Le qualità psicologiche e spirituali dello scrittore (1)




I veri grandi scrittori sono quelli il cui pensiero occupa tutti gli angoli e le pieghe del loro stile.
(Victor Hugo)


Ho sempre ritenuto che la tecnica non sia sufficiente per essere dei bravi scrittori. Conosco persone molto competenti ma le loro opere, sebbene impeccabili, appaiono fredde, prive di energia. Sono emozionanti come l'elenco del telefono. Trasudano di mentale e rappresentano un mero esercizio di stile. Me ne accorgo soprattutto con gli esordienti. Puntano interamente sul nozionismo, tralasciando altri dettagli a mio avviso fondamentali.

La voce di un autore non si riconosce soltanto dalla sua capacità di architettare e di raccontare una storia. Penso ci siano delle qualità che vanno oltre a conoscenza della propria lingua madre e delle principali regole narrative in quanto si staccano da ciò che uno fa ed entrano in relazione, a livello intimo e profondo, con ciò che uno è, con la percezione di se stessi come artisti e con la propria consapevolezza spirituale.  

In questo articolo elencherò alcune caratteristiche che ritengo fondamentali per essere scrittori a 360 gradi. Nel prossimo, ne tratterò altre. So che quando un argomento mi coinvolge rischio di essere prolissa. Per questo motivo, ho deciso di dividere il post in due parti.



Capacità di ascolto

Per imparare a scrivere, occorre imparare ad ascoltare. La realtà circostante pullula di emozioni: se ci predisponiamo a riceverle, lo spazio intorno a noi ci colma e ciò che si è percepito defluisce  spontaneamente sulla pagina. Questo principio riguarda anche la meditazione e lo yoga: ascoltare il mondo con tutti e cinque i sensi e vivere intensamente ogni attimo, senza distrazioni. Il segreto è tutto qui.

Se chiudiamo ogni interferenza fuori dal nostro cervello, ogni singolo momento diventa importante e può trasformarsi in una storia. Non ci limitiamo ad ascoltare la persona che ci parla dall’altra parte del tavolo. Ascoltiamo anche l’aria, la sedia e la porta. E, oltre la porta, assorbiamo la voce della stagione, del colore che entra dalla finestra. Ascoltiamo il passato, il presente, il passato e il futuro. E ascoltiamo con tutto il corpo, non solo con le orecchie, ma anche con le mani, lo sguardo, la pelle.

Ascoltare significa essere ricettivi. Si  accoglie ogni sensazione così come arriva, senza giudicarla. Solo in questo modo, davanti alla pagina bianca, si può esprimere la sua verità.

Quando sono in questo meraviglioso stato mentale, ho notato che non ho nemmeno bisogno di prendere appunti perché ciò che ricevo dall’universo mi rimane incastrato sotto la pelle, diventa automaticamente parte di me.

Come dice Natalie Goldberg “Fondamentalmente, se si vuole imparare a scrivere bene, bisogna fare tre cose. Leggere parecchio, ascoltare bene e intensamente, e scrivere tanto. E non pensare troppo. Basta entrare nel calore delle parole, dei suoni e delle sensazioni in tutti i loro colori, e continuare a muovere la penna sul foglio.”


Capacità di orientare la propria mente e di vivere “come se”

Ipotizziamo che io pesi 85 kg e desideri perderne 30. Se vado al supermercato e pianto la canadese davanti allo scaffale dei dolci avrò qualche difficoltà. Se soffro come un cane bastonato all’idea di dover rinunciare alla carbonara per fare spazio all’insalatina con il tonno non posso certo affrontare serenamente una dieta e, soprattutto, portarla a termine. Se una persona grassa vuole diventare magra, deve ragionare e comportarsi come tale, altrimenti i suoi successi non saranno mai duraturi.

Tutto parte dalla mente. Sempre. Provate ad alzare il braccio destro e, tenendolo disteso, a spingerlo dietro la testa. Ecco: ora chiudete gli occhi e immaginate di fare la stessa cosa, con la massima concentrazione, per qualche minuto. Visualizzatevi, senza timore. Poi, riprovate. Se l’esercizio è stato fatto bene, dovreste essere riusciti ad andare più indietro, rispetto alla prima volta. La nostra mente muove le nostre azioni e le guida, anche quando non ce ne rendiamo conto.

