La felicità si trova fuori dagli schemi



La passione per la distruzione è anche una passione creativa.
(Mikail Aleksandrovic Bakunin)

Non aggiorno il blog da due settimane per colpa del mio perfezionismo maniacale. Ho scritto un paio di post, ma non li ho pubblicati perché li ritenevo più adatti per il sito nuovo. Metterli qui avrebbe fatto venir meno il principio di separare i post tecnici da quelli socio-filosofici. E io, che aborro la confusione mentale nonostante il suo immenso potere creativo, ho deciso di tenerli da parte. Ormai il giorno della messa online si sta avvicinando sempre di più. Temporeggio perché è mia intenzione farvi trovare qualche contenuto da spulciare. Almeno tre o quattro articoletti, oltre alle pagine di presentazione. Non so se sia una buona idea, però non importa. Ho deciso così, e così farò, persa in quella che ormai da settimane è diventata una costante guerra con un mentale che mi fa sentire in gabbia e mette sempre tutto in discussione.

Voglio essere onesta con voi. Nelle ultime settimane ho attraversato dei momenti di profonda fragilità. Ieri mi sono addirittura insultata da sola, mi sono data dell’incapace per non essere ancora riuscita a concludere i miei romanzi. Credevo che la richiesta del part-time fosse un punto d’arrivo. In realtà, con questa scelta, non ho fatto altro che recidere le mie catene e uscire dal recinto. Adesso devo esplorare lo spazio che c’è fuori dalla gabbia e trovare un posticino dove stabilizzarmi. La consapevolezza di tutti i passi che devo ancora compiere per trovare un equilibrio non mi fa stare tranquilla. Dopo aver buttato cinque anni dentro una vita che non era mia, mi sento come se fossi inseguita dai pitbull. Ho urgenza di costruire e di ottenere riconoscimenti, di dire al mondo chi sono davvero. Curo diecimila progetti contemporaneamente, ma ovviamente riesco a dedicare poco tempo a ciascuno di essi, il che mi dà l’impressione che sia tutto fermo. Tranne la mia mente. Quella, purtroppo, non si ferma mai…

C’è un interrogativo che nell’ultimo periodo mi sono posta miliardi di volte. Sono sicura che nemmeno voi siete immuni da tale quesito. Nessun essere umano lo è, tranne coloro che pensano di essere perfetti.

Come faccio a capire se sto facendo la cosa giusta?

Nonostante il mio ormai più volte declamato ostracismo del mentale, nell’ultimo periodo spesso ho sentito le mie mani tremare, mentre scrivevo. Invece di battere sulla tastiera, cercavo di scalare questo immenso punto di domanda, e poi scivolavo giù. Alla fine sono giunta alla conclusione che non c’è niente da capire. Occorre soltanto osservare e ascoltare. Tutto il resto poi verrà da sé. E, se non verrà, dovremo essere umili, riconoscere i nostri errori e cambiare rotta. Il che significa, inevitabilmente, uscire dalla zona comfort.

In poche parole: se si vuole innescare un cambiamento bisogna rompere i propri schemi.

Stavolta non voglio imbarcarmi nella solita discussione sull’anticonformismo, sul Jolly e sui Nani, sul conflitto di interesse tra la libertà personale e i diktat del sistema. No. Qui il discorso si fa molto più sottile. Filosofico, direi. Ha a che fare con i nostri obiettivi e le azioni che vogliamo compiere per raggiungerli. Come si può cambiare la propria vita se non si è disposti a mettersi in discussione? Come si può (non è il mio caso ma l’esempio calza) dimagrire se si ragiona ancora “da grassi”? Per evolvere occorre scardinare le proprie convinzioni limitanti e costruire nuove certezze, occorre affrontare le proprie paure e scavalcare il muro. Ci vuole un atto di coraggio, lo so. Ma non c’è nulla di impossibile.

La mia vicinanza alle filosofie orientali forse mi può aiutare a fare questo salto di qualità.

La mia maestra di yoga rimarca spesso che la pratica non conosce automatismo. Ogni movimento è diverso dall’altro. La nostra guida è il corpo, non la mente. Il che significa che non dobbiamo domandarci continuamente se stiamo facendo bene, non dobbiamo guardare gli altri, giudicarli e pensare che siano più bravi. La competizione, nello yoga, non esiste. Ogni individuo è diverso dall’altro. C’è chi è forte negli addominali e chi nelle gambe. Quindi, ogni esercizio va svolto nel rispetto delle proprie possibilità.

