Storytelling, fraintendimenti e censura


Van Gogh: una lama e si taglia l'orecchio,
io ti sento parlare e sto per fare lo stesso,
ho il rasoio tra le dita ma non ti ammazzo,
avrò pietà di te perchè... TU SEI PAZZO!!!
(Caparezza)

La riflessione che vi propongo in questo post è maturata mentre seguivo, sui social, una polemica contro il  rapper Emis Killa e la sua canzone “Tre messaggi in segreteria”. Non ho ancora avuto modo di ascoltarla, ma ho il testo qui davanti. La storia racconta in prima persona di un uomo che non accetta l’abbandono subito dalla fidanzata e, dopo numerosi tentativi di contatto, decide di ucciderla. Non si capisce se il personaggio metta in pratica il suo proposito omicida: il brano termina con lui, ubriaco, che guida verso casa della vittima. Magari si schianta prima, chissà. Però le associazioni femministe sono insorte e hanno accusato l’autore di istigazione al femminicidio e allo stalking.
Emis Killa si è difeso, sia attraverso i giornali sia rispondendo personalmente agli haters. Ha spiegato la vocazione narrativa dei suoi nuovi lavori e ribadito che la canzone incriminata vuole puntare il dito contro la violenza sulle donne, con il linguaggio crudo che meglio rispecchia il suo stile. Probabilmente a renderlo impopolare è stata la decisione di indossare i panni del carnefice, perché non è la prima volta che un artista in Italia affronta temi scomodi. Nel 1971, la canzone “Il gigante e la bambina” di Ron fu addirittura scelta per la pubblicità di un formaggino, anche se parlava di pedofilia. Il finale, inoltre, presentava l’omicidio come un atto di amore per non far subire alla creatura amata le conseguenze psicologiche di uno stupro.
Voi lo sapete, io sono sempre in prima linea quando si tratta di difendere le donne. Ricordate la discussione che era venuta fuori, quando avevo scritto che il fischio per strada dovrebbe essere considerato molestia sul piano penale? Ecco, appunto... Da scrittrice, tuttavia, riesco ad analizzare le parole del rapper milanese con un certo distacco e a separare l'autore dal narratore. So come funziona lo storytelling, che sia in musica o in prosa. Anche a me è capitato di assumere punti di vista scomodi: anni fa avevo scritto un racconto in prima persona con lo sguardo di una escort laureata, stufa di vedersi proporre stage gratuiti e contratti a progetto. Desideravo attaccare il sistema del precariato, non certo istigare alla prostituzione, ma se avessi usato toni più blandi nessuno mi avrebbe capito. Pertanto, se Emis Killa è in buona fede come dice, tutto questo polverone mi sembra esagerato. 

CATTIVE INTERPRETAZIONI E CENSURE MUSICALI
La storia, secondo me, è piena di messaggi musicali male interpretati. Caparezza, che ho citato in apertura e che adoro, grazie al cielo l'hanno lasciato in pace. Ma una decina di anni fa, quando esplose il caso delle Bestie di Satana, sotto la lente di ingrandimento dei media finirono i Metallica e i Black Sabbath. Marco Masini, negli anni 90, fu accusato di istigazione al suicidio; Mia Martini di essere una iettatrice. Il brano “Gli uomini sessuali”, presente nel film “Cado dalle nubi” di Checco Zalone, è stato tacciato di omofobia.  A me sembra, più che altro, che l’autore voglia interpretare la mentalità provinciale del personaggio e prendere in giro un’ Italia sgrammaticata, mediocre ma in buona fede, incapace di comprendere certe realtà perché vittima dei propri limiti psicologici e culturali. Ditemi se sbaglio: “gli uomini sessuali sono gente tali e quali come noi, noi normali. Sanno piangere, sanno ridere, sanno battere le mani proprio come a noi persone sani.  Gli uomini sessuali non c'avranno gli assorbenti, ma però c'hanno le ali , per volare via con la fantasia da questa loro atroce malattia…” Sinceramente, trovo più omofoba “Luca era gay” di Povia, che parla di un omosessuale “pentito”, poi sposatosi con una donna. 
Il terreno della censura non è meno irto. “4 marzo 1943” di Lucio Dalla, all’inizio si intitolava “Gesù Bambino”: titolo troppo blasfemo per essere presentato al Festival di Sanremo. Renato Carosone in “Tu vuoi fa l’americano” dovette sostituire la frase “ma i soldi pe’ Camel chi te li dà” con “ma i soldi pé campà chi te li dà”. Gianni Morandi fu oggetto di interrogazione parlamentare per il suo ragazzo che sparava ai Vietcong.  “Dio è morto” di Francesco Guccini fu oscurata dalla Rai, Fabrizio De Andrè fu spesso contestato, specialmente per “Bocca di Rosa”. In “Questo piccolo grande amore” di Claudio Baglioni le “cose proibite” furono trasformate dai discografici in “scarpe bagnate”; in “Com’è straordinaria la vita” di Dolcenera, presentata a Sanremo 2006, l’espressione “andare a fanculo” diventò “andare lontano”. Persino un video di Mina in versione Meg Ryan sulle note di “Ancora ancora ancora” è stato sfumato senza troppi complimenti.

CATTIVE INTERPRETAZIONI E CENSURE LETTERARIE
Le canzoni forse hanno una fruizione più immediata rispetto a un romanzo e un messaggio di maggior impatto. Esistono però anche molti opere letterarie messe al bando. “Il Dottor Zivago” venne rifiutato da molti editori perché ostile alla rivoluzione socialista: quando, nel 1956, Giangiacomo Feltrinelli riuscì a ottenere il manoscritto, il KGB ne spiò l’uscita e bloccò la sua pubblicazione all’estero. “Il Candido” di Voltaire divenne in breve tempo un caso editoriale, ma fu condannato dalla chiesa per la frase: “È un gesuita, è un gesuita, noi saremo vendicati; e faremo un buon pasto, mangiamo un gesuita, mangiamo un gesuita!”Farenheit 451”, pur essendo un libro contro la censura, fu consegnato agli studenti di un liceo americano con alcune pagine cancellate.  Il giovane Holden” fu bandito per scarso rispetto verso la religione, attacco alla morale e riferimenti sessuali espliciti. “1984” di George Orwell fu accusato di diffondere idee comuniste (anche i puffi, se è per questo). “Lolita” di Nabokov, sebbene in 450 pagine non contenesse nemmeno una parolaccia né una scena di sesso esplicitamente descritta, fu definito “pura pornografia” dagli editori inglesi. In “Huckleberry Finn” di Mark Twain, la parola “nigger”, pur facendo riferimento a un gergo molto usato in quegli anni, fu sostituita con “slave”, schiavo. Infine, in questo tritacarne, è finito anche “Harry Potter”. Si è parlato di satanismo, di sponsorizzazione della stregoneria ed elogio alla violenza. Il pensiero di Lord Voldemort relativo alla purezza del sangue è stato considerato di ispirazione hitleriana. Inoltre, la censura è stata estesa alla stessa identità della scrittrice: siccome gli editori credevano che una donna fosse poco credibile come autrice di Fantasy, hanno pubblicato i suoi romanzi con lo pseudonimo di J.K. Rowling, al fine di evitare eventuali discriminazioni.

