Invettiva contro le segnalazioni a scatola chiusa e l'auto-pubblicazione selvaggia.


Occorrerebbe per la penna, come si usa per ogni micidiale strumento, il porto d'armi.
(Gesualdo Bufalino)

Ricordate l’episodio che ho raccontato nell’articolo “Con lemani nei capelli – manuali e guest-post”? Nel caso qualcuno se lo fosse perso, faccio un piccolo riassunto.
La settimana prima di Pasqua, ho discusso animatamente con un tizio che voleva una segnalazione per la sua raccolta di racconti. Siccome il mio blog non ha questa finalità, gli ho offerto l’alternativa del guest-post e ci siamo accordati per un articolo sulle potenzialità del self-publishing. Quando ho ricevuto un trafiletto promozionale pieno di errori grammaticali, mi sono rifiutata di pubblicarlo. Dopo aver spiegato la mia posizione, mi è arrivata una versione un pochino più approfondita, ma nemmeno quella mi convinceva pienamente. Oltre a essere scritta con i piedi, veicolava il messaggio “basta che paghi e diventi uno scrittore”. Come può una persona che ha studiato tanto e si esercita quotidianamente ad accettare una cosa del genere? Pubblicandolo avrei tradito i miei valori, così gli ho detto nuovamente di no. Tra l’altro, lo stesso articolo era comparso su Aspirante scrittore, e il fetentone ha cercato di intortarmi cambiando l’ordine delle parole e cercando di farmelo passare per un inedito… Insomma, ero un po’ stufa di farmi prendere per i fondelli e non avevo più voglia di interagire con lui.
Nel mio post precedente, però, ho omesso un piccolo dettaglio: nell’ultima e-mail che ho ricevuto, sono stata accusata di far parte di una sorta di casta che vuole impedire a chi fa tutto da solo di sedere nell’olimpo degli dei. Non solo ammetteva esplicitamente di non avere alcuna competenza tecnica e di aver pubblicato solo perché (cito le sue testuali parole)  “pagando tutto si fa, ovvio”, ma sosteneva di avere il diritto di essere aiutato da me, perché ciascun individuo di buona volontà meriterebbe il suo posticino nel panorama letterario italiano. In poche parole, avrei dovuto correggere il suo articolo per renderlo pubblicabile, come se non ne avessi già abbastanza dei miei refusi.  
Il giorno dopo, ho visto il suo libercolo pubblicizzato su un blog e sono rimasta allibita. Io so come scrive questo tizio: non solo il post che mi ha mandato, ma anche le sue e-mail erano agghiaccianti, eppure la presentazione dell’argomento e l’immagine di copertina rendevano il prodotto molto accattivante.
Come mai?   


La segnalazione a scatola chiusa è diversa da una recensione, che presuppone una lettura approfondita del romanzo, con conseguente giudizio critico. Spesso chi opera questo tipo di promozione non ha nemmeno letto il libro e si limita a informare il potenziale lettore della sua esistenza riportando la sinossi, l’immagine di copertina e  una breve nota biografica dell’autore. Nonostante l’assenza di un’esplicita opera di convincimento, si tratta pur sempre di pubblicità.
Secondo me, un’operazione di questo tipo ha senso per le opere edite attraverso i canali tradizionali o per quelle di autori già noti per la qualità ineccepibile dei loro romanzi, non certo per un esordiente auto-pubblicato senza arte né editor. In questo caso, il rischio di incappare in una fregatura è molto alto.
Io l’ho scritto a caratteri cubitali nell’apposita pagina: Su Appunti a Margine non si fanno né segnalazioni né recensioni a richiesta. Se qualche libro mi colpisce sono io la prima a parlarne, senza promettere a illustri sconosciuti di tessere le lodi del loro fantasy erotico. Voglio essere libera di stroncare chi mi pare e di dare evidenza a chi se lo merita. A maggior ragione, non accetterei mai di segnalare un romanzo che non conosco e che potrebbe rivelarsi una fantozziana cagata pazzesca. Scusate tanto, ma questa responsabilità proprio non la voglio.
Fra i siti che fanno segnalazioni, ce ne sono alcuni molto interessanti, per esempio L’amica dei libri e Peccati di penna. Li leggo abbastanza spesso e non discuto la buona fede di chi li cura. Tempo fa, Antonietta Mirra (che gestisce il primo fra i due blog che ho citato) mi disse che secondo lei ogni autore merita la giusta visibilità e quindi – dopo aver sperimentato sulla propria pelle le difficoltà che gli autori pubblicati hanno nel farsi conoscere – vuole dare una mano a chi cerca di emergere. Onore a lei, dunque. Io sono molto più stronza, perché la penso diversamente. Leggo sempre le anteprime dei romanzi segnalati, ma solo due volte mi è capitato di procedere all’acquisto senza rimanere delusa.  Fin dalle prime pagine emergevano refusi, frasi espresse in modo elementare, errori di grammatica che facevano venire la pelle d’oca. E credo che non sia rispettoso nei confronti del lettore impegnarsi a promuovere opere del genere.

Qualche giorno fa, insieme a un amico musicista, paragonavo il mondo del self-publishing a quello dell’autoproduzione discografica: qualche opera valida sepolta in un mare di ciarpame. Tuttavia io penso che esista una differenza fondamentale. Nessuno di noi ha imparato a suonare e a cantare sui banchi di scuola. Certo, c’era l’ora di musica alle medie, ma poi? Occorrono anni di studio e di prove per diventare dei professionisti, tutti i profani ne sono consapevoli. Per noi, che non abbiamo mai preso in mano una chitarra, è più facile sapere di non sapere. La scrittura, invece, genera maggiori illusioni. I temi sui genitori, sulle vacanze di Natale e sulla Divina Commedia ci hanno fatto credere che “siamo capaci tutti”. In fondo, cosa ci vuole? Basta mettere due parole una dietro l’altra, tirare fuori il cash, e il gioco è fatto. Per questo motivo, i romanzi auto-pubblicati sono molti di più rispetto ai dischi auto-prodotti. E fanno generalmente più schifo.

