Il valore di un dettaglio


Bere una tazza di tè è qualcosa di molto profondo.
(Katagiri Roshi)

Il mio rapporto con lo studio è sempre stato particolare. Invece di assorbire nozioni passivamente, tendo a  reinventare e personalizzare ogni contenuto. Pertanto, quando ho sentito esprimere la convinzione che un romanzo non di generedebba” presentare una rarefazione delle ambientazioni e della trama, l’ho rigirata a lungo tra le mani per comprendere cosa farne. Sulle prime ho pensato di essere io a sbagliare; poi ho compreso che quanto sto facendo (con il cervello, non con la pancia) conta più di quanto mi dicono di fare. In letteratura non esistono regole inviolabili, quando si è consapevoli della propria direzione. Sebbene i manuali e gli articoli pubblicati sui blog siano stati e siano tutt’ora fondamentali per aprire la mente e migliorare le mie competenze, li ho sempre considerati semplici spunti di riflessione, da accettare o rifiutare a seconda delle mie esigenze narrative. Se ci limitassimo a seguire percorsi stabiliti e già battuti da altri, la nostra attività non avrebbe nulla di creativo.  Al contrario, un autore ha il compito di sperimentare, reinventando quotidianamente se stesso e la propria arte. Solo così può diventare un professionista.

IL DETTAGLIO
Ormai l’ho detto più volte: sto scrivendo un romanzo non di genere. I personaggi e le loro dinamiche psicologiche rappresentano il perno intorno a cui ruota tutto il resto. Ciò nonostante, ho deciso di ambientare le vicende in un contesto storico e geografico ben definito. Ritengo infatti che la mentalità dei protagonisti e i loro bisogni siano in parte legati al luogo in cui sono cresciuti e alle dinamiche socio-culturali di inizio millennio: mettere all’angolo questi elementi avrebbe indebolito la solidità dei presupposti. Inoltre una trama corposa, con qualche bel colpo di scena piazzato al momento giusto, può agevolare la concentrazione e la comprensione del lettore e rendere più efficace la trasmissione del messaggio. Non posso infine ignorare la mia formazione cinematografica, che mi porta a valorizzare senso della vista. Sia prima sia durante la stesura, mi lascio guidare dalle mie immagini mentali. Ciascun personaggio ha il proprio aspetto fisico, la propria voce e le proprie abitudini. C’è quello a cui piace sedersi sul davanzale della finestra e quella che non può fare a meno di guardare le persone negli occhi per sentire la loro energia. C’è un uomo che indossa la cravatta anche in casa quando guarda la partita e un ragazzo che fotografa i sampietrini del marciapiede. Ma soprattutto, c’è una quotidianità fatta di piccole cose, familiari sia a me sia al lettore. Anche un gesto banale come mettere il parmigiano sugli spaghetti può assumere un valore, nell’economia generale della storia e rivelare qualcosa in più.
Spesso gli autori non di genere si mostrano snob nei confronti del dettaglio, lo considerano insignificante rispetto alle importanti verità filosofiche e psicologiche che vogliono (o credono di) veicolare, ritengono non abbia nulla a che fare con l’immensità della loro opera. Io però non la penso così. Secondo me, la realtà interiore dei personaggi può essere messa in luce anche parlando di tatuaggi e di pizze d’asporto, perché per quanto un concetto sia profondo esso ha sempre una manifestazione concreta. Consideriamo forse il dettaglio visivo come qualcosa di terreno. Ma anche un miracolo in fondo lo è: nell’universo, tutto è collegato. Ciò che nasce dall’alto arriva al basso, e viceversa.

