L' impatto della scrittura sulla mia vita quotidiana.


Gli scrittori di romanzi insegnano al lettore a considerare il mondo come una domanda.
(Milan Kundera)

Nella pagina Lo scopo del blog, sostengo che la propensione per la scrittura sia una condizione esistenziale. Le competenze tecniche arrivano in un secondo momento: alla base del nostro interesse ci sono caratteristiche della personalità che non c’entrano nulla con la conoscenza della grammatica o con l’utilizzo di un cliff-hanger. Il talento non si costruisce dal nulla, scaturisce naturalmente da una sorta di curiosità primordiale; fantasia e creatività ci appartengono quasi geneticamente.
Quando ci dedichiamo alla scrittura con costanza, si innesca una sorta di circolo virtuoso. È la nostra visione del mondo che ci porta a raccontare storie, ma è vero anche il contrario: essere narratori cambia il modo in cui ci relazioniamo con la realtà. L’arte entra a gamba tesa nella nostra vita quotidiana, alimentando nuove forme di pensiero, atteggiamenti e abitudini che prima non esistevano.
Oggi ho deciso di riflettere proprio sul rapporto fra scrittura e routine, ovvero su come la scrittura condizioni il mio modo di essere e, al contempo, sia legata a caratteristiche individuali che sono sempre esistite in me, anche nei momenti di stop forzato.
Di seguito, una serie di elementi a favore della mia tesi.

Attenzione maniacale a tutto ciò che scrivo.
Quando mando un sms o comunico tramite Facebook o WhatsApp, mi comporto come se fossi al computer davanti al mio romanzo: curo la grammatica, non uso “k” o abbreviazioni, vado a capo e suddivido i paragrafi. Anche un semplice invito per un aperitivo può trasformarsi in un poema epico.
Da quando ho ripreso a scrivere, è cambiato anche il mio atteggiamento nei confronti delle e-mail e dei testi di lavoro. All’inizio, mi adeguavo agli standard di chi mi ha preceduta; adesso cerco di dare un tocco personale a tutto ciò che faccio, di rendere creativo anche il lavoro di routine.  È più forte di me: non posso fare a meno di mettere le mani in pasta, plasmare le parole a mio piacimento.

Incazzatura furiosa per la noncuranza altrui.
Refusi, espressioni grossolane, errori di ortografia e grammatica o semplici distrazioni mi fanno saltare i nervi. A volte mi faccio violenza per non assumere comportamenti da maestrina: “Hey, guarda, si scrive così”.
 Se mi arriva un documento in formato non giustificato o con un’interlinea che non ritengo adatta lo sistemo quasi senza accorgermene. Oppure mi trattengo per non mancare di rispetto all’autore, ma mugugno e borbotto dentro di me, perché penso che un testo non debba soltanto essere scritto bene, ma avere un aspetto armonico e ordinato. La confusione mi fa passare la voglia di leggere.  
Spesso non si tratta di veri e propri errori, ma di abitudini accettate dal senso comune e stonate agli occhi dello scrittore. Chi maneggia quotidianamente la tastiera sa cosa va evitato come la peste.
Prendiamo per esempio le “d” eufoniche: subito dopo aver ricominciato a scrivere le usavo anche io, sapete? Non si trattava di una scelta, ma di un automatismo legato al mio lavoro: una volta non le ho inserite e ho dovuto aggiungerle una per una, perché il documento non era firmato da me. Nel testi non narrativi si usano ma non le ho mai trovate dentro un romanzo. Sono formali e antiquate, non le sopporto!
Subito dopo aver saputo che per gli editori ‘ste letterine moleste fanno la differenza fra uno scrittore e uno scribacchino, ho iniziato a prestarvi più attenzione. Ora so indossare la veste più adatta a seconda delle circostanze: il mio cervello sa quando inserirle e quando evitarle come la peste.
Ci sono regole ortografiche completamente ignorate anche da persone che oggettivamente conoscono la grammatica: molti non hanno capito la differenza fra “si” e “sì”, fra “da” e “dà”, ma se dovessi correggere tutti diventerei maniacale e fastidiosa, mi troverei una bomba sotto casa.

Faccio le pulizie anche dietro i mobili.
Questo concetto è una metafora della mia abitudine di andare oltre ciò che si vede.
A Milano anni fa avevo una coinquilina che, se c’era un oggetto sulla superficie da pulire, ci girava intorno.
Io invece, smonto la casa. Se avessi la forza fisica, sposterei anche l’armadio.
Scavare in profondità, sempre. Mai fermarsi alle apparenze. Questo imperativo rappresenta un valore fondamentale sia per la mia scrittura sia per la mia vita. Ormai è parte integrante del mio modo di essere.

