamentano senza fare nulla per stare meglio.
3 – Contrasto fra
la razionalità con cui è impostata la vita quotidiana e le istanze
dell’emotività – Siamo bipolari,
io l’ho sempre detto. Da un lato siamo iper-tecnologici, calcolatori, vincolati
al senso del dovere. Dall’altro siamo spirituali, filosofi, pieni di un amore
che non sa dove andare.
Vorremmo
radicarci, ma la palude ce lo impedisce. La società ci avvolge con la sua
natura liquida consentendoci di essere tutto ed il contrario di tutto. Ci confonde
le idee su quello che vogliamo. Ci rinchiude all’interno di una zona comfort
che non abbiamo scelto e dalla quale non riusciamo a scappare. Forse nemmeno ln
fondo, essere schiavi è rassicurante. La libertà fa una paura boia.
Fra questi tre
conflitti, quello che meglio si esprime all’ interno del mio romanzo è senza
dubbio il primo. Ritengo che sia una condizione molto comune per quanto riguarda
la mia generazione.
Voi, invece, quanto siete post-moderni? E quanto lo sono
i vostri personaggi?
Spero che l'articolo sia stato chiaro. Qualunque dubbio ci sia, chiedete pure.
P.S. Cristina Cavaliere e (in parte) Tenar, vi chiedo
scusa per aver posto questa domanda!
Non ho nemmeno finito un romanzo, che ne sto già progettando un altro tutto diverso...e questo articolo mi è utile come non mai!
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaSono molto contenta che l'articolo ti sia piaciuto e che ti sia utile: questa cosa mi motiva per i prossimi che scriverò! :)
RispondiEliminaVedi perché non scrivo mai nulla ambientato nei giorni nostri? :)
RispondiEliminaScherzi a parte, forse è questo il motivo per cui io preferisco scrivere storie ambientate al passato, diciamo con un tetto massimo alla Seconda Guerra Mondiale, perché mi sento totalmente estraneo nella mia realtà, come se fosse tutto sbagliato.
Leggendo Mondo senza fine, ma anche Le nebbie di Avalon, tutte storie medievali, è stato come sentirmi a casa, mentre rifuggo proprio da romanzi dei nostri giorni.
Non è che non ne legga, ma devono essere storie horror o thriller, quindi comunque qualcosa che mi allontani dalla realtà.
Il post è utile, anche se non sarà utile a me :)
Però in un certo senso lo è, perché sono cose che bisogna studiare anche per le ere passate: non basta descrivere un castello, gli abiti e il cibo dell'epoca, ma bisogna anche conoscere l'aspetto sociologico dell'individuo di un tempo.
Credo che allora non leggerai mai il mio romanzo, almeno quello a cui sto lavorando! :-)
EliminaPerò ti vorrò bene lo stesso! :-D
Ho deciso di pubblicare questo post perché penso che anche per chi racconta altre epoche (o nessuna) possa essere interessante conoscere e capire meglio il nostro mondo. Dopo tutto sono tematiche che ci riguardano, anche se non ne scriviamo. :)
Be', anche non riconoscersi nel proprio tempo è una chiave di lettura. Secondo me dovresti, invece, tentare di scrivere un mainstream. ;)
EliminaMa parli con me o con Daniele?
Elimina@Chiara Ok :D
EliminaMa di che parla di preciso questo romanzo?
Questa è la domanda che mi manda un po' in crisi. Forse per senso del pudore ho un po' di difficoltà a parlarne in modo esplicito sul blog perché già in passato si sono generati fraintendimenti con persone che non ne hanno compreso il senso. Più tardi, quando ti scrivo in mail, te lo racconto. :)
EliminaRispondevo al commento di Daniele, ma visto che capita il discorso, colgo l'occasione per dirti: passa a wordpress!
EliminaMa se volessimo scrivere una storia ambientata tipo il ventennio prima, quindi in teoria con altri schemi socio-mentali, ma in chiave moderna, con quello che poi sappiamo essere stata l'evoluzione, sarebbe un errore? Mi spiego meglio: ambiento una storia nell'Italia degli anni sessanta, ma faccio già agire i personaggi con quei germi (malati) che so essere poi alla base della società moderna.
RispondiEliminaNon è stata identificata una data precisa per l'inizio del post-modernismo. Tendenzialmente molti concetti sono nati negli anni 80 e, anche se ora molte dinamiche sono cambiate, si può dire che ci siamo ancora pienamente dentro.
EliminaSecondo me è difficile dire a priori se possa essere o meno un errore. Per comprendere se qualche elemento stride, dovrei leggere la storia.
Negli anni sessanta, molte delle dinamiche presenti nella società di oggi erano già attive. I media esistevano già, e già andavano a creare nuove interazioni (basta pensare all'abitudine di andare a vedere la tv al bar).
Tuttavia, anche se adesso non ho sottomano un testo su cui effettuare le dovute verifiche, ma essendo stati gli anni della crescita economica è logico pensare che l'individuo potesse essere ancora all'interno del paradigma finalizzato all'autorealizzazione materiale.