Molte tipografie e agenzie di stampa, per promuoversi, veicolano un messaggio sbagliato: con l’auto-pubblicazione tutti possono diventare scrittori di successo. Io penso che un’esortazione di questo tipo sia pericolosa come la bomba atomica, perché regala la lampada di Aladino a una manica di idioti: “ogni tuo desiderio è un ordine, mio padrone.” Basta desiderare di avere un romanzo su Amazon ed eccolo lì, pronto per essere letto.
Dal momento che sto sputando il sangue su una storia che rischia di essere edita postuma e incompleta a causa della mia pignoleria maniacale, mi domando questo: è giusto che la scrittura sia democraticaÈ giusto che basti pagare e auto-pubblicarsi per sentirsi scrittori? Ma, soprattutto, è giusto segnalare un romanzo senza sapere quali fregnacce contenga?
Lo strumento del self-publishing è eccezionale perché consente a tutti di far sentire la propria voce ma, se non cambia la mentalità che ne alimenta il successo, rischia di trasformarsi in un pericolo culturale.
Chi sa scrivere e ha qualcosa di valido da offrire ai lettori è riluttante a buttarsi nel calderone in mezzo a gente semi-analfabeta perché sa che il senso comune considera l’auto-pubblicazione l’ultima spiaggia di chi non è tenuto in considerazione dalle case editrici tradizionali. A causa dell’incompetenza di molti improvvisatori, anche opere di qualità rischiano di essere ignorate; pertanto, le capre dovrebbero farsi da parte e lasciare spazio agli scrittori veri.

Io mi sento un po’ contraddittoria quando scrivo queste cose, perché ho sempre creduto fortemente sia nella libertà diespressione sia nella parità dei diritti. Però, fra le responsabilità dello scrittore che ho menzionato nel post di giovedì scorso, ne ho dimenticato una fondamentale: quella culturale. Io non ho pubblicato ancora nulla perché le opere che ho scritto in passato sono immature e il romanzo a cui sto lavorando attualmente non è ancora pronto. Avrei potuto fottermene e sbattere in rete i miei vecchi racconti esoterici, ma non voglio ridicolizzare la mia professionalità né offendere i lettori. Non dico che ambisco a scrivere “I promessi sposi” (fortunatamente il mio protagonista non è rincoglionito come Renzo) ma almeno offrire al pubblico un’opera scritta in italiano corretto, tecnicamente impeccabile e con una storia capace di spingere oltre il cliché. Forse sono megalomane, ma la penso così.
Penso che l’ignoranza sia uno dei mali più grossi dell’epoca post-moderna, quindi sarebbe un controsenso se accettassi di segnalare romanzi che non ho letto, con il rischio di diffondere errori di grammatica, storie banali o disinformazione. Il self-publishing sarebbe uno strumento eccezionale se tutte le opere fossero accompagnate da un’autocertificazione del tipo “non sono in grado ma ci ho provato: questo romanzetto non c’entra niente con la vera letteratura”… Peccato, però, che questo non avvenga mai. Avviene piuttosto che la ragazzetta di quindici anni si trovi a leggere un romance-fantasy pieno di refusi e si convinca che sia un capolavoro. Persino un New Adult ispirato alla storia dei One Direction ha scalato le classifiche di Amazon. “Qualcuno con cui correre” di David Grossman, invece, non le lo fila nessuno.
La scrittura è democratica perché tutti hanno il diritto di mettersi alla prova, ma la pubblicazione deve essere meritocratica, anche quando autogestita. Se a me piace cantare nessuno mi impedisce di farlo, quando sono sotto la doccia. Se me la cavicchio, posso anche cimentarmi al Karaoke. Ma la mia performance finisce lì. Quindi, caro aspirante auto-pubblicato che non conosci le coniugazioni dei verbi, se ti diverti a scrivere fallo per te stesso, per la mamma e per la zia ma, ti prego, stai lontano da Amazon! L’ “olimpo degli dei” di cui parlava il mio detrattore nell’ e-mail che ho citato non è una sorta di casta, bensì il luogo di chi con impegno, studio e fatica, è riuscito a ottenere dei risultati. In fondo, se decidessimo di improvvisarci medici o ingegneri ci metterebbero in galera. Perché non vale questo principio anche per chi scrive? Perché non esistono albi professionali per gli scrittori, con tanto di esame di stato? Forse mi boccerebbero, ma poco importa. Incasserei il colpo a testa bassa.

Il lancio della patata bollente.

In questo post ci sono diversi interrogativi. Alcuni sono retorici, altri possono trovare risposta, e mi auguro che facciano scaturire un dibattito interessante. E voi, cosa ne pensate delle segnalazioni a scatola chiusa e del self-publishing selvaggio? Spero che ai commenti si uniscano anche gli autori di blog che si occupano di segnalazioni, perché mi piacerebbe molto sentire la loro opinione al riguardo. 

Commenti

  1. Quoto tutto. Il self non mi piace perché non apprezzo l'amatoriale, e le segnalazioni a scatola chiusa andrebbero segnalate all'Accademia della Crusca :)
    Chi segnala, per correttezza deontologica, dovrebbe vagliare e giudicare. E stroncare, se serve. Altrimenti si scade nel consequenzialismo (i cui effetti nefasti abbiamo avuto modo di sperimentare durante la seconda guerra mondiale, ad esempio).
    Non credo di avere altro da aggiungere.