Interesse per le persone e per le loro storie.
Ho un amico che lavora nel campo delle assicurazioni. Per lui, ogni individuo è un potenziale cliente. Appena conosce qualcuno, inquadra il soggetto sulla base dei parametri di rischio. Io l’ho sgridato più volte, perché considero il suo atteggiamento un po’ opportunista. Tuttavia, comprendo la sua deformazione professionale: non vi è mai capitato di vedere personaggi ovunque?
Mi piace chiacchierare. Sono curiosa, impicciona e logorroica. Faccio tante domande e ascolto volentieri. Do consigli e cerco di relazionarmi con gli altri in modo sereno e sano. Ogni parola che sento può trasformarsi in un’idea, in una scena, in una storia.
Molte delle figure che animano le mie storie posseggono caratteristiche ispirate da più soggetti, il che rende inutile una delle domande che mi sento rivolgere più di frequente: io, nel tuo romanzo, ci sono?
No, nel mio romanzo non c’è nessuno. O, forse, ci sono tutti.
Lo stesso personaggio può somigliare a me per alcuni tratti caratteriali, a mio marito per altri, oppure a un amico, un collega, uno sconosciuto incontrato in treno. Raccolgo pezzettini un po’ qua e un po’ là, poi li mescolo con la mia fantasia per creare personalità concrete e coerenti, per generare un senso e una logica.
Non pensate che il nostro lavoro sia decisamente affascinante? La possibilità di plasmare il nulla per tirare fuori l’ordine dal caos è una cosa che mi sorprende e mi esalta ogni volta come se fosse la prima. È ciò che più amo della scrittura.

Un look che rispecchia la mia scrittura.
Il mio modo di vestire e il mio stile di scrittura rappresentano due diverse modalità espressive della mia personalità. Pertanto, non c’è da sorprendersi se un po’ si somigliano.
A tal proposito, avete notato come sono brutti gli scrittori e i registi horror? Pensate a S.K. e a Dario Argento… se a quest’ultimo aggiungi anche la figlia e l’ex genero Morgan, abbiamo la famiglia Adams!
In questo momento, un venerdì come tutti gli altri in ufficio, indosso un semplicissimo paio di jeans e una camicia bianca con disegnate sopra tante scarpette coloratissime. Ai piedi, un paio di decolleté beige, con il fiocchetto. Ieri invece portavo un vestito nero, scarpa bassa e una collana lunga fin quasi alla vita.
 In poche parole, parto sempre da una base semplicissima e la arricchisco dettagli che donano personalità, pur senza apparire volgari o grossolani. Allo stesso modo, quando scrivo, cerco di utilizzare poche parole, ma che sappiano colpire. Un tempo ero molto più prolissa, ora sono fermamente convinta che eleganza e semplicità possano coesistere e il mio stile si sta progressivamente asciugando.

Il lancio della patata bollente.

In quale modo esprimete, nella vita di tutti i giorni, la vostra “deformazione professionale”

Commenti

  1. Non saprei.
    Sono una scrittrice anomala, credo, almeno da un punto di vista formale. Scrivendo mi è apparso ancora più evidente come la dislessia sia un modo di essere e non uno stato transitoreo. L'ortografia delle parole mi è sempre dubbia, controllo sul vocabolario termini che è imbarazzante controllare a 10 anni, non se si insegna italiano e si scrive! Quindi lo svarione è inevitabile per me e mi rende più flessibile con gli altri. Però la sintassi è sostanza. Il congiuntivo ha un senso preciso e non mi importa se scrivo un sms, su fb o su wa, il congiuntivo continua ad avere la sua sua sfumatura di significato. Questo, però, credo sia più un atteggiamento da prof che non da autrice.
    Scrivere più che altro è stato un riappropriarmi degli spazi della mia mente. Tu perdi troppo tempo a fantasticare! Mi dicevano. Vivi con la testa fra le nuvole! Sì, e allora? Sai che faccio, lo trasformo in un lavoro il mio fantasticare!
    Pre scrittura:
    – A che stai pensando?
    – A una storia.
    – Pensa a studiare! A lavorare! A...
    Ora:
    – A che stai pensando?
    – A un nuovo racconto.
    – Ok (oppure: di cosa parla?)
    Gli spazi della mia mente mi appartengono ed è una prerogativa che mi arrogo quella di utilizzarli come meglio credo.
    Faccio più attenzione alle sfumature. Leggo sempre le pagine locali dei giornali, al bar, quando vado a bere il caffè del mattino, perché in provincia succedono spesso cose assurde, che meritano più di due righe in una cronaca locale.
    Quando una frase, una persona o un fatto mi colpiscono, chiedo il permesso di inserirli in una storia. All'inizio mi rispondevano con un sorriso condiscendente, adesso invece, a seconda delle persone, la reazione è o preoccupata o entusiasta.
    Il mio modo di essere, di vestire e di comportarmi è mio, da ben prima della scrittura. Sono una persona caotica, che non bada molto all'apparenza. Le presentazioni mi permettono di giustificare qualche spesa in più nel reparto abbigliamento, ma il più delle volte mi vesto pensando solo al clima e alla praticità. Non credo che la scrittura possa mai cambiare il mio modo di essere, perché la scrittura stessa ne è una conseguenza, è una delle tante espressioni esterne della mia interiorità.

