#imieiprimipensieri - Limiti


Comincerete a prendere in considerazione la follia 
quando essa vi tornerà utile per risolvere i vostri problemi da persona normale. 
(Anonimo)

(Qui vi spiego l'iniziativa #imieiprimipensieri e qui ci sono tutti i post della serie)

Abolire il calendario editoriale e scrivere secondo ispirazione è stata una decisione che ha reso i miei articoli più autentici, ma ha avuto come effetto collaterale un lungo silenzio non programmato. Dove sono stata in queste settimane? Sempre qui. Prima con la febbre. Poi fagocitata dai regali di Natale, i pranzi con i parenti, alcuni lavori da chiudere prima della fine dell’anno e della mia partenza. Domani torno a Novello, in Piemonte, nell’unico luogo in cui mi sento veramente libera. Lì non ci sono aspettative, né mie né altrui. Lì posso concentrarmi solo su ciò che mi sta a cuore. Il mio compagno. Ma soprattutto (non me ne voglia il buon Beppe) la narrativa. Riuscirò stavolta a scrivere le ultime quindici pagine che mi mancano per terminare la stesura del romanzo? Sì. Devo. Anche se il concorso cui volevo partecipare è andato. La cosa non mi dispiace più di tanto. Avrò la possibilità, in fase di revisione, di sviluppare la storia come meglio credo, ampliandone alcune parti e approfondendo le tematiche che mi stanno maggiormente a cuore, al di fuori del vincolo di battute imposto dal regolamento. Non mi è mai piaciuto avere limiti, specialmente quando si tratta di creatività. E quelli che mi pongo da sola sono già tanti. Mi fanno sentire in colpa. Alimentano in me quel senso di inadeguatezza che da anni cerco di allontanare. Però mi spingono anche a lavorare sulla mia mente per poter grattare via tutte le convinzioni che mi frenano. È una fatica bestiale, ragazzi miei. Ma è qualcosa che sento di dover fare. Lo devo a me stessa, dopo aver sprecato tanti anni nella paura. Sono stufa di vivere esprimendo solo il 50% delle mie possibilità, è ora di spiccare il volo.

C’è un aspetto della mia attività scrittoria che mi dà molto da pensare. Ne avevo accennato tra le righe in un post pubblicato su Facebook il 13 dicembre, alle ore 16:35:

A.A.A.
Qualcuno dei miei amici scrittori ha voglia di sorbirsi uno "sfogone" e aiutarmi a capire da dove arrivi un rognosissimo punto debole (o blocco psicologico) che mi porto dietro da anni?
I corsi e ricorsi storici iniziano davvero a stufarmi.  E, sebbene abbia eliminato con il tempo tante convinzioni limitanti, questa "paura" è dura a morire. Quando la risolverò, ne parlerò sul blog nella rubrica dedicata alla "Scrittura Consapevole". Ora però devo lavorarci. 

Molte persone si erano rese disponibili a darmi una mano, ma io le avevo lasciate in sospeso. All’inizio ero frenata dalla timidezza. Per me non è mai stato facile ammettere di avere un problema, delle debolezze, soprattutto davanti a persone che mi considerano in gamba. Ma mi piacciono le sfide. Così, invece di confidarmi con Tizio e Caio, ho deciso di scrivere un post al riguardo. Forse qualcuno di voi può aiutarmi a capire cosa mi sta succedendo e darmi un calcio in culo virtuale che mi aiuti a essere forte.

La questione è molto semplice. Sul mio computer ci sono quattro romanzi inediti scritti da me. Due non mi interessano più, perché sono figli delle sovrastrutture sociali e mentali che sto cercando di eliminare per far emergere la vera Chiara. Il terzo è il mattonazzo che ho iniziato a scrivere nel 2014, e al quale ho dedicato tante energie negli anni del lavoro full-time in ufficio. Ho intenzione di riprenderlo presto, perché ci tengo moltissimo. L’ultimo è quello cui sto lavorando ora. Gli ho dedicato sei mesi e manca poco al primo giro di boa. Non vedo l’ora di mettere quel punto e di dire che ce l’ho fatta. Il problema è proprio questo: quel punto sembra non arrivare mai.

