Le caratteristiche di un protagonista vincente



Ciò che la gente ama di più dell'eroe è vederlo cadere.
(dal film Spider-man)

Dopo l’inconveniente di lunedì scorso, eccomi di nuovo qui. Acciaccata, però ci sono. Non me la sento ancora di riscrivere il post sulle tre parole del 2015. La mia ispirazione è indisciplinata e segue le correnti d’aria. Oggi ho deciso di accantonare momentaneamente gli articoli dal taglio psicologico  per tornare a parlare di scrittura in senso stretto. In particolare, mi concentrerò sulla croce e la delizia di chiunque intraprenda un progetto narrativo: il protagonista della storia.
Quando ho iniziato a progettare il romanzo a cui sto lavorando, l’idea era quella di creare un romanzo corale, con dieci personaggi sullo stesso livello. Impresa decisamente ardua, per una che non prendeva in mano la tastiera da cinque anni. Infatti poi mi sono ridimensionata.
Innanzi tutto, non ho ancora l’esperienza necessaria per gestire così tanto materiale.
In secondo luogo, la storia sarebbe stata troppo dispersiva. Avevo elaborato un mirabolante intreccio di sotto-trame per poi accorgermi che mi distoglievano da ciò che mi stava veramente a cuore.
Ho pertanto deciso di restringere il campo a tre protagonisti ed ho iniziato a scrivere.
Poi però è successa una cosa…

Maria Teresa Steri, dopo aver letto una timida bozza che in parte sarà cestinata perché la storia ha subito dei cambiamenti, è stata la prima notarlo. “Si vede proprio che Tizio è il tuo preferito”, mi ha detto. “è come se il tono generale, quando lui assume il punto di vista, si alzasse di un’ottava.”
In realtà, non era solo questione di simpatia, anzi: il signorino a volte sta sulle palle anche a me. Però l’ho sempre considerato più interessante degli altri personaggi. Il suo carattere lo portava ad imporsi, ad occupare spazio. Quasi senza accorgermene mi sono trovata a concentrarmi prevalentemente su di lui e sul suo arco di evoluzione, fino ad arrivare a prendere una decisione che all’inizio mi terrorizzava.
Non ho mai avuto un protagonista maschio, sapete?
In tutte le mie storie precedenti, anche dopo aver superato la trappola Mary Sue, la protagonista era sempre una ragazza. A volte mi somigliava. Altre volte era agli antipodi. Però trovavo più facile descriverne i sentimenti, le emozioni, i gusti. Sapevo come farla relazionare con gli altri personaggi, quali pensieri le passeggiassero nel cervello.
In poche parole, ero nella mia zona di comfort. Però valeva la pena rischiare.
Non solo lui è il primo protagonista a non mettersi i tacchi alti e la minigonna, ma proviene da un contesto completamente diverso da quello in cui sono nata e cresciuta. Ho dovuto conoscere nuovi mondi e parlare con persone che potessero ispirarmi. Ma, soprattutto, ho dovuto imparare un nuovo linguaggio, ridurre al minimo i punti esclamativi – che accentuano, a mio avviso, una parlata prettamente femminile – ed imparare termini nuovi, in grado di valorizzarlo. Ho dovuto torturare un mio amico musicista per farmi rivelare qualche segreto tecnico e, per la prima volta in tutta la vita, scrivere il testo di una canzone.
Anche la trama, ovviamente, è stata rivisitata. Ho fatto una nuova scaletta ed ho apportato delle modifiche al “cast” per valorizzarlo al massimo. I due coprotagonisti ci sono ancora, così come i loro obiettivi. La  natura corale della storia non è stata completamente soppressa e anche molti degli altri personaggi sono rimasti. Però ho voluto porre l’accento sul loro rapporto con lui e sopprimere un po’ di sotto-trame. Ora ho un plot principale e un cammino delineato. Il lavoro sta ingranando e non posso che sentirmi soddisfatta.