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    1. Io non sono contraria all'autopubblicazione, se fatta con criterio. Ci sono opere curate da editor e grafici professionisti, o scritti da autori competenti e capaci. Ad esempio, il romanzo di Maria Teresa Steri a cui ho fatto da "cavia" probabilmente sarà pubblicato in self, però merita davvero. Sono contraria solo alla mancanza di qualità che spesso imperversa in questo ambito a causa di presunti autori privi di buonsenso.

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    2. Ma allora non è più "amatoriale". Il problema è che da fuori, però, non si sa. Bisognerebbe scriverlo, anche se non so come...
      L'unica alternativa è seguire gli autori (sui blog, sui social...) e a quel punto si impara a conoscere la persona e a fidarsi, ma ci vuole tempo e voglia. Rimane il fatto che a scatola chiusa, quando vedo un self che non conosco, io non compro: è anche per questo che io non autopubblico.

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    3. Esatto, è proprio questo il punto: auto-imprenditoria e amatoriale si confondono in un unico, immenso calderone. E il lettore, per non correre il rischio di essere fregato, preferisce fare un passo indietro.

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  2. Avevo sempre sospettato che tu fossi una delle Guardiane dell'Olimpo degli Scrittori. Ora ne ho la prova!

    Per quanto mi riguarda è molto difficile che segnali pubblicazioni sul mio blog. Se lo faccio sono opere che ho letto. Sarebbe imbarazzante promuovere qualcosa pieno di refusi o scritto coi piedi.

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    1. Ma che Olimpo... io non ho ancora pubblicato nulla, eppure questo non mi fa sentire in dovere di fare pubblicità a cani e porci! :)

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  3. Mi sono espressa più volte sui pericoli del self. Il problema di base è che gli autori capra, come li definisci tu, sono del tutto inconsapevoli. Hai mai sentito dire "io scrivo male, sono privo di idee originali, ma ci voglio comunque provare?" che già non sarebbe male come frase. No, tutti pensano di avere il capolavoro nel pc. Per cui non ci si libera di loro. Del resto spesso è gente che, scusate, non ha le palle per confrontarsi con l'editoria tradizionale, con la scusa del "pubblica solo chi conosce o paga." Non è così, ma non ho più voglia di spiegarlo. Sandra

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    1. Già, il problema è questo. E pensa che gente del genere mi ha fatto più volte pensare "non è che forse mi illudo anche io? Magari penso di essere brava, e sono una capra come loro"...
      Però, a volte, occorre anche essere onesti con se stessi. Io non sono un fenomeno, ma la mia prima stesura contiene meno errori di certe anteprime che ho letto.

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  4. Io penso che il tempo sarà un grande giudice e mieterà le sue vittime. I libercoli pieni di errori sugli On Direction che scalano Amazon moriranno con gli On Direction, mentre Grossman continuerà ad avere i suoi lettori, non moltissimi, ma costanti nel tempo. Del resto "Qualcuno con cui correre" non mi pare sia stato pubblicato ieri, ma in libreria lo vedo sempre.
    Tutto sta, quindi a decidere cosa si vuole essere, se l'uno o l'altro. Per scalare la classifica di Amazon (e pare, anche se ho informazioni di tripla mano, che per farlo in Italia bastino poche centinaia di ebook venduti) basta giocare con un tema alla moda e farsi pubblicità. Se si vuole scrivere qualcosa che possa durare nel tempo la strada è lunga, è faticosa e l'arrivo non è garantito. Per imparare a scrivere ci vuole tempo, pazienza, bisogna farsi le ossa (con corsi, manuali, provando e riprovando, come per la musica non esiste solo il conservatorio, ma la gavetta comunque va fatta).
    Per quando riguarda segnalazioni, stroncature e tutto, io nel mio blog non faccio guest post. So che è limitare molto la biodiversità del blog, ma non ho voglia di litigare con individui simili a quello che ha contattato te, né di essere scambiata per una casa editrice come è successo ad Anima di Carta. Il blog mi deve rilassare, non stressare. E a volte una bella stroncatura è proprio catartica, anche se in generale cerco di scrivere di libri che mi sono piaciuti.

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    1. Il romanzo che ho citato è un caso particolare perché ha avuto un gran successo negli USA e poi anche in Italia, al punto che anche case editrici tradizionali hanno voluto pubblicarlo, e l'autrice sta già scrivendo il seguito. Le recensioni dei lettori over-20, però, sono lapidarie!

      Per quel che riguarda i guest-post, io d'ora in poi seguirò la regoletta di Daniele Imperi e accetterò solo articoli di persone che conosco. Questo dovrebbe portare una bella scrematura. A proposito: perché non ne fai uno anche tu? :)

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    2. Non mi propongo perché, non accettando guest post, poi non posso ricambiare l'ospitalità. Però, se ti va, possiamo fare qualcosa a quattro mani...

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    3. Veramente ero io che te lo stavo proponendo! :D Non importa se non puoi comtraccambiare l'ospitalità, comunque anche a 4 mani va bene. Ne avevamo già parlato, poi il tempo é passato e ce ne siamo scordare, ma mi farebbe molto piacere. :)

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    4. Adesso ho un po' più di tempo, quindi, se proponi un tema, si può fare, mi farebbe davvero piacere.

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    5. Ci penso e ti dico! anche tu scatena la fantasia: unendo le teste potrà venir fuori qualcosa di veramente valido. :)

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    6. Eh, ma non vale, stavo proprio per scrivere a Tenar per proporgliene uno anche io! :D

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  5. Sono contrario per entrambi, sia il self che la segnalazione a scopo di favore degradano la qualità letteraria del nostro Paese, allontanando i lettori timorosi o annoiati e facendo credere ai divoratori di libri ingenui che la quantità compensa la qualità.

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    1. Invece io penso che il self abbia forti potenzialità se non è visto come un ripiego ma come un esempio di imprenditoria individuale. Purtroppo la mentalità che ne è alla base, qui in Italia, è completamente sbagliata proprio come emerge dal post. Mi domando se anche negli altri paesi sia così...