Tra questi quattro romanzi c’è infatti un elemento in comune. Quando arrivo a pochi capitoli dalla fine della prima stesura mi blocco. Non perché mi manchi l’ispirazione o perché mi passi la voglia di scrivere. Non perché smetto di credere in quei progetti, ma perché nella mia vita iniziano a succedere delle cose che mi tengono lontana dal PC. Qualcuno parlerebbe semplicemente di sfiga. Altri darebbero la colpa a me, direbbero che mi racconto stronzate da sola per giustificare la mia inerzia. Ma io non ho mai concepito gli esseri umani come vittime indifese del fato. Studio le energie da dieci anni. So perfettamente che il caso non esiste: noi esseri umani siamo come magneti , attiriamo a noi circostanze e situazioni che confermano la nostra visione della vita, conscia e inconscia. A me non hanno mai rubato il portafoglio, per esempio. A mio marito, una decina di volte. Io non sono cresciuta nella convinzione che il mondo sia cattivo. Lui sì. Ecco. So che la mia posizione non è affatto facile da comprendere né per gli atei materialisti né per chi crede che è Dio a decidere tutto. Ma tra voi ci sarà sicuramente una nicchia di persone dalla sensibilità affine alla mia, che mi diranno: “Non è che te la vai a cercare?”. Sì. Lo penso anch’io. Credo che la mia mente attiri i contrattempi per confermare a se stessa di non poter raggiungere i propri obiettivi. Se me ne accorgessi, però, potrei mettere un freno a tutto ciò. Il problema è che non me ne rendo conto.

Quindi, se a un passo dalla meta mi ammalo gravemente (romanzo n.1), trovo un  lavoro alienante e impegnativo (romanzo n.2), mi trovo tra le mani un nuovo progetto (romanzo n.3) o vengo fagocitata da mille e mila impegni, la colpa è solo mia. Sono tutte prove. Dovrei avere il coraggio per dire: “no, io vado avanti, io voglio finire questo romanzo”. Invece mi fermo. È come se una parte di me avesse paura del risultato. Perché poi, quando hai raggiunto l’obiettivo, cosa c’è? Tante cose belle. Ecco cosa penso che ci sia. Chi mi segue da anni aspetta queste opere, le vuole. E io non vedo l’ora di poter dire a me stessa che ce l’ho fatta, che sono stata brava. Eppure su di me aleggia ancora il fantasma crudele della crisi esistenziale post-laurea. Ecco a cosa serve scrivere di getto. Sapete che finora non avevo mai pensato a questa cosa? Era la primavera del 2007. Avevo festeggiato con gli amici, con i parenti. Ero andata a letto felice e un po’ sbronza.  La mattina dopo mi ero svegliata e avevo detto: “adesso cosa faccio della mia vita?”. Dopo vent’anni passati sui libri mi ero resa conto che ciò a cui avevo destinato tutte le mie energie non c’era più. Ho provato nostalgia. Mi sono messa a piangere. Mi sono resa conto che davanti a me c’era un futuro nebuloso, e ne ero spaventata. Avevo ragione. Gli ultimi dieci anni sono stati una merda. Prima il precariato, poi un lavoro che detesto, ora, a trentasei anni, una nuova confusione dentro la testa, tanta fatica, tanti dubbi, tante sovrastrutture ancora da eliminare per poter essere davvero me stessa.

Ma perché ho così paura di realizzare un sogno?
Mi manca tanto così, ragazzi. Tanto così, davvero. Avere un romanzo completo e ben fatto è il desiderio che coltivo da quand’ero bambina. La cosa non dovrebbe terrorizzarmi ma esaltarmi così tanto da non farmi più sprecare nemmeno un minuto. Ho sprecato tanti anni a sentirmi un’anima anonima, pur avendo tanto da dare agli altri. Adesso basta. Ora posso essere libera. Me lo merito. Eppure… Sono stata sempre brava a mortificarmi. Tante volte davanti allo specchio mi sono data della fallita. “Hai visto, Chiara, dove sei finita?” mi ripetevo fino a sei mesi fa, ogni mattina, quando mi alzavo dal letto. “Sognavi di cambiare il mondo, invece timbri il cartellino in un ufficio dove non ti lasciano nemmeno spedire un’e-mail senza il consenso del capo”. E piangevo. Piangevo tanto. Poi ho reagito. Ho disobbedito a un destino che sembrava segnato, impossibile da cambiare. Mi sono messa tutti contro. Tutti quelli che mi davano della pazza, perché mollare il posto fisso per lavorare in proprio, con i tempi che corrono, insomma… non è normale. E io non sono normale. Non voglio esserlo. Voglio solo essere autentica. E quando scrivo lo sono. Sono autentica. I quattro romanzi non conclusi sono parte di me, rispecchiano le mie luci e le mie ombre, racchiudono tra le loro pagine tutte le parti di me che ho negato. Forse ho paura anche di questo. Di mostrare la mia anima nuda e cruda, davanti a una platea di lettori. Mi hanno sempre detto che non si fa. E, sebbene non ci abbia mai creduto, forse  la convinzione di essere obbligata a nascondermi ancora mi condiziona.