Se riuscissi a sposare questa consapevolezza anche nel quotidiano, sarei già a buon punto. Se riuscissi a smettere di paragonarmi agli altri, invece di sminuirmi mi accetterei un po’ di più. Se riuscissi a rompere gli schemi, creerei uno spazio creativo immenso, nel quale riuscirei a muovermi disinvoltura.

Purtroppo, come tutti, sono il frutto delle mie esperienze e delle mie ferite. Ciò che ho vissuto ha costruito dei binari nel mio cervello. Seguirli, fino a questo punto della mia vita, è stato inevitabile.
Ma ora non voglio più percorrere, con il pilota automatico, la strada più facile.

L’eterna ripetizione di uno schema, dopo un po’, non è solo monotona, ma anche dannosa: consentendoci di ottenere un risultato accettabile con il minimo sforzo, chiude le porte al miglioramento personale.

E io, di questo miglioramento, ho immensamente bisogno.

Lo sto cercando, quasi spasmodicamente, in ogni campo della mia vita.

Per esempio, mi sono iscritta a un corso alla LILT per riuscire a smettere di fumare. Ho preso questa decisione per tutelare la mia salute, ovvio, ma anche per coerenza con i principi che vado decantando. Non ha senso infatti sbandierare continuamente l’importanza della libertà individuale se poi non riesco a schiodarmi dalla peggiore schiavitù in cui un essere umano possa incappare, quella che spinge a spendere tantissimi soldi per farsi del male. Ecco. Questa è una delle tante cose, fatte per anni, che non hanno alcun senso. Quindi, ho deciso di smettere.

Anche a questo corso ci hanno parlato dell’importanza di uscire dagli schemi, perché il fumo ha una ritualità che porta, inevitabilmente, all’automatismo. E anche in questo caso mi trovo a dover abbandonare una strada conosciuta per un’altra che invece ignoro. Fumo da diciotto anni e, da quando ho iniziato, non ho mai avuto un solo giorno di astinenza. Quindi potete immaginare quanto questa cosa mi spaventi, anche se so che si tratta di un cambiamento indispensabile per il mio benessere. Che dire? A volte vorrei rilassarmi un po’ e accettarmi così come sono. Se non lo faccio, è perché io so di non essere questa persona qui. La sigaretta è una delle tante sovrastrutture che mi impediscono di ricongiungermi a me stessa. Quindi spezzare gli schemi significa anche consentire alla mia vera natura di venire fuori. Fino a qualche tempo fa era soltanto un’ambizione. Adesso, è una necessità. Ho l’esigenza di creare nella mia vita uno spazio vuoto, da riempire con la mia creatività. Ho bisogno di respirare, ecco, non solo rinunciando al fumo ma anche trovando, nel mondo, uno spazio adatto a me. La strada è ancora lunga, ma continuo a crederci.

Il lancio della patata bollente.
Quali schemi avete spezzato, nella vita?
Chi di voi ha smesso di fumare? E chi fuma?


Commenti

  1. Io sto imparando ora a spezzare lo schema dell'eccessiva programmazione, organizzazione, progettazione ecc. quelle robe lì, insomma hai capito :D sta andando abbastanza bene nel complesso. Poi voglio dirti una cosa che mi pare importante: 5 anni non sono un eternità se anche li hai buttati via, che poi del tutto buttati non credo lo siano. Io odio profondamente il fumo.
    Quando mi sono messa con Emanuele lui fumava un pacchetto al giorno, 2 al venerdì. Ti dico che per me lui era davvero my Mr. Right con questa cosa che lo rendeva un po' meno right! Ha smesso dopo un paio di mesi che eravamo insieme, quando è in buona dice di averlo fatto per me, io gli dicevo soltanto: ti prego non fumare in auto, altrimenti io vomito. Così, appena si scendeva dall'auto trac sigaretta, a me davvero pare una schiavitù pazzesca, per non parlare dei soldi. Morale ti dico pure la data guarda 19 dicembre 2005 ha fumato l'ultima del pacchetto, non le ha + comprate e fine, io lo foraggiavo di dolcetti, non ha più ripreso. Emanuele è davvero un tipo costante, rigido con se stesso quando si mette in testa delle cose (tipo in sto periodo no alcool dal lunedì al venerdì, manco la birra con la pizza per dire). Sono convinta che ce la farai.
    Ti mando un abbraccione

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    1. Ciao Sandra, ho ascoltato il tuo file vocale ieri in auto, proprio mentre andavo al corso, non sono ancora riuscita a risponderti ma oggi lo farò, appena possibile. Intanto ti dico che mi fa molto piacere che l'iniziativa #imieiprimipensieri ti piaccia e ti faccia bene, quindi sono io che devo ringraziare te. è bello vedere che una mia idea non è caduta nel vuoto, ma ha fatto del bene a qualcuno. Non vedo l'ora di leggere il post.