LA MATRIOSKA
Ho sempre concepito il mio romanzo come una sorta di matrioska. La prima bambolina partendo dall’interno rappresenta i personaggi. Siamo ancora nel territorio del particolare: ciascuno di essi ha la propria storia, il proprio percorso e la propria individualità. Tali soggetti però sono racchiusi da un contesto socio-culturale che inevitabilmente nutre i loro obiettivi e la loro mentalità. Ancora al di sopra ci sono le premesse filosofiche e spirituali: senza le mie credenze più profonde, questa trama non esisterebbe. Per fare in modo che il messaggio arrivi al lettore, occorre però staccarsi dal contingente. E qui entra in gioco l’universale contenuto nella bambolina più grande, la mamma di tutte le altre: le emozioni. È lì che si cela la comprensione collettiva. Grazie a essa, le vicende dei protagonisti possono diventare di tutti. Sia il tangibile sia l’intangibile hanno quindi un ruolo nell’economia complessiva dell’opera. Sacrificare un elemento per favore l’altro sbilancerebbe questa costruzione che ho faticato tanto per realizzare.
Sulla base di tali premesse, quindi, rendere una vicenda universale per me non significa annientare l’ambientazione ma mettere ben il luce il legame dell’individuo con il tutto: con la generazione cui appartiene, con la sua famiglia, con il contesto storico e geografico, con il proprio ruolo, con azioni che, per quanto banali, vanno ad alimentare un movimento cosmico. Se questi elementi sono ben integrati tra loro, il lettore può includerli nella matrioska più grande, le emozioni, che smettono di essere soltanto del personaggio e diventano anche sue. Ciascuno di noi ha la propria personalità, ma esistono movimenti emotivi che accomunano tutti gli esseri umani. Perché siamo fagocitati dalle nostre paure e ferite irrisolte. Ci innamoriamo. Soffriamo per la scomparsa di una persona cara. Contribuiamo a creare l’universo di chi è in contatto con noi. Questa somiglianza rende possibile una comprensione totale della trama, ma se non si agganciasse ad elementi concreti risulterebbe evanescente. Perché noi, oltre ad amare, mangiamo anche. Andiamo a dormire. respiriamo. E senza passare dai gradini più bassi dell'esistenza, non possiamo arrivare a toccare il cielo. La filosofia non esisterebbe, se non ci fosse la realtà. 

PER CONCLUDERE
Il fondamento della mia scrittura non è una manipolazione materialistica degli oggetti: voglio imparare a utilizzare i dettagli per giungere all’altra sponda, all’immenso vuoto che si cela dietro tutto il resto, alla matrioska più grande. Ho sempre pensato – grazie anche a Natalie Goldberg – che ogni realtà sia al contempo banale e straordinaria. Per questo motivo, prendere il quotidiano e riempirlo di luce rappresenta da anni la mia sfida narrativa. L’aforisma che ho scelto per aprire il post ben rappresenta questo pensiero. Che si parli di Dio o di una tazza di tè l’impegno dello scrittore deve essere il medesimo. Descrivere un paio di scarpe non rende l’intento dell’autore meno nobile: un professionista sa fare in modo che ogni oggetto rappresentato abbia pari dignità, che sia un’entità viva. La consapevolezza dell’interconnessione tra tutti gli elementi di una storia non rappresenta per lui un ostacolo, né è indice di una deriva di genere, bensì gli consente di gestire i balzi interiori che mandano avanti una scena. La prosa diventerà più scorrevole, meno scontata. E anche il legame tra i periodi, secondo me, risulterà valorizzato.  

Il lancio della patata bollente
Che rapporto avete con i dettagli? 

Commenti

  1. La differenza tra una scrittura acerba e una professionale è nei dettagli. Quali dettagli? Quelli giusti: in quel caso servono tutti. Ti ricopio un pezzo interessante, della De Lena.

    Dio è nei dettagli
    Probabilmente il primo a dirlo è stato Flaubert (ma non c’è certezza filologica). Dio è nei dettagli significa che per metter in atto il mostrare, bisogna rendere viva la scena attraverso elementi peculiari (il raffreddore del personaggio, la buca dell’asfalto lungo la strada che percorre per andare al lavoro, il rumore dei macchinari della fabbrica).
    Ai dettagli s’intitolano intere lezioni di laboratori di scrittura ed è sacrosanto. Ma, anche qui: il problema non sono i dettagli, né quanti, forse nemmeno quali. Il problema è: perché.