In fondo, Il protagonista deve piacere all’autore.
Questo è fondamentale dal momento che, volenti o nolenti, passeremo con lui un sacco di tempo. La convivenza con un nemico non è mai piacevole. Rischiamo di diventare matti ed abbandonare la storia.
Ciò non significa che dobbiamo amare tutto di lui: spesso la sua anima proietta le nostre ombre più cupe.
Del resto anche i nostri parenti ogni tanto ci fanno incazzare, no?
Però, anche se raccontiamo la storia di un serial killer, dobbiamo essere in grado di provare empatia. E dobbiamo conoscerlo a fondo, come se fosse nostro fratello. Valorizzare i suoi pregi e perdonare i suoi difetti. Oppure non perdonarli, e punirlo senza pietà. Dobbiamo saper trasferire la sua personalità sulla carta, al 100%, senza se e senza ma.
Come possiamo riuscirci, se non entriamo nel suo cervello e non comprendiamo la sua logica?
Come possiamo renderlo grande se lo riteniamo un essere misero e mediocre?
Come possiamo far sì che sembri reale, se lo riteniamo finto?
So che la mia frase potrebbe sembrare un po’ schizofrenica, però sento il bisogno di scriverla: un protagonista funziona quando lo scrittore ha l’impressione che esista veramente. A questo punto, gli concede una grande libertà. Lo lascia agire quasi in autonomia. Gli lascia fare ciò che vuole. Ed il risultato è quasi straordinario.

Cosa ancora più importante, però, il protagonista deve piacere al lettore.
Se chi decide di sopportarci non prova empatia per il nostro eroe e non fa il tifo per lui, rischia di abbandonare il romanzo dopo poche pagine. È superfluo evidenziare che questo va assolutamente evitato.
Prendendo spunto da un articolo di Grazia Gironella Un personaggio dieci volte accattivante riportante alcune delle caratteristiche che valorizzano un personaggio, ho deciso di fare un giochino. Sapete che le analisi mi piacciono molto, perché mi aiutano ad incrementare la mia consapevolezza.
Quante di queste caratteristiche appartengono al mio eroe? Me lo sono domandato, ed ho risposto.

1-Azione.  Il mio personaggio affronta le situazioni senza rimuginare troppo? In linea di massima sì, ma con delle limitazioni. A volte si tuffa a capofitto nelle sfide che la vita gli propone. È esagerato, incosciente. Spesso anche ingenuo. Ma quando qualcosa va a toccare le sue ferite mai guarite tende a darsela a gambe, almeno in un primo momento. Poi torna sul luogo del delitto ed affronta la sfida. Ci sono un paio di buchi neri, nella sua anima, che lo spaventano a morte, ma non ha paura di lottare.

2-Moralità. Qui Grazia fa riferimento alla capacità di incarnare o meno i valori della società in cui vive ma, essendo lui cresciuto in un contesto amorale se non addirittura immorale, posso dire che è molto, molto distante. Però ha dei principi solidi e vuole seguirli, quindi rifiuta un certo tipo di formazione e va per la propria strada facendo appello a ciò che crede e che sente, alla sua personale idea di giusto e di sbagliato. È molto onesto e leale con i suoi amici e con le persone che ama.  

3-Altruismo. Sì. Direi che questa caratteristica c’è. Gli piace essere al centro dell’attenzione, però sa essere molto generoso. Le polarità mi sono sempre piaciute. I miei personaggi spesso oscillano fra tendenze contrapposte.

4-Competenza. Ci sono dei campi in cui è proprio una capra completa, ad esempio non ha senso estetico e si veste malissimo. In compenso, da sempre il massimo in quello che fa ed impara in fretta. Lavora tanto, è un ottimo chitarrista e sa cucinare bene.

5-Stima altrui. Ci sono personaggi a cui non va molto a genio e, in generale, non è uno che si sforza di piacere a tutti. Anzi: avere dei nemici lo stimola molto. E poi  gli antagonisti sono fondamentali per la narrazione.
Però ha anche molte persone che credono in lui e che vogliono aiutarlo. Ha degli amici sinceri. E ha anche… va beh, non lo dico sennò faccio spoiler prima ancora di aver concluso la prima stesura! Sicuramente non è solo al mondo: vi basti sapere questo!