      Quando fumava Emanuele la filosofia sul fumo era diversa perché non era ancora uscita la legge che vieta di fumare nei luoghi chiusi, di conseguenza era spontaneo fare cose del tipo accendersi una sigaretta in auto, quando si era in compagnia di un non-fumatore. Oggi invece a nessuno verrebbe in mente, così come a nessuno verrebbe in mente di fumare in presenza di un bambino, o a casa di qualcuno (lasciamo perdere i locali: lì ci sono cartelli a caratteri cubitali). Diciamo, quindi, che il fumatore oggi ha già delle restrizioni, che dovrebbe facilitare il processo. Vedremo. :)

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  2. Io vivo tra gli schemi e la programmazione, sia sul lavoro che nella vita. Ed è uno dei motivi per cui fare coppia con me è arduo XD. Però sinceramente non ho mai sentito quel peso della programmazione. E non ho mai fumato :D

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    1. Le persone troppo rigide mi mettono ansia, forse perché io lo ero tantissimo, e ora sto cercando di mollare un po' la presa...
      Schemi e programmazione, però, sono due concetti differenti. Credo che scriverò un post di chiarimento. :)

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  3. AL momento la programmazione è la mia salvezza. Faccio un lavoro "iceberg" per cui ogni ora con gli studenti necessita x ore di lavoro senza di loro, quindi ogni momento di gioco con mia figlia, ogni riga che scrivo, qui o per conto mio è figlia di una programmazione, pena il trovarsi sommersi da verifiche da correggere/cose da preparare/sistemare. Quindi per certi versi sto facendo un percorso inverso, difendo la mia libertà creativa programmando il tempo da dedicare a lei. Per ora, almeno un po' funziona, perché, a meno di non crollare letteralmente dalla stanchezza (come adesso) so quanto mi sono costati quei momenti e li faccio rendere al massimo. Immagino che anche l'uscire dagli schemi sia relativo e anche questo a suo modo lo sia, perché, alla fine, quando ci rendiamo conto che una cosa, per quanto faticosa, ci fa bene, la facciamo. Sicuramente anche tu farai così, non ti crucciare se non ti liberi immediatamente delle sigarette o non termini domani i tuoi romanzi. Lo farai quando sarai convinta nel profondo che sia la cosa migliore per te. E non sarà né troppo presto né troppo tardi. Sarà il momento giusto.

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    1. Quando ho parlato di schemi, in questo post, non facevo riferimento alla programmazione (fondamentale, almeno un minimo, se si vuole lavorare bene) ma a quelle abitudini che imprigionano la libertà di movimento del singolo. Quindi, agli automatismi. Secondo me a distruggere, infatti, non è avere una tabella di marcia, se siamo noi a gestirla. il problema si pone quando è la tabella di marcia a gestire noi. Allora, lì, diventa una gabbia.

      Per me la puntualità, specialmente sul lavoro, è fondamentale (l'hai visto quando ho fatto quel lavoretto con il tuo libro). Per rispettare le scadenze quindi è necessario porsi dei paletti, e la cosa non mi disturba per niente. Quando lavoro per me stessa, invece, mi concedo maggior flessibilità, il che è molto lontano dal concetto di anarchia. Quindi no, non sono contraria alla programmazione, solo a quell'eccessiva rigidità che in passato mi ha fatto esaurire. E, soprattutto, all'automatismo, perché crea dipendenza e ci fa disperdere tanta, tantissima energia creativa, che invece potremmo utilizzar diversamente. A volte, percorrere una strada diversa dal solito, può riservare delle belle sorprese, ed è quello che sto cercando di fare. :)

      Credo comunque, come anticipavo a Riccardo poco fa, che tornerò sull'argomento molto presto.