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    1. Forse la mia risposta è leggermente off-topic, ma quanto hai scritto mi ha fatto sorgere alcune riflessioni. Io non ho mai avuto la dislessia, al contrario ho imparato a leggere e a scrivere molto presto. Essendo nata a ottobre non ho potuto fare la primina, quindi avevo problemi disciplinari perché mi annoiavo a morte, mentre i miei compagni imparavano l'alfabeto.
      Tuttavia, anche io ho avuto un problema, legato alla scrittura, gestito malissimo dalle maestre: il mio modo di impugnare la penna non è corretto. Non ho trovato online una foto che riproduca esattamente il mio modo di scrivere, però fra gli esempi riportati in questo link (http://www.tuttosteopatia.it/nav/blog/b-osteopatia/consigli-dellosteopata-2/quando-la-salute-dipende-dallimpugnatura-della-penna/) il più simile è quello chiamato "impugnatura a più dita".
      L'articolo parla di rischi per la salute, ma io non ho mai avuto problemi fisici legati a questa cosa, la mia scrittura è sempre stata piuttosto comprensibile, ma era considerata comunque una forma di disgrafia. Hanno provato in ogni modo, quelle stronze di suore, a correggere il difetto, costringendomi ad apprendere l'impugnatura a pinza, con il risultato che facevo una fatica boia e non si capiva niente. Alla fine hanno rinunciato, credo (sinceramente non ricordo bene) per l'intervento di mia mamma, perché questa insistenza mi stava creando problemi di autostima, e perché quello che loro definivano un "problema" non danneggiava in alcun modo né la mia salute né il mio rendimento scolastico. Scrivo ancora oggi come mi pare. Ogni tanto, quando un amico o un collega mi vede prendere appunti, mi domanda "sei mancina?": capisce che c'è qualcosa che non va, ma non riesce a comprendere cosa, e subito non nota che scrivo con la destra ma in modo un po' ... particolare! ;)
      Nel corso degli anni ho scoperto che questo "difetto"si presenta prevalentemente in soggetti molto fantasiosi e incapaci di accettare degli schemi che non sentono propri. Pertanto lo considero un punto forte della mia personalità e, paradossalmente, uno degli elementi che strutturano la mia indole da scrittrice.
      Anche il mio modo di vestire e altri elementi descritti nell'articolo (ad esempio l'andare oltre le apparenze o l'essere curiosa per le persone) esistevano prima della scrittura. Ma ora mi rendo conto di come sia tutto collegato, e questi piccoli dettagli della mia personalità facciano parte di un macro-insieme che comprende anche la mia più grande passione. :)

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    2. Solo una precisazione. La dislessia non è una malattia, è un diverso modo di funzionare del cervello, quindi si è dislessici, non si ha la dislessia. I dislessici (tra le altre cose) faticano ad associare grafema e fonema, cioè il suono al simbolo e quindi faticano con la scrittura alfabetica. Questa è solo la più evidente delle manifestazioni, quella che dà problemi scolastici. In realtà la cosa nasce dal fatto che si tratta di una percentuale della popolazione in cui le aree del cervello legate alla comunicazione si attivano in modo diverso rispetto alla "norma". Non sbagliato o patologico, solo diverso. Dal momento che l'apprendimento è standardizzato è studiato sulla maggioranza e quindi il dislessico si trova in difficoltà.
      Per quanto riguarda il modo di impugnare la penna non ne so nulla. A dire il vero odio scrivere a mano, mi esce male, anche se per lavoro devo farlo spesso...
      Immagino che alla fine conti il risultato. Se uno si trova comodo a scrivere in un modo perché non farlo?

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    3. So che non è una malattia perché ho un'amica che sta portando avanti una grossa battaglia al riguardo in quanto suo figlio ha avuto grossi problemi di autostima a causa dell'atteggiamento ottuso di certe insegnanti che, invece di sostenerlo, demonizzavano le sue difficoltà. Io ho utilizzato il termine difetto solo per semplicità.
      Allo stesso modo trovo improprio che un'errata impugnatura della penna sia considerata disgrafia, poiché non si tratta di una difficoltà simile a quella da te descritta. Il riferimento qui é una semplice convenzione : chi ha deciso che la penna debba essere tenuta in un certo modo ? Nessuno. È solo la norma accettata da tutti. Mi ricorda i tempi in cui i mancini erano considerati figli del demonio. Se l'istinto guida una persona verso un certo comportamento (la destra si usa perché collegata all'emisfero pratico del cervello) non si devono denigrare le eccezioni. L'importante è che uno viva bene e faccia ciò che deve...