6-Coraggio. Questo ne ha da vendere. Come dicevo prima, a volte è fin troppo spericolato.

7-Determinazione. Ogni protagonista deve averla, altrimenti non esisterebbe la storia. Certo, ci sono le eccezioni come Zeno Cosini, però alla fine anche lui si tira su, no?

8-Elemento condivisibile, ovvero obiettivi che il lettore può comprendere. Dal momento che la storia copre un arco di tempo di circa 15 anni, i suoi scopi cambieranno, seguendo la sua evoluzione. Ce ne sarà uno enorme che lo accompagnerà dall’inizio alla fine ma, in linea di massima, i suoi obiettivi si plasmeranno sulla base delle sfide che di volta in volta dovrà attraversare. Alcuni sono prettamente individuali, altri quasi generazionali, ma tutti in grado di essere accettati dal lettore. Quindi questa voce può essere spuntata.

9-Senso dell’umorismo. È spesso sarcastico, a volte un po’ acido, ma quando è preso bene sa diventare molto spiritoso. Sa divertirsi e sa far divertire.

10-Gentilezza. Solo quando vuole. Se si arrabbia sa essere proprio stronzo!
E questo punto mi consente di introdurre una piccola avvertenza.

ATTENZIONE: La citazione che ho scelto per aprire questo post va  imparata a memoria, se si vuole scrivere!
Come potete vedere, il mio protagonista possiede molte delle qualità elencate da Grazia. Talvolta però sono presenti in modo parziale, soffocate da alcuni lati oscuri, che qui non ho elencato e con i quali dovrà fare i conti per evolvere e per crescere. È pure claustrofobico, poverino!
Un buon personaggio deve avere dei  difetti credibili, delle ferite, dei segreti e delle zone d’ombra. E deve poter sbagliare senza essere giudicato. Dopo tutto, la vita stessa delle persone è un continuo alternarsi di gioie e di dolori, di successi e di fallimenti, di luci e di ombre. Diversamente, ci sono solo stereotipi ed inutili ideali di perfezione che non trovano un riscontro diretto nella realtà. La verosimiglianza è importante per qualunque scrittore, anche per gli autori di fantasy.
Proprio per questo motivo, prossimamente scriverò un post che si intitolerà Le caratteristiche di un protagonista perdente… ma con stile! E qui parlerò dell’antieroe e delle piccole o grandi negatività che generano empatia.


Dai, fate anche voi il giochino con il protagonista dell’opera a cui state lavorando: quante di quali caratteristiche possiede? Ve ne vengono in mente altre, da aggiungere alle qualità vincenti?

Commenti

  1. Io mi sono trovato alle prese con un altro problema. Il protagonista rischiava di essere schiacciato da un personaggio che era il motore della storia, che la innescava. Credo che la soluzione a un problema del genere sia far crescere i personaggi secondari, e renderli "dialettici". E inserire ambienti, scene che diano spazio e profondità a tutti i personaggi. Il vero pericolo in un romanzo è rinchiudere i personaggi in una campana di vetro perché in questo modo restano protetti e noi con agio possiamo sviluppare le nostre idee e la nostra storia. Invece quella campana di vetro deve essere frantumata, i personaggi devono prendere aria, in modo che agiscano e reagiscano. Consegnandoci sviluppi sorprendenti...

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    1. Sono pienamente d'accordo con quanto scrivi. Un personaggio deve essere accattivante per poter piacere al lettore, ma nello stesso tempo avere delle zone d'ombra che lo rendano umano. Eppure talvolta cerchiamo di proteggerci dalle imperfezioni e creiamo personaggi che non sbagliano mai, che non cadono mai. Vogliamo avere il controllo assoluto su di loro, dimenticandoci che dalla libertà di azione nascono gli sviluppi narrativi più interessanti.

      Anche a me è successo che un comprimario "schiacciasse" il protagonista. è successo proprio con il personaggio di cui parlo nell'articolo. Anche per questo motivo ho deciso di rivedere la storia e di dargli un ruolo primario.