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  6. Io non sono contro le segnalazioni a pagamento, anzi vista la mia esperienza da imprenditore so bene che la pubblicità si paga, e non vedo nulla di immorale in questo. Tuttavia, sempre per quanto riguarda la mia azienda, ho sempre cercato di puntare molto anche sulla qualità, oltre che sulla pubblicità: non credo sarei ancora aperto altrimenti. Inoltre capisco bene il tuo fastidio, di sentirti frustrata per non voler fare segnalazioni: capita anche a me con la mia webzine musicale, quando mi mandano i comunicati stampa senza manco prendersi la briga di controllare che di comunicati stampa non ne ho mai riportato mezzo (anche se per fortuna nel mio caso la comunicazione è più asettica e meno aggressiva).

    In ogni caso, di autopubblicazioni ne ho lette anche io di orrende, ma anche di ottime, come per esempio le novellette di Alessandro Girola (ho visto che segui il blog ;) ). Inoltre, per il romanzo che sto scrivendo ho pensato anche io all'auto-pubblicazione, perché ho una totale disistima dell'editoria tradizionale italiana e anche perché so che il genere che scrivo, la fantascienza (parlo di fantascienza "normale", non lo young adult post-apocalittico che va tanto di moda adesso), è drammaticamente sottovalutato nel Bel Paese. Prima di pubblicarlo, però, dopo aver finito la stesura iniziale ho in programma di rivederlo almeno per qualche mese, e poi di sottoporlo all'editing di un professionista: è un costo, è vero, ma è necessario per buttar fuori qualcosa di decente e non una schifezza. Forse non sono così estremo dal richiedere il "porto d'armi per la penna" (meglio parlarne sottovoce di questa, se no i nostri politici potrebbero veramente farci pagare anche lo scrivere :D ! ), ma è vero che imporre l'obbligo di certificare almeno un editing professionale non sarebbe male: si sfoltirebbe un sacco di immondizia, se non altro!

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    1. Le agenzie di pubblicità devono guadagnare, di questo non si discute. Ma io, nel mio post, non sto parlando di loro bensì di blogger amatoriali come me, che accettano di segnalare gratuitamente romanzi di cui non sanno nulla. Io ho ricevuto tantissime richieste di segnalazioni, ma dubito seriamente che qualcuno abbia avuto intenzione di pagarmi! :-D

      Anche io sono favorevole a un self-publishing guidato. C'è da dire, però, che spesso l'editing e una copertina accattivanti non sono sufficienti per garantire la qualità di un romanzo. Una buona base deve essere presente a prescindere.

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    2. E' vero, anche io ho la stessa esperienza, il che probabilmente è proprio il motivo per cui non faccio segnalazioni: non me ne viene niente, mentre se almeno mi pagassero qualcosa mi verrebbe (ovviamente in questo caso lo indicherei, che la segnalazione è a pagamento, non mi piace fare le cose "di nascosto"). Se devo invece fare tutto gratis, preferisco allora fare le mie solite recensioni, così chi è bravo viene lodato e chi non lo è stroncato :D . Ci sarebbe molto da parlare sul fatto che secondo molti i blogger devono lavorare gratis, ma meglio che mi trattengo, anche perché non è molto in tema :) .

      Concordo anche sul fatto che un editing non è garanzia, ma in effetti i libri brutti (o almeno che non piacciono) si possono trovare anche in libreria, del resto a nessuno piace tutto. Un editing però può fare la differenza tra un libro banale e noioso, ma tecnicamente ben scritto, e un obbrobrio pieno di errori, pieno di ripetizioni, di buchi di logica e di errori grammaticali. Visto il panorama desolante dell'autopubblicazione attuale, sarebbe già tanto.

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    3. Il dover promuovere qualcosa in cui non credo é il motivo per cui mi considero completamente negata per i lavori di vendita. Inoltre amo così tanto i libri che mi piangerebbe il cuore all'idea di pubblicizzare qualche boiata. Mi sembrerebbe di prostituirmi!

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    4. Si, è una cosa che capisco bene, e seppur non condivida è una scelta a mio avviso più che rispettabile :) .

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    5. è solo questione di carattere, secondo me. Mio fratello saprebbe vendere anche il ghiaccio agli eschimesi, infatti fa l'agente immobiliare. Io ci ho provato, ma non mi piace per niente. :)

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  7. Ti capisco al 100%. Continuo a ricevere richieste di ogni genere e ormai non mi arrabbio neppure più. In passato ho fatto interviste a persone di cui non avevo letto il libro e a posteriori me ne sono pentita. L'intento era buono: aiutare persone che come me avevano vissuto il problema di farsi notare in un mare di pubblicazioni (non solo self). Tra queste c'erano autori validissimi e altri meno validi, quindi a un certo punto ho preferito chiudere con tutti.
    Come sai, io probabilmente mi autopubblicherò. Sulle ragioni di questa decisione penso che ne parlerò in modo approfondito da me, però una cosa vorrei dirla subito. Un testo pubblicato con un editore tradizionale non è sempre garanzia di qualità, così come un romanzo pubblicato in self non è sempre spazzatura. Bisogna stare attenti a generalizzare, e questo non lo dico in riferimento a me (ci mancherebbe) ma per molti autori davvero bravi che meriterebbero una chance, come una Cristina M. Cavaliere o una Nadia Bertolani, o anche altri che conosco che hanno trovato finora spazio solo in piccole case editrici ma scrivono in modo impeccabile.
    La meritocrazia è una realtà molto lontana da venire, purtroppo.

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    1. Io non ho mai scritto che i romanzi autopubblicati siano tutti spazzatura. Al contrario, ti ho citato, nella mia risposta al commento di Michele, come esempio. Ho letto GDI e già sapevo (perché me l'avevi detto in mail o scritto in un post) che avessi intenzione di ricorrere al self. Si tratta di un romanzo molto piacevole e molto curato, almeno due spanne sopra la maggior parte dei libercoli che si trovano su Amazon, e mi dispiacerebbe molto se fosse penalizzato dalla presenza di opere mediocri, che hanno reso il lettore un po' prevenuto nei confronti del self.