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  2. Mi irrito molto sul lavoro per mail stentate e le mie sono sempre curate, o meglio, quasi sempre: se un cliente mi sta snervando - capita spesso - alla fine taglio corto ma la grammatica non scade mai. Quarti orrori grammaticali e ortografici vedo. Negli sms sono molto più libera, ne faccio un grande uso e abbreviare aiuta la trasmissione veloce dei pensieri, del resto conosco davvero l'uso della sintesi. Sì ai personaggi che vede ovunque e che prendo a prestito ovunque per ficcarli tra le mia pagine. Ma soprattutto l'essere scrittrice è una parte di me dentro, nel quotidiano si traduce nel tempo speso alla tastiera e nella gratitudine per le ore di dattilografia che consideravo assai noiose (esercizi infiniti a tastiera cieca e sempre brutti voti nonostante l'impegno!) ora mi tornano assai utili, sono velocissima e questo è un grande vantaggio sul lavoro e nella stesura di racconti e romanzi. Sandra

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    1. Anche io sono velocissima con la tastiera, e penso che questo sia uno degli aspetti del mio lavoro maggiormente gradito al mio capo. Per altri aspetti, invece, noto quasi un'incompatibilità fra il mio carattere (creativo, fantasioso, ecc...) e alcuni lati più scientifici e metodici del mio lavoro. Tu che fai la contabile puoi capirmi. ;)

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    2. Non sono proprio una contabile :D mi occupo di adempimenti fiscali nell'ambito dell'Unione Europea, ma il concetto è chiaro e condivisibile, del resto sì è un lavoro ben poco fantasioso. Sandra

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    3. Ti chiedo scusa! :) Ricordavo che si trattava di un lavoro economico, ma non cosa facessi di preciso!

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  3. A volte mi incuriosisco a osservare gente che litiga in mezzo alla strada, oppure ascolto attentamente ogni singola parola che dicono le persone sedute al bar o alla fermata dell'autobus... Probabilmente faccio la figura dell'impiccione e nessuno immagina che sto solo carpendo dettagli su come si esprime una persona, come si comporta, o su come si può sviluppare un dialogo o una situazione in grado di attirare l'attenzione.

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    1. Beh, io un paio di volte un bel "che cazzo ti guardi?" me lo sono presa, soprattutto quando vivevo a Milano, città in cui la gente (Sandra e Cristina, perdonatemi!) non è celebre per la sua affabilità! :-D

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  4. Mi ritrovo in quasi tutti i punti di cui parli, anche se coi dovuti distinguo: per esempio post scritti con uno stile anche non scorretto, ma magari un po' pesante, a me non danno particolare fastidio. La mentalità da "correttore" ce l'ho infatti solo coi miei testi, o al massimo con quei pochi che mi inviano per un "editing"; per gli altri bado di più al contenuto che allo stile, solitamente.

    Ai punti da te elencati comunque ne aggiungerei uno che per me è uno dei più intensi, ed anche quello che mi causa più "disagio". Penso che un lettore, anche il più incallito, comunque quando legge un libro comunque pensa solo a leggere. Appena però cominci ad addentrarti all'interno delle regole della scrittura, quando leggi un libro non vedi più solo una serie di fatti, ma cerchi (e spesso trovi) schemi, ti ritrovi a pensare "ah si, questo passaggio serve a mostrarci questo", e così via. Ne consegue che sei sovrappensiero mentre leggi, a volte così tanto che ti perdi interi passaggi di trama. Personalmente, ormai mi devo quasi costringere a seguire la trama e basta di un libro; se non lo facessi, starei solo a pensare al senso di ogni passaggio. Certo, questo poi è utile per crescere come scrittori, ma dall'altra parte ti priva di parte del godimento precedente, quando leggevi semplicemente col gusto di farlo. Non so se a qualcun'altro questo succede, ma per me è un problema serio :D !

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    1. Anche io quando leggo faccio attenzione alla tecnica, alla gestione del punto di vista, a come sono impostati i capitoli. Tuttavia questo non mi distoglie dalla storia. All'inizio forse sì, ma ora ho imparato a concentrarmi su entrambi gli aspetti contemporaneamente. Noto le sbavature senza alcun tipo di sforzo mentale. :)

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  5. Forse dopo tante letture e scritture si sviluppa una specie di particolare di... istinto? O forse è meglio parlare di attenzione quasi felina. Per i dettagli, certe frasi che si sentono in giro, piccoli fatti di cui siamo spettatori. E ci si chiede: "Che cosa c'è dietro? Cosa significa?".
    Anche io quando scrivo un sms faccio sempre attenzione: scrivere di fretta, mettere kappa o altro, dimostra che il destinatario per noi è poco importante, è una seccatura. E quando mi capita di leggere o ascoltare delle mostruosità grammaticali, confesso che vorrei avere una spada a portata di mano, e fare un po' di giustizia sommaria. A parte questo, sono una persona tranquilla :)

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    1. Anche io penso che scrivere messaggi non curati sia una mancanza di rispetto nei confronti del destinatario, oltre che un modo per giustificare l'ignoranza. La gente non si rende conto che basta un minuto per disimparare a scrivere, che certi abitudini errate diventano poi degli automatismi...