1455 parole. Meglio che mi fermi. Potrei scriverne altre 10.000. E non escludo di farlo. In altri momenti, in altri post. Per adesso vi lascio solo questo sproloquio. Solo sfogandomi, un po’ il problema dentro me si è risolto. Ma voi, se avete qualcosa da dire, fatelo lo stesso. Ogni vostra parola sarà un regalo prezioso. 

Commenti

  1. Non posso non scrivere. Ero fra le persone che su Facebook avevano commentato con un sì al tuo post per dire ci sono. E non so nemmeno bene perché. Forse per spiegare servono più di 10000 parole o forse basta farsi capire, chissà come a volte succede. Così come credo di aver capito dei manoscritti, delle paure e dei limiti, del lavoro, dei 36 anni e degli obiettivi. Il calcio virtuale non te lo do e non solo perché non ti conosco bene ma soprattutto perché non ne vedo ragioni. Anzi, tendo una mano per approfondire queste sensazioni simili e magari aiutarsi a scoprirsi e ad andare avanti per essere se stessi. Che dici? (Rossana)

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    1. Dico di sì. Abbiamo il messenger, abbiamo whatsApp (ti avevo dato il numero) e tante possibilità di contatto. Io ci sono. E spero anche di darti presto una mano con la rivista. Appena finita'sta stesura. :-D

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  2. Non so se quello che ti dirò ti sarà di aiuto, ma un po' lo spero.
    Probabilmente hai scritto i romanzi non per pubblicarli, ma per sfogarti. Forse cresci e ti trasformi più veloce di quanto ti renda conto tu stessa e il tuo spirito critico ti frena dal portare avanti ciò che non ti rappresenta più.
    La sintonia che stai raggiungendo con te stessa è stato un percorso lungo e tortuoso, se avessi pubblicato ora non di certo non ne saresti soddisfatta.
    A mio avviso il tuo occhio interiore ti ha evitato quello che non era il cammino giusto da intraprendere. I effetti ora stai trovando più realizzazione facendo l'editor che portando avanti un tuo scritto, potrebbe essere questo il motivo. Stai scoprendo ciò che davvero vuoi fare.

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    1. No, non penso sia così, anche se ti ringrazio per l'opinione. :)
      Fare l'editor mi soddisfa moltissimo, ma portare avanti parallelamente i miei scritti è altrettanto importante, e una cosa non esclude l'altra. Inoltre i romanzi n.3 e 4 mi piacciono tantissimo, quindi non penso c'entri nemmeno la mia crescita. A bloccarmi è proprio la paura del dopo, del giudizio altrui. Ed è su quella che devo lavorare. :)

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  3. A me piacciono gli sfogoni :D. Però in questo caso, mi sembra che possiamo ascoltare e non consigliare: infatti il problema è ben chiaro a te stessa. Il non riuscire a completare il romanzo è un meccanismo che si attiva perché loro sono parte di te, infatti dici: "rispecchiano le mie luci e le mie ombre". Aggiungo che hai paura di non riuscire a fare una cosa che ti soddisfi al 150%, essendo una donna molto esigente. Quindi rimani in attesa di un finale che non arriva.

    Posso invece dire qualcosa sulle crisi esistenziali :D: paradossalmente io ho fatto bene a dilatare il periodo della tesi, perché ho potuto mettere le basi per il mio lavoro, quello che ho praticamente iniziato durante questo periodo e che ho 'finalizzato' a poche settimane dalla mia discussione di tesi. Altrimenti probabilmente anche io, dopo tanti anni di studio, avrei avuto un periodo di 'scompenso'. Poi va beh, il mio percorso universitario vale 0 e il mio lavoro vale 0,5, ma questo è un altro discorso.

    Lei è un po' irrequieta sig.ra Solerio :D, le serve del sano cazzeggio in più :D.

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    1. Sì, credo che la pignoleria faccia la parte del leone. Però viene fuori solo per le cose a cui tengo veramente. Se quando sono in ufficio fossi pignola come quando scrivo avrei ottime chances per diventare Direttore Generale. Peccato che non me ne freghi nulla. Riesco a dare il massimo solo in ciò che è creativo. :)

      P.S. Essere chiamata signora Solerio mi fa pensare al mio capo. Meglio Dottoressa. Oppure Vostra Maestà! :-D ahahaha!