      Io non sono assolutamente contraria all'autopubblicazione, tant'è che non la escludo a priori per le mie opere. Però sono dispiaciuta per l'assenza di criterio alla base di questa pratica. Come sempre si fanno le cose all'italiana! ;)

      Molti blogger sono in buona fede e vogliono aiutare gli autori emergenti, ma rischiano di agevolare la diffusione di obbrobbri. A questo punto sarebbe forse meglio stare zitti. :)

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    2. Io comunque non ce l'avevo con te (o con qualcuno in particolare), parlavo in generale. Anzi, sono d'accordo con quello che hai scritto e so che hai una visione possibilista (giusto?). Mi riferivo alle posizioni radicali che leggo spesso a proposito del self, come se la realtà fosse tutta nera o bianca. Se mi sono espressa male, scusa.
      Anzi, grazie per avermi nominata e per la fiducia.
      Spero che anche il romanzo che sto terminando ti piaccia, perché penso di pubblicare prima questo :)

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    3. Sì, io sono possibilista. Non ho pazienza di attendere i tempi lunghi dell'editoria tradizionale e mi piace l'idea di gestire tutto da sola. :)
      Non ti sei espressa male, tranquilla, ho capito male io. Scusami tu!
      ma il nuovo romanzo sarà pubblicato direttamente oppure lo sottoporrai a qualche cavia ? (Domanda assolutamente disinteressata! :D)

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  8. Cavie, assolutamente! Sto revisionando gli ultimi 3 capitoli e poi lo darò in pasto a chi vorrà aiutarmi a scovare ciò che non va. Mi sono data una data di scadenza questa volta ed è vicinissima, spero di farcela :)

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    1. Io sono disponibile.
      Pensa che come scadenza (stesura + revisione) ho settembre 2016, ma anche con una data così lontana ho i miei dubbi. Vorrei essere più veloce, ma non so come... uff!!!! :-(
      Comunque in questi giorni ti scriverò, per chiederti un consiglio. :-)

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    2. Grazie, ti sono davvero grata. Appena è pronto te lo invio :)
      Per un attimo avevo letto settembre 2015... Non avere dubbi, vedrai che pezzo dopo pezzo il puzzle si compone. Ci sentiamo via mail :)

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    3. Pensa che all'inizio avrei voluto finirlo a giugno 2015.. cioè adesso... e non sono nemmeno a metà!

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  9. Il self publishing può essere comodo con certe case editrici perchè è a costo zero (mi pare) Mi hanno detto che Lulu ad esempio stampa solo il libro è venduto.
    Il problema forse è che manca umiltà. Non si pubblica per vedere se quello che si è scritto è buono o da buttare. Se si è sprecato del tempo o se vale la pena continuare a scrivere.Si pubblica perchè si è scritto un capolavoro. Poi si trovano schifezze!
    Quanto a parlare di libri sul mio blog lo faccio volentieri però solo di libri che ho letto. E comunque continuo a ripetere che non di recensioni si tratta ma di quelle sensazioni che il libro ha suscitato in me. Non sono un critico e non voglio esserlo. Sono una lettrice curiosa, questo sì, e mi piace dire cosa penso

    ps non farti il sangue gramo! Tanto di persone così presuntuose ne esisteranno sempre! Ciaoooo

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    1. Forse sono piattaforme, non case editrici... altrimenti non si tratterebbe di self-publishing! :)
      Per il resto sono completamente d'accordo con te: è giusto parlare dei libri che ci hanno colpito, nel bene o nel male. Io per esempio ogni tanto dedico qualche post a romanzi che mi hanno insegnato qualcosa anche sotto il profilo tecnico, come nel post dedicato a "Cento giorni di felicità". E hai ragione, farsi il sangue gramo non serve, ma io sono nata con lo sfogo in tasca! :-D

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    2. Eh, ma quando c'è di mezzo il web io vado nel pallone :))))
      Comunque sul sito c'è scritto Online self publishing.
      Mi sa che hai ragione tu :)))

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    3. Sì, il senso è quello. Anche se non conosco la piattaforma di cui parli, spesso si tratta proprio delle agenzie di cui parlavo nel post, quelle che si pubblicizzano sdoganando la possibilità di diventare scrittori con un click. Io non escludo a priori la possibilità di auto-pubblicarmi, ma lo farò solo se avrò un'opera veramente valida fra le mani...

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  10. Non so se la pubblicazione possa/debba/voglia essere meritocratica. Sicuramente non vuole, sul resto si può discutere. La letteratura lo è, in un certo senso, se la intendiamo come ciò che sopravvive alla propria morte naturale (vedi One Direction), però bisogna capirci su cosa intendi con "merito". Detto ciò, dubito fortemente che i self-publisher "selvaggi" siano un problema culturale. Gli unici autori minacciati sono, tristemente, proprio gli autoprodotti di qualità, perché si trovano formalmente sullo stesso piano. E questa è la "democrazia" delle piattaforme di vendita, che con i loro meccanismi (feedback, stelline, classifiche) hanno reso più grande questa illusione. Per cui no alle segnalazioni a scatola chiusa, insomma. :)

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    1. Il problema culturale si pone nel momento in cui si sdoganano prodotti letterari mediocri, che diventano simbolici. Questo vale anche per molti romanzi editi attraverso i canali tradizionali, ma con il self è più facile incappare in situazioni di questo genere.
      La distinzione fra cultura alta e cultura bassa non regge più: ormai, tutto è "pop". Ma a quale pop vogliamo dare valore? A Camilleri o alle Cinquanta Sfumature? è questo il problema di un certo self-publishing: l'appiattimento verso il basso della qualità media di un'opera letteraria.