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  4. Il primo schema da spezzare - riflettevo oggi - è l'istintiva convinzione che la nostra evoluzione ci faccia conquistare il miglioramento a tappe che, una volta raggiunte, sarebbero acquisite. Per la mia esperienza non funziona affatto così: il processo è continuo e tutto viene costantemente messo in discussione. Questo significa che tutto serve e niente serve, in un certo senso, ma dipende da noi dedicare energia a una cosa o all'altra, in base a quello che sentiamo importante. La mia riflessione era di questo tipo: se so che scrivere e meditare sono pratiche che mi fanno stare bene, perché in questo periodo non faccio né l'una né l'altra cosa con costanza, nonostante abbia sperimentato sulla mia pelle quanto questo sia deleterio? Eh, niente è semplice, nemmeno quando si crede di avere capito... meglio prenderla con calma e una buona dose di simpatia e tolleranza verso se stessi. E anche cercare di sbloccarsi, naturalmente, ma senza ansia. :)

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    1. Forse non c'entra molto, ma mentre leggevo il tuo commento mi è tornata in mente una cosa detta anni fa da un mio "maestro", coerentemente con l'idea buddhista tale per cui ogni essere umano ha una missione evolutiva da portare avanti: "se non avessimo più nulla da risolvere, non saremmo più qui, sulla terra". Questa frase è in linea con ciò che tu dici, a proposito del processo. Il lavoro su di sé non si esaurisce mai, perché la crescita personale è come lo spoglio di una cipolla. Ogni strato, rivela quello sottostante, che è sempre più delicato. Ciò, però, non mi scoraggia. Al contrario, mi piace sapere che prima o poi arriverò al cuore della questione. :)

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  5. Lo schema mentale che mi piacerebbe spezzare è quello di dipendere dagli altri per molte cose. Tu stessa hai accennato all'importanza di smettere di confrontarsi con gli altri, penso che questo sarebbe fondamentale per un cambiamento profondo e per raggiungere una vera fiducia in se stessi. Parlo per me, ma non penso di essere l'unica.
    Penso che quando diciamo che il giudizio degli altri non conta, in realtà una parte di noi gli sta dando peso. Forse, poi, la libertà significa anche smettere di giudicarsi. Chi può dire che tu abbia perso tempo o che sia stata ferma? In realtà questi cinque anni potrebbero essere stati (in un'ottica più ampia che ora non vedi) fondamentali per ciò che sei ora o per ciò che realizzerai in futuro.

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    1. Penso che gli ultimi cinque anni abbiano avuto un ruolo fondamentale per farmi comprendere cosa NON voglio dalla vita e per farmi mettere qualche soldino da parte, quindi non rinnego l'importanza di questa esperienza. Ciò non toglie che fremo dall'impazienza nella speranza di poter finalmente costruire il futuro che desidero.

      Verissimo che il confronto con gli altri è spesso deleterio. Non lo sarebbe, se usassimo questo paragone per prendere esempio da chi ce l'ha fatta, e non per auto-distruggerci.

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  6. Io grazie al corso di cui ho parlato spesso anche ai miei blog ho spezzato il circolo mentale che mi portava a essere depresso. Non sono ironico se dico che è una cosa che fa anche più male del fumo: continuare di continuo a sminuirsi, a piangersi addosso, a essere infelice e a vedere tutto nero porta solo a farsi del male, a causarsi - da soli - ferite che poi sono difficili da guarire. Io lo sto facendo piano piano: ho cambiato prospettiva di vita, ma ho ancora alcune ansie - dovute anche ai problemi gravi provenienti dall'esterno che negli ultimi mesi sono diventati ancora più grossi. Almeno ho spezzato il circolo vizioso e ho fatto pace con me stesso: questo mi ha dato per la prima volta nella vita un'autostima degna di questo nome, fiducia in me stesso, forza di volontà, focalizzazione per i miei obiettivi, ma soprattutto felicità. Sembra strano anche a me - se me lo avessi detto sei mesi fa, non ti avrei creduto - ma tutto questo si può imparare, col giusto metodo.

    Mi pare comunque che tu sia già sulla giusta strada. Molte delle cose di cui parli sono state quelle che ho affrontato nel corso: per esempio dell'uscire dalla propria zona di confort per imparare, oppure del fissare i propri obiettivi e studiare con lucidità e consapevolezza le mosse per attuarlo. Non sono d'accordo invece sul fatto che bisogna evitare gli automatismi: purtroppo è impossibile, che lo si voglia o no, sono parte della vita. Questo l'ho imparato non solo al corso, ma anche in alcuni libri che ho letto; come ho imparato che spesso gli automatismi possono essere utili, per evitare sforzi e risparmiare le forze utili per qualcos'altro. Credo che più che eliminarli del tutto, bisogna agire con consapevolezza e sbarazzarsi solo di quelli negativi, tutto qui :) (anche se ovviamente non è tutto qui: so che scriverlo è facile, il difficile è lavorare a lungo per riuscirci :D ).