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  4. " Finché rimangono nel limbo sfolgorante dell’immaginario, finché sono soltanto idee e progetti, i tuoi libri sono assolutamente meravigliosi, i libri migliori che siano mai stati scritti. È soltanto dopo, quando li inchiodi alla realtà parola per parola,[…] allora sì che li trasformi in esseri inevitabilmente morti […]." Rosa Montero, La pazza di casa
    Questo tuo fermarti a pochi metri dal fotofinish sembra un tipo di blocco dello scrittore, ne avevo parlato in un mio post, proprio quando al corso di scrittura ci hanno fatto leggere Rosa Montero.
    Penso che qualcuno ha alimentato in te quel senso di inadeguatezza a tal punto da temere di terminare i romanzi. Manipoli la tua vita così da farti carico di incombenze (le "sfighe") che probabilmente potresti delegare. Tu scrivi che dopo arrivano tante cose belle, che molti che ti seguono aspettano le tue opere, e se fosse proprio questo a frenarti? Perché qualcuno le aspetta e tu rischi di deluderli (e da lì aumentare il tuo senso di inadeguatezza in un circolo vizioso)?
    La spensieratezza di un lavoro "quick and dirty" è a volte più fortunata del cruccio di un lavoro perfetto alla virgola. Basta che funzioni.

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    1. Ricordo quel post. Mi sa che andrò a rileggerlo. :)

      Penso che tu ti sia avvicinata molto al punto dolente. Le aspettative mi hanno sempre causato ansia. Non tanto quelle altrui, quanto quelle che io stessa nutro verso me stessa. Ne avevo a suo tempo parlato anche con la mia psicologa. Essendo cresciuta in un contesto molto giudicante, tendo a giudicarmi molto e non mi perdono nulla. È un aspetto su cui sto lavorando moltissimo.

      "Dirty and quick". Mi piace. Sai che le cose scritte di getto sono quelle che mi vengono meglio? Ciò accade proprio perché di solito è il mentale a mettermi un freno, impedendomi di essere libera al 100%.

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  5. Ipotesi:
    1) Ti dispiace finire un romanzo
    2) Hai paura del giudizio dei lettori
    3) Per qualche motivo perdi l'interesse nel romanzo arrivata a un certo punto

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    1. Volevo precisare nel caso dell'ipotesi num 3, che perdi l'interesse per quello che stai scrivendo non perché non ti piace più ma perché magari sei già proiettata verso una nuova opera. Forse preferisci iniziare più che terminare.

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    2. Mi vedo nella 1 e nella 2. Un po'meno invece nella n.3 :)

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  6. Mi viene in mente un discorso che fece Salvatore Anfuso, simile a questo, per cui ti dico ciò che dissi a lui: il non concludere potrebbe essere una reazione all'aspettativa altrui? Mi spiego. Termini il romanzo, dimostri che puoi farcela. Di conseguenza ci sarà qualcuno (anche tu stessa) che da te si aspetterà altro, un nuovo romanzo magari, e questo ti spaventa perché sarebbe come ritornare indietro.
    Io penso comunque che messo quel punto, e tu lo sai bene, non è ancora tempo di cantare vittoria. E anche quando ti rimetterai all'opera non sarà mai lo stesso viaggio, sarà qualcosa di nuovo, di diverso, qualcosa che ti cambierà, che ti insegnerà.
    Accetta il rischio. Determina il tuo destino e accetta che possano esserci imprevisti e rimpianti, e accetta le glorie e gli onori a cuor leggero. C'è molto che non conosciamo, troppo perché possiamo comprendere tutto, ma non importa: tu insegui l'orizzonte.
    Avrai sempre paura del prossimo passo, tutti in fondo ce l'abbiamo. Devi fidarti del fatto che puoi sempre rialzarti, quindi non aver paura di cadere.

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    1. Sì, direi che il tuo ragionamento fila. Finché scrivo, le persone aspettano, curiose. Fanno domande sul mio lavoro, chiedono, e si aspettano chissà che. Più passa il tempo, più io mi sento agitata, perché temo di deluderli, temo che mi dicano: "ma come? Hai aspettato anni per darci questa roba qua?" E questo mi frena. Perché, finché non ti butti, non hai nemmeno la responsabilità di ciò che accadrà. In un certo senso sei al sicuro. Ma poi il confronto diventa inevitabile. :)

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  7. Sei troppo autocritica e ti capisco, anch'io mi massacro molto spesso. Per un verso è un modo di perfezionarsi, dall'altro non ci diamo fiducia. Buttati e smetti di pensare. Finisci e quel che sarà, sarà. Se hai dato il massimo, non puoi recriminarti niente. In bocca al lupo!

