Personaggi e archetipi narrativi: il mentore


Nessuno è tanto perfetto da non aver bisogno qualche volta di ammonimenti o consigli. Ed è uno sciocco senza rimedio colui che non li ascolta.
(Gracián y Morales Baltasar)

La decisione di scrivere questo post è nata poco fa mentre rispondevo ad un’email di Maria Teresa Steri, da me eletta suo malgrado lettrice cavia per eccellenza nonché destinataria privilegiata di tutte le paUranoie legate alla stesura del mio romanzo.
Tuttavia, l’idea era già in incubatrice da circa una settimana, grazie ad una frase del capo di mio marito: ogni persona di successo ha al proprio fianco un buon mentore. Queste sono state le sue parole, ed io penso che si tratti di una profonda verità.
Avere un braccio destro è fondamentale per chiunque si proponga di raggiungere un obiettivo, compresi i personaggi dei romanzi e dei film. Proprio per questo motivo, il mentore è uno degli archetipi principali teorizzati nel saggio “Il viaggio dell’eroe” di Christian Voegler. Di questa figura avevo già parlato qui, seppur a grandi linee. Oggi intendo analizzarla nel dettaglio. 


Chi è il mentore?
Il mentore è una figura generalmente positiva che aiuta o istruisce l’eroe. Spesso si attribuisce questo ruolo al vecchio saggio (un esempio? Obi Wan Kenobi) che diventa punto di riferimento per il protagonista sostituendo la figura del padre quando questo è assente o non rappresenta un modello a cui valga la pena ispirarsi.
La letteratura trabocca di sciamani e di guide spirituali che conducono l’eroe sulla strada della guarigione e della consapevolezza… Si tratta però di un ruolo piuttosto versatile, con il quale è possibile giocare. Anche un bambino può essere un buon mentore, se si sa come farlo muovere.
Nelle commedie compare di frequente il  mentore comico: il collega o amico un po’ scemo che accompagna l’eroe nel suo viaggio. Nelle opere drammatiche, invece, si fa spesso ricorso al mentore caduto: un uomo non più giovanissimo che cerca un’occasione per riscattare se stesso. Pensate ad esempio al classico ex giocatore di football che si trova ad allenare una squadra di brocchi portandoli alla vittoria, come Samuel Lee Jackson in “Coach Carter”. Egli compie, insieme a loro, un cammino di redenzione. È consigliere per i personaggi e, al contempo, eroe del proprio viaggio individuale.
Esiste poi il mentore oscuro, che dissemina perplessità nei lettori/spettatori per il suo fare ambiguo. Invece di aiutare l’eroe lo mette in pericolo. Gli sottopone delle prove che dovrà superare da solo, oppure con un aiutante più buono.
Per quanto mi riguarda, quando si tratta di tirare in ballo un buon consigliere, scelgo inconsciamente soggetti alternativi, in perenne lotta con ciò che è considerato socialmente accettabile. Sono personaggi ribelli ed anticonformisti che liberano l’eroe dalle catene della contingenza spingendolo ad una nuova visione del mondo. Forse li apprezzo così tanto perché anch’io, quando sono chiamata ad aiutare qualcuno, metto in scena la mia personale ed autodistruttiva lotta contro il senso comune? Chissà. Si tratta di una scelta personale che mi diverte molto.

Quali sono le funzioni narrative del mentore?
Insegnare.  Si può affermare quasi con certezza che tutti i mentori insegnino qualcosa all’eroe. Spesso questo ruolo è esplicitamente connesso alla sua professione o vocazione, concretizzandosi nel “professore” e nell’ “allenatore”.
Se il protagonista è bambino o adolescente, lo traghetta verso l’età adulta. Se invece è adulto, lo conduce verso una strada esistenziale precedentemente impensata.
Due esempi? Il maestro di Karate Kid e il “fantasma della metropolitana” che spiega a Patrick Swayze come muovere gli oggetti in Ghost.

Offrire doni. Il mentore mette a disposizione dell’eroe gli strumenti necessari per raggiungere il proprio obiettivo. Si può trattare di oggetti, informazioni e consigli, oppure di conoscenze particolari che gli salvano la vita.
Spesso questo “regalo” arriva dopo il superamento delle prime prove ed assume il valore di una ricompensa: la Fata Madrina consente a Cenerentola di andare al ballo solo dopo che ha pulito tutta la casa.
La meritocrazia, ormai, esiste solo nelle favole.