    (Oh, questa è la mia idea: adesso non voglio passare per il guru del self-improvement, del pensiero positivo o di chissà cos'altro - anche perché non lo sono :D )

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    1. Certo, Mattia, il mio discorso sull'automatismo è circoscritto al discorso che stavo facendo, ovvero alla volontà di creare un cambiamento nella propria vita e ad attività (come lo yoga) che richiedono la massima consapevolezza, e un ascolto totale del corpo, perché sennò non avrebbero senso. Azioni come guidare l'automobile, camminare e respirare sono spesso automatiche, ed è giusto così. Altre invece richiedono una presenza totale, ed è quelle che vanno potenziate il più possibile. Prendi per esempio il discorso del fumo: quello è il gesto più automatico che esista. Molto spesso capita che uno si accenda una sigaretta mentre ne ha un'altra nel posacenere. E un tizio ha gettato la sigaretta elettronica dal finestrino dell'auto. Quindi il corso è finalizzato a scardinare questa routine, rendendo consapevoli. Ci fanno lavorare con obiettivi periodici. In due giorni sono passata da 30 sigarette a 18, e devo arrivare a 9 entro martedì, semplicemente compilando una tabella prima di accenderla e, dopo averlo fatto, chiedendomi se voglio veramente fumare oppure no. In questo modo, ci si assume la responsabilità di ciò che si sta facendo, e ogni sigaretta diventa una scelta.

      Se non mi sono fatta capire bene, chiedi pure. :)

      Ottima idea quella del corso, sento che hai un'energia diversa. Anche tu hai spezzato degli automatismi, per innescare questo cambiamento. Automatismi che agivano soprattutto nella tua testa. Sei stato bravissimo davvero.

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  7. Ho ragionato sul blog qualche tempo fa sulla necessità del silenzio (@Sandra vedo che prosegui nel percorso di presa di distanza dall'iper programmazione, sei grande) ovvero sul bisogno di interrompere la scalata all'azione in cui da tempo probabilmente ero impegnata, spesso inconsapevolmente.
    E' il corpo che ti ferma quando è troppo e io, dopo che ha dovuto segnalarmelo più volte, l'ho finalmente capito e mi sono fermata.
    Un silenzio del corpo, dell'anima e soprattutto della mente. Solo da lì a mio avviso si può ripartire. Solo restando con noi stessi possiamo smettere di guardare fuori e apprezzare quanto di bello c'è dentro di noi. E' come viaggiare su un frecciarossa guardando fuori dal finestrino: tutto si muove rapidamente , tranne te.

    Quando ho smesso di fumare credevo che il nervosismo mi avrebbe ucciso. Pensavo che fosse quella piccola e ripetuta azione quotidiana a darmi quel poco di calma che riuscivo a ottenere. Ma mi sbagliavo. Smettere è stato un viaggio dentro me stessa che sto ancora compiendo, un viaggio verso la calma e il recupero di un'energia che avevo dimenticato. Ogni dipendenza ti allontana da quel silenzio di cui parlavo prima....

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    1. Quando lavoravo a tempo pieno in ufficio e avevo tanti, tantissimi problemi, mi capitava molto spesso di ammalarmi in ferie. Dovevo così trasformarle in mutua per non perdere giorni. Una volta sono finita pure in pronto soccorso. Questo perché stavo vivendo una situazione infernale, ma opponevo resistenza per non soccombere. Non appena c'era il calo di tensione, il mio corpo si ribellava e buttava fuori tutto ciò che aveva accumulato. Da allora, anche grazie allo yoga, ho imparato ad ascoltarmi un po'di più. Quando siamo vittima dei nostri automatismi, questo non è possibile.

      D'accordo con te per ciò che riguarda la dipendenza. Ho preso la decisione di smettere per trovare la mia essenzialità, e ti confesso che è davvero molto difficile, anche se per il momento ho solo ridotto seguendo il metodo del dottore che tiene il corso. So che nel giro di qualche settimana arriverà il momento in cui dovrò smettere del tutto e ti confesso che la cosa da un lato mi spaventa, dall'altro mi entusiasma, perché è una delle sfide più grosse che abbia mai affrontato nella vita. Superarla rafforzerà moltissimo la mia autostima.