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  8. Ci sono un paio di cose che mi colpiscono di questa tua condizione. La prima è che i tuoi 4 romanzi sono 4 atti mancati. Inutile suggerire cosa fare a Novello. Immagina la chiusura del tuo ultimo romanzo come l'inizio del prossimo e vediamo come va. Sul resto intanto ci rifletti. La seconda cosa che mi ha colpito è la seguente : come puoi completare, finire di costruire qualcosa se sei impegnata a "distruggere" quelle che chiami infrastrutture o condizionamenti? E se fossero semplicemente parti di te che chiedono di essere ascoltate? Un abbraccio, buon Novello (io sono a Viverone a ognuna il suo)

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    1. No. Le infrastrutture di cui parlo sono costruite dalla società, non da me, e rappresentano un freno alla mia realizzazione. Forse hanno a che fare più con il mio stile di vita inteso in senso lato che con la scrittura vera e propria, perché riguardano la percezione di me stessa in relazione al contesto in cui mi trovo. La vita da artista è quella che meglio si adatta alla mia indole. Mi piace organizzare il mio lavoro giorno per giorno, fare cose sempre diverse, essere mentalmente autonoma e non farmi stritolare da routine e convenzioni che non mi appartengono. Eppure anni e anni trascorsi dentro un contesto rigido mi hanno portato a vivere tutto questo con una sorta di senso di colpa. Per esempio, se in un momento di folle ispirazione mi accorgo che devo lavare i piatti, io lavo i piatti. Un vero scrittore invece si occupa solo delle routine fondamentali e pone tutto il resto in secondo piano rispetto alla creazione. Quindi, finché non accetterò di concedermi maggiori libertà, e finché non capirò che lavare i piatti due ore dopo non fa cadere un meteorite sulla mia casa, non riuscirò a essere completamente libera. Al di fuori di ogni esempio pratico (quello dei piatti è una stupidata, è stato messo lì solo per farti capire) eliminare le sovrastrutture per me significa semplicemente sapersi ascoltare. Io, quando si tratta di scrivere, non sempre lo so fare. Tante volte metto l'arte in secondo piano per seguire le esigenze di altre persone, e non dovrebbe essere così. :)

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    2. Io sinceramente lo vedo un po' strano (e parlo in generale) questo artista che molla tutto perché gli scappa... l'ispirazione. ;) E' chiaro che se si mette sempre al secondo posto la propria passione, qualunque sia, non la si nutre abbastanza, perché nella vita quotidiana ci sono sempre incombenze di qualche tipo. Se le lasci fare, ti resta appena il tempo per respirare e andare in bagno! Però mi sembra anche giusto cercare un compromesso tra le due cose, che a volte farà mollare la scrittura perché i piatti da lavare si ammucchiano, a volte farà tirare dritto a scrivere, e a culo il resto. Forse anche tu intendevi questo. :)

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    3. Sì, Grazia, proprio così. Ho sempre criticato chi vede tutto bianco o nero e, da brava bilancina, ho sempre cercato di fermarmi in un punto intermedio. A volte però ho difficoltà, perché sono una persona molto rigida, e tra dovere e passione spesso scelgo il dovere. Oppure la passione, ma con la paura che qualcuno venga a rompere le palle se non ho fatto questo o quell'altro. Le sovrastrutture non sono nient'altro che questi miei limiti caratteriali. :)

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  9. Credo che il tuo problema sia molto normale, anche se per niente banale. In teoria è vero, una volta finito il romanzo inizia il bello... ma anche la parte più aleatoria della scrittura: e se il mio romanzo non piace? Se lo pubblico, in un modo o nell'altro, e poi mi rendo conto che non è bello come mi sembra adesso? Se non riesco a promuoverlo e mi demoralizzo? Se scopro che non importa niente a nessuno della mia storia? Pesco dal serbatoio delle mie insicurezze personali, che credo siano di tutti. Magari sono diverse dalle tue, ma di sicuro prima l'obiettivo era chiaro: portare a termine il romanzo, mentre "dopo", chissà. Ogni impresa di una certa portata porta con sé dei timori finali. Io reagisco diversamente: chiudo in fretta e furia, convincendomi che sia un bel finale incisivo... per poi scoprire dalle mie beta che ho solo fatto lo sprint finale verso il traguardo, restando in superficie, come se mi volessi togliere il pensiero. Così torno indietro e integro, integro... non so quale dei due modi sia migliore. Tanti auguri di buona fine e buon inizio, Chiara! Un abbraccio. :)
    P.S.: Leggendo il commento di Elena, condivido il suo dubbio: questi "figli delle sovrastrutture sociali e mentali che sto cercando di eliminare" non esprimono comunque qualcosa di te, fosse anche soltanto il tuo passato? Metterli da parte perché non li senti più tuoi sarebbe naturale (non proponi/pubblichi qualcosa che non ti piace più), ma farlo per motivi tanto razionali mi sembra un po'... duro. Potrebbe fare da tappo al resto. Chissà.