    Ecco un esempio trovato in un sito di servizi editoriali: la persona che li offre propone ai suoi potenziali clienti di leggere questa frase:

    “Carla si recava al lavoro a piedi, come tutte le mattine, e intanto beveva il suo caffè.”

    poi consiglia: “E se inserissimo qualche accorgimento in più per arricchire la trama?”.

    Ed ecco cosa ne tira fuori:

    “Come tutte le mattine Carla si apprestava a raggiungere l’ufficio percorrendo il breve tratto di strada a piedi, con il solito caffè macchiato nel bicchiere di carta marrone take-away tra le mani ancora bollente, preso alla caffetteria all’angolo del vicolo appena infilato.”

    Il guaio è grosso: soffermiamoci sulla questione dettagli. Sono troppi, ed è evidente. Sono inutili, ed è evidente anche questo. Ma il problema sta nel principio per il quale sono stati scelti, in quel: per arricchire la trama.
    Se usati per questo, cioè senza un vero perché, senza che rappresentino una verità, i dettagli sono tutt’altro che Dio: fanno massa, spengono la luce. E conoscere la regola di Flaubert diventa dannoso.

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    1. Davo talmente per scontato che i dettagli debbano essere studiati e non ridondanti che mi sono dimenticata di scriverlo. O meglio: dopo tanti anni di conoscenza trovavo assolutamente superfluo metterlo in evidenza. :-)
      Il dettaglio non dipende affatto dalla quantità ma dalla qualità. A volte è sufficiente sostituire una parola per un'altra, e la visualizzazione intera della scena ne guadagna. Per esempio, nel mio post c'è l'espressione: mettere il parmigiano sugli spaghetti. All'inizio, avevo scritto "pasta". In questo contesto forse l'espressione può essere superflua, tuttavia pensiamo a un romanzo: la lunghezza della frase non è cambiata, ma l'immagine è più viva.

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  2. Condivido quello che scrivi in questo articolo, per me i dettagli sono importanti perché servono a concretizzare il mondo immaginario proprio attraverso le sensazioni e le emozioni del lettore. Ora non posso anticipare molto, ma presto potrai leggere come la penso al riguardo... in dettaglio.

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  3. I dettagli sono importanti, ma metterne troppi è ridondanza che ammazza la lettura e abbotta le palle.
    Io la vedo così: a volte è meglio solo accennare e dare un paio di dettagli concreti, ma far immaginare il resto^^

    Moz-

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  4. La rarefazione nelle storie non di genere mi sembra un'assurdità. Oppure è il motivo per cui preferisco il genere? Io sto con i dettagli.

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    1. Anche secondo me. Credo inoltre che ormai le categorie non siano più così definite. Ci sono opere non di genere ricche di dettagli. :)

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  5. Sai che in questi giorni meditavo proprio sullo stesso principio?
    Da lettore (dopo aver letto un bel po' di inediti, anche) ti posso dire che ciò che distingue (una delle cose) un professionista, uno scrittore esperto da un dilettante (emergente, aspirante, chiamatelo come preferite) è proprio la cura dei dettagli. Il dilettante tenderà ad usare dettagli "rarefatti", generici, spesso fuori luogo o semlicemente li dimenticherà. Il professionista punterà a quei pochi che servono allo scopo, ma li userà in modo preciso. Il dilettante metterà su un tavolo una tovaglia e una bottiglia di vino, il professionista ti dirà che la tovaglia è a quadretti, un po' sbiadita dai lavaggi e che sul tavolo c'è un bottiglioni di vino rosso senza etichetta col tappo a molla. Pensa quanto ti sta dicendo in più sulla situazione questi pochi dettagli, quanto parla dei peronaggi e delle loro vite senza il bisogno di raccontare altro.
    Per questo un po' mi stupisce quando dici "psesso gli autori non di genere si mostrano snob nei confronti del dettaglio", probabilmente se lo dicono mentono :P