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  2. I miei protagonisti in genere denotano più debolezza che forza, più difetti che pregi. Personalmente non amo quei personaggi che sembrano supereroi fisici e morali, preferisco che mostrino i loro limiti.
    Ecco, se dovessi rispondere alla domanda che poni alla fine del post direi: le caratteristiche sono quelle che indichi tu senza bisogno di aggiungerne altre, però non devono mai eccedere: credo che sia giusto rendere (im)perfetto quanto basta un personaggio senza volerlo sminuire, anzi, rendendolo in questo modo più umano (e l'umanità media eccelle più in difetti che in qualità).

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    1. Sono d'accordo, e vorrei aggiungere una cosa: non è detto che le caratteristiche del personaggio vengano fuori quando si scrive. L'importante è che l'autore sappia che ci sono...
      Mi spiego meglio. Prendiamo ad esempio il coraggio. Finora non è capitato che compisse gesti temerari o spericolati ma, se dovessi decidere che una cosa del genere mi serve a livello narrativo, avrei la certezza che sarebbe in grado di farlo. In poche parole, l'autore ha la necessità di prevedere tutti gli sviluppi caratteriali possibili, coerenti con la personalità del soggetto, per poi decidere se e in quale modo utilizzarli. :)

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  3. Il mio protagonista ha quattro qualità su dieci... andiamo maluccio! Non prende nemmeno la sufficienza! Ecco un altro dubbio che si va ad aggiungere alla montagna di dubbi che già avevo sul mio romanzo...

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    1. Secondo me non conta tanto il numero di qualità, quanto piuttosto il modo in cui esse vengono gestite all'interno della trama. Anche un personaggio negativo può suscitare empatia nel lettore, e ne parlerò nella seconda parte del post.

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  4. Sono contenta della tua decisione, soprattutto perché questo ti motiverà ancora di più. Sì, un protagonista deve generare passione nel suo autore, forse gli altri due non te ne trasmettevano abbastanza.
    Sulla lista.. uhm... sono un po' scettica. Per me quello che conta davvero sono i punti azione e determinazione. Per i resto non è detto che un personaggio debba essere pieno di qualità o piacere per forza a chi legge. Ci sono tanti protagonisti negativi che pure generano identificazione e forti emozioni in chi legge.

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    1. Anche gli altri due personaggi mi piacevano (e mi piacciono) molto, però non li ritenevo in grado di reggere una storia da soli. Il percorso evolutivo del protagonista è molto più interessante, è quello che compie il cammino più complesso. Inoltre credo che raccontarlo faccia bene a me. C'è qualcosa in lui che ha a che fare con problematiche non completamente risolte, e sento il bisogno di scavare.

      In questo articolo ho volutamente scelto di focalizzarmi sulle caratteristiche positive, ma non ho mai detto che debbano esserci tutte quante. Grazie le ha elencate ed io ho voluto fare un'analisi, vedendo che in buona parte ci sono. Forse è stato più un caso che una scelta. Anche perché tu sai che "lui" ha anche dei lati molto negativi e non è sempre simpaticissimo! ;)

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  5. Secondo me serve la coerenza.
    Un protagonista può essere anche un anti-eroe, uno la cui moralità è dubbia.
    Ma se si dimostra sempre coerente con la sua crescita, è un personaggio riuscito e che piacerà^^

    Moz-

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    1. All'inizio la moralità del mio protagonista è molto dubbia, non tanto per scelta quanto piuttosto per "educazione". Il percorso evolutivo si basa anche sulla sua capacità di tirare fuori le qualità sopraelencate, annientando le ombre per vedere la luce. Le caratteristiche positive ci sono, però non subito ;)

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  6. Io devo trovarmi bene con i miei protagonisti, sentirli miei al di là dei loro inevitabili difetti. Padre Marco de La roccia nel cuore ha una punta di vigliaccheria che tutto sommato mi piace... Il protagonista dell'ultimo racconto lungo che ho scritto è un pastore analfabeta, non so neppure se sia bravo come pastore, lo vedo messo male a competenze e a stima altrui ed è pure indeciso per tutto il racconto...

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    1. Però detta così il pastore sembra simpatico. Lo stimerò io! :)

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  7. Come sempre, dipende. Cugel di Jack Vance, come altri suoi personaggi, non ha quasi nessuna di queste qualità, direi solo la 1 e probabilmente anche la 7, che è il motore della storia, anche se non mi sembra avesse grandi alternative. Un personaggio così si può scrivere ma forse è più difficile.

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    1. Non conosco il personaggio di cui parli, né l'autore. In generale penso che il rischio, quando si decide di avere un protagonista negativo, sia quello di generare uno stereotipo "al contrario". Sarà che sono della bilancia, sono fissata con l'equilibrio! ;)

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  8. Grazie della citazione. :)
    Sai cosa aggiungerei a queste caratteristiche? L'elemento mistero. Non posticcio, naturalmente, perché se poi salta fuori che lo scrigno chiuso contiene una patata lessa non è bello per il lettore; però mi capita, leggendo, di avere soprattutto la curiosità a portarmi avanti, magari per il tempo sufficiente ad apprezzare altro. Non sempre è un mistero causato dal non sapere. Qualche volta so, ma l'essenza del personaggio mi sfugge fino al momento in cui il velo si squarcia. Poi, sul fatto che l'autore lasci il personaggio fare quello che vuole mi discosto dalla tua visione, ma è sempre questione di punti di vista.

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    1. Hai ragione per quanto riguarda il mistero, tant'è che è una delle problematiche maggiormente legate all'info-dump, che tende a rivelare troppo, togliendo al lettore il piacere di scoprire le cose passo dopo passo.
      Quanto al fatto di "lasciare che il personaggio faccia ciò che vuole", è palese che il concetto vada preso con le pinze. Lasciare un personaggio completamente libero rende quasi impossibile seguire ed orientare la storia. Però mi sono accorta che, quando l'autore conosce a fondo il proprio personaggio, farlo agire diventa molto facile, non ci sono forzature, le cose sulla pagina avvengono spontaneamente. Ed è qui che si può dire che il personaggio "agisce da solo" :)

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    2. Hai ragione, dipende molto da quanto conosci il personaggio, quindi anche da quanto ci hai lavorato sopra (ma non solo).

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  9. Da come descrivi il tuo personaggio sono sicuro che sarà accattivante per il semplice fatto che si è ribellato a te, la sua creatrice.
    Quando i personaggi vanno avanti per conto loro, ti sorprendono o non soddisfano le tue aspettative (come quando dici che ti sta sulle scatole), significa che sono scampati al conformismo e agli stereotipi che un autore poteva imporre loro. L'autore è riuscito a farsi da parte, consapevolmente o inconsapevolmente.

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    1. Hai ragione. :)
      Però, ora che lui si è preso il proprio spazio, spetta a me far sì che lo utilizzi nel modo migliore. L'autore non può mai scomparire completamente. Non esistono opere che si scrivono da sole.
      Approfitto di questo commento anche per ringraziarti delle molteplici condivisioni. :)

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    2. Prego.
      Per fortuna l'autore non scompare e le storie non si scrivono da sole ;-)
      Intendevo dire che personaggi all'apparenza autonomi, seppur frutto dell'autore, hanno una dimensione più autentica e quindi non sono verosimili ma appaiono addirittura veri, come se esistessero sul serio, con una vita reale, fuori dalla testa dello scrittore.

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    3. Esatto!
      è proprio quello che volevo dire quando intendo che il personaggio "agisce da solo": se un soggetto è ben costruito, il tutto avviene con grande spontaneità.

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  10. Il mio protagonista è: immorale, inetto, cattivo, deviato, lussurioso, astuto ma poco intelligente, e via dicendo... Può piacere? :)

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  11. Forse il mio articolo è stato un po' frainteso: io non ho mai detto che un protagonista può piacere solo se ha determinate caratteristiche positive. Al contrario, la negatività deve essere presente e bilanciata.
    Nel mio protagonista le caratteristiche di cui sopra escono man mano: all'inizio è molto ripiegato sul proprio lato oscuro, che forse non scompare mai del tutto. Quindi sì, il tuo personaggio può piacere, purché i dettagli della sua personalità siano dosati con sapienza...

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