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  6. Il profilo che hai delineato mi appartiene molto. Anch'io sono uscita dalla fase "eufonica" e sto attenta a curare anche il messaggio telefonico, che prima scrivevo di getto. Quando si comincia a scrivere con regolarità, forse, le parole diventano strumenti con i quali incidere il nostro vissuto. Scrivere è anche un atto di grande responsabilità e questa consapevolezza ci fa diventare esigenti. Forse... ;)

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    1. è vero. Scrivere è un atto di responsabilità, sia verso il lettore, sia verso se stessi. A volte penso che se un mio amico riceve un messaggio poco curato può pensare che io sia una pessima scrittrice. Anche i testi più semplici sono un esempio di ciò che sappiamo fare. :)

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  7. M è difficile dire quanto la scrittura influenzi la mia vita di tutti i giorni e quanto la mia vita di tutti i giorni influenzi la scrittura, ma c'è sicuramente una correlazione tre le due cose molto forte. Anche io ho sempre lo sguardo pronto a catturare qualcosa da inserire nelle mie storie e divento nervosa di fronte agli errori, anzi mi devo trattenere per non correggerli :)
    C'è poi un altro aspetto meno gradevole della faccenda, ma di quello parlerò in un mio post futuro, per cui per ora non ti dico nulla!

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  8. Bel post, Chiara ;)
    In riferimento al primo commento e risposta io sono sia dislessico che disgrafico. Ho imparato a leggere solo nel terzo trimestre della prima elementare, ma da un giorno all'altro, suscitando lo stupore dei miei compagni di classe e dell'insegnante che ormai mi davano come perduto. Se avessero potuto immaginare che appena tre anni dopo sarei arrivato primo al concorso scolastico di scrittura...
    La penna invece non sono mai riuscito a impugnarla nel modo tradizionale e non riesco tutt'ora.
    Venendo al presente, ho finalmente raggiunto un equilibrio nella scrittura che fa sì che non si trasformi mai in qualcosa di ansiogeno ma rimanga sempre e comunque un piacere. Ancora oggi, a tre anni dall'inizio, continuo ad appassionarmi ogni giorno alla revisione del mio romanzo. Ho in programma un post su questo nei prossimi giorni, ma non di natura tecnica... una sorta di punto della situazione, per non lasciare sempre tutto all'immaginazione.

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    1. Allora non sono da sola! Se ti può consolare io ho imparato a leggere in modo decente in seconda elementare, in prima era difficile che ci facessero leggere dei testi che prima la maestra non avesse letto ad alta voce. E io li ripetevo a memoria!

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    2. Io invece ero sempre quella a cui venivano affidate le letture della messa, anche alla prima comunione... era una cosa che detestavo!
      Per quel che riguarda la disgrafia, la seconda parte del mio commento tenar risponde anche a Ivano : secondo me se uno impugna male la penna ma riesce a scrivere senza problemi non può essere considerato disgrafico ...

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    3. Ciao Tenar,
      no, non siamo soli, ma credo che siamo comunque rari, perché nella mia classe eravamo più di trenta (come era normale negli anni '60) e io ero l'unico ad avere questo problema del ritardo nella lettura.

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    4. La dislessia "vera" (nel senso che poi ci sono tutti dei problemi diagnostici, per cui un bambino viene certificato dislessico perché ha problemi a leggere di tutt'altra natura) è stimata interessare circa il 5% della popolazione. Di questi quanti poi si dedicheranno alla scrittura? Siamo rari, ma ci siamo!
      PS: tecnicamente la disgrafia non ha nulla a che vedere con l'impugnatura della penna, ma con l'organizzazione dello spazio e quindi della scrittura nel foglio

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    5. Esatto. Infatti non comprendo perché l'errata impugnatura della penna sia considerata disgrafia. Forse perché non esiste un termine specifico per definire la situazione? Mah ...
      p.s. piccola curiosità : oltre a tenere male la penna spesso metto il foglio "in obliquo" perché lo vedo meglio! Sarà che con la mia impugnatura a volte parte della pagina rimane coperta dalla mano...