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    1. Non credo che mentano. Più che altro si muovono su una logica di separazione e pensano che, laddove una storia cerca di veicolare un messaggio, un pensiero o una verità, non si possa parlare del quotidiano, perché il quotidiano è banale. Io non ho mai amato le distinzioni troppo nette, quindi non mi trovo d'accordo. :-)

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  6. Il dettaglio racconta meglio di tante spiegazioni, ma solo un occhio attento e interessato. Un po' come la poesia che in un aggettivo spiega stato d'animo e il suo crescendo. L'attenzione al particolare è indice indubbiamente di un punto di vista attento dello scrittore, professionale e anche sicuro dei suoi personaggi e della sua storia. Sono sempre più curiosa di leggere il tuo romanzo, sia chiaro.

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    1. Spero che la tua curiosità possa trovare appagamento in una storia che ti piaccia. Mi dispiacerebbe molto deluderli :-)

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    2. Tu non deludi mai, e sono certa sarà una lettura interessante.

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  7. La penso proprio come te: i dettagli rendono reale la storia e sono il mezzo che consente di andare oltre. Mi capita di scrivere senza dettagli in prima stesura, ma poi sento il bisogno di definirli, o la storia mi sembra troppo sbiadita. Quanto ai dettami dei testi di scrittura creativa, per ogni "regola" si possono trovare chissà quanti esempi di successo che indicano il contrario. Questo non rende lo studiarle meno utile.

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    1. Lo studio è sempre utile, di qualunque disciplina si tratti. Il segreto secondo me sta nel ragionare su ciò che si apprende, per rielaborarlo. Il sistema scolastico purtroppo non ci ha aiutato in questo: spesso vengono premiati quelli che imparano a memoria. poco importa di quanto capiscano. :-)

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  8. Come dici all'inizio del tuo articolo ogni scrittore può e deve inventare sempre nuove vie nel narrare una storia. Su questo non ci piove. Ma la struttura di base deve necessariamente sempre esserci. Altrimenti diventa per uno scrittore come se costruisse una casa senza fondamenta, senza pareti, senza finestre eccetera. Uno scritto così avrebbe poco impatto verso il lettore, a mio parere. Poi si può spaziare quanto si vuole oltre i pilastri base della letteratura, c'è spazio infinito per qualsiasi volo illimitato l'Autore voglia fare. Lo stesso discorso vale per i dettagli. Se per comprare una camicia, un abito, una gonna o altro guardiamo con attenzione ogni minimo dettaglio vuol dire che sono proprio i dettagli che fanno la differenza. E questo vale anche nel racconto o nel romanzo di qualsiasi genere sia. Certo non se ne deve abusare, e si devono usare con precisione ed effettiva necessita. Anche questa è un'arte. Poi tu o chiunque scrive può farlo come meglio reputa. Io credo che un romanzo senza dettagli sia come un albero senza rami e senza foglie. Di certo utile, ma poco piacevole da guardare o da volere nel proprio giardino. E così penso sia per un libro senza dettagli. Ti saluto.

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    1. Sono d'accordo. La struttura di base deve esserci. E se non c'è, la scelta dell'autore deve essere consapevole. Un conto è rinunciare, per esempio, alla suddivisione in 3 atti per scrivere un romanzo puramente psicologico, un conto è farlo per ignoranza, perché non si conoscono gli elementi base di una storia. In questo caso, non abbiamo nemmeno a che fare con uno scrittore, ma con uno dei tanti imbrattapagine che affollano la rete.
      Sul dettaglio la penso esattamente come te.
      Ricambio il saluto e ti do il benvenuto sul mio blog. Spero di leggerti ancora. :)

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  9. I dettagli sono importanti. Un mio personaggio spesso salta invece di camminare e questo lo rende unico, ma rimane un dettaglio. Credo anche che lo siano indistintamente per romanzi di genere e mainstream, che tutto sommato la differenza tra le due categorie comincia ad andarmi pure stretta. Sandra
    ps oh, hai messo le mie amate matrioske!