Inventare cose nuove. Il mentore può costruire un’arma particolare che aiuta l’eroe nel proprio viaggio, oppure muovere la trama grazie a stratagemmi creativi sempre nuovi, strumenti da lui ideati o mezzi di trasporto particolare.
Doc Brown di Ritorno al futuro è lo “scienziato pazzo” per eccellenza in quanto progetta la macchina del tempo che trasporterà Marty negli anni ’50, nel futuro e nel Far West. Nello stesso tempo, però, è anche il suo principale aiutante, in quanto lo istruisce per poter ritornare al momento presente.

Rappresentare la coscienza dell’eroe.  Spesso l’eroe è guidato dalla propria voce interiore che può assumere la forma di un alter-ego oppure assumere le sembianze di un soggetto distinto, come il povero Grillo parlante, a lungo ignorato e, nella versione originale dell’opera, ucciso a martellate.
Questa tipologia di mentore porta in scena il “buddha” dell’eroe, ovvero quella zona illuminata dell’anima che sa sempre ciò che è giusto fare. L’anima di Pinocchio, pertanto, era decisamente oscura.

Motivare l’eroe. Il mentore può aiutare l’eroe a vincere le proprie paure, spesso mettendogli davanti agli occhi l’entità della posta in gioco. Quanto è importante per te raggiungere il tuo obiettivo? Questa è la domanda chiave che inizia a serpeggiare nel cervellino del protagonista, finché non supera la propria riluttanza ed inizia a combattere.
Tornando a “Ritorno al futuro”, ricordate cosa diceva Doc Brown a Marty? Su quale punto debole faceva leva per svegliarlo un po’?
Nessuno. Può. Chiamarmi. Fifone!

Disseminare informazioni. Il mentore può fornire, all’eroe e al lettore/spettatore, elementi narrativi utili alla progressione della trama. Mi ricordo un detto della mia professoressa ad un seminario di sceneggiatura: “Se c’è una pistola, prima o poi sparerà”. Tutto ciò che compare sulla scena avrà un ruolo all’interno della storia. Spesso è proprio il mentore a mettere in evidenza questo elemento.
Anche in questo caso, mi viene in mente un film, “The blind side”: Sandra Bullock, in qualità di madre adottiva, parla con l’allenatore di football dei problemi psicologici che affliggono il protagonista consentendo a lui di prepararlo adeguatamente e a noi di comprendere meglio il personaggio.

E voi, nelle vostre storie, inserite dei mentori ricorrenti? Che rapporto hanno con i vostri eroi? Vi vengono in mente altri esempi di mentori celebri? Io ho deciso di citare in prevalenza film perché l’ho ritenuto più utile ai fini dell’articolo. Ma ce ne sono moltissimi anche in letteratura, quindi passo la palla a voi!

Commenti

  1. Ammetto di avere una certa antipatia per quello che chiamo "il vecchio saggio barbuto" e pure lui, secondo, me deve avere una certa antipatia per il ruolo, visto che al 99% ci lascia le penne (onore al merito a Umbra de "La saga dell'assassino" di Robin Hobb, per essere sopravvissuto a 6 romanzi, ma, adesso che ci penso, non sono sicura che abbia la barba...). C'è da dire che a volte è una figura proprio necessaria, ma, se posso, ne faccio a meno. I miei personaggi sono persi nella storia e, quel che peggio, non c'è nessuno in giro che ne sappia più di loro...

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    1. A volte a me capita che personaggi svariati assumano momentaneamente il ruolo di mentore per risolvere determinate situazioni, oppure che i due protagonisti siano mentore l'uno per l'altro (e a volte anche ombra) ... insomma utilizzo questo ruolo in modo molto giocoso e versatile. Gli unici personaggi che forse ricoprono il ruolo in maniera esclusiva sono un ex professore/musicista amico del protagonista (però nella storia non compare spesso) ed un'amica new-age...

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  2. Io lo trovo decisamente antipatico. Povero mentore ^^ O forse sono troppo C.B.D. (Creatrice Bastarda Dentro), perché ai miei personaggi non facilito le cose in nessun modo. Piuttosto che ricorrere al mentore, faccio loro sbattere il grugno. Alla fine imparano da soli.