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  11. Ne parlo spesso e di recente ho ribadito proprio questo concetto: purtroppo il self-publishing non decolla perché è senza controllo. Lo so che è una contraddizione in termini, però con la scusa che chiunque può accedere agli strumenti di autopubblicazione offerti, ormai, in varie piattaforme, entrano in circolo schifezze immani che finiscono per nascondere quei pochi capolavori che, invece, meriterebbero attenzioni che non hanno. È un dato di fatto: io non penserei mai di autodefinirmi una grande scrittrice, ma (giusto per fare un esempio) su dieci libri di esordienti autopubblicatisi letti, forse uno ha un suo intrinseco valore, gli altri sono da buttare.
    La cosa grave, secondo me, è che manca del tutto lo spirito di autocritica, che guarda caso caratterizza esordienti con vero talento. Ovviamente tutto questo toglie credibilità a un'opportunità importante, il self-publishing, che viene svilito al rango di refugium peccatorum.

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    1. Esattamente mezzo minuto fa ti ho mandato una mail contenente un vero e proprio sfogo autocritico: se è vero quanto dici, significa che ho un talento incredibile! :D
      Scherzi a parte sono d'accordissimo con quanto scrivi sul rischio oggettivo insito nel self-publishing.

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  12. Io la penso così: nessuno merita niente, ma deve combattere per avere qualcosa. Anche a me tempo fa hanno detto qualcosa del genere, quando avevo il blog sulle recensioni e avevo scritto di non recensire nulla su richiesta.
    Sono d'accordo sulle segnalazioni a scatola chiusa.
    Non è vero che ogni autore merita la giusta visibilità, ma ha la possibilità di avere visibilità, il che è diverso.
    La parola "merito" ha un significato preciso: non è qualcosa che possono avere tutti, altrimenti sarebbe un regalo, un diritto.
    Lasciamo perdere gli albi professionali, altrimenti arriva un'ennesima tassa e nessuno scrive più :)

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    1. Sono d'accordo. Spesso c'è la falsa convinzione per cui tutto è dovuto, specialmente fra i miei coetanei: ammetto con rammarico che siamo una generazione di viziati.
      Io penso però che se una persona si impegna a scrivere opere di qualità anche quando sarebbe più comodo fottersene di certi dettagli tecnici, meriti di poter ottenere un riconoscimento per questo. è un principio che vale in ogni ambiente. Spesso però non è così, purtroppo.
      Quella sugli albi professionali era una battuta. :)

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  13. Questo post casca proprio a fagiolo! Recentemente mi è stato chiesto di pubblicare una segnalazione di un romanzo (anche se non è autopubblicato) e mi sono chiesta cosa avrei dovuto fare dato che il genere non è fra i miei preferiti, e quasi certamente la mia recensione non sarebbe stata quel che si dice entusiastica. Alla fine, chiedendo opinioni altrui, ho accettato.
    Riguardo alla recensione ho pensato che, nonostante il genere non fosse il mio preferito, dato che mi piacerebbe lavorare per una casa editrice (per leggere manoscritti o addirittura correggere bozze) questa non poteva che essere una buona palestra. Chi recensisce ma soprattutto chi legge per una CE deve riuscire a guardare oltre il gusto personale.
    Per la segnalazione, invece, ho pensato che a me non costa nulla segnalare il romanzo, e se è stato pubblicato significa che c'è almeno una (anche piccola) fetta di popolazione che potrebbe apprezzare questo libro.
    Non penso che le segnalazioni 'a scatola chiusa' siano così dannose, perché il lettore del blog sa benissimo che il blogger non necessariamente ha letto il libro. Diventa, in questo modo, una semplice pubblicità, starà poi al lettore decidere se vale o meno la pena di leggerlo.

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    1. Non metto in dubbio che se un romanzo è stato pubblicato c'è qualcuno che lo possa apprezzare, ma questa non è una giustificazione per segnalare opere mediocri. C'è gente che legge libri schifosi, guarda film schifosi, mangia cibo schifoso, ascolta musica schifosi senza rendersi conto del fatto che, in giro, ci sono tante opere valide. Non possono accorgersi, perché la loro ignoranza li priva di parametri di valutazione oggettivi. E io, sinceramente, non voglio essere complice di questo facendo pubblicità a libri che potrebbero diffondere ignoranza. So di essere un po' "talebana" su questo, ma sono fatta così. :)

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  14. Mah, io la vedo molto più semplice, molto più zen per così dire.
    Se io dico che sul mio blog non faccio segnalazioni a scatola chiusa né pubblicità su richiesta, non c'è bisogno di aggiungere altro. Tizio può fare tutti i ragionamenti che vuole sul complotto giudaico-massonico per impedirgli di ritagliarsi il posto al sole nell'olimpo letterario (che poi, non credo che il mio blog possa essere così influente da garantire visibilità a un esordiente, non so il tuo ;-) ma il sul MIO (articolo possessivo) blog pubblico quel che voglio IO. Tizio si faccia il suo blog e si auto-pubblicizzi lì.
    Riguardo l'autopubblicazione selvaggia, ho già scritto sul mio blog che non credo che il self-publishing su amazon possa in qualche modo abbassare la qualità dell'autopubblicazione, anche perché è chiaro che l'ebook va prima sfogliato (e amazon offre l'opzione anteprima). Se l'ebook fa schifo si vede subito alle prime pagine. Il self-publishing funziona come una libreria on line: se non conosci né l''autore né il titolo dai un'occhiata alle prime pagine e valuti quanto può (o non può) interessarti.
    Tutti hanno il diritto di autopubblicarsi, su questo sono d'accordo con Tizio.
    Ma nessuno deve avere l'arroganza di imporre agli altri di fargli pubblicità (su questo punto non potrò mai essere d'accordo con Tizio, io non mi permetterei mai di pretendere che i miei ebook vengano pubblicizzati, è un compito che spetta solo a me, io auto-pubblico e solo io devo "metterci la faccia" e urtare contro eventuali stroncature, critiche e figuracce).