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    1. Anche io credo che questa differenza si sia molto attenuata con il tempo. In certi casi trovo addirittura assurdo parlarne. E forse è anche per questo che ho scritto questo post...

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  10. 100% d'accordo; lo ammetto, sono un po' di parte, non a caso il mio romanzo si intitola "La vita è dura nei dettagli", alcuni passaggi di questo articolo potrebbero essere il manifesto programmatico della mia scrittura ;-)

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  11. Un dettaglio fa la differenza, vero, un principio che applico praticamente su tutto: di una persona mi colpiscono i particolari, una sfumatura del carattere, io stessa non mi vesto in modo elaborato, ma mi faccio notare con un accessorio. Nella scrittura cerco l'equilibrio: troppi dettagli non servono, ma nella giusta dose sono gli ingredienti che non devono mancare.

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    1. Anni fa su un sito di moda ho letto un articolo che mi ha fatto riflettere. Sosteneva che il dettaglio apparentemente stonato (come una borsa arancione su un total black) è quello che dà personalità a un outfit. Secondo te questo principio può valere anche per la scrittura? :)

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    2. Stonare sì, purché ci sia sempre buon gusto: l'arancione sul total black è un colpo d'occhio, ma non è come l'arancione su un abito fucsia. Nella scrittura vale lo stesso per me: stupire con un dettaglio, farsi notare va più che bene, ma non fare voltare la gente dall'altro lato con astruserie disturbanti.

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    3. Sono d'accordo. Quando però il gusto collettivo muta, si evolve anche il concetto di stonatura. Fin da quand'ero bambina, per esempio, mi hanno detto che il nero e il blu non vanno bene, ma negli ultimi due o tre anni questo abbinamento è stato un po' sdoganato.

      Stesso principio può valere per le piccole trasgressioni. Una minigonna va bene, magari però meglio evitare di abbinarci un top leopardato o una scarpa con la zeppa. :-D nel linguaggio dovrebbe valere lo stesso principio. :-)

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  12. I dettagli sono i cardini che fanno girare la porta. No, volevo dire, la storia ;)
    Quando capisci il loro valore, e sei in grado non solo di coglierli, ma di renderli sulla pagina, allora sei a buon punto...

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    1. Sui punti uno e due ci sono. Sul tre ci sto lavorando. :-)

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  13. Cos'altro aggiungere che non abbiamo già detto gli altri sui commenti?
    Anni fa dovevo scrivere una scena con dei fuochi d'artificio. E come si fa? Spazzolo tutto Youtube in cerca di determinati fuochi, li guardo e li riguardo, mi segno su un blocco le sequenze e le volute in aria. Passo a scrivere e inserisco la descrizione passo passo di questi scoppi in aria. Subito la scena appare densa, zoppicante, i fuochi che coprono il resto. Taglio circa il 50% della parte tirata già guardando i video. Lascio lì. Riletto la settimana scorsa e ho la strana sensazione che taglierò ancora... :D

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    1. Sono sicura che riuscirai a trovare il giusto equilibrio. :)

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  14. Grazie di questo post prezioso.Sono totalmente d'accordo.Evviva i dettagli in giusta misura!

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  15. Sono assolutamente d'accordo con te! E aggiungo che spesso i dettagli servono per descrivere quelle sensazioni che "spiegate" risulterebbero didascaliche, banali! E' dalla modalità con cui vengono descritti gli stati d'animo, del resto, che secondo me si distingue il vero scrittore. Un conto è dire: "Laura era angosciata"; ben altro è dire "A Laura mancò improvvisamente la terra sotto ai piedi. La strada di casa non le sembrava più la stessa e la voce della compagna con cui quotidianamente la percorreva, le sembrò tutt'a un tratto lontana. Le mancò l'aria." E via discorrendo. Credo che le descrizioni di una realtà fisica siano il modo per far arrivare al lettore quelle emozioni, senza aver bisogno di nominarle!