Quando attraverso un momento di insicurezza o di difficoltà, immagino il mio romanzo già concluso. Vedo la copertina. Leggo il titolo, stampato a caratteri cubitali. Sento addirittura l’odore delle pagine. E poi riprendo a scrivere, animata da una nuova serenità.

Se vogliamo essere scrittori, occorre che impariamo a sentirci scrittori e a vivere da scrittori.  I blocchi li abbiamo avuti tutti, ma quando questi blocchi diventano paralizzanti possono costruire un muro invalicabile per le nostre ambizioni. L’acquisizione di una maggiore fiducia in se stessi deve partire dalle nostre azioni.

Conosco molte persone che vorrebbero scrivere. Ma, quando domando loro come mai non mi lasciano commenti sul blog mi sono sentita rispondere “Sai com’è, mi vergogno, chissà cosa penserebbero di me.” E poi vorresti scrivere un romanzo? E come farai quando ti scontrerai con la bestia nera di tutti gli aspiranti inibiti, ovvero la prima famigerata scena di sesso, se non riesci nemmeno a dire che un post ti è piaciuto?

Occorre una flebo di autostima. La vergogna è un brutto mostro. Anche io mi sono trovata e tutt’ora mi trovo a fare i conti con questa emozione paralizzante,  però mi sto sforzando di superarla. In fondo, scriviamo perché qualcuno ci legga. Se abbiamo paura del giudizio altrui, molto meglio dedicarsi all’uncinetto o al bricolage.

Per imparare a vivere “come se”, leggere le biografie dei grandi scrittori aiuta molto. Si entra in contatto con i loro rituali quotidiani, i loro metodi, il loro di stile di vita. Ad esso ci si può ispirare, rendendolo proprio.

Anche il blog è un rigenerante per l’autostima. Su questa pagina, non sono più l’aspirante che guarda i grandi con timore riverenziale, strisciando in ginocchio, ma una scrittrice che si confronta con i suoi simili. Quando qualcuno mi chiede un consiglio di scrittura, mi sento profondamente lusingata. È meraviglioso pensare che ci sia qualcuno in grado di considerarmi un’esperta e mi aiuta a continuare con lo spirito giusto.


Capacità di gestire le ossessioni creative integrandole nella propria vita quotidiana

Noi artisti non abbiamo una vita facile. Ci sentiamo completamente liberi solo quando riusciamo a dedicarci alla nostra arte. Se potessimo vivere senza dover perdere tempo a mangiare, lavarci o pagare le bollette saremmo felicissimi. Ma non possiamo: abbiamo una vita, un lavoro (sono pochissimi gli scrittori in Italia che riescono a mantenersi con i propri libri) una famiglia e delle necessità relazionali. Non possiamo isolarci dal mondo come Brad Pitt in sette anni in Tibet. La società post-moderna invoca a gran voce la nostra presenza.

Molti rinunciano a scrivere per mancanza di tempo, perché hanno altro per la testa, perché pensano che la scrittura non metterà mai loro la cena sul tavolo. In particolare, danno la colpa al lavoro, accusandolo di fagocitare ogni minuto della giornata.

Anche io sono rimasta in silenzio per alcuni anni. Credo sia stato il periodo più brutto della mia vita. Mi sentivo assolutamente priva di stimoli, apatica e triste. Poi ho deciso di organizzarmi e ricominciare.  Non occorre fare i salti mortali. Mi accontento di mezz’ora al giorno, dopo il lavoro, salvo impegni improrogabili. Scrivendo un pezzettino per volta, il romanzo procede. Non tolgo tempo né ai miei impegni professionali, né alle mie relazioni. Ho scelto di toglierlo a Facebook, alla televisione e al cellulare. E vivo molto meglio.