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    1. Il tuo racconto sullo sprint finale mi ha fatto venire in mente i miei esami dell'università. L'ultimo capitolo di ogni libro (per alcuni esami ne avevo anche 4 o 5) era sempre quello che sapevo peggio, perché ormai il grosso era fatto, l'argomento inquadrato, quindi chissenefrega. :-D
      Per le sovrastrutture, invece, ho già risposto sopra. Non voglio ripetermi, ma se vuoi continuiamo il discorso lì. :)
      Buon anno, Grazia, un abbraccio grande.

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  10. Sul mancato completamento ti sei risposta già da sola, e poi anche molti altri. C'è però un fatto fondamentale, che dovresti considerare: quando finirai di scriverne uno, non avrai fatto altro che terminare una prima stesura. Un po' presto, per dire di aver scritto un romanzo. Io di romanzi terminati, sul pc, ne ho sei (credo). Dico credo perché, in effetti, stare a fare mente locale per contarli non mi cambia le cose. Uno di questi l'ho già riscritto almeno quattro volte. Nessuno di questi è pronto *davvero* per la pubblicazione.
    Un romanzo è un teorema complesso; qualcuno sostiene che bisogna scriverne almeno quattro prima di cominciare a capire tutte le cose che davvero servono. È un gioco a incastri delicatissimo, fatto con strati su strati di significati e rimandi. Se davvero sai come finiscono, non importa che tu li abbia terminati di scrivere. Comincia con la seconda stesura e poi termina quella. Quindi lasciala decantare altri mesi, mentre continui a studiare come funzionano i romanzi degli altri e ti accorgi di ciò che ancora manca ai tuoi. E poi ricomincia con la terza e così via: it's a long way to the top, if you wanna rock 'n' roll ;)

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    1. Certo, so benissimo che la fine della prima stesura è, appunto, la fine della prima stesura. Questo vale soprattutto per me, che la accompagno alla progettazione. Il lavoro che mi aspetterà più avanti non sarà roba da poco, ma tu sai che ogni viaggio ha delle tappe. Bisogna puntare prima a quelle, poi alla meta finale. :)

      Quella dei quattro romanzi già pronti mi sembra invece una generalizzazione. Per alcuni può bastarne uno. Per altri, ce ne vorrebbero 20. Sono ancora convinta che il talento esista. :)

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  11. Ecco, ti chiedevo giusto qualche ora fa se poi avessi partecipato al concorso.
    La paura di finire, la paura di riuscire, la paura, in definitiva, di scoprisi forti come se stessi non è poi così rara. Perché costringe a a dirsi "perché non l'ho fatto prima?" "e adesso?". Costringe a buttarsi senza paracadute nella novità. Spesso anch'io ho avuto la sensazione di bloccarmi poco prima di un grande salto e a volte mi chiedo se sia stata o meno colpa mia. Perché poi c'è anche questo aspetto. Ci diamo sempre la colpa, anche quando è semplicemente un caso.
    Per i romanzi in particolare ho il mio metodo: faccio leggere un capitolo per volta ad amici fidati. Insomma, loro si aspettano la fine, non posso deluderli. Non so se possa funzionare anche con te, ma per me è essenziale, non credo avrei mai finito una storia senza di loro.

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    1. Io ho una sola beta-reader, ma aspetta anche mesi. Deve pressarmi di più. Glielo dirò. :-D

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  12. Come prima cosa lasciami dire quanto mi sia piaciuto questo post, sono affezionata a I miei primi pensieri, mi ricorda una giornata di gennaio quando mi ci buttai e fu una giornata piena di luce negli affanni.
    Dunque, penso tu non voglia abbandonare del tutto una fase creativa esaltante perché sai benissimo che il dopo potrà sì portare qualcosa di importante come la pubblicazione ma con pragmatismo e lungimiranza sai anche che scrivere soprattutto la prima stesura quando si scrive come fai tu di getto, rimane la parte più bella di tutto il processo.
    Poi iniziano i guai, e di sicuro possono arrivare momenti assai esaltanti, la fine dell'ultima stesura, il contratto, o la scelta del self ma attualmente sono ancora dei grossi punti di domanda.
    Posso solo dirti di buttarti, stacca la mano dal bordo e pattina, semplicemente, vedrai che non cadrai.
    Un abbraccio enorme

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    1. I miei primi pensieri aspettano sempre chiunque voglia partecipare. :)

      Per il resto, non ho altro da aggiungere a quello che già ho scritto prima. Tutto vero, quello che dici. Vero anche ciò che scrivono gli altri. Grazie per il consiglio. :)