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    1. Io uso il mentore soprattutto per rompere le palle ai benpensanti. Mi piace creare figure sopra le righe che portino conoscenze al di sopra del senso comune :)

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  3. Mi sembra di aver capito che tu conosci Berserk, giusto?
    Che ne pensi di Gambino come mentore? Ahaha!
    Miura ha stravolto anche questo archetipo :)

    Moz-

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    1. Sai che non ce l'ho proprio presente? :)

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    2. E' il padre adottivo del protagonista: lo alleva, gli insegna i rudimenti di scherma e guerra... e lo vende a un commilitone per pochi spicci!!Oo

      Moz-

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    3. Si Moz, ma Miura ci mette anche Godor (nota per i non-fan) il fabbro che lo aiuterà durante un allenamento estenuante, gli darà rifugio dopo l'eclissi, gli fabbricherà ben 2 armature e due spade. Anche se la prima dura molto poco. Ma l'ammazzadraghi praticamente è il simbolo di Berserk!
      Più importante, lo sprona a ripensare ai suoi propositi di vendetta, sacrificandoli per concentrarsi nel proteggere qualcuno di prezioso. (Scusa la digressione Chiara :P)

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    4. Non ti scusare, a me piace che ci sia questo confronto, e che ci sia uno scambio fra i lettori. Ben venga. :)

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  4. Non mi ero mai soffermata a pensare a questa figura, ma la mia Manila, l'amica della protagonista di "Ragione e pentimento" in effetti è una mentore perfetta: motiva Francesca, dissemina informazioni, è saggia. Tutto insomma.

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    1. Gli archetipi sono talmente radicati nel nostro inconscio che li mettiamo spesso in scena senza nemmeno accorgercene :)

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  5. Il mentore è una figura necessaria, serve a dare una spintarella quando ci si ritrova difronte a un eroe riottoso verso l'avventura... ;)
    Ma il mentore può essere anche un protagonista? Nel nome della rosa Guglielmo da Baskerville non è sia il protagonista che il mentore (dell'apprendista)?

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    1. È proprio questo secondo me il bello degli archetipi : non sono ruoli fissi e monolitici ma estremamente versatile.
      Anche in uno degli esempi di cui parlavo nell'articolo, quello dell'allenatore che deve preparare la squadraccia, spesso c'è questa coincidenza di ruoli :)

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  6. Io adoro la figura del mentore! C'è n'è sempre uno nei miei romanzi, rigorosamente anticonvenzionale, un po' fuori dalla società e di una certa età. Spero solo di non diventare ripetitiva!
    Ti ringrazio di cuore per avermi citato e soprattutto per la fiducia che hai nel mio appoggio. Dì un po', mi vedi come Ciuchino? O assomiglio di più a Doc? :D

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    1. Tu sei come il personaggio interpretato da Sean connery in "scoprendo forrester" anche se sei più giovane ed esci do casa :)

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    2. Caspita, non ho mai visto quel film, devo assolutamente rimediare. A naso mi sembra una figura impegnativa, mamma mia che responsabilità!
      Chi l'ha detto comunque che esco di casa?!

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    3. Guarda il film (bellissimo!) poi capirai cosa intendevo. :)

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  7. In generale la figura del mentore mi piace molto. Certe volte è davvero una persona anziana, altre volte è un personaggio poco glamour, come un clochard o un bambino strano, oppure un'amica un po' sopra le righe. Se passo in rassegna le storie che ho scritto vedo che poche non contengono questa figura, nella versione normale o come semplice catalizzatore. Certo è una figura così abusata che bisogna prenderla con le molle.

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    1. Con gli archetipi il rischio di stereotipizzazione è altissimo, per questo non amo il vecchio saggio e mi appoggio all'idea che i personaggi possano avere aiuti sopra le righe :)

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  8. Grazie per la tua carrellata sui mentori da film, ho rivisto con piacere soprattutto la figura del professore folle (ma non troppo) di "Ritorno al futuro" e dello svitato della metropolitana in "Ghost"!

    A me il mentore piace, ma non dev'essere troppo saccente. Nel mio romanzo "Il Pittore degli Angeli" il maestro Tiziano ambisce a diventare il mentore di Lorenzo, ma è pessimo per tutta una serie di motivi. Nel romanzo della saga crociata in effetti Geoffroy de Saint-Omer potrebbe rivestire il ruolo di mentore nei confronti del più rozzo e scapestrato Hugues de Payns, ed in effetti lo è, ma è un mentore sui generis, che quasi non si rende conto di esserlo. Non è quello che monta in cattedra, è troppo ironico.

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    1. Concordo! Nemmeno a me piacciono quei personaggi che sanno tutto e te lo spiegano sempre. Mi piace creare figure vive che, proprio come il protagonista, hanno delle debolezza e crescono insieme a lui.

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  9. A me viene in mente Socrate di "La via del guerriero di pace". Un mentore sotto tutti i punti di vista.

    Bellissimo post.

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