Da ragazzina credevo che essere liberi significasse fare tutto ciò che si voleva, senza limiti imposti dall’esterno. Non è così. Avere delle regole aiuta a dare alle passioni il giusto spazio, senza alienarci, senza toglierci la nostra dose di normalità. Essere liberi vuol dire comprendere chi siamo, cosa vogliamo fare su questa terra e poi provare a farlo, nonostante tutte le forze che all’apparenza si oppongono al nostra desiderio.

Avere l’ossessione dello scrivere è un bene. Quindi, scriviamo: non lasciamo che la nostra inclinazione sia distorta e si trasformi in frustrazione. E nemmeno che ci distolga dai nostri doveri.

Gestire l’ossessione per la scrittura in modo sano significa riuscire ad inserirla nella propria vita quotidiana e dedicarle il giusto tempo. Da quando ho ripreso a scrivere tutto ciò che faccio ne ha tratto giovamento. Una persona felice rende molto di più, in ogni settore della sua vita.

Io sto lavorando molto su me stessa per integrare queste caratteristiche nel mio modo di scrivere. Si tratta di un percorso di crescita decisamente stimolante e profondo. Voi vi rispecchiate in quanto ho scritto? La prossima volta, ne descriverò altre tre. A rileggerci!

Commenti

  1. Sai che la famigerata prima scena di sesso mi pare un agnellino rispetto alle vere bestie nere che si affrontano scrivendo? Almeno a scrivere di sesso non ti obbliga nessuno, mentre altre cose proprio non le puoi schivare.
    Scherzi a parte, saper vivere il "qui e ora" è davvero una condizione importante per riuscire a scrivere. Senza attenzione non può esserci empatia con la realtà, e senza empatia lo scrittore potrebbe scrivere solo di se stesso. Il fatto poi che il mentale ci muova più di quanto crediamo è verissimo. Se solo pensi che alcuni esperimenti hanno dimostrato come il fatto di sorridere meccanicamente attivi meccanismi che migliorano l'umore... quindi è giusto: pensare bene per vivere bene e per scrivere bene.

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    1. Sulla scena di sesso scherzavo un po' perchè in giro ho letto che a volte molti scrittori decidono di inserire qualcosa di piccante ma poi si imbarazzano tantissimo. Io non ci ho mai provato. Più avanti nella storia si vedrà. Per il resto concordo completamente, mi sa che la nostra filosofia di vita è molto simile. Anche io avevo sentito parlare di questa cosa di un sorriso. Anche quando ti sforzi, se mantieni lo stimolo per una decina di secondi, ci si sente immediatamente più sereni :)

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  2. Ciao Chiara.
    Sono d'accordo con la Goldberg ma aggiungerei che bisogna leggere "di tutto".
    Per imparare a scrivere, serve davvero leggere anche riviste, saggi, fumetti (i fumetti, per me, sono ottimi per imparare il ritmo dei discorsi diretti, non trovi?)

    Chi vuol scrivere non si vergogna, su.
    C'è modo e modo per descrivere una scena di sesso.
    E' come raccontare una barzelletta spinta: lo si può fare anche senza imbarazzi e volgarità^^

    Moz-

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    1. Concordo sul fatto che occorra leggere di tutto, ed aggiungo che anche vedere film è un ottimo aiuto per entrare nei meccanismi narrativi.

      L'imbarazzo credo sia normale, soprattutto nei primi tempi. Però se ci si lascia dominare da esso non si diventerà mai dei bravi scrittori e si rischierà di scrivere sempre con il freno a mano tirato... perché il censore interno è pericolosissimo, paralizzante.

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    2. Verissimo, anche i film sono di grande aiuto!

      Moz-

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    3. avrei voluto scrivere la stessa cosa di Moz...
      leggere qualunque cosa, anche i testi delle brochure dei pavimenti in cotto...
      così da avere varietà di conoscenze stilistiche!

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    4. Se vuoi ti mando un paio di procedure amministrativo/contabili :)
      Comunque sono d'accordissimo... leggere di tutto è anche indice di apertura mentale

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  3. La vergogna, credo, il più delle volte è una scusa di chi non lascia una traccia scritta di sè (che sia un commento, una pagina, un libro).
    Penso, credo..non so insomma.. che dare in lettura una cosa propria, sia una forma soft di amplesso, dello scrittore con la sua mente.
    Invidio l'osmosi di chi mette per iscritto una storia, un articolo di giornale: scivolare come un liquido nelle mente altrui, portandole a interessarsi e poi emozionarsi (positivamente o negativamente) per lo scritto dato.