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  13. Capisco perfettamente Chiara. Quando ero ragazza iniziavo una storia e la finivo, senza nessun problema. Adesso inizio tante storie e non so come andare avanti, non vedo come riuscire a sviluppare il mio futuro, e allo stesso modo non so come finire le mie storie, perché mi sento confusa.
    La mia vita era iniziata con fulcri molto stabili che piano piano si sono sgretolati. L’ho fatto anche io di prendere lo scalpello e smuoverli, ma nel tentativo, come dici tu, di vedere quello che c’era sotto, non volevo fare danni, ma ora mi ritrovo senza la figura di prima e quella che c’è sotto non è ancora chiara.
    La cosa più fantastica e meravigliosa che mi è successa è stata di andare a un corso di scrittura creativa, ma proprio per gioco; l’insegnante mi ha sorriso incoraggiante e mi ha detto che potevo farcela. Da allora la mia vita è cambiata, si è arricchita, colorata, significata, insomma è come se si fosse aperto uno spiraglio di quello che potrebbe succedere, dei mondi meravigliosi che potrei vedere se avessi fiducia nelle mie possibilità. Sembra semplice, ma la figura che sto scalpellando ancora è confusa. Anche se in qualche angolo vedo delle linee che mi danno fiducia ci sia sotto qualcosa di bello devo ancora imparare bene come usare l’attrezzo.
    E al contempo sono successe delle cose incredibili! Come dici tu, l’universo lavora insieme a noi e ultimamente sto pensando che se facciamo le scelte sbagliate si arrabbia dandoci delle lezioni, delle punizioni, come dire: non capisci come sarebbe facile? Allora ti metto di fronte a delle sfide, a degli ostacoli, e vediamo se affoghi o impari a nuotare. Se invece andiamo nella giusta direzione ci spalanca le porte.
    Un’altra cosa che mi ha dato molto in questi anni è lavorare sui testi altrui per aiutarli a vedere i punti di forza e quelli deboli della loro scrittura, anche a me come a te appassiona molto l’editing, che faccio con grande passione.
    Il consiglio che posso darti e di non pensare che stai finendo un libro, lo stai semplicemente continuando come hai sempre fatto.
    La mia domanda è: sai dove stai andando? Dove vuoi andare a finire? Sì, so che lo sai.
    Allora prendi in mano la penna e scrivi il finale, magari puoi scrivere le ultime due righe, così le hai scritte e non ti preoccupi del resto. L’universo si quieta perché hai fatto la cosa giusta e non ti pone più ostacoli sul tuo cammino e sarai libera di scrivere quello che vuoi, da mettere dove e come più ti piace.

    Se ti serve una betareader io ci sono.

    Un caro abbraccio

    Isabella

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    1. Sì, io so dove voglio andare a parare. La fine della mia storia è praticamente già scritta dentro la mia testa. Devo solo renderla un concreta. Il che significa semplicemente scriverla. :-D

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    2. P.s. Grazie per esserti offerta come beta-reader. Ti terrò presente. :)

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  14. I motivi per bloccarsi a un passo dalla fine possono essere tanti, se ricordi avevi scritto un post a questo proposito tempo fa. Soprattutto è il "dopo" che può fare molta paura, per il mettersi a nudo di cui hai parlato. Se ti può consolare, è una paura che riguarda solo la pubblicazione del primo libro perché dopo non ci si pensa più. Non sottovalutare anche il fatto che finire una storia significa staccarsi da essa, lasciarla andare. Magari per quanto riguarda i tuoi romanzi incompiuti non eri ancora pronta a fare questo passo.

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    1. Non ricordo di aver scritto quel post. A me invece sembrava che ne avessi scritto tu uno simile. :-D

      Niente da dire sulla paura di lasciare andare i romanzi. È vero. Anche perché vengono sempre nuove idee, che secondo la mia mente potrebbero rendere la storia migliorabile. Quindi, non mollo mai. :)

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  15. Io non ci vedo nessun problema: hai quasi finito il romanzo e tra qualche mese sarà concluso. Prima o poi gli acciacchi e gli impegni si dilegueranno.
    Sulla questione realizzare i desideri avrei molto da dire, ma ne ho scritto talmente tanto che ripetermi mi scava le ginocchia (non so il perché di questa tetra immagine mentale ) :)
    Ciò che mi viene in mente ora è una consapevolezza che mi porto da alcuni anni: realizzare i propri obiettivi è normale. Quando penso a quel momento non salto di gioia, è normale. Quando li realizzo quasi non me ne accorgo: "embè, è normale". Sono contento ma non mi soffermo più di tanto, perché sono impegnato in altro.
    Solo ciò che viene percepito come "normale" continua a ripercuotersi nel tempo.