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  8. Io ho iniziato a fumare a sedici anni, ho fumato fino a ventun anni, poi stavo con un ragazzo che non sopportava il fumo, per cui quando ero con lui non fumavo. A un certo punto ho capito che se potevo evitare di fumare quando stavo con lui potevo evitarlo anche per il resto del tempo, insomma ho deciso che la mia salute valeva questo sforzo. I primi tempi ogni tanto cadevo in tentazione, ma mi bastava pensare a quello che una sigaretta provoca al nostro organismo e mi passava la voglia. Con questo non vuol dire che sia semplice, bisogna trovare la giusta motivazione dentro se stessi, anche perché nella vita ci sarà sempre un motivo di stress che può portare a fumare o prendere altri brutti vizi. Riguardo al perfezionismo maniacale una volta ero come te, poi per una serie di eventi gravi della mia vita che mi hanno messo a dura prova ho capito che la perfezione non esiste, ho deciso che voglio essere clemente con me stessa, non voglio più cercare la perfezione, altrimenti non vado in nessuna direzione. Ogni tanto è importante buttarsi.

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  9. Una volta, al liceo, io e le mie amiche ci riunimmo in casa di una di noi e provammo a fumare. Bacchettone com'eravamo, fu un'esperienza indimenticabile consumata in mezzo alle risate, ai bicchieri di latte per neutralizzare gli effetti del fumo, deodoranti e finestre spalancate per eliminare la puzza, cretinate che si facevano a quindici anni (ma i quindici anni dei miei tempi, che ora le quindicenni possono dare lezioni di vita persino a un adulto!) Lo sai che, alla fine, nessuna di noi (eravamo sei) ha preso il vizio della sigaretta? :D
    Per tutto il resto, credo che l'età del coraggio a fare le cose non conosca un limite massimo: i sogni non invecchiano, i progetti possono rinnovarsi fino a novant'anni, se si ha la perseveranza di perseguirli. Devo dire che nella vita non ho spezzato grandi schemi, ho seguito i miei e adattarmi a essi non mi è dispiaciuto né mi è stato mai di peso. Conservo i miei rimpianti, nel senso che ho superato certe fasi di insoddisfazione perché le ho sostituite a momenti, al contrario, di grande realizzazione, ma non dimentico le cose cui ho rinunciato, fanno parte di un percorso che ha contribuito a portarmi dove sono.
    La consapevolezza ritrovata di una nuova condizione nella tua vita è stata rivoluzionaria. Trovo normale che tu ti senta ancora avvolta nel caos, sei stata travolta dalle novità, devi solo avere la pazienza di aspettare che tutto trovi un equilibrio. Stai facendo tante cose, non sentirti inseguita, prendi un bel respiro e asseconda i cambiamenti. Ma poi, che te lo dico a fare io, come se già tu, queste cose, non le sapessi da te! ;)

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    1. Io non ho mai fumato per trasgressione, ma perché mi piaceva, infatti a differenza di altri ho iniziato tardi, a diciannove anni, in un periodo in cui non c'erano divieti e si poteva fumare dappertutto. Però poi non ho più smesso, a differenza di altri che fanno il corso con me, il che mi fa sentire più indietro, rispetto a loro. Però è una cosa che sento di dover fare. Il fatto che mi faccia tanta paura per la prima volta non è un limite ma un incentivo. Come hai evidenziato tu, il 2017 è stato un anno di cambiamenti, e altri ce ne saranno nel 2018 (probabilmente andrò anche a stare in una casa più grande) quindi è il momento migliore per fare questa cosa. :)

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  10. Ciao, mi sono appena imbattuto nel tuo blog e ne approfitto dunque per presentarmi rispondendo alle tue domande: no, non fumo e non so se abbia rotto degli schemi, ma mi piace essere libero, questo sì e uscire dal sentiero tracciato per scoprire strade nuove. Questo mi porta ad agire con disinvoltura in situazioni per altri difficili, ma allo stesso tempo a volte mi blocco per delle scelte che dall'esterno appaiono banali....

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    1. Benvenuto Carlo. Effettivamente chi ha già un'indole che tende alla libertà ha meno schemi da distruggere, a differenza di chi ha ricevuto un'educazione che punta al conformismo. Oggi o domani comunque riprenderò l'argomento degli schemi per chiarire alcuni aspetti che non sono stati chiari per tutti. :)

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