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    1. Forse l'espressione "le mancò la terra sotto i piedi" è un po' abusata, ma immagino tu abbia improvvisato. il principio di mostrare anziché ricorrere agli aggettivi mi trova comunque completamente d'accordo. Anche io cerco il più possibile di concentrarmi sull'ambiente e sulle sensazioni, anziché spiegare. Ci sono anche casi in cui l'informazione va data senza filtri, quindi in tal caso essere poco dettagliati può essere necessario. :-)

      P.S. Benvenuta. Sono molto felice che ti sia piaciuto il post.

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    2. Grazie!!! In realtà ti seguo da parecchio tempo, solo che, incompatibilmente con il mio nome, sono tremendamente incostante, e questa è la prima volta che ti commento!

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  16. Chi dice che un romanzo non di genere non deve avere una cura dell'ambientazione e della trama?
    Un mainstream ambientato fuori dell'Italia parla di un paese e di una cultura e di una società a noi sconosciute o poco conosciute, quindi l'ambientazione va curata, anche se a scriverlo è un autore di quel paese.
    La cura del dettaglio comunque dipende dagli autori: c'è chi è un maniaco dei dettagli (Cormac McCarthy, per esempio) e chi si preferisce dedicarsi all'aspetto psicologico ed emotivo dei personaggi (per esempio Gita al faro di Virginia Wolfe).

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    1. Non mi va di rivangare vecchi post in cui ho letto ciò, anche perché, non avendoli ripresi di recente, mi potrei confondere. Per il resto sono d'accordo con te. Anche nell'introduzione ho scritto che ogni autore deve saper trovare la strada più consona alle proprie esigenze narrative. :)

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  17. Per me i dettagli sono importantissimi, da un piccolissimo dettaglio può nascere un'intera storia.
    Un dettaglio può svelare molto anche della personalità di un personaggio e di una persona vera. Riguardo alle storie non di genere recentemente ho scoperto con le ultime letture che anche quelle classificate in un 'genere' finiscono per uscire dai soliti schemi. Forse il genere è una fissa degli editori per problemi di mercato, ma una storia è una storia.

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    1. Io invece noto il contrario. Spesso la classificazione di un romanzo in un dato genere blocca un autore e gli toglie la liberà dell'improvvisazione. Per esempio, sono sempre stata un'appassionata di gialli, ma mi sono un po' rotta di aver a che fare con ispettori semi-alcoolizzati e divorziati. :-D

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  18. Mi piace quello che scrivi usando la metafora della matrioska.
    Una scrittura a cerchi concentrici, dovessi cercare un'altra definizione.
    Il dettaglio ha un ruolo fondamentale quando scrivo. Molta letteratura che mi piace ha fatto del dettaglio il proprio punto di forza.
    Una storia può risultare molto debole senza questo particolare aspetto.

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    1. Sì, esatto: cerchi concentrici.
      Il mio romanzo alla fine rispecchia ciò che penso della vita in generale.
      Anche noi esseri umani, in fondo, siamo come le bamboline di una matrioska. :)

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    2. Concordo in pieno, Chiara.
      P. S. Sto preparando una cosa che riguarderà un tuo mirabile post, che però non trovo più. C'era il Jolly come immagine in alto. Me lo puoi indicare?

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    3. Grazie, che onore! :)
      Ci sono diversi post dedicati al jolly, che trovi nella categoria omonima sulla destra. Magari anche quelli possono essere utili, ma forse però quello che dici tu è il primo, fuori serie, scritto due anni fa: l'anuna anticonformista dello scrittore - il jolly. Ora purtroppo essendo con lo smartphone ho qualche difficoltà con il link, ma usando il Finder dovresti riuscire a trovarlo. Se hai ancora problemi puoi inviarmi un'email (v."contatti) o scrivere qui, così appena mi collego da PC te lo mando. :)