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    1. Ciò che viene ritenuto normale secondo me è banalizzato, e alla fine si perde la gratitudine. Secondo me, invece, dovremmo ritenere straordinario tutto ciò che ci capita, e non smettere mai di vederne l'importanza. :)

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    2. Forse dovevo spiegare meglio (certe volte uso termini che interpreto in modo diverso). Con "normale" intendevo ciò che la propria mente ritiene normale, e dunque molto probabile nel futuro. Non ciò che l'opinione comune ritiene "normale".
      Chiedo venia :)

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    3. Sì, ora è chiaro. Per usare termini tecnici, diciamo che la mente è sostenuta dalle convinzioni potenzianti, e non frenata da quelle limitanti. :)

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  16. Mi piacerebbe commentare, ma oggi ho la casa piena e proprio non posso. Ho scelto l'attimo fuggente faustiano per farti gli auguri per il nuovo anno, anche se oramai sembrano un retaggio obsoleto del passato, comunque non te la prendere, ogni tanto mi piace sguazzare nelle vecchie tradizioni. Quindi cosa è che desideri? Ebbene proprio quello ti volevo augurare guarda un po' e poi dell'altro...cosa, che adesso mi sfugge...ah sì, che tu ti senta sempre così in forma come sei e che continuino le tue dita a correre svolazzanti sulla tastiera con la stessa facilità attuale....Mi pare che sia un eccellente augurio per una scrittrice. Per i commenti ci vediamo domani. Ciao Chiara.
    Vincenzo

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    1. Buon anno anche a te, Vincenzo. Sintetica, ma non banale. :)

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  17. Non è facile eliminare del tutto i propri limiti. Ci sono i momenti in cui pensi di aver vinto sulle paure e quelle si riaffacciano perché sono radicate da tanto tempo e destrutturarle è un bel lavoro impegnativo.
    Perché queste crisi di fine libro? provo a dire la mia.
    Forse si crea inconsciamente una resistenza perché la vita non ci ha abituato a sorridere e gioire e
    quando il tuo sogno si avvicina una parte di te pensa di non meritare abbastanza di non essere all'altezza. Siamo stati abituati a subire e soffrire. Ma basta è il tempo del riscatto.
    Che il prodotto del tuo lavoro possa prendere forma a breve al più presto in quest'anno.
    Sono sicura che sia un lavoro fatto bene e magari lo leggerò anch'io.
    Auguri e buon lavoro!!

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    1. Sì, hai ragione. Crescere a pane e cattolicesimo ci ha dato una visione distorta della sofferenza. Ormai vediamo la vita come una colpa da espiare, e non siamo più in grado di aprirci al bene.

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  18. Il problema vero, il tuo grande limite, è che da anni parli di scrittura senza aver ancora pubblicato nulla. E' come se un uccello, al sicuro nel suo nido, cantasse le lodi di quanto sia bello volare, descrivesse le tecniche di planata e ascensione, ma senza mai aver aperto le ali e spiccato il volo. Quindi l'unica cosa che hai da fare è lasciare il nido e volare: in caso contrario continuerai a proporci i tuoi post sulla scrittura (interessanti, per carità, mi piace sempre leggerli), ma viziati dal difetto di fondo di essere scritti da qualcuno che non si è ancora sporcata le mani, non ha ancora combattuto sul campo, non ha ferite e cicatrici da mostrare orgogliosa, ma continua a rimanersene al sicuro nella sua comfort zone. Non è l'energia quella che devi trovare, ma la volontà: altrimenti è sintomatico che in realtà non sia qualcosa in cui credi davvero, ma solo qualcosa con cui stai temporeggiando continuando a ingannare te stessa. Sai quali sono le cose peggiori che ti possono capitare una volta che hai pubblicato un libro? Che non interessi. Si supera. Che non abbia successo. Si supera. Che non piaccia. Si supera anche questo. Gli insuccessi, compresi i tentativi andati a vuoto, servono a crescere e migliorarsi. Ma se non cadi mai, non puoi neanche mai rialzarti e dire di avere imparato.

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    1. Mi trovi d'accordo per quanto riguarda la necessità di buttarsi, superare le paure, sporcarsi le mani, ecc, ma lievemente discorde quando leghi la scrittura alla pubblicazione. Il fatto che i miei post siano apprezzati e compresi ormai da anni significa che la competenza c'è, anche se è stata sviluppata dietro le quinte. Non penso di essere da meno rispetto agli autori pubblicati, specialmente alcuni. Da meno invece è la mia paura di uscire allo scoperto su ampie scene. Quella sì. Ma non avrei paura a mandarti i miei scritti in privato, come ho fatto con altri. :)

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  19. Leggo questo tuo post molto in ritardo, ma non posso fare a meno di commentare. È importante, a un certo punto, mettere la parola fine a un romanzo, superare le proprie paure e buttarsi. Ci sarà un dopo, andrà come andrà, ma sarà un momento di nuova crescita per te. Parlo per esperienza personale e mi sento di darti questo consiglio. In bocca al lupo e buon anno!

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