Se il personaggio è un outsider rispetto al suo tempo la cosa può andare bene. L'importante è che ci sia una giustificazione al suo modo di essere. :)
EliminaQuesto post risponde a una domanda fondamentale che mi sono posta per tutto il tempo della prima stesura del mio romanzo. Non capivo perché fosse tanto difficile rendere i miei personaggi convinti di voler fare qualcosa... ora capisco che il fatto stesso che siano giovani d'oggi implica che siano restii a sicurezze e responsabilità di ogni tipo.
RispondiEliminaPenso che aggiungerò riferimenti ad hoc per sottolineare la differenza tra loro e le loro famiglie d'origine. Potrei anche inserire un personaggio apposta per spiegare queste tendenze post-moderniste, una vecchia saggia indiana o qualcosa del genere, la chiamerò Baba Claire :)
Ahahahahahaha, Grazie mille per i complimenti, Lisa, anche se mi sa che gli indiani con il post-moderno c'entrino poco. I principali sociologi che hanno teorizzato questi principi sono cervelloni europei. Magari potrebbe starci bene un professorone universitario. :)
RispondiEliminaIo non credo di inserire un personaggio esterno che "spieghi". Spero di poter mostrare molto. In seguito si vedrà. Sono così lontana dalla conclusione della prima stesura che mi conviene, per ora, concentrarmi soprattutto sulla storia.
Nel mio ultimo romanzo i personaggi sono realmente post-moderni proprio perchè è ambientato in Italia nel 2014... e ovviamente ricalcano le percezioni dell'autore e delle persone con le quali lui interagisce nella vita quotidiana ;-P
RispondiEliminaIn passato aveve sempre evitato di scrivere storie troppo connesse al momento presente, cercavo storie e personaggi senza tempo, universali, prescindendo dall'ambientazione. Però poi mi sono reso conto che astrarre completamente un personaggio e la sua vicenda dal tempo in cui vive e renderlo "universale" è un'illusione bell'e buona. Noi apparteniamo tutti a un'epoca, ci piaccia o no. E allora tanto valeva immergere profondamente i miei personaggi nel pozzo del presente attualissimo.
Sono assolutamente d'accordo con te, anche perché in questo modo la nostra opera può diventare una testimonianza. A me piace molto raccontare atmosfere e modi di essere che sento familiari, anche se non "compaio" mai nelle mie storie, non intervengo per dare la mia opinione, mi limito a descrivere i personaggi e il loro sentire.
RispondiEliminaLa mia trama è ambientata in un lasso di tempo fra il 2000 e il 2015, anche se i fatti più importanti si svolgono nel presente. Per questo motivo, la definizione della cornice temporale è importantissima. :)
Nelle dinamiche conflittuali mi riconosco bene, solo che... non le sento più conflittuali! Sarò grave? ;)
RispondiEliminaHo trovato l'articolo interessante anche perché mi rendo conto di non avere mai considerato questo aspetto nelle mie storie. Cerco sempre un dimensione atemporale, dove i personaggi agiscono con la loro umanità, ma dietro c'è pur sempre il contesto! Perciò un po' di approfondimento mi farà solo bene. :)
Quando scrivevo i paragrafi relativi alla ricerca dell'identità mi è venuto in mente il tuo personaggio Goran. :)
EliminaNon ho ancora letto il romanzo perché solo a natale ho comprato il Kindle, ma lo farò molto presto, però ricordo che intraprende un viaggio per ricordare la propria vita passata e, quindi, scoprire chi è. Queste tematiche sono così integrate a livello inconscio che nemmeno ci rendiamo conto di utilizzarle... o sbaglio? :)
Credo che sia proprio così.
EliminaScrivo anche gialli ambientati nel qui e ora (considerando che il qui per me non è una città, ma un paesino)! Ovviamente in questi racconti la post modernità è presenta, in particolare l'idea della personalità frammentata (molto interessante quando si scrive gialli) e c'è la dimensione relazionale distorta o rimodulata attraverso i social. C'è da dire che, secondo me, l'uomo è sempre uomo e quindi ragiono per tematiche universali (mi sono anche divertita a riscrivere in chiave gialla una tragedia greca ambientandola oggi in un campo rom, tanto per dire...)
RispondiEliminaQuale tragedia, per curiosità? :)
RispondiEliminaPer quel che riguarda i modelli universali non posso che darti ragione, tant'è che in uno dei prossimi post pensavo di parlare del "realismo emozionale" e di come dare "eternità" anche ad opere fortemente contestualizzate. Non è cosa semplice, soprattutto per una pivella come me!
l'Antigone, che si presta (infatti è stata trasposta più o meno ovunque), ma prima o poi (devo avere il tempo di rileggerlo) posterò sul blog un racconto tutto giocato sulla trasposizione moderna dei miti greci.
EliminaBello! Sarà molto interessante! Lo aspetto!
EliminaHo trovato un post ricco di argomentazioni di grande interesse e esposte in modo da essere comprese anche dai non addetti ai lavori.Questo è fondamentale nella divulgazione dei concetti e, in senso più inclusivo, della cultura, nel senso, come afferma Tullio de Mauro, di ciò che produce reale cambiamento nella società.
RispondiEliminaMarilena
Io preferisco la descrizione di Morin: "La cultura è l'insieme dei miti, dei riti e dei simboli che strutturano una collettività".
RispondiEliminaGrazie comunque di essere passata sulla mia paginetta. Spero di vederti ancora. Benvenuta! :)