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  9. Non credo di avere caratteristiche particolari per il fatto che scrivo. L'attenzione un po' esagerata alle parole credo che sia comune a tutti noi. Qualcuno ci detesterà per questo! Comunque le "d" eufoniche sono piuttosto misteriose: ce le hanno insegnate sbagliate a scuola, e solo entrando nei dettagli della scrittura creativa si scopre che no, non si usano proprio a quel modo. Non so come, questi due modi di usarle convivono pacificamente, pur essendo in contrasto..

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    1. Tu pensi che ce le abbiano insegnate sbagliate o che la lingua sia andata evolvendosi rendendole obsolete? Me lo sono domandato tante volte. Per quel che mi riguarda comunque io ho imparato ad adeguarmi alle esigenze del mio capo. In ufficio scrivo i testi come mi vengono e poi le aggiungo dove so che le vuole. So che può sembrare prostituzione creativa ma al momento non ho altra scelta.

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    2. Tu pensi che ce le abbiano insegnate sbagliate o che la lingua sia andata evolvendosi rendendole obsolete? Me lo sono domandato tante volte. Per quel che mi riguarda comunque io ho imparato ad adeguarmi alle esigenze del mio capo. In ufficio scrivo i testi come mi vengono e poi le aggiungo dove so che le vuole. So che può sembrare prostituzione creativa ma al momento non ho altra scelta.

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    3. Ci sono cose peggiori, credo! In rete c'è chi dice che la "d" dovesse essere fin dall'inizio inserita solo tra vocali uguali, chi dice che è un adattamento creatosi nel tempo, chi la demonizza e chi dice che dipende dal contesto e dai gusti personali. Quando frequentavo il forum c'era la bacchettata sulle dita per ogni "d" fuori posto. Adesso non mi serve stare in guardia, perché mi sono abituata a usarle nel nuovo modo e quello vecchio non mi piace più. Vantaggi dell'abitudine!

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    4. Anche io le utilizzo nel modo nuovo in modo spontaneo quando scrivo "cose mie". Al lavoro invece devo stare in guardia proprio perché la mia abitudine e il mio gusto mi portano nella direzione opposta. :)

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  10. Ho smorzato un po' la mia attenzione maniacale verso gli sms o i messaggi su whatsapp da quando i miei figli mi hanno detto di essere una "sfigata": ridono come pazzi quando mi vedono digitare le parole con solo due dita impegnate sul tastierino del cellulare. Gli errori, dicono, fanno parte del linguaggio giovane ed io ricordo un episodio, forse una leggenda metropolitana, raccontata quando ero piccola: una ragazza, ad un esame, chiamò Biperio il famoso Nino Bixio di Garibaldi (secondo lei la x era un'abbreviazione del linguaggio "giovanile"!).
    Gli errori di grammatica e ortografia disturbano molto anche me ed alleno la mia cronica malattia sui figli, quando correggo i loro compiti (ma fortunatamente ne fanno pochi!).
    Mi piace molto chiacchierare, sì, non si può dire che mi stia zitta durante le conversazioni, però la mia scrittura risente poco di questa caratteristica, semmai assimilo e riporto negli scritti le impressioni che ricavo dalla conversazione (di solito,sto molto attenta a tutto).
    Invece la semplicità che paleso nella vita non si riversa nelle mie storie: lì faccio parlare le complessità che tengo nascoste ed in ogni personaggio metto parti di me che non amo condividere pubblicamente. È il bello della nostra "deformazione professionale", no?

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    1. Quando aiutavo gli adolescenti di Corvetto (quartiere milanese paragonato a tor bella monaca a Roma) ricordo di una ragazzina che doveva leggere "il giornalino di Gian burrasca" e aveva riassunto l'incipit, in cui c'era scritto che GB aveva ricevuto il quaderno in dono dal babbo, scrivendo che il regalo gli era stato fatto da "un amico un po' scemo"... e questa non è una leggenda, é vera! Perché anche i gerghi sono un'arma a doppio taglio... :)

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    2. Ahah, io rido, ma forse dovrei piangere!

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  11. Io ho sempre scritto, in un modo o nell'altro. Che fossero temi, tesine, tesi, ricerche scientifiche, saggi di psicologia, relazioni, meeting reports, o diari segreti, è raramente passato un giorno che non scrivessi, anche prima di dedicarmi alla fiction. Non saprei dire come questo abbia modificato le mie abitudini di vita, di sicuro condivido la tua passione per le persone e per le loro storie, e di sicuro NON pulisco dietro i mobili né presto attenzione a come mi vesto :)

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    1. Anche io scrivo da sempre però sono stata per forza di cose lontane dalla narrativa per molti anni. Non è stato facile riprendere ma mi sto impegnando molto.
      Io mi vesto seguendo il mio gusto e il mio istinto, infatti la "somiglianza" fra il mio look e il mio stile di scrittura non è voluta, é un aspetto di cui ho acquisito consapevolezza di recente. Dicono che le bilance siano molto fighette, e a me é sempre piaciuto curare il look. Da adolescente forse era una questione di insicurezza, poi è diventato naturale. Con il tempo ho creato un mio linguaggio. Non seguo pedissequamente le mode ma mi piacciono le cose belle :)

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  12. A causa della professione che svolgo, la cura maniacale sulla scrittura è inevitabile, sia che io scriva una mail, un sms oppure un messaggio su FB. Come dico sempre, potrei correggere anche le etichette dei vini con il mio pennarellino rosso a punta fine! La cosa più grave però è notare giornalisti, persone che dovrebbero scrivere in un italiano corretto con la stessa facilità con cui respirano, che pubblicano articoli pieni di strafalcioni.