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    1. Tutti hanno il diritto di autopubblicarsi, ma con la consapevolezza del valore (o disvalore) insito nella propria opera e senza avanzare alcuna pretesa nei confronti della libertà altrui. Chi vuol essere scrittore non solo deve essere capace a scrivere (in questa italietta anche le cose ovvie smettono di esserlo) ma anche comportarsi come tale sia per quel che riguarda la promozione sia nella capacità di interagire con le persone. La cosa che mi ha maggiormente infastidita di Tizio è che lui pretendesse la mia pubblicità come se fosse un mio dovere assoluto. Ma, come dici tu, uno a casa propria invita chi vuole. :)

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  15. Albi professionali per gli scrittori? Mmmm. Io a malapena ho passato quelli a scuola... Allora dillo che mi vuoi far fuori e non parliamone più :)
    Marina dice che non c'è controllo nel self-publishing, ed è vero. Ma il suo successo è proprio quello di aver abbattuto le barriere. Ci vorrà un po' di tempo prima di riuscire a fare ordine, e ci si riuscirà solo se questo "sistema" dell'auto-pubblicazione riuscirà a parlare non solo ai pochi lettori, ma soprattutto a quanti credono che le storie non abbiano da dire niente a loro. Se riuscirà a dimostrare che si sbagliano...

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    1. Se ho capito bene, dunque, il self-publishing dovrebbe avvicinare alla lettura anche chi non ama le storie? Io non credo che ciò sia possibile, penso sia un'utopia. Ci sono persone che proprio non amano leggere, e non sarà un cambio di mezzo a convincerle. Inoltre certe tecnologie non sono alla portata di tutti. Chi non segue nemmeno le opere edite tradizionalmente, perché dovrebbe aderire a forme di diffusione tipicamente post-moderne?

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  16. In generale non sono affatto contrario al self-publishing. Tutt'altro. Diciamo che è una strada che permette a qualcuno di realizzare un piccolo sogno e a qualcun'altro di poter entrare in contatto con qualcosa di magari interessante. Il problema, come dici tu, è la sovrappopolazione. Ormai è diventato impossibile distinguere tra milioni di scribacchini e pochi autori capaci. Basta un buon titolo e una copertina accattivante e si può attirare la curiosità di decine o centinaia di utenti.
    Ma non pensiamo che tra i pubblicati la proporzione scribacchino/autore cambi di molto. Non è affatto difficile trovarsi tra le mani una boiata cartacea da 20 euro e maledire se stessi per l'incauta spesa. Perlomeno se mi ritrovo con una boiata digitale in mano avrò buttato tutt'al più un euro o due.
    Segnalazioni a scatola chiusa? Mai e poi mai! Non ha senso e non porta vantaggio a nessuno. Potrei fare uno strappo alla regola solo nel caso si stia parlando di un Autore di cui ho già letto e apprezzato in passato altri suoi lavori (e in ogni caso finora non mi è ancora capitato di fare strappi alla regola).
    In generale mi capita di scrivere recensioni, anche di autopubblicati, ma solo se ciò che ho letto mi è piaciuto. Non scrivo recensioni negative perché ritengo il mio tempo troppo prezioso per gettarlo al vento parlando di fuffa.

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    1. Io ho scritto recensioni positive e recensioni negative perché penso che se qualcosa ci colpisce - nel bene o nel male - meriti di essere condiviso con altri. Le mie stroncature, però, non erano finalizzate a demolire l'opera bensì a fornire uno spunto, per noi scrittori, di ciò che andasse evitato. Per esempio, qui: http://appuntiamargine.blogspot.it/2014/10/un-piccolo-gesto-crudele-e-le-sue.html . Ed è anche questo che mi impedisce di scrivere recensioni a richiesta: se un autore mi manda il suo romanzo si aspetta che io ne parli bene, ma io non voglio tradire la mia onestà intellettuale, non sono obbligata a fare niente.

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  17. The dark side of self publishing.
    Ogni volta che si parla di internet e dei suoi utilizzi scorretti, ho più o meno la medesima opinione: internet, in quanto "mezzo", può solo amplificare caratteristiche (in genere negative) che gli esseri umani hanno comunque sempre avuto. Una volta la selezione operata dalla elite culturale tagliava fuori chi si opponeva al loro potere, ma anche chi mancava di buon gusto. Oggi è il contrario. Il tuo scrittore grebano ha detto la verità: oggi "passa" tutto quello che provoca uno scambio di denaro. Ieri come oggi scrivere bene è un terno al lotto, e continuo a pensare che un libro non si possa giudicare nè da quanto è vendibile, nè da quanto compiace i professoroni.

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    1. Internet ha lo stesso valore del pianeta giove in astrologia: quando c'è di mezzo lui, l'energia degli altri pianeti si espande a dismisura risultandone potenziata. Allo stesso modo ogni stronzata filtrata attraverso il web può diventare virale, basti pensare al successone di Maledetta Primavera, uno dei romanzi più brutti che abbia mai letto in tutta la vita.

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  18. Settembre 2016? Io ho dicembre 2015 come scadenza... Incrociamo le dita! ;D
    Io non ho mai avuto dubbi sul self-publishing, anche perché dopo avere avuto a che fare con loro per anni, le persone che lavorano nelle case editrici le guardo ormai con sospetto. E' più forte di me.
    Il paragone con la musica comunque è calzante. Quello musicale è un ambiente che ho frequentato per anni, e una volta ho visto un pezzo di musica di quelli che potenzialmente scalano le classifiche andare distrutto per mano degli arrangiatori, che sono l'equivalente degli editor per i libri. Io assistevo impotente allo scempio (il brano non era mio e non avevo voce in capitolo). Immagino sia successo e stia succedendo anche con molti romanzi.