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    1. Non l’avevo mai pensata in questo senso, perché per me scrivere è una cosa assolutamente naturale, come mangiare e lavarmi i denti. Quando butto giù una storia è come se la mia anima facesse una doccia rigenerante, che butta via ogni tossina

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    2. tutto quello che è naturale o fatto con naturalezza, dovrebbe dare buoni frutti :)

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    3. è così... è il mentale che fotte :)

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    4. ed è (pure) stupendo (a volte).
      a volte, dopo solo evoluzioni contorte, la mente da' il meglio.

      ma le forzature stridono: a volte mi capita quando mi approccio con uno scrittore nuovo.. bellissimo il primo libro, vai a prendere entusiasta il secondo..ma sembrano (uso un termine musicale ché io vivo di musica) cover del precedente.

      sono andata fuori tema ;-)

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    5. Verissimo! E a volte gli autori snaturano il proprio stile per adeguarsi al main-stream. Un esempio? L'ultimo di Khaled Hosseini fa veramente schifo.

      Vivi di musica? Suoni anche? Mi potresti aiutare con un personaggio del libro, quindi :D

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    6. la musica è per me ossigeno :-)
      eh no, non suono e non canto ma bazzico ambienti musicali :P

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  4. La timidezza e l'insicurezza fanno parte di me e credo che resteranno lì per sempre a lottare contro le mie ambizioni da scribacchina, dato che lo scribacchino è tendenzialmente un po' pavone. Così ogni volta che devo parlare in pubblico soffro, mi salgono i battiti e mi chiedo chi me l'abbia fatto fare: bastava non scrivere! Poi però torno a casa (stanchissima manco avessi corso una maratona) e mi rimetto a scrivere...
    Concordo poi su quello che dici sul non isolarsi e ascoltare. Non credo mi piacerebbe fare un lavoro del tutto incentrato sulla scrittura, finirebbe per essere autoreferenziale e aumentale la mia già naturale tendenza all'isolamento. Insegnare mi obbliga a stare con i giovani e questo è un grande privilegio!

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    1. Credo succederebbe anche a me. Anzi, mi è già successo in passato di alienarmi, e non mi ha fatto bene. Uno scrittore, per sua natura, ha bisogno di solitudine e concentrazione, però deve essere concentrata in particolari momenti e trasformarsi in una maestra illuminante, non in una fonte di alienazione.
      Anche io lotto ogni giorno con le mie insicurezze e con la così detta "vergogna". Magari se ti va, in privato su facebook ti racconterò il dubbio esistenziale che mi ha "ossessionata" negli ultimi giorni... però cerco di vincere questi timori, perchè so che non mi fa bene, e non lo fa alla mia scrittura. Penso che per noi scrivere sia una forma di libertà. La paura, invece, schiavizza. Avere paura quindi è un controsenso se vogliamo scrivere :)

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  5. Io scriverei solo romanzi erotici e quando ho scritto sul mio blog una mia storia infuocata ho ricevuto ben 74 commenti. Come sempre l erotismo funziona

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  6. Ps onorato del fatto che ti piaccio come scrivo .... E se lo dici te , ci credo veramente

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    1. io non sono un'autorità, ma un'umile blogger con mire da romanziera :) Racconti erotici naaa... non sarei in grado

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    2. Beh almeno te hai mira ;-) io sparo colpi senza mirare .. un killer poco professionista

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    3. Anche sparando a casaccio prima o poi beccherai qualcosa. E a forza di fare selfie qualcuno scatterà la foto del secolo

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    4. Tanto per... al word press photo non si premiano le foto che hanno più stile ma quelle che comunicano... tanto che alcune sono state scattate con cellulari durante eventi drammatici.