    Con la 'd' eufonica ho un rapporto sereno, ultimamente quando scrivo vado molto 'a suono'. Se l'accostamento tra le due parole è più armonioso con la 'd' eufonica, la inserisco, altrimenti no. L'italiano è una lingua viva come tutte, e si evolve con il tempo.

    Per quanto riguarda l'argomento della dislessia, nei corsi d'inglese su cui lavoro sono proprio previsti dei Test per dislessici, impostati graficamente in maniera differente da quelli standard. I contenuti sono quasi identici, è solo la disposizione sulla pagina (corpi aumentati, caratteri bastone e non graziati, impaginazione a giustezza...) che cambia. Questi prodotti concepiti per dislessici hanno avuto un grande incremento per aiutare studenti e insegnanti nell'insegnare e apprendere la lingua, in questo caso straniera.

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    1. Sì, ha volte basta poco per aiutare il dislessico... Io un po' mi vergogno a far vedere la dimensione del carattere che ho impostato sul kindle...

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    2. I nostri autori, che sono anche insegnanti, battono molto sul tasto dell'inclusive teaching, in modo che lo studente non si senta isolato nell'ambito della classe, ma riesca a partecipare agli stessi lavori dei compagni. Naturalmente ci sono anche gradi differenti di dislessia. Tutto questo è frutto di una ricerca di quest'ultimo decennio, perché prima gli stessi insegnanti erano disorientati. Non parliamo poi di anni ancora più indietro!

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    3. Mi sembrano strumenti interessanti e utili. Secondo me è giusto e doveroso che il sistema educativo diventi il più democratico possibile, per quanto mi renda conto che le risorse manchino e gli studenti difficilmente riescono ad avere le giuste attenzione. L'opinione pubblica non aiuta, se al centro del dibattito pone il crocefisso nelle aule, o la "necessità" di costringere i bambini arabi a mangiare il prosciutto per salvaguardare la nostra identità nazionale ....

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  13. Anche io sono attento ai messaggi che mando su Twitter, sms e Whatsup e correggo chi sbaglia :)
    A differenza di te, io sono molto discreto, non ti chiedo nemmeno come stai, perché se stai molto male saresti costretta a dirmi gli affari tuo personali. Sono silenzioso e parlo solo se necessario.
    Non vedo personaggi ovunque, capita raramente, forse perché non amando la mia realtà, sarebbe difficile trovare un personaggio adatto per le mie storie.
    Sull'abbigliamento credo di essere un disastro, prendo la prima cosa che capita, tanto è quasi tutto nero. Mai elegante, però, non sopporto l'eleganza.

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    1. Leggendo questo commento, mi viene spontaneo domandarti da dove nascano le tue idee. Per me il confronto con il reale è fondamentale per avere spunti, anche quando la storia che nasce se ne distacca completamente.

      L'eleganza secondo me è un fatto molto soggettivo. Anche un paio di jeans e una camicia possono essere eleganti, se portati nel modo giusto. :)

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    2. Le idee nascono nella mente :)
      Leggendo, anche, o quando vado in montagna e immagino chissà cosa.

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    3. Se dici cose così, Daniele, ti vengo a trovare. ;) (Scusa l'off topic, Chiara, era un impulso di affetto incontrollato!)

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    4. Ma scusa di che??? :)
      Mi fa piacere che vi sentiate a casa e parliate fra di voi! :-D

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  14. E' un pensiero interessante, su cui non avevo mai riflettuto (forse perchè in fondo dentro di me da qualche parte c'è l'idea che scrivo per necessità e tutto il resto, vivere, lo faccio puramente per caso).
    Per quanto riguarda me...
    1. Cerco di dare a tutto una qualità estetica (più o meno simile a quanto hai detto tu). Devo invitare qualcuno a cena? Scrivo due righe. Poi sposto la virgola. Poi la cancello. Poi sostituisco una parola perchè "è troppo brutta", e via così.
    2. Comprendere è più importante di giudicare. Quando ascolto le opinioni, gli sfoghi o i racconti di qualcuno, la mia prima mossa è mettermi nei suoi panni e cercare di "sentire" il suo punto di vista, i motivi per cui è legittimo che si sia comportato in un certo modo, o abbia certi pensieri. Come hai detto tu "vediamo personaggi dappertutto".
    3. Attenzione ai particolari. Sono sempre molto attenta alla mia visione periferica. Una semplice conversazione, ai miei occhi, può assumere un particolare significato a livello "poetico" se, per esempio, sullo sfondo il sole viene offuscato da una nuvola, o c'è un merlo che raccoglie aghi di pino per il nido, o altri fattori simili che trasformano ogni possibile scena in un anagramma di significati. Forse questo si adatta più a una mentalità da regista che da scrittore ma, in fondo, sempre di storie si parla :)