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    1. Settembre 2016 per stesura e revisione, ma dovrò lavorare moltissimo per raggiungere questo obiettivo, anche perché non mi interessa solo avere l'opera conclusa, ma anche che sia fatta bene. :)

      Conosco il lavoro dell'arrangiatore. Ho dovuto documentarmi molto sulla discografia e l'ambiente musicale per poter tratteggiare meglio il mio protagonista. A tal proposito, l'aiuto dell'amico musicista che mi trovo spesso a citare è stato una benedizione dal cielo.

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  19. Non sono contraria al self se fatto con criterio e serietà. A quello selvaggio sì in modo assoluto. Una giovane aspirante mi scrive la recensione del proprio e-book, chiedendo un po' di visibilità, e io gliel'ho do, salvo pentirmi, perché scopro, dopo, che aveva scritto una roba indecente senza alcuna revisione seria. La visibilità d'ora in avanti la darò a chi se lo merita. Per quanto mi riguarda, non credo che perseguirò la strada del self e se non pubblico, amen :)

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    1. Fai bene a dare visibilità a chi se la merita. Purtroppo pubblicizzando libri mediocri anche noi rischiamo di essere screditati, perché sembriamo completamente privi di giudizio.

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  20. Non vorrei essere cattiva (quindi è certo che lo sarò!), ma quando si gironzola per anni negli ambienti bazzicati da aspiranti scrittori si perde l'idea che siamo tutti uguali e che ognuno merita una mano. Certo, esistono persone che di mani ne meritano anche due, ma altre sono agli antipodi. C'è di buono che, nonostante il meccanismo della selezione naturale non sia perfetto, nondimeno esiste, e alla lunga funziona. Metti su Amazon una ciofeca? Troverai anche qualcuno che lo segnala alla cieca, facendo sborsare denaro a degli innocenti, troverai anche qualche matto che si strappa i capelli gridando al genio, ma finisce tutto lì.

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    1. Ahahahahha... le frasi che iniziano con "non vorrei che" prendono sempre una brutta piega, per la serie "non vorrei sembrare razzista, ho anche un amico albanese, ma..." ;-)
      Scherzi a parte, sei molto più buona di me. Io non bazzico da anni gli ambienti di cui parli, però sono ugualmente poco tollerante, forse perché cerco di fare un buon lavoro, studio e mi esercito continuamente, credo molto nella qualità della mia opera e amo la scrittura così tanto da non sopportare chi la vive con tanta superficialità. :)

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  21. Post interessante e commenti intelligenti. Chi consiglia a scatola chiusa, senza aver letto i libri che pubblicizza è ancora peggio, secondo me, del poveraccio senza speranze che si auto-pubblica, pensando di essere l'incarnazione di Apuleio.

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    1. Pensa che questi credono di non far nulla di male, perché si limitano a informare il potenziale lettore dell'esistenza di un libro e non si sentono responsabili dell'acquisto...

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  22. Personalmente quando faccio una segnalazione senza aver letto il libro ci tengo a specificarlo.
    Segnalare per me ha il solo fine di indicare l'esistenza di un libro. Ne trascrivo la trama e la biografia dell'autore e stop.
    La recensione è ben diversa, posso stroncare (come mi è capitato di fare) dei libri che ho segnalato.
    Per me segnalare non significa consigliare.
    Trovo invece molto più dannose le recensioni fasulle e gonfiate.
    Quelli che recensiscono bene un libro solo perché gli è stato spedito.
    Mi è capitato di acquistare e leggere libri, incantata dalle bellissime review che proliferavano nel web, ma che alla fine della fiera si sono rivelate delle vere ciofeche.
    Questo per dire che, per quanto mi riguarda, una segnalazione ha l'importanza che ha (dunque pochissima). Ma chi scrive una recensione deve prendersi molta più responsabilità per quello che scrive e dice ai possibili futuri lettori.

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    1. Come dici tu, la segnalazione serve a informare. Tuttavia si trovano un sacco di opere senza arte né parte mescolate ad alcuni romanzi validi, e questo può confondere il lettore che, in questo calderone abbondante e confuso, si troverà a scegliere un po' alla cieca. É quasi inevitabile che il suo inconscio ponga tutti sullo stesso piano.
      sono d'accordo a proposito dell'importanza di scrivere recensioni oneste. Per questa ragione io non ne scrivo, se non per scelta: non voglio generare alcuna aspettativa nell'autore. :)

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  23. Non sapevo di essere peggio :D
    Segnalo se la sinossi mi ha incuriosito, ho rifiutato di fare segnalazioni quando erano di generi che non leggo. E non mi sento responsabile dell'eventuale acquisto perché non sto consigliando di comprarlo. Il libro mi ha incuriosito e te lo faccio sapere, poi sta a te informarti eventualmente meglio leggendo recensioni e giudizi ricevuti. È lo stesso comportamento che ho verso le altrui segnalazioni, non le prendo mai per giudizi positivi, per me il problema della segnalazione non sussiste, se poi i frequentatori di blog sono pecore, allora hai ragione te :D

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    1. Ciao Michele, benvenuto!
      Penso che il tuo sia un caso particolare, dal momento che le tue segnalazioni seguono un criterio preciso. Purtroppo, su altri blog, ho visto segnalazioni di romanzi il cui estratto pubblicato presentava errori macroscopici: un lettore meno attento potrebbe non accorgersene e incappare in una fregatura. Ma, cosa ancor più grave, potrebbe scambiare il romanzetto di turno per un capolavoro.
      Perdonami se sono un po' talebana, ma il mio amore per i libri diminuisce la mia tolleranza, considerate tutte le boiate che si leggono in giro. :)

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