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    4. Trovato (e ri-gustato) il tuo post.
      Allora, nei prossimi giorni comparirà qualcosa riguardante anche quel post. Un modo per ringraziare e gratificare alcuni blogger per il loro approccio al blogging e la qualità delle loro proposte. Insomma... vedrai. :-)

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    5. Ti ringrazio! :)
      Oggi farò uscire un nuovo post sul Jolly.
      Quando pubblichi l'articolo, mi raccomando, fammelo sapere. :)

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  19. I miei dettagli preferiti sono quelli impliciti. Mi piace leggere libri in cui si scoprono le caratteristiche dei personaggi e del narratore dalle loro azioni e reazioni, senza bisogno di dar loro nomi specifici.
    Per esempio "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" mi ha rapito subito per i dettagli con cui è stata costruita la figura del bambino che narra la storia e ancora di più per il fatto che in nessun punto del libro se ne diagnosticano le idiosincrasie. Il mondo è visto dai suoi occhi per cui non c'è bisogno di spiegarne le differenze rispetto a un punto di vista "normale".
    Nel mio romanzo ho cercato di fare la stessa cosa, evitando di spiegare con aggettivi e delucidazioni il perché i personaggi si comportano e pensano in un certo modo. Non è facile... la tentazione di spiegare al lettore i miei motivi è forte!

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    1. Ahhhhhhhh! Ho scritto un lungo commento dal Tel ma si è cancellato. Ora devo andare a cena, ma domani lo riscrivo. La riflessione è interessante. :)

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  20. Ma dove l'hai letta questa cosa che nei romanzi non di genere non vanno i dettagli? Mi sembra un'assurdità. Io penso che i dettagli siano indispensabili per colorare la scena e caratterizzare, aiutano il lettore a immergersi nella storia. Certo, anche qui vale il solito discorso del non esagerare, perché troppi finiscono per appesantire, un po' come l'eccesso di aggettivi. Tempo fa avevo cominciato un romanzo che stomacava per quanto spesso usava nomi di marche e dettagli di moda, anche in momenti cruciali. L'attenzione alla fine saltellava qua e là senza focalizzarsi sulle cose importanti.

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    1. La tecnica di inserire nomi di marche era stata utilizzata per la prima volta da King, negli anni 80, con lo scopo di caratterizzare socialmente i personaggi e rappresentare il contesto. Io stessa ogni tanto vi faccio ricorso, ma raramente. All'inizio del mio capitolo, se ti ricordi, ho menzionato la marca di un'auto: era importante secondo me per caratterizzare il personaggio alla guida visto che il lettore non sapeva ancora nulla di lui... in altri casi, ne faccio a meno, specialmente se il personaggio che ha il pdv non possiede i parametri per riconoscere un dato oggetto.

      C'è anche da dire che molti autori usano i nomi delle marche perché sono sponsorizzati, loro o gli editori.

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  21. Mi viene in mete Georges Perec, che in La Vita, istruzioni per l'uso aveva costruito la narrazione raccontando di uno stabile parigino, andando stanza per stanza descrivendone tutti i dettagli, anche quelli più infinitesimi. La storia che si è svolta nella stanza non viene raccontata direttamente, ma emerge suggerita dalle descrizioni degli oggetti presenti nella stanza.

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  22. Alcuni dettagli li cogli, li assorbi, quasi li bevi avidamente; su altri non ti
    soffermeresti più di tanto: dipende da ciò che cattura l'attenzione e il gusto di ciascuno.
    E' interessante comunque osservare che non si può prescindere da particolari,
    scene o flash per veicolare un contenuto. Il fine ultimo è quello che vogliamo trasmettere, ma se per noi è chiaro, non lo è magari altrettanto per chi legge, che ha bisogno magari di un flash di una scenetta per poterlo visualizzare e magari assorbire.

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    1. Hai perfettamente ragione. Lo scopo di un dettaglio è proprio quello di rendere più forte e visibile l'intento dello scrittore.

      P.S. Benvenuta. :)

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