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    1. Ricordo che qualche tempo fa, in un commento, avevi scritto che qualcuno aveva evidenziato in te un particolare sviluppo del sesto chakra, il terzo occhio. Io ti avevo risposto che era possibile, perché molti scrittori e artisti in genere (fra cui io) hanno un'energia particolare che consente loro di intuire oltre le apparenze. Ciò conferma quanto hai scritto al punto 2.

      Perdona la curiosità: di che segno sei? Nei tuoi post e in ciò che scrivi emerge una personalità particolarissima, per cui mi piacerebbe calcolare il tuo piano astrale. Sono sicura che possa presentare aspetti molto interessanti!

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    2. Mi farebbe molto piacere :) sono ariete (testarde creature, hehe... ascendente gemelli).
      Una volta ero una persona molto più "giudicante" nei confronti della realtà che mi circonda. Di quel periodo mi rimane solo il profondo senso morale, ma sto imparando ad accettare la contraddittorietà della vita.

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    3. Una bella combinazione. Sono due segni in aspetto armonico, però molto complessi, e uno "doppio", ovvero dominato da due pianeti completamente diversi.
      Se ti va, mandami i dati (luogo ora e data di nascita) o qui o in mail su appuntiamargine@gmail.com, così ci do un'occhiata. :)

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    4. Dai, scrivo qui, che non ho niente da nascondere (almeno spero): Savona, 29/03/1991, ore 10.10 del mattino :)

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    5. Siamo nate alla stessa ora, nella stessa regione ma a 10 anni tondi di distanza :-D
      Appena posso ci guardo.

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  15. Sicuramente quello che scriviamo siamo noi, ma non avevo mai analizzato il concetto come hai fatto tu ora.
    Anch'io presto molta attenzione alla forma negli sms (maiuscole, punteggiatura e mai abbreviazioni). Così pure quando scrivo al lavoro aborro il "burocratese" e cerco di scrivere pensando al cittadino che riceverà la mia comunicazione, con parole semplici e dirette. Per il resto sono incostante: la mia casa passa da periodi caotici, dove è tutto in disordine, a periodi in cui è tutto in ordine e superpulito. Così pure il mio abbigliamento: un modo di vestire semplice, ma perla maggior parte del tempo piuttosto elegante con l'intercalare di alcune giornate che sono decisamente sportiva, il novanta per cento delle volte sono vestita di nero, ma una volta ogni tanto mi concedo un colore sgargiante, che sciocca amici e conoscenti. Posso dire con certezza che la mia scrittura non assomiglia assolutamente al mio modo di vestire: né elegante, né noir.
    Ho sempre pensato di essere una persona un insolita... Questo mi piacerebbe trasparisse nella mia scrittura, invece il commento di una mia amica alla mia ultima pubblicazione è stata, letteralmente: "il tuo modo di scrivere rispecchia il tuo essere, ovviamente... essenziale e concreta".

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    1. Anche io ho uno stile elegante e sempre curato. Anche quando indosso i jeans mi metto per esempio i tacchi, o una camicia fine... però non sono un'amante del look total Black, forse perché sono alta e secca, con i capelli scuri. Ho l'impressione che mi sfini troppo, che mi renda un po' "Mortisia". Però mi piace un sacco il Black and White, basta che a essere bianca non sia la camicia, su pantalone nero, perché mi ricorda una divisa da cameriera. Sono piccole fisime individuali ;)

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  16. Complimenti per il post, molto interessante.
    Credo che la deformazione professionale (ammesso che uno faccia il proprio lavoro con criterio) invada tutte le nostre vite. Mia moglie spesso mi dice che non posso fare il manager a casa, lo faccio al lavoro e mi basta! Io le spiego che in certe situazioni neanche me ne accorgo, perchè quel modo di pensare o di agire fa parte di me intrinsecamente.
    Quindi comprendo appieno ciò che provi nell'ambito della scrittura.

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    1. Già, anche se la scrittura non è il mio lavoro ufficiale, è una passione che spero possa trasformarsi in futuro in qualcosa di più. Eppure paradossalmente mi condiziona molto di più, perché ha a che fare con il mio modo di essere e non solo con ciò che faccio. :)

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