IO E L’AUTOCENSURA: cos’è?!
Ogni volta che scrivo un articolo, specialmente se parla di astrologia o del Jolly, temo che qualcuno possa fraintendermi. Poi, però, me ne frego e lo pubblico ugualmente. Quando sono stata accusata di aver messo online un guest-post offensivo (“Essere scrittori o cercare di diventarlo” di Gaspare Burgio) ho spiegato le mie ragioni e chiesto scusa, ma non mi sono mai pentita di avergli dato spazio.  Lo rifarei altre diecimila volte perché, al di là dei modi poco pacati dell’autore, condivido pienamente il suo pensiero.
Stessa cosa accade con il romanzo in stesura: pur affrontando argomenti difficili, ho smesso di temere che il lettore possa attribuirmi la biografia e il pensiero dei miei personaggi. Sto attenta a delinearli in modo preciso e a mettere in scena tutti i parametri utili per far comprendere sia la loro storia sia il loro carattere, ma non posso lasciarmi fagocitare dalla paranoia, perché ciò significherebbe limitare le mie potenzialità creative. Una persona dotata di intelligenza e sensibilità riuscirà a comprendermi senza che io dica:  “sì, è vero, un mio personaggio ha fatto una rapina, ma io no, lo giuro!”
Allo stesso modo, anche se racconto di gente che spaccia, trascura i figli e tradisce il partner, non credo che le mie parole siano così potenti da condizionare le gesta di un lettore. Può capitare che sula mia pagina finisca un anarchico, e che questo mandi in crash Facebook dopo aver letto uno dei miei brani sul Jolly e sui nani. Può anche darsi che qualcuno con un paio di rotelle fuori posto esalti modi di fare che io condanno, per poi agire di conseguenza. Tuttavia, non sono certo io a mettergli in mano un’arma, così come Emis Killa non presta l’I-phone a uno stalker e la Rowling non finanzia i movimenti neonazisti. Raccontare una storia non significa difendere e giustificare ogni azione rappresentata. Ciascun individuo, sano o malato che sia, è autonomo: se chi scrive dovesse farsi fagocitare dalla paura di non essere compreso e dalle eventuali reazioni altrui, libri e canzoni non esisterebbero più.  E non esisterebbe nemmeno la libertà d’espressione.

IL RAPPORTO CON GLI EDITORI
È vero che oggi le case editrici tagliano, limano e censurano molto più che in passato, ma è anche vero che gli autori spesso prostituiscono la propria creatività per vendere 100 copie in più. Molti, invece di concentrarsi sulla storia che davvero desiderano raccontare o su un album affine al loro genere, rinunciano ad affrontare tematiche scomode, perché questo li renderebbe invisi ai guru della pubblicazione. Anziché diventare autori indie (troppo sbattimento per poca visibilità) tagliano le proprie corde vocali, o quelle della chitarra. Di conseguenza, sugli scaffali delle librerie troviamo centinaia di favolette tutte solecuoreamore e ogni tre per due, in radio, compare un belloccio lampadato uscito da un talent, con una nuova menata pop.
Ormai siamo nel territorio dell’assoluta omologazione. Nessun artista ha più il coraggio di osare. Ma io, che nella vita tante volte ho accettato compromessi per quieto vivere, vi dico che in letteratura non voglio mentire. So che il mio primo romanzo, ormai in via di definizione, offrirà una prospettiva spirituale che per molti sarà incomprensibile. So che la mia visione di alcune dinamiche familiari potrebbe essere contestata in sede di editing. So anche di andare contro alle tradizionali categorie di classificazione della realtà, ribaltando le classiche definizioni di “buono” e di cattivo”. Però sapete cosa vi dico? Non me ne frega niente. Il mio romanzo contiene un messaggio di fondo positivo e questo bilancerà la messa in scena di tutta la merda in cui la nostra società sta sprofondando. Piuttosto da sola, sul serio. Piuttosto da sola.

Per concludere, vi dico una cosa: cercate il film Nosso Lar. Parla della reincarnazione ed è stato “ricevuto” da un channeler. Poiché la chiesa (il minuscolo non è un errore) ne ha bloccato la distribuzione, online si trova solo in portoghese sottotitolato e per brevi periodi: ogni volta qualcuno si accorge della sua presenza, viene tolto dalla rete. Chissà: magari qualcuno di voi è così bravo da intercettarlo…

Il lancio della patata bollente.
Avete mai rinunciato ad affrontare tematiche scomode per paura della censura o dell’ostracismo sociale? Vi vengono in mente altri libri e canzoni fraintesi o censurati? 

Commenti

  1. La censura fa rima con tutte le epoche e non credo smetterà mai di esistere. Musica, giornalismo, informazione, letteratura... Forse il limite che si vuole mettere è solo apparenza, o forse c'è l'intenzione di salvare l'anima pura a discapito della volgarità con il rischio sempre presente di tarpare le ali all'arte. Per questo la censura andrebbe ridimensionata e vista con l'occhio super partes, che forse non esiste in quanto tutto è opinabile. Spesso e volentieri nella musica mi trovo a sentire testi controversi che i miei figli cantano felici ripetendo ogni genere di allusione a temi per lo più sconosciuti (sesso, droga e parolacce in genere)poi vengono da me e ne chiedono il significato. Non è sempre facile ma spesso li spinge a comprendere il senso di cosa ripetono e senza troppi problemi la fanno diventare il motivetto preferito. Certo non è il massimo, ma è specchio dei tempi. La censura come il proibizionismo renderebbe il tutto proibito, interessante, la sua mancanza dovrebbe inflazionarlo. In realtà nulla segue queste regole perché tutto è nei nostri occhi. La canzone specifica che citi non la conosco, ma evidentemente mette il dito in una piaga sociale davvero forte e se il messaggio che passa è pura violenza getta benzina sul fuoco, se deve essere analizzata e spiegata non si schiera troppo dalla giusta parte, dando man forte a chi la vuole censurare, forse doveva fare uno sforzo in più e far capire meglio il suo punto di vista.
    Nei libri credo sia leggermente diverso. Uno dei testi "forti" che ho letto è stato Hannibal, nonostante credessi il contrario non sono riuscita a smettere di leggere, la bravura dello scrittore ha quasi trasformato il cattivo in vittima e tutte le violenze narrate in strategie per incollare alle pagine il lettore, qui la censura avrebbe forse vietato la pubblicazione commettendo l'errore di conoscere un vero personaggio.
    No la letteratura non andrebbe come il resto censurata, sta all'opinione pubblica fare la propria scelta se seguire il messaggio intrinseco, pur con tutti i rischi collaterali.

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    1. I bambini di oggi rispetto a quelli della mia generazione hanno sicuramente maggiori possibilità di incappare in contenuti discutibili, però non pensare che ai miei tempi le cose fossero diverse. Non si parlava di canne e di alcool, forse, però erano stati sdoganati gli 883, che oggi sono dei cult ma allora risultavano quasi scandalosi. E io ero stata ripresa dalle suore perché cantavo le canzoni della Nannini, che ascoltavo in macchina con mia madre: i maschi, bello e impossibile, America. Nemmeno io ne capivo il significato, ma se lo chiedevo me lo spiegavano, come quello di tutte le altre parole. Le ripeti a pappagallo, forse, ma prima o poi fai una figura di emme, capisci cosa vogliono dire e smetti.

      Penso che non si debba nascondere la realtà ai bambini. Quando la sorellina del mio compagno mi ha domandato chi fossero i Gay, io gliel'ho spiegato senza problemi, come a me avevano spiegato (anche in quel caso erano parole sentire a scuola e delle quali avevo chiesto il significato a casa) cosa fosse un preservativo. Avevo 8 anni e ricordo ancora il mio commento: ma che schifo! :-D

      Sicuramente il testo della canzone che ho citato è pesante e per molti aspetti discutibile, anche se per farmi un'idea dovrei sentire che effetto fa ascoltarlo, con musica e voce. In generale il genere Rap non parla di cuore e amore, quindi la durezza fa parte del gioco. Inoltre non credo che la necessità di spiegare un testo implichi che esso non sia stato ben gestito. È capitato anche a me di doverlo fare, sia per il romanzo sia sul blog, perché spesso chi è dall'altra parte ha dei limiti interpretativi, e molto influisce anche il contesto di fruizione. Anch'io posso perdere il significato di un articolo, magari letto con lo smartphone, in pausa sigaretta. Credo che il 90% dei nostri tentativi di comunicazione non vadano a buon fine.

      In ogni caso, censura mai. Io sono assolutamente contraria. :)

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    2. certo che pensare agli 883 censurabili dà proprio l'idea di come i tempi cambino! e di come si cambi crescendo. Sul fatto che i tentativi di comunicazione non vadano a buon fine mi trovi del tutto d'accordo. Spesso sono più i fraintendimenti che altro per questo molti commenti dovrebbero arrivare solo dopo attenta lettura magari ripetuta, cosa pressoché impossibile visto il margine irrisorio di tempo che oggi giorno si ha.

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    3. Gli 883 ai tempi erano considerati scandalosi perché i loro testi straripavano di parolacce. Poi il buon Max ha preso una direzione più romantica, e tutto questo si è notevolmente attenuato.

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    4. Noi fummo ripresi dal diacono perchè in gita parrocchiale cantavamo "Iginio di notte fra le anime perse" (Iginio era il diacono :D )

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    5. Io ero ripresa dalle suore perché giocavo a calcio con i maschi...

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  2. Non sapevo nulla di queste censure, nonostante conosca tutti gli artisti nominati tranne il rapper che ha ispirato il post.

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    1. Per non dilungarmi, ho lasciato perdere i cartoni animati e i film, ma ci sarebbe molto da dire anche lì...

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  3. Ciao Chiara, complimenti per il post molto interessante e per il dibattito che suscita.
    Sostanzialmente sono d'accordo con me, però mi sento di fare un piccolo distinguo.
    Secondo me sono due cose diverse "le censure" orientate a questioni di pudore, di morale e religione rispetto a quelle che in qualche modo, seppur non volutamente, inneggiano alla violenza.
    Mi spiego: la censura non dovrebbe esistere mai, in nessuna forma e verso nessuna forma artistica. Tuttavia soprattutto da parte di certi personaggi di alto impatto mediatico, ci dovrebbe essere una maggior attenzione al linguaggio utilizzato. Se si parla di narrativa, essa ha un grande filtro che è proprio quello del libro. Il messaggio arriva lentamente e viene concesso al lettore il tempo di approfondire e di capire il perché di un certo modo di esprimersi. Inoltre, diciamolo senza voler apparire snob, il libro non è per tutti, chi lo affronta ha già subito una certa selezione.
    Ma la musica, soprattutto se di musica pop si parla, arriva a tutti senza filtro, al bambino come alla donna, come all'anziano. Passa per radio, in televisione, arriva tramite le app, via internet e non sempre chi si trova di fronte ad essa ha scelto di fruirne. Proprio per questo, in una società dove già il linguaggio si è estremizzato verso la violenza e la mancanza di rispetto dell'interlocutore, credo che ci voglia molta cautela nell'utilizzare certe forme espressive e una grossa assunzione di responsabilità di ciò che si fa e di come lo si fa.

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    1. Sono completamente d'accordo sul fatto che il libro ponga un filtro che spesso la musica non ha. Però questa canzone, secondo me, è tutt'altro che pop e in radio non passerà mai. I grandi media non vogliono casini, e se la trasmettessero ne avrebbero parecchi. Penso che sia stata pensata per un target ridotto, di duri e puri del rap, e che abbia ottenuto visibilità proprio a causa delle polemiche ricevute. Questo, secondo me, è il modo migliore per far venire fuori qualche malintenzionato...

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  4. Il problema sta nella difficoltà, da un lato, dell'italiano medio a distinguere l'autore dal narratore - due figure nettamente diverse - tanto che spesso io stesso mi sento chiedere chiarimenti da parte di chi mi conosce su cose che scrivo; dall'altro, nella malizia di certe istituzione nel prendere al volo un'opportunità come quella fornita da un testo che tratta tematiche forti, per farne un evento mediatico con lo scopo di pubblicizzare l'argomento, rilanciandolo all'attenzione del pubblico, o di promuovere la tale associazione, o il tale personaggio, eccetera. Se scrivo di un assassino non sono un assassino né sponsorizzo l'omicidio. Questo mi pare chiaro, tanto da non aver bisogno d'essere ogni volta ribadito.

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    1. Ma lo sai che ieri, mentre scrivevo il post, pensavo proprio a te? Quando parlavi di stupratori e di serial killer sul tuo blog, non ho mai pensato che tu potessi uscire dal mio armadio, di notte, con un coltello in mano... La capacità di capire, secondo me, dipende dall'intelligenza del fruitore.

      Mentre tu scrivevi il tuo commento, io stavo proprio modificando il post sulla base di una mia ispirazione notturna, ed evidenziando la separazione tra l'autore e il narratore. :-)

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    2. ... dall'intelligenza e dalla cultura. L'abitudine a leggere aiuta. :)

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    3. Anche dalla sensibilità, secondo me. E dalla capacità di andare in profondità.

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  5. Tu dimenichi che qui siamo a Vatikalia. Se anche gli ex marxisti biascicano giaculatorie, vuol dire che per tutti costoro conta più tenere il culo al sicuro che dire ciò che pensano. Ma forse mi illudo io che questi shiavi pensino alcunché.
    Sui testi dissacranti e sconsacrati da scrittore ti dico che si possa e si debba scrivere in chiaro ciò che i pensa veramente, fregandocene dell'impatto sui moralisti nostrani. Anche io ho scritto racconti in cui mi ponevo nei panni di un brutale assassino. Non istigavo certo ad "uccidere gli altri come faresti con te stesso", ma sono stato criticato proprio per questo. E chi se ne frega. Ricordo di averli sbeffeggiati e mandati afc.

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    1. Aspetta che esca il mio racconto dell'avvento sul blog di Silvia Algerino: attendo a braccia aperte che qualcuno mi dia dell'anticlericale 😊

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  6. No. Si, da sempre. (ho risposto al lancio...)
    Non ho sentito la canzone incriminata, ma io sono talmente indietro che ancora non ho sentito quella del tizio che deve andare a comandare non so chi...in questo periodo mi sto godendo la discografia completa dei Seether ;)
    Sono d'accordo con Silvia nel dire che c'è differenza tra un "media" e l'altro: un libro viene filtrato all'acquisto e comunque assimilato in un arco di tempo congruo per le riflessioni del caso; alla televisione ci sono le fasce d'orario protette e i bollini per la visione controllata con il tramite di un adulto; al cinema ti possono richiedere la carta d'identità e comunque il prezzo è un bel distinguo per un ragazzino. Ma le canzoni? Nessun filtro, zero assoluto. E sono istantanee. Magari hanno un motivetto accattivante per cui ti rimangono in testa e ti fissi le parole senza nemmeno pensare al significato.
    Però...la pubblicità chi la filtra?
    Dà fastidio il messaggio di un cantante che vuol porre l'accento su quel tema e non dà fastidio l'ennesimo spot pubblicitario di belle macchine e donne scosciate che lasciano pensare solo ad un possibile loro utilizzo? Mai una volta che sia lei a guidare e lui il toyboy per una notte? Com'è che a preparare la merenda al bambino con la marmellata più buona c'è sempre la mamma casalinga e mai il papà? Persino la famiglia felice del Mulino mi hanno sdoganato, mettendo lì un Banderas che ammicca alle divorziate con prole!
    Ah, Rosita mia!
    Si guardan le pagliuzze per distogliere lo sguardo dai travi che cadono.
    Sulla censura: credo di aver imparato molto quale fan di Michael Jackson. Di lui si è detto di tutto, accusato di tutto, e anche peggio, quando non c'erano i social con comunicazione diretta dall'oltreoceano. "Ma non ti vergogni a sentire quel cantante culattone sbiancato? Se la fa coi bambini!" Han sollevato polveroni enormi, con Al Bano in testa. Poi però quando sono arrivate le complete e piene assoluzioni, civili e penali, senza uno straccio alcuno di prova, anzi con l'ammissione pure che le accuse erano infondate, silenzio. Assoluto silenzio. La caccia alle streghe non è mai terminata, ha solo cambiato forma.

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    1. D'accordissimo! Secondo me esiste una bella differenza tra i beceri commenti di un pugile e un calciatore nella casa del "grande fratello vip" e il tentativo di un cantante di far luce su una realtà crudele ma esistente. Tuttavia la polemica contro Clemente Russo e Bettarini si è spenta molto più in fretta. Inoltre non credo serva indignarsi contro un rapper se la società tutta non è in grado di muoversi verso un maggior rispetto per le donne. La discriminazione è ovunque, specialmente in ambito lavorativo. E la galanteria si è persa: nel 99% dei casi se un uomo ti apre la porta è solo per guardarti il culo.

      Di canzoni diventate celebri senza che gli ascoltatori ne capissero il significato ce ne sono centinaia. Basti pensare a "destinazione paradiso" di Grignani e "pazzo di lei" di Antonacci: non sono canzoni d'amore, una parla di suicidio e l'altra della droga. E anche "perfect day" di Lou Reed, che i ciellini cantano ai raduni tenendosi per mano, altro non è che un inno all'eroina :-D

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  7. Ho un'idea mia su cosa sia immorale: la falsità. Propugnare un'idea saccarina dell'esistenza, stigmatizzare chi ha il coraggio di esplorare i suoi lati pericolosi, e sostenere che i cattivi, i malati, gli scorretti siano sempre gli altri. Certe cose non dovrebbero esistere. Fatto sta che esistono, e che quindi è sano parlarne. L'arte non dovrebbe servire a negare la vita.

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    1. Concordo con te Celeste. Con l'arte si ha la possibilità di testare ed esplorare tutto ciò che ci compone "senza metterlo in pratica", ma semplicemente scrivendo. Anche i lati peggiori quindi. E sicuramente aiuta a scoprire cose di noi che magari non sospettavamo.

      CervelloBacato

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    2. Sono assolutamente d'accordo anche io. Penso che l'onestà sia uno dei valori fondamentali del mio essere artista. Non potrei mai offrire una versione edulcorata della realtà per placare gli animi di eventuali detrattori.

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  8. Come te anch'io inizialmente temevo di essere frainteso. Poi ho capito che è un errore scrivere cercando di capire cosa vuole il pubblico. O cosa comprenderà da quella storia. Sarò un po' estremo ma sono dell'idea che si possa scrivere anche un romanzo con protagonista un uomo che uccide le donne per divertimento, e che non ci sia nulla di male in questo. Altrimenti significherebbe di dover scrivere solo su ciò che è ritenuto moralmente accettabile. Significherebbe non essere liberi.
    Fossi stato nel rapper avrei risposto "E' una storia. Non c'è un messaggio dietro se non quello che volete trarre voi."

    CervelloBacato

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    1. Tu sei fin troppo buono. Io avrei usato parole ancora più dure di quelle della canzone. Per il resto, quoto in pieno. :-)

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    2. Mi hai fatto tornare in mente una discussione simile avvenuta un po' di tempo fa sul mio blog. Prendevo spunto dal film Lui è tornato. Qualcuno diceva che di certe cose non si dovrebbe proprio parlare, che il "male" non si ridicolizza ecc ecc. Ti lascio qui un paio di link. Credo che a leggere alcuni commenti potresti trovare roba interessante ;)
      https://cervellobacato.blogspot.it/2016/05/lui-e-tornato.html
      https://cervellobacato.blogspot.it/2016/05/certe-cose-non-si-possono-ne-dovrebbero.html

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    3. Grazie! Appena posso leggo volentieri. Il film è quello che parla della rinascita di Hitler ai giorni nostri? O forse mi sto confondendo...

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  9. Ciao Chiara, sono nuova del blog. :)
    Questo post è davvero interessante e, ti dirò, capita a fagiolo con un racconto lungo (non credo ne uscirà fuori un romanzo) di cui mi sto occupando ultimamente: mi sono tormentata parecchio prima di iniziare a scriverlo. Mi son detta: "Qui rischio di sembrare una che fomenta la dittatura", anche se ovviamente il senso del racconto non è affatto questo.
    Però alla fine l'ho iniziato e ho intenzione di terminarlo: se farò il mio dovere scrivendo con precisione, delineando gli aspetti importanti e lasciando margine minimo al dubbio ragionevole, allora potrò considerarmi con la coscienza pulita. Poi, chi vuol intendere intenda, penso stia anche alla sensibilità di chi legge (e, diciamocelo, alle sue capacità cognitive, ché gli analfabeti funzionali sono sempre dietro l'angolo :p).

    Il discorso sulla censura è particolare: credo, in linea di massima, che la censura sia giustificabile solo quando c'è davvero un'istigazione all'odio e alla violenza in maniera palese (se scrivo un post su facebook in cui dico di voler bruciar vivi tutti gli immigrati, direi che è incitazione all'odio, ecco.) Quando invece si sta raccontando una storia, in un libro o in una canzone, il discorso cambia. La realtà è fatta anche di cose orribili e vanno raccontate anche quelle.
    Però ci vuole intelligenza sia per poterle raccontare che per poterle leggere/ascoltare. E l'intelligenza non è una qualità scontata.

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    1. Ciao Eleonora, benvenuta! :-)

      Sono molto contenta che questo post ti sia piaciuto, e comprendo le problematiche che tu affronti nei tuoi scritti. Io stessa, molto spesso, mi trovo davanti a dubbi simili ma, se so che c'è il rischio di un fraintendimento, curo il testo in modo quasi maniacale, per fugare ogni dubbio. Ci sarà sempre qualcuno che non capirà, ma almeno ho la coscienza a posto e so di aver fatto tutto il possibile per limitare al minimo ogni incomprensione.

      Sono d'accordo anche con l'idea di censurare i messaggi che esplicitamente incitano all'odio. Su Facebook, nostro malgrado, se ne trovano moltissimi, spesso inconsapevoli. Io stessa mi trovo quasi quotidianamente a segnalarli, e non sempre i gestori del sito rispondono con la rimozione: spesso viene fuori che non violano i parametri del social, e resto allibita.

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  10. Io da una vita ascolto metal. Si tratta un genere nei cui testi si può trovare violenza, squartamenti, depressione, esaltazione della morte e tutto quanto ci possa essere di negativo (e a volte ci sono testi che repellono persino me, come quelli dei gruppi nazi). Ogni tanto ci provano a censurarlo, ma di solito non ci riescono, anche perché i fan del genere di solito non sopportano il "buonismo". Ricordo per esempio che hanno più volte cercato di censurare una canzone intitolata "Piovono Bestemmie" (con bestemmie, ovviamente) di un gruppo chiamato Koza Noztra (ovviamente politicamente scorretto in tutti i suoi testi). Non ci sono riusciti: il gruppo continua a proporla regolarmente ai suoi concerti :D .

    Comunque sia, i temi negativi sono propri solo dei generi più aggressivi del metal. Le branche più melodiche invece hanno temi più vari, spesso profondi e intelligenti, e a volte riprendono anche alcune opere di letteratura. Quando ero giovane e cominciavo ad ascoltare questo genere, mi affascinavano anche queste ispirazioni: posso dire quasi che ho cominciato a leggere seriamente spinto dalla mia passione per il metal. E visto che la scrittura deriva dalla lettura, posso dire che anche ciò che scrivo, andando a ritroso del tempo, ha un'origine musicale.

    Credo che sia per questo che nei miei racconti più maturi mi faccio davvero pochi scrupoli. Parlo di droga, prostituzione, omicidi e altre cose poco simpatiche, e lo faccio senza farmi tanti problemi. Forse un tempo tendevo un po' ad autocensurarmi un po' di più, ma credo fosse più per immaturità che per paura di trattare certi temi. Adesso invece vado dritto senza pensare di poter essere frainteso - anche se magari potrebbe succedere. Del resto, la morale che esce fuori dai miei racconti spesso è abbastanza chiara, quindi uno può interpretarli male solo se è in malafede :) .

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    1. La deriva melodica del metal potrebbe dipendere anche dall'esigenza del gruppo di rendere i propri brani accessibili anche a un pubblico mainstream. Dubito che una qualunque radio nazionale mandi in onda un brano che parla di uno squartamento. Cosa ne pensi? :-)

      L'ultima parte del tuo commento, coglie un aspetto molto importante della scrittura. Affrontare temi scomodi si può, ma occorre anche saperlo fare. Io stessa quand'ero alle prime armi avevo parlato di un'aggressione da parte di uno stalker: il brano era una schifezza assurda, manierista e barocco all'inverosimile, perché io non avevo la freddezza per affrontare un argomento del genere. In questi casi si sfora nell'ambito delle competenze individuali. Ogni autore dovrebbe essere in grado di comprendere fin dove si possa spingere.

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    2. In realtà non sono singoli gruppi che derivano verso il melodico - o meglio, anche, ma non solo. Ci sono semplicemente branche più estreme e altre più melodiche. Comunque in Italia nemmeno i gruppi più melodici passano per radio, quindi avrebbe poco senso rimanere nel metal, anche se melodico, se si vuole espandere il proprio pubblico. Situazione differente invece per alcuni paesi esteri, specie nel Nord Europa, dove per radio passano gruppi melodici ma anche gruppi estremi, e in generale l'amore per il genere è molto più sviluppato che da noi.

      Direi quindi che chi suona metal melodico non lo fa certo per avere un maggior successo - anche perché a livello globale il pubblico del metal melodico e quello del metal estremo sono più o meno grandi uguale. Piuttosto, lo fa perché è convinto di farlo. E se qualcuno affronta un genere solo per il successo, di solito non gli va bene: chi ascolta metal da almeno un po' si accorge se un gruppo ha davvero passione o se invece vuole solo far soldi.

      Tutto sommato, penso che il metal melodico sia semplicemente una versione tra le tante possibili del metal. Di sicuro, facendo il paragone con la letteratura, non è l'equivalente dei romanzetti rosa tutti uguali che si vedono all'entrata della libreria - quello semmai è certo pop senz'anima che si sente in radio. Al contrario, credo sia paragonabile a certi romanzi d'intrattenimento, accessibili e di facile lettura, ma comunque con qualcosa da dire, certo non scritti con lo stampino. Almeno, io la penso così :) .

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    3. Sì, ho presente. Conosco diversi brani di metal melodico (immagino che canzoni come "Nothing else matters" o "The unforgiven" rientrino nella categoria, mentre non ne conosco di metal estremo. Siccome io sono piuttosto ignorante su questo genere ho dunque pensato che fosse generalmente più commerciale. Tutto qui. :)

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    4. Le canzoni che citi sono entrambe dal "Black Album" dei Metallica, che è in effetti un tentativo della band americana di commercializzarsi dopo un passato con sonorità più dure. Questo lo rende molto poco apprezzato da parte di molti fan, che accusano i Metallica di tradimento proprio per quell'album - anche se è un disco notevole, se ascoltato i paraocchi dovuti a questi pregiudizi.

      In ogni caso, quella dei Metallica è solo una forma particolare di metal melodico. Ne esistono di tanti tipi, da quelli anche più commerciali di quei pezzi a generi che per quanto melodici sono molto difficili da ascoltare (per esempio il progressive metal di gruppi come i Dream Theater). Ma è meglio che mi fermi qui, se no potrei andare avanti per ore a parlare di queste cose :D .

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    5. (Scusa, mi è saltato un "senza": se ascoltato senza i paraocchi... :D )

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    6. Parlane pure se vuoi, mi interessa molto. Sai che io apprezzo la prolissita'. :)

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  11. Premesso che non ho letto il brano e sono contraria alla censura, quando si presentano punti di vista scomodi è sottile la linea tra narrazione e celebrazione. Cosa vogliamo davvero fare? Raccontare il male facendo vedere il mondo con i suoi occhi? Bene, ma siamo sicuri di saperlo fare?
    Hai citato De André, che mi sembra un esempio interessante. In molte canzoni si pone dal punto di vista di quelli che sono considerati "sbagliati", mostrandone l'umanità, perfino le ragioni. Quando però è uscito "Storia di un impiegato", che racconta di un attentatore, lui stesso si è reso conto di essere finito su un terreno scivoloso e non ha mai avuto un rapporto sereno con quell'album. Dal mio punto di vista "storia di un impiegato" è un esempio riuscito, perché viviamo il legittimo disagio del protagonista, ma capiamo anche dove subentra la follia omicida, dove deve fermarsi la nostra empatia (per tornare, se mai, nel finale e la ritrovata lucidità della galera), ma De André è molto bravo e lui stesso poi ha messo in discussione quei brani, proprio per l'ambiguità morale che poteva derivarne, sopratutto se decontestualizzati.
    Insomma chi lavora con le parole lavora con i messaggi, è troppo facile lavarsene le mani e dire che il significato lo devono trovare i lettori. Noi ce lo mettiamo. Ritengo che ognuno debba e possa scrivere quello che vuole, ma poi se ne debba assumere le responsabilità. Non ho sentito la canzone, ma se ne esce un'esaltazione del femminicidio o può essere interpretata in quel modo non può l'autore lamentarsi per le critiche, può argomentare, spiegare la sua decisione e difenderla, ma, insomma, se hai scritto una cosa che poteva dar fastidio, sapendo di farlo lamentarsi poi perché ti criticano mi sembra assurdo. I vari cantanti che hai citato hanno accettato la censura argomentando. Qualcuno ha cambiato dei pezzi, altri no e, per esempio, Dio è morto è stata una canzone di successo anche senza passare in rai. Non credo che Guccini non se l'aspettasse, anzi, come dice da qualche parte, la sua sorpresa fu non essere censurato da Radio Vaticana.
    Dobbiamo essere consapevoli di quello che facciamo, delle conseguenze che può portare, del pubblico a cui ci rivolgiamo e dei mezzi con cui vogliamo essere promossi. Fai una canzone dal punto di vista di un femminicida? Liberissimo. Però non andrai in tv in fascia protetta (spero). Devi saperlo. Il tuo personaggio può essere scambiato per un eroe? Lo volevi? Se no, fatti delle domande sulla tua scrittura, se sì fatti delle domande sui possibili effetti. Ma non autoassolverti mai dicendo "la malizia sta nell'occhio di chi guarda", quello è da vigliacchi.
    Spero di essermi spiegata...

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    1. Sono assolutamente d'accordo con ciò che scrivi sulla mancata assunzione di responsabilità nei confronti dei propri testi. Però, per onestà intellettuale, mi sento di dire che nel caso di Emis Killa non è andata proprio così.
      Come sai non mi piace parlare a vanvera e, prima di affrontare l'argomento (che comunque mi è servito solo come spunto per parlare d'altro) ho cercato di documentarmi il più possibile, sia su Facebook e Twitter, sia sui siti che ne hanno parlato, con interviste al rapper o articoli di vario genere.
      Non mi è parso che ci fosse del giustificazionismo gratuito, però l'autore ha a lungo argomentato la propria scelta chiamando in causa lo storytelling. Era consapevole che il brano, così come altri dello stesso album, affrontano tematiche dure e saranno esclusi dalle radio, ma pare che abbia sacrificato un po' di ascoltatori per evitare una deriva pop che non gli è congeniale e mantenersi al 100% nel territorio del rap. Mi è sembrato inoltre assolutamente consapevole dei rischi cui andava incontro, tant'è che aveva messo le mani avanti prima ancora dell'uscita dell'album.

      Per quel che riguarda la canzone, quando l'ho letta ho pensato che se fosse stata inserita all'interno di un romanzo thriller probabilmente sarebbe passata inosservata. è molto dura, ma non più di altre pagine che noi, appassionati del genere, leggiamo quotidianamente. Lo scopo credo sia stato centrato in pieno, visto che mi ha fatto provare uno schifo viscerale per gli stalker, pur senza convincermi che il cantante sia uno di loro. :-D

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    2. Allora ottimo. Io ho fatto un discorso generale, perché a volte esce fuori un po' troppo spesso il "sono stato frainteso"

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    3. Questo accade anche nella vita quotidiana e non solo con la scrittura: "tu non hai capito non volevo dire questo..." :-D

      Nell'introduzione al post sono stata volutamente sintetica quindi mi è sembrato giusto precisare.

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  12. Di canzoni fraintese mi viene in mente "Born in the USA" che Ronald Reagan cercò di usare come inno, e Springsteen spiegò che lui stava agli antipodi. Lì però c'era l'arrangiamento: in origine era nata come canzone voce-chitarra-armonica e basta, e non avrebbe scatenato il successo che invece è arrivato quando è stata suonata da tutta la band. La musica "ha schiacciato" il testo, e ancora adesso non si vede il suo valore ma la si considera solo una canzone che inneggia agli USA.

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    1. Non conoscevo questa storia. Anch'io pensavo che "Born in the USA" fosse una canzone fortemente patriottica. Grazie mille per l'illuminazione. :-)

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  13. Molto noti i casi di censura all'Ed Sullivan Show, un programma nusicale andato in onda per decenni alla tv in America. Il fresco reticente premio Nobel Bob Dylan si rifiutò di cambiare un vero di una canzone e se ne andò dagli studi, Jim Morrison, dopo aver ricevuto consigli su come modificare alcune parole di Light my fire, non lo fece e si inimicò il conduttore, mentre i Rolling Stones autocensurarono la loro Let's spend the night together, privandola degli ammiccamenti sessuali.

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    1. Non conosco questa trasmissione e ti ringrazio molto per averne parlato. Sono felice che questo post sia servito anche per conoscere cose nuove. :-)

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  14. Siccome sono d'accordo con te ho poco da aggiungere. L'unica cosa, non sono così convinto che gli editori si autocensurino più che in passato. E' vero che siamo invasi dal politically correct, ma troverai sempre un editore che, pur di far parlare di se, fomenterà la polemica pubblicando temi "scomodi". E in ogni caso oggi si è più aperti su molte tematiche di cui cinquant'anni fa non si poteva parlare. L'ultimo romanzo che ho letto della Yaschimoto tratta in un centinaio di pagine temi come suicidio, incesto e omosessualità, per dire.

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    1. Quest'estate ho letto: "I ragazzi del massacro" di Scerbanenco, pubblicato alla fine degli anni 60. Sono convinta che al giorno d'oggi molte scene e molti termini subirebbero una censura paraculo. Però è solo un'idea mia, :-)

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    2. Non saprei, è vero che oggi si sta istaurando una sorta di perbenismo facebookiano dove non si può mostrare un capezzolo ma si può tranquillamente inneggiare al terzo reich (credo che però sia qualcosa che derivi più dal puritanesimo americano, che noi adottiamo come qualsiasi cosa americana). Ricordo comunque che quando lessi fango di Ammaniti (che è un po' più recente) rimasi abbastanza shockato dalla scena dello stupro.

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    3. Sono una lettrice accanita del buon Niccolò, quindi ho presente. Perché, la scena di sesso anale in "Ti prendo e ti porto via"? L'autore lì è stato molto bravo a renderla comica, con il playboy che prende l'iniziativa e la prof che lo stende, non mi ricordo se con un calcio o una gomitata, facendolo cadere per la cascata. Diversamente, sarebbero insorti i perbenisti, sicuro!

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  15. Molto interessante questo post, soprattutto per gli svariati esempi che hai fatto. La censura fatta nel nome del perbenismo è figlia di un certo tipo di mentalità ristretta che possiamo solo augurarci vada scemando con il passare del tempo. Molte cose censurate secoli fa oggi non lo sono più, e questo fa ben sperare. Purtroppo sarà un processo lungo. C'è poi l'altra faccia della medaglia, come ha rilevato qualcuno. E cioè che siamo responsabili di quello che scriviamo, di ciò che ispiriamo più o meno consapevolmente. Si potrebbe dire che se le persone sapessero pensare con la propria testa non ci sarebbe bisogno di censura, ma i fatti dimostrano che la gente si fa influenzare con facilità e non sempre sa valutare le cose con obiettività.

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    1. Questo è vero, ma un conto è eliminare qualche parolaccia da un testo (come farò io nel mio incipit) un conto è rinunciare ad affrontare dei temi per paura di non essere compresi. Tu stessa hai avuto del coraggio. BNB, che io ho compreso bene perché vicino ai miei interessi e alla mia sensibilità, potrebbe non essere accettato, per esempio, da qualche cattolico duro e puro. E se l'avessi pubblicato con i canali tradizionali probabilmente sarebbe finito nel "fantasy", pur con la consapevolezza che le copie esistono davvero, e ci sono stati diversi avvistamenti in passato. :)

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    2. E' così purtroppo, ci sono argomenti che vengono considerati normalmente tabù. Infatti una cosa del genere è capitata con il primo romanzo, forse ne accennerò in un prossimo post.
      Nosso lar mi incuriosisce parecchio, ho visto che è tratto da un libro ma temo che non sia stato tradotto in italiano.

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    3. Non esiste la traduzione né del libro né del film, anche se quest'ultima è stata fatta da qualche hacker, credo. Se riesci a trovarlo te lo consiglio. :)

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  16. Hai scritto davvero un bellissimo post Chiara, concordo con molte tue osservazioni, a ciò aggiungo che spesso censurano delle cose collegate al sesso poi però passano film anche in fascia protetta pieni di violenza, non mi viene in mente un esempio concreto ma nel caso ripasso. Personalmente quando scrivo non penso alla censura, tuttavia mentre leggevo il tuo post ho pensato al romanzo giallo che sto scrivendo in cui ci sono scene piuttosto crude, inevitabili però, del resto parlare di un argomento e renderlo veritiero porta a scrivere scene e usare un linguaggio per forza 'scomodi'

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  17. "Nosso lar" è un film speciale, che tutti dovrebbero vedere, anche se forse fuori dal contesto può sembrare strano. Che tu lo abbia nominato dimostra una volta in più che ti metti in gioco personalmente, senza cercare facili consensi. Stima e rispetto! :)
    E' curioso questo fatto: gli artisti dovrebbero davvero esprimere soltanto idee "giuste" e non travisabili? E' come dire che uno chef mago dei dolci può essere accusato di favorire il diabete. Semmai io ho il problema contrario: non sono affatto un'estremista, come sai, e fatico a rendere estremi i miei personaggi. Tutto sommato osare un po' alla Emis Killa (e tutti gli altri) mi farebbe bene. Grazie del bel post. :)

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    1. Nosso Lar ha avuto un effetto incredibile su di me quando l'ho guardato. Magari ne parleremo in privato, se ti va. Penso che poche persone siano davvero in grado di comprenderlo e di accettarne il significato perché propone una visione della realtà ultraterrena che va davvero contro il senso comune.

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    2. P.S. grazie per la manifestazione di stima. Non è stato facile imparare a essere me stessa senza timori. Ora che ho sbloccato la mia timidezza non mi ferma più nessuno, anche se si tratta di esprimere visioni scomode.

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  18. La censura per me è necessaria e la libertà di espressione va gestita. Se un artista famoso è solito bestemmiare, troverei di pessimo gusto ritrovare la sua abitudine in una canzone sapendo l'incidenza che avrebbe su un pubblico di giovani, facili allo spirito di emulazione. Questo per fare un esempio. Nonostante ciò ammetto che il rap nasce proprio come canto di contestazione e denuncia sociale e che il degrado o la violenza siano stati ben rappresentati da molti rapper famosi, dagli italiani Mondomarcio (che,tra l'altro, a me piacciono, e che ti consiglio di ascoltare perché potrebbero esserti utili come fonte di ispirazione per i tuoi personaggi) all'americano Eminem (e ascolto volentieri anche lui, tanto i testi non li capisco :P).
    Forse mi contraddico, ma penso che in fondo se uno scrittore può raccontare la violenza anche con ironia (avete citato Ammaniti e la scena dello stupro di cui parla Grilloz ha scioccato anche me, a essere sincera), può farlo anche un cantante che "fa parlare" un assassino (come nella canzone di Emis Killa). Ma ecco cosa sarebbe per me la censura: ho letto il testo del rapper contestato e anch'io come te ho trovato solo il racconto cantato di un potenziale killer. Non c'è definizione della condotta criminosa, non è la canzone che inneggia all'appagamento scaturito dall'avere ucciso una ex fidanzata. Quello, per me, sarebbe da censurare: il dire "sono felice di averti strozzato perché solo così mi sento rinato" (ho improvvisato una strofa rapper). Non so se si capisce la differenza.

    Mi vengono in mente i Doors citati da qualcuno nei commenti. Nella canzone "the end", psichedelica, il buon Jim Morrison inserisce delle strofe catastrofiche, l'ho presa e adesso ricopio qua parte di quel testo:

    Andò dentro la stanza
    Dove viveva sua sorella
    Poi fece visita a suo fratello,
    E poi venne giù per il corridoio.

    E arrivò ad una porta,
    E guardò verso l’interno,
    “Padre?”
    “Sì, figlio mio?”
    “Voglio ucciderti.”
    “Madre, voglio…”

    La continuazione era "want to fuck you" e lui, durante i concerti, saltava la frase per non incorrere in guai giudiziari (ne era avvezzo).

    Secondo te era giusto censurare la canzone?

    Un ultimo esempio, stavolta pesco nel contemporaneo: i Maroon five hanno fatto due canzoni: la prima "this summer gonna hurt like a motherfucker" è stata contestata anche per il video che mostrava il cantante in posa adamitica all'uscita da una doccia; la seconda "Animals" parla proprio di uno stalking ma ha solo avuto un gran successo come le altre del gruppo.

    Okay, basta. Te lo dicevo che avevo delle cose da dire ma con la febbre alta non me la sentivo di scriverle.
    Si vede che mi sono ripresa? :D

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    1. Conosco Mondo Marcio perché è stato uno dei primi rapper milanesi, diventato famoso proprio negli anni in cui facevo volontariato in "quel" quartiere. Lui ai tempi era poco più che un adolescente e rappresentava molto bene quella realtà, però è da tanti anni che non ne sento parlare. Chissà che fine ha fatto...

      Apprezzo anche Marracash, oltre al già citato Emis Killa, e ho una venerazione per Caparezza, che pure sconfina un po' dal Rap tradizionale. Tra gli stranieri, mi piacciono Eminem e Tupac. Non sopporto invece Fabri Fibra, perché lì realmente si tratta di volgarità gratuita. Il fratello, Nesli, invece scrive dei testi bellissimi. In generale ascolto tutti i generi, tranne il tunz tunz da discoteca. Sull'ipod avrò 5000 canzoni...

      Le bestemmie possono urtare chi crede ma per altri sono una parolaccia come un'altra. Ne ho trovata una in un romanzo di Stefano Benni, Saltatempo, anche se era scritta tutta attaccata. In quel contesto letterario non mi ha infastidito. In altri frangenti invece sì.

      Al festival di Sanremo tutte le parolacce vengono censurate. Oltre al caso di Dolcnera citato nel post, mi viene in mente "La paranza" di Daniele Silvestri: "mi sono innamorato di una stronza", con un ronzio al posto della parolaccia. Del resto al Festival vincono spesso brani mainstream. Uniche eccezioni, forse, la ricercatezza degli Avion Travel nel 2000 e la Schizofrenia di Cristicchi nel 2007: quella fu l'unica volta in cui vinse un tema scomodo.

      Comunque noi siamo il paese che ha censurato la pubblicità delle patatine, con Rocco Siffredi in accappatoio, in realtà molto ironica e divertente. Detto questo, detto tutto. ;)

      P.S. sono contenta che tu ti sia ripresa. Poi ci aggiorniamo. :)

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  19. Forse il maggiore caso letterario in questo senso è quello de I Versetti Satanici di Salman Rushdie.
    Non sento il problema della censura o autocensura, non scrivendo di "temi scomodi". Piuttosto si potrebbe fare un discorso affine nel blogging, tra temi "popolari" e temi "nicchia". Uno può usare i primi e avere un grosso seguito o decidere di trattare i secondi sapendo però di avere uno scarso seguito, che è quello che poi ho fatto io. Anche se in effetti il discorso è più complesso e dipende da tutta quella rete di relazioni sociali che si crea, composta anche da scambi/ricambi.

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    1. Anche io sul blog ho sempre seguito la seconda strada. Come ho scritto anche nel post della volta scorsa, sarebbe stato comodo per me scegliere argomenti di facile fruizione, ma il mio blog sarebbe stata una fotocopia di tante altre pagine virtuali. Ho quindi deciso di seguire una strada più autonoma, cercando di offrire una chiave di lettura nuova anche con gli argomenti più nazionalpopolari. Tuttavia questo non mi ha penalizzato sotto il profilo dei contatti. All'inizio ero molto più attiva nella blogosfera, ma non ho perso lettori, per fortuna, quando per cause di forza maggiore sono stata costretta a frequentare meno le pagine altrui. :)

      P.s. ho ricominciato a studiare e leggere i tarocchi. Quando vuoi scriviamo un bel post a 4 mani.

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    2. Non sono del tutto convinto. Io direi che la tematica prima del tuo blog è estremamente popolare: il mondo della scrittura. Inutile che ci giriamo in tondo, vinci un po' facile. Piuttosto è vero che la inframezzi con tematiche più di nicchia (l'astrologia) e con temi più sociali (i nani e il jolly) e allora così fai un discorso più interessante e personale.
      Sul non perdere lettori, magari sei fortunata che non tutti i tuoi follower sentano il bisogno di un contraccambio.

      Sullo scrivere il post: mi piace sempre scrivere e collaborare, però mi dispiace che i post poi vengano disertati e qui da te è stato così, per cui mi chiedo se lo sforzo e il tempo che ci dedicheremmo ne valgano la pena. Purtroppo sono un pessimo compagno di regata. :)

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    3. Il tema della scrittura sarà anche popolare, ma cerco di affrontarlo in modo diverso dal solito e dare a tutti i post un imprinting personale.

      Per il guest-post, è fisiologico che ottengano meno visibilità dei miei, succede sempre, perché la gente qui cerca la mia voce. Il primo, poi, è stato vittima di un mio errore di valutazione perché l'ho pubblicato al lunedì dopo molto tempo. Però sono sicura che si possa trovare un modo per fargli aver successo. Occorre studiarlo bene. :)

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