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    5. Esatto.. è proprio lì la differenza fra tecnica e rappresentazione passionale della realtà :)

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  7. Per noi che dobbiamo condividere i tempi dedicati alla scrittura con la professione e la famiglia, è importante scrivere in maniera costante, quasi sistematica. Se non si può farlo ogni giorno, ritagliarsi comunque degli spazi in giorni dedicati. Anche poco, ma farlo... altrimenti la penna arrugginisce. Io sono stata anni senza scrivere, e ne ho risentito moltissimo. Per quanto riguarda la scene di sesso, non mi imbarazza scriverne; piuttosto, come ho già scritto nel blog di Anima di Carta, ho moltissime difficoltà con le scene di battaglia... e anche con i conciliaboli "politico-strategici"... mi metto a sbadigliare ancora prima di iniziare! yawn... :-)

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    1. Io ho difficoltà con le scene in cui compaiono diversi personaggi, ad esempio una cena fra amici: ho difficoltà a gestire un dialogo in cui "ballano" più di due personaggi, mi serve allenamento in questo :)

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    2. Sì, quelli sono difficoltosi, anche. Infatti, se c'è una cosa che mi manda in bestia nei romanzi è quando c'è un dialogo tra molti personaggi, magari lungo, non riesco a capire chi sta parlando e devo tornare indietro a rileggere. Di recente ho letto un romanzo dove c'erano dialoghi così, è stato micidiale.

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    3. Avete ragione, mi è capitato di scrivere una conversazione tra tre personaggi e ho odiato dover specificare ogni volta chi parlava. Temo che non ci sia altro modo, o no?

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    4. Avevo scritto un post prendendo a prestito un romanzo di Saer, "Cicatrici", però i personaggi che dialogavano erano solo due là. Il tutto è estremamente stringato, ma chiarissimo. Mi permetto di inserire il link al post, se avete voglia di leggere solo lo stralcio del romanzo: http://ilmanoscrittodelcavaliere.blogspot.it/2013/05/conversazione-xxi-cicatrici-incipit.html

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    5. Esatto, è proprio questo il problema, infatti io me la sto cavando cercando di "spezzettare" il più possibile... ad esempio, durante una cena, due escono a fumare e si dicono ciò che devono dirsi .. :D sono per le soluzioni di comodo, se non è proprio necessario procedere diversamente. Leggerò volentieri il brano, ma non subito: sta per iniziare la mia quotidiana sessione di scrittura. Mi sono data orari fissi per non perdermi al cazzeggio rimanendo indietro. Oggi ho letto due post che mi hanno mandata un po' in crisi, e sto cercando di tenere a bada il revisore... uno è quello di Teresa sul primo capitolo! :p

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  8. La capacità di ascolto è una vera risorsa per chi scrive, bisogna stare sempre con le antennine tese per captare tutto quello che può arricchire il nostro mondo fittizio (e noi stessi, ovviamente).
    Sono d'accordo anche sull'essere ossessivi, in senso buono. Come te, se non scrivo sto male e divento nervosa!

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    1. Anche io, e non so come abbia fatto a stare così tanto tempo lontana dalla mia scrittura :)

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  9. La capacità di ascoltare è una virtù che serve in ogni ambito e per quanto ci si voglia impegnare (anche studiandone i modi opportuni) non è accessibile a chi non possiede sensibilità e apertura alla vita. A me piacciono le passioni più che i "mestieri" e solo quando una passione riesce a diventare un "mestiere" ci si sente davvero liberi. A me sono toccate altre libertà, ma nutro lo stesso la mia necessità di raccontare le mie emozioni e, come capita forse agli scrittori come voi, quando mi riesce, è sempre motivo di "splendore", lì dove per splendore intendo, la bellissima sensazione di sentirsi "risplendere" ad ogni passo.

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    1. Credo che trasformare la propria passione in un mestiere sia un sogno di tutti, ma conciliarla con il proprio lavoro di ogni giorno è un importante passo avanti per non fare il gioco di un sistema malato, che ci vorrebbe tutti in fila, come rigidi soldatini, a testa bassa, facilmente manipolabili. Avere la mente aperta e le risorse interiori ed esteriori per dar voce ai propri sogni è una prerogativa fondamentale per vivere serenamente. Grazie per essere passata a